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10-8-2000

 

Intervento: io ho letto un libro sul razzismo. Come è nato il razzismo… questo modo di parlare è rimasto inalterato da Caino e Abele, la realtà rimane, il nocciolo rimane inalterato

Sì a noi interessa sapere come mai una cosa del genere, perché la realtà come la religione è così potente da sempre, come se il linguaggio non solo consentisse questa costruzione ma consentisse questa produzione di proposizioni che recitano che esiste qualcosa fuori dal linguaggio, per cui la realtà è l’elemento extra linguistico per antonomasia. Il linguaggio fa questa cosa consentendo di parlare costruisce proposizioni che hanno la forma retorica dell’ipotiposi, cioè di quella proposizione che sembra essere ciò che descrive, fa essere ciò che descrive, il linguaggio funziona in buona parte così per cui attraverso un raggiro per così dire impone al parlante che ciò che dice sia questa altra proposizione che sarebbe il referente però non gli consente di porlo come proposizione e questo perché in effetti, dicevamo anche tempo fa, perché se non si intende come funziona il linguaggio non se ne viene fuori in nessun modo, qualunque proposizione essendo una sorta di ipotiposi non è che appare ma è ciò che descrive, da qui la sovrapposizione, è ciò che descrive cioè si impone come qualche cosa, non potendo tenere conto del linguaggio che la sta costruendo, è come se si costruisse da sé o meglio è come se fosse costruita da sé da qui le religioni….immaginano che qualcuno ad un certo punto abbia costruito da sé….dio il settimo giorno…..poi in altri termini il problema è solo questo di non potere accorgersi di ciò che sta facendo il linguaggio e quindi di non potere considerare che le proposizioni che il linguaggio costruisce si costruiscono invece da sé, che il linguaggio descriva altre cose che non potendo pensare che è il linguaggio che le costruisce, quindi si son costruite da sé manca questo elemento che è il linguaggio che le ha costruite, per arrivare a questo occorre appunto intendere come funziona e considerare che qualunque cosa accada questo è necessariamente un atto linguistico e non può essere altrimenti, però questo passo non è marginale lì è la differenza fra il discorso che stiamo facendo e il discorso occidentale, l’uno, il discorso che stiamo facendo avverte che qualunque proposizione è costruita dal linguaggio senza il quale non ci sarebbe assolutamente niente, l’altra invece immagina che le cose non siano costruite dal linguaggio ma, poi lì ciascuno ci mette del suo, costruite da dio oppure la natura… (d’altra parte il razzismo esiste come termine e con questo dobbiamo fare i conti) come dire che se qualcosa esiste è perché esiste il linguaggio, questo per dirla tutta, se esiste qualcosa allora necessariamente esiste il linguaggio, questo potrebbe essere un assioma fondamentale nel discorso che stiamo facendo, che sbarazza di tutta una serie di questioni, ché gli umani da sempre si chiedono perché esiste qualcosa anziché il nulla? Il nostro amico Martino Heidegger, perché c’è il linguaggio ad Heidegger è sfuggito questo fatto, questa risposta che forniamo e cioè perché esiste il linguaggio è come se eliminasse in un sol colpo tutta la filosofia, che non è altro che una ricerca intorno al perché esiste qualcosa e perché esiste in un certo modo, molte volte, esiste qualcosa perché esiste il linguaggio se no non esisterebbe niente, Beatrice potrebbe provare questa affermazione in modo irrefutabile? “Esiste qualcosa perché esiste il linguaggio”, forniamo una prova grandissima, una prova cioè un percorso tale per cui lungo questo percorso si giunge a una proposizione che non è negabile… lo faccia Cesare… (…) a quali condizioni possiamo affermare che X esiste ? (…) occorre che esista l’esistenza oppure no? (l’esistenza esiste?) non l’esistenza in sé, però affermare che l’esistenza esiste è già una petizione di principio (…) però questa domanda in effetti “l’esistenza esiste?” è una petizione di principio dal momento che intendiamo con esistenza il fatto che qualche cosa possa darsi, ma il fatto che possa darsi cioè possa esistere la questione può porsi in questi termini è incondizionato oppure no? Ché se è incondizionato cioè si dà indipendentemente da chiunque che possa affermare che c’è allora a questo punto che cosa accade? accade qualche cosa che si nega da sola, cioè io affermo che una certa cosa esiste fuori di me o di chiunque ma posso questo soltanto con uno scriteriato atto di fede dal momento che non sto affermando nulla indipendentemente da qualunque altra cosa (da me che lo dico per esempio) certo, e quindi non affermo niente affermo un atto di fede “io credo questo” posso credere qualunque cosa però, però non porta molto lontano e quindi necessariamente l’esistenza non esiste di per sé esiste per conto terzi, qualcosa occorre che la ponga in essere e questo qualcosa è ovviamente ciò che la descrive, il fatto che l’esistenza sia qualcosa per qualcuno, cioè sia un segno si diceva tempo fa, perché sia un segno occorre che sia all’interno di una struttura tale per cui questo qualcuno riconosce qualcosa e lo fa esistere, questa struttura la chiamiamo linguaggio, visto che è il suo termine più appropriato e pertanto, come dicevo, se qualcosa esiste è perché c’è il linguaggio, però anche qui uno potrebbe dire qualcosa esiste perché c’è il linguaggio allora se io affermo che qualcosa esiste perché c’è il linguaggio, di nuovo faccio in modo subdolo faccio rientrare l’esistenza prima del linguaggio cioè il linguaggio esiste come dire che è dipendente dal fatto di esistere, il che non è propriamente dal momento che qualcosa esiste in quanto ciascuno si trova nel linguaggio è ovvio che il linguaggio possiamo anche dire che esiste in quanto acconsente a questo significante di essere, è lui che lo pone, l’esistenza segue al linguaggio inesorabilmente, ora dire che se qualcosa esiste è perché c’è il linguaggio, per farla breve, è un altro modo per indicare quel passo che prima, cui prima accennavo e cioè quel passo che il discorso occidentale non fa e cioè immagina che dicendo qualche cosa, questo qualche cosa esista di per sé, mentre se qualche cosa che io descrivo esiste è perché esiste il linguaggio, non tanto perché lo descrivo potrei anche non descriverlo esiste comunque all’interno del linguaggio, se esiste, esiste nel linguaggio non ha altra scelta, indipendentemente dal fatto che qualcuno lo stia descrivendo oppure no, esiste nel linguaggio come elemento che il linguaggio può in qualunque istante porre ma più propriamente ancora esiste in quanto esiste una struttura che consente di apparire in qualche modo, qualunque oggetto sia questo è già preso nel linguaggio, ora quando parliamo di pensare, pensare abbiamo detto un sacco di volte, è compiere una serie di inferenze per giungere a una conclusione che darà una direzione a ciò che seguirà, pensare è come dire cercare una direzione, in altri termini e la verità all’interno del discorso è uno degli shifters che consentono una direzione anziché un’altra. Ciò che andiamo proponendo è un pensiero che anticipa l’ipotiposi, come se adesso lo dico così, questo pensiero fosse più veloce di ciò che accade, perché ciò che accade è già inserito all’interno del linguaggio dal pensiero, più veloce, è una sorta di metafora, però non consente a un qualunque evento che si pone come una ipotiposi, cioè quasi un qualunque evento, non gli consente dicevo (di non porsi come una ipotiposi) stavo dicendo un’altra cosa…..stavo dicendo che questa velocità di pensiero impedisce all’ipotiposi di porsi come elemento non costruito dal linguaggio, perché questo pensiero è già arrivato a porlo come una figura, un elemento linguistico, è un altro modo però di descrivere ciò che stiamo facendo, come dire che pensiamo troppo veloci perché qualche cosa possa essere creduta, possiamo anche dire così (cioè non tenendo conto di ciò che si pensa?) no, pensare troppo veloci vuol dire che qualunque cosa accada al momento in cui accada già prima questo elemento è stato elaborato in quanto è inserito nella catena linguistica, quindi