10-6-2009
Ci è parso opportuno parlare di come occorre non soltanto leggere un testo o una teoria, ma allo stesso modo anche il proprio discorso che in fondo è una teoria. Il più delle volte accade che una persona accolga qualche cosa che gli viene in mente, come un’ipotesi o un’intuizione, e dopo tutto ciò che osserva va a confermare l’intuizione che ha avuta. L’osservazione in buona parte gioca su questo, prendiamo un luogo comune o meglio una teoria che in realtà non è altro che un luogo comune, vi faccio un esempio di qualche cosa che ho ascoltato ieri sera da parte di qualcuno, adesso non ricordo chi, sul fatto per esempio che ci sia un legame fortissimo tra il bambino e la madre. Questo è un luogo comune nel senso che la buona parte delle persone suppone che effettivamente ci sia un fortissimo legame tra il bambino e la madre, di che natura sia questo legame e perché ci sia questo legame così forte effettivamente nessuno sa dirlo, anche perché è la madre che si occupa del bambino ma potrebbe essere il padre, potrebbe essere uno zio, potrebbe essere una macchina, tecnicamente potrebbe farlo. Nessuno si chiede perché esattamente ci debba essere questo legame fortissimo, si da per acquisito che ci sia e tanto basta, dopodiché tutte le osservazioni che si fanno vanno a confermare questa ipotesi che si è fatta e quindi si troveranno tutta una serie di prove e di argomentazioni che vanno in quella direzione, cioè “dimostrano” tra virgolette che effettivamente è così, ma se non fosse così? C’è anche questa possibilità, di fatto è possibile provare in modo assoluto una cosa del genere e cioè che esiste un legame tra la madre e il bambino piccolo? A parte naturalmente gli eventi fisiologici, il fatto che se sono mammiferi per esempio lo allatta, se non sono mammiferi no, tra una lucertola e un lucertolino piccino c’è un legame fortissimo? Certo nei mammiferi c’è questa necessità tecnica da parte della madre di allattare il figlio cioè nutrirlo e difenderlo da eventuali predatori ma aldilà di questo c’è qualche altro legame? Perché nel luogo comune questo forte legame si suppone che sia affettivo non fisiologico, ed è questo in effetti che, sempre secondo questo luogo comune, può creare disturbi a una persona nell’età più adulta. Dicevo dunque del metodo, se uno psicanalista si è formato in base a una teoria la quale crede che ci sia un forte legame tra la madre e il figlio come per esempio nella teoria di Bowlby per esempio, o della Klein o di qualcun altro, se uno psicanalista si è formato a una di queste scuole ovviamente supporrà che buona parte dei disturbi della persona adulta siano da ricondurre a qualche cosa che non ha funzionato nell’infanzia, che cosa esattamente non abbia funzionato e in che modo dovrebbe funzionare anche questo è arduo per loro stabilirsi, cioè il criterio corretto, normale, preciso, quello che non da problemi, in effetti si stabilisce sempre qual è il criterio sbagliato, quello corretto non è che non venga stabilito, viene stabilito in base a quello che la persona ritiene più opportuno in quel momento ma naturalmente non può stabilire in nessun modo che debba essere così, è quello che pensa lui, anche mia nonna aveva la sua idea di normalità ma non per questo era universale questo concetto di normalità, era il suo personale. Dunque uno psicanalista formato a queste scuole interpreterà le cose in questo modo, credendoci naturalmente e in buona fede ovviamente, se si è formato presso altre scuole per esempio quella lacaniana, quella freudiana, iunghiana crederà altre cose e non sarà più, per esempio, la causa il legame mal riuscito con la madre ma un cattivo adattamento a qualcosa cui invece ciascuno deve adattarsi, vale a dire al fatto che ciascuno segue un andamento ontogenetico che segue quello filogenetico e siccome lui si è appellato ai miti ritiene che tutto ciò che accade agli umani di fatto sia retaggio della loro evoluzione, è un’idea anche questa non meno stupida di tante altre e così via, ciascuno dice la sua, c’è un metodo in