non può non essere un elemento linguistico, (…) sì questo pensiero si svolge attraverso il linguaggio è ovvio (stavo pensando alla questione della velocità, stavo pensando a cosa impedisce la velocità, dal momento che questo qualche cosa non deve garantire nulla…) non garantisce nulla quando il pensiero è veloce (la S.S. ha affrontata questa questione non solo quello che dico ma quello che dirò cioè questo è un atto linguistico, è implicita la questione) l’altra volta parlavamo della psicosi come la struttura del discorso occidentale, in effetti nel discorso psicotico avviene qualcosa del genere cioè un elemento viene posto fuori dal linguaggio e si scontra contro questo paradosso che attraverso il linguaggio deve mantenerlo fuori dal linguaggio, succede qualche problema ogni tanto (attraverso il linguaggio deve mantenerlo fuori dal linguaggio) sì non può chiosare il linguaggio ovviamente per dimostrarsi che questo elemento è fuori dal linguaggio, questo elemento fuori dal linguaggio e quindi inaccessibile, il discorso psicotico è quello che cerca di negare quell’assioma che vi ho posto prima e cioè che qualunque cosa esista o meglio se esiste qualcosa è perché c’è il linguaggio, il discorso psicotico cerca o immagina di avere provato il contrario, qualcosa esiste ma non è linguaggio, si dà un gran d’affare per provare questo (riprende le stesse cose per provare questo) (perché al di fuori di questo non potesse più parlare, non potesse più pensare) è importante questo aspetto cioè il discorso occidentale come discorso psicotico, ché effettivamente non ha accesso a pensieri che possano mettere in gioco la sua certezza, certezza incrollabile nel fatto che esista qualcosa fuori dal linguaggio, questione è questa ed è la forma più potente di religione, la realtà come religione e poi le varie sette più o meno ufficiale non ha nessuna importanza ma ciascuna di queste si fonda su una religione molto più strutturata che è la religione della realtà, la realtà come religione, credere nella realtà, è la condizione per potere poi credere dei, poi dee, credere che esista una realtà e che questa realtà non sia nel linguaggio o non sia linguaggio, è la religione fondamentale sulla quale si ergono poi tutte le religioni, vivono di questo. (la realtà è il linguaggio) sì certo nessuno ce lo vieta ma parlando del discorso occidentale, all’interno del discorso occidentale la realtà è esattamente il contrario è ciò che è fuori dal linguaggio, se il discorso occidentale potesse porsi, tenendo conto che la realtà è, l’unica realtà di cui è possibile parlare è il linguaggio, cesserebbe di esistere (se qualcosa esiste questo è il linguaggio) quindi giustamente la realtà e quindi il linguaggio, (dà per supposto che se qualcosa esiste è il linguaggio e quindi la realtà ma realtà come effetto del linguaggio… è come se la realtà fosse condizionata dal linguaggio ma non fosse linguaggio, per questa dicevo se la realtà è linguaggio per cui la realtà non è un effetto del linguaggio e quindi comunque può essere pensata fuori dal linguaggio) no la realtà è in prima istanza un elemento linguistico, un atto di parola e come tale a questo significante può essere attribuito qualunque cosa, certo, possiamo utilizzare anche questa formulazione affermare che la realtà è il linguaggio, il linguaggio è la realtà (più che altro non tanto per prenderlo come assioma) come assioma sarebbe problematico (per insinuare qualche cosa nel discorso che si sta facendo, io non lo vedo come un principio ma lo vedo come una affermazione, come un’istigazione a pensare…) però se si accoglie il fatto che sia costruita dal linguaggio allora è costruita da una struttura che è mobile e che varia continuamente e quindi non ha nessun referente all’infuori del linguaggio che la descrive, posso descriverla in un modo o in un altro non ha nessuna importanza, sì forse potrebbe anche comparire una obiezione del genere però se uno riflette anche solo un istante può considerare le implicazioni di una cosa del genere, tant’è che la più parte delle persone si oppone a una cosa del genere proprio perché ne avvertono le implicazioni e cosa comporta una cosa del genere e quindi la negano strenuamente. Cesare cosa pensa così assorto? (…) che la realtà… alcuni filosofi la chiamano la “datità” cioè il darsi delle cose, queste cose, la dottrina dell’emanazione antichissima, queste cose ci sono ed esistendo si danno alla percezione, cosa obiettare ad una cosa del genere Cesare? Che le cose ci sono fuori dal linguaggio e si danno anche al linguaggio che le rappresenta in un modo più o meno corretto, in un modo…in effetti una delle discussioni d egli anni 60/70 è il fatto dell’ambiguità del linguaggio nel descrivere l’oggetto, c’è ma il linguaggio lo descrive ambiguamente e quindi no riesce mai a raggiungerlo questo già Kant, questione antica l’oggetto rimane indescrivibile, perché il linguaggio è una struttura che (lascia l’oggetto usufruibile…) sì teoria che ha portato alla teoria dell’oggetto come punto vuoto, che già Verdiglione la poneva in connessione con il linguaggio, però questa è la strada c’è questo oggetto comunque mentre ciò che andiamo dicendo è un po’ differente, affermando che se qualcosa esiste allora necessariamente esiste perché c’è il linguaggio allora anche la questione dell’oggetto, il punto diventano discorsi che lasciano il tempo che trovano, io posso chiamare l’oggetto, punto vuoto punto pieno quello che mi pare, perché non c’è da qualche parte un referente che dice che cos’è esattamente l’oggetto e cosa esattamente occorre che sia e quindi posso descriverlo come mi aggrada meglio, (è un gioco retorico) esattamente. Io dovrei stare zitto e porre obiezioni alle vostre argomentazioni ma non avviene… (riflettevo sul linguaggio che fa esistere la cosa) non solo ci sarebbe nulla ma non ci sarebbe il nulla (non ci sarebbe neanche “il linguaggio” come qualcosa che esiste all’interno di una struttura, anche il linguaggio è qualcosa che chiamiamo linguaggio che utilizziamo per inserire elementi per continuare a dire…) Cesare prenda il Devoto e legga la definizione di superstizione: “L’insieme di credenze o pratiche rituali proprie di società e ambienti culturalmente arretrati fondati su presupposti magici e motivi non razionali. In fatto di religione e di credenza pratica che sia in disaccordo con la fede professata e ne alteri l’equilibrio interno…” quindi una serie di proposizioni non fondate sulla ragione, credute vere ma non fondate sulla ragione… (…) ora qual è il discorso che costruisce proposizioni non fondate sulla ragione ma su connessioni emotive o su premesse comunque infondabili che è la definizione di superstizione? Il discorso occidentale, cioè qualunque discorso che non muova da questo assioma o da questi due assiomi che poi sono la faccia delle stessa medaglia cioè che qualunque cosa si dia questa è necessariamente un atto di parola oppure se qualcosa esiste, esiste perché c’è il linguaggio, allora questo discorso è necessariamente superstizioso, perché è fondato da argomenti che non può provare in nessun modo e dato che questa passa come definizione di superstizione allora il discorso occidentale è la superstizione… questo può utilizzarsi, cioè ciascuna cosa una persona pensi questa è superstizione, ciascuno pensa alla superstizione come al gatto nero, però si può riprendere e forse può essere utile in ambito retorico per persuadere non per convincere ma per persuadere, pensare che se qualcosa esiste questo esiste all’infuori dal linguaggio è il fondamento della superstizione (…) la superstizione come appunto abbiamo detto è una stringa di proposizioni credute vere ma fondate non su ratio ma su connessioni emotive, quello che pare, tutto il discorso occidentale è fondato su questa superstizione, cioè come vedete il discorso occidentale è la superstizione né più né meno, sono cose già dette ma stiamo riprendendo delle questioni per trovare un loro utilizzo in ambito retorico anche perché dobbiamo cominciare a pensare a come muoverci nell’autunno prossimo venturo… il discorso occidentale, psicosi, superstizione… possiamo utilizzarli?