tutto questo? Il criterio è quello di interpretare qualunque cosa accada di ascoltare in base a ciò che si è appreso, non c’è un altro criterio negli psicanalisti generalmente, ecco perché occorreva un metodo, un metodo potente che non fosse semplicemente andare a scartabellare il manuale per vedere cosa dice ovviamente, per fare una cosa del genere occorreva prima avere considerate tutte le teorie psicanalitiche, quelle più note e averle interrogate cioè avere domandato a tali teorie su quali asserti fossero fondate: su cosa sono fondate le teorie psicanalitiche? Sull’osservazione. Io osservo una certa cosa, Eleonora ne osserva un’altra, Beatrice un’altra ancora e via così discorrendo, e in effetti ci sono molte scuole psicanalitiche, se no ce ne sarebbe una, e dopo avere considerato queste teorie psicanalitiche e considerato che ciascuna di queste teorie è fondata sull’osservazione e che l’osservazione come criterio teorico è uno dei più sgangherati immaginabili perché appunto ciascuno osserva quello che gli pare, ci siamo posti una questione, e cioè la psicanalisi ha ancora qualche possibilità di esistere o è una stupidaggine colossale, come molti per altro hanno sostenuto? Anche questa era una possibilità, e in effetti se le cose fossero rimaste in quei termini era effettivamente una stupidaggine colossale che richiedeva per essere praticata una buona dose di fede, ma siccome non ho mai avuta molta fede ho dovuto trovare un altro sistema e cioè appunto un metodo, interrogare qualcosa, chiedergli conto, da dove viene? Su cosa è supportata? Ciò che afferma è necessario o è totalmente arbitrario? Perché se è totalmente arbitrario allora vale quanto la sua contraria e allora perché credere una cosa anziché un’altra? È come tirare la monetina, però come criterio non sembra un granché, ma come interrogare? Visto che nessuno in realtà aveva mai fatto una cosa del genere ci si trovava in un terreno vergine, nessuno psicanalista abbiamo detto tante volte ha mai messo in dubbio la sua formazione, nessuno si da la zappa sui piedi generalmente e mette in discussione ciò che gli consente di vivere per esempio, non lo fa, se ne guarda bene anzi, difende strenuamente la sua fede, dunque come interrogare qualcosa? Ovviamente incominciando a considerare gli asserti su cui si regge e incominciando a chiedere a questi asserti se sono necessari oppure no, cosa vuole dire se sono necessari oppure no? Cioè se questo asserto dice qualcosa che deve essere così perché se non fosse sarebbe un disastro, per esempio, nessuno degli asserti costruiti dalla psicanalisi ha mai retto a una cosa del genere cioè non ha mai potuto o saputo dire di sé perché si stava affermando se non appunto perché osservava delle cose, però se qualunque cosa queste teorie asserivano era totalmente gratuito, c’era la possibilità di trovare qualche cosa che invece fosse necessario? Intanto occorreva definire che cosa fosse necessario, prima di tutto, mi sembra legittimo perché se no si continuano a credere tutte le fesserie che passano per la mente, dunque una definizione di necessario, cosa è necessario? Ciò che non può non essere, perché se non fosse allora non sarebbe né questa cosa né nessun altra, e questa ci è parsa un’ottima definizione di necessario, quindi ciò che doveva porsi a base, a fondamento di una eventuale, possibile teoria psicanalitica doveva rispondere a questo requisito, cioè essere qualcosa di assolutamente necessario, contrariamente a tutte le altre teorie psicanalitiche che hanno a fondamento appunto affermazioni totalmente arbitrarie e gratuite. C’è qualche cosa che risponde a questo requisito oppure no? Se sì allora possiamo utilizzarlo, se no allora effettivamente la psicanalisi è una stupidaggine come molti avevano immaginato che fosse, e non è tanto perché non era sottoponibile ad un criterio scientifico, che è una della accuse più comuni e più antiche rivolte alla psicanalisi, e cioè di non essere scientifica perché? Perché si considera scientifico unicamente qualcosa che può essere riprodotto da chiunque in qualunque posto, in qualunque momento e in qualunque circostanza, mentre ciò che si verifica all’interno di una psicanalisi non è riproducibile o meglio non ha questi criteri, naturalmente accogliendo questa definizione di scienza o meglio ancora di scientifico, e se non la si accoglie? Anche questo è legittimo, perché uno dovrebbe accogliere questa definizione che di per sé non è che significhi un granché, ma aldilà di questo rimane il fatto che è necessario, per possedere un metodo psicanalitico, potere muovere da qualcosa di necessario, se no tutto questo non serve assolutamente a niente, e quindi ci si è dovuti rivolgere ovviamente a qualcosa che si è posta come la condizione, la condizione per potere costruire qualunque metodo per esempio, cosa che era sfuggita a molti psicanalisti anche se si erano accorti dell’importanza delle parole, per esempio Berta Pappenheim, Anna O, l’aveva chiamata “talking cure”. Tutti gli psicanalisti si erano accorti dell’importanza delle parole, del discorso, ma nessuno aveva condotto la cosa alle estreme conseguenze, quali sono le estreme conseguenze? Sono molto semplici: se non esistesse la parola, se non esistesse la possibilità di parlare, di discorrere non solo non sarebbe mai esistita la psicanalisi ma non sarebbe mai esistito niente, la scienza per esempio non sarebbe mai esistita e che tutto ciò che gli umani avevano inventato, costruito e fatto procede dal fatto che parlano e che senza la parola non c’è più niente e neanche la possibilità di stabilirsi esseri umani, per esempio, neanche la possibilità di porsi la questione se si è esseri umani oppure no. E allora si è posta ovviamente la questione, la questione centrale e cioè che gli umani sono fatti di linguaggio, in realtà parlano e di conseguenza pensano e tolto il linguaggio si toglie tutto, non è che si toglie una parte e tutto il resto rimane no, si toglie tutto e non rimane niente, perché non rimane niente? Elisa per esempio?
Intervento: perché non si sarebbero più le istruzioni per costruire le teorie …
Anche certo, ma non solo, non ci sarebbe la possibilità di pensare un concetto e quindi a questo punto si era trovato l’elemento assolutamente necessario, e cioè il linguaggio, perché come dicevo in assenza di linguaggio non esiste più niente. Tutti quanti obiettano: “ma anche senza il linguaggio le cose esisterebbero lo stesso”, non è così semplice in realtà perché questa domanda di fatto non ha nessuna risposta possibile, è possibile rispondere solo in presenza di linguaggio ma in assenza, no, non è possibile neanche porsi la domanda e quindi corrisponde a quelle cose che Wittgenstein chiamava non sensi, non significano niente e quindi è inutile perdere tempo intorno a una domanda del genere, non ha nessuna risposta possibile né immaginabile dunque non esisterebbe niente nel senso che non ci sarebbe più la condizione della nozione stessa di esistenza. Ecco perché è così fondamentale, tutto ciò che gli umani pensano, tutte le loro gioie, teorie, affanni, disperazioni, tragedie, tutto questo esiste perché esiste il linguaggio, da qui il passo successivo è stato volere sapere come funziona, perché il metodo psicanalitico o si limita come dicevo prima a ricondurre ciò che si ascolta a quelle quattro cose che si sono imparate oppure deve porre le condizioni perché la persona giunga ad accorgersi di ciò che sta facendo, e cioè che sta parlando e se sta parlando perché afferma le cose che afferma. Una tragedia, qualunque essa sia, non esisterebbe senza la parola, senza linguaggio non potrebbe esistere, perché possa darsi una tragedia occorre che qualcosa sia di grande importanza e come fa qualche cosa a essere di grande importanza? Occorre che ci siano delle considerazioni, delle deduzioni, delle conclusioni, in assenza di tutto questo niente ha nessuna importanza, non essendoci nulla che abbia importanza non c’è nessuna tragedia, è inevitabile. Poste le basi a questo punto per costruire un metodo psicanalitico si è trattato di farlo funzionare, ed è molto semplice: la persona costruisce delle tragedie e tutte quelle cose che Freud chiamava nevrosi o psicosi, anche la psicosi in assenza di linguaggio non esiste, dunque tutte queste cose sono delle costruzioni quindi si tratta di porre la persona che lamenta queste cose nella condizione di accorgersi di che cosa sono fatte in prima istanza, questo è il primo passo, essendo fatte di linguaggio è ovvio che se è il linguaggio che le ha costruite lui stesso può smontarle. Incominciare ad accorgersi, e questo sicuramente non è facile, per questo occorre un percorso analitico, che tutte le tragedie, gli affanni, le angosce, le preoccupazioni, i desideri, i pensieri eccetera di fatto non sono nient’altro che stringhe di proposizioni e queste stringhe incominciano a funzionare quando si ritiene che le conclusioni cui giungono sono vere. Altra cosa fondamentale è la questione della verità, perché se si ritiene che siano false non creano nessun problema. Dunque il metodo psicanalitico muove innanzi tutto dal lasciare che la persona incominci a raccontare la sua storia, primo passo, e nella sua storia incontra naturalmente dei problemi, delle difficoltà che sono i suoi racconti, le sue storie che non sono tantissime, sono sempre le stesse, ma poi ciascuno magari ci mette qualche variante dopodiché occorre che la persona incominci a considerare che le cose che afferma non sono una descrizione di stati di fatto che non gli appartengono, la cosiddetta realtà delle cose, ma che di queste cose ha la totale responsabilità cioè sono una costruzione del suo discorso. Quando ha incominciato ad accorgersi di questo e quindi la responsabilità che ha in ciò che afferma, a questo punto è già a buon punto per incominciare a chiedersi perché ha costruito queste cose. Certo la fanciulla che è stata abbandonata dal suo fanciullo e dice che sta male è chiaro che dice che sta male perché il fanciullo l’ha abbandonata e quindi non dipende da lei, ma dipende da lei il fatto di stare male se qualcuno l’abbandona oppure no? Perché per esempio una persona teme così tanto l’abbandono? Perché ha paura di certe cose? Perché è continuamente in affanno per altre? Perché si delude continuamente? Di tutte queste cosa la persona ha la totale responsabilità e finché non si intende questo non si va da nessuna parte, si gira in tondo, attribuire la responsabilità al mondo esterno, agli altri che sono cattivi malvagi e feroci non porta da nessuna parte, si gira in tondo, non serve assolutamente a niente. Ciò che avviene nelle psicanalisi, quelle di cui parlavo prima freudiana, lacaniana, junghiana, kleiniana, reichiana, bioniana e chi più ne ha più ne metta, non è che non abbia effetti di terapia, naturalmente ce l’ha, il primo effetto terapeutico la persona lo incontra nel momento in cui incomincia a parlare, incomincia a stare meglio per il solo fatto che parla e che quell’altro che l’ascolta non si precipita a esprimere giudizi o a dire come stanno le cose, che ha fatto bene o ha fatto male. Ma conoscendo la struttura del linguaggio questa consente anche di sapere perché una persona trae piacere per il solo fatto di parlare, per cui in qualunque psicanalisi inizialmente la persona sta meglio e soprattutto se crede alle cose che gli vengono dette e cioè alle interpretazioni o cose simili che gli vengono fornite, anche qui ha un vantaggio, è lo stesso vantaggio che incontra una persona che abbraccia una nuova fede per esempio, ha sempre un effetto fortemente terapeutico la scoperta di una nuova verità, la persona sta benissimo, è come miracolata, per un po’ naturalmente perché la fede ha questo vantaggio: consente sì un benessere immediato ma richiede di essere difesa, di essere protetta e cioè richiede una serie di operazioni che comunque metteranno la persona nelle condizioni di trovarsi prima o poi nella mala parata, nel momento in cui per esempio questa fede vacilla o qualche cosa va contro quello che ha creduto o ha imparato a seconda dei casi. L’atto di fede è richiesto in effetti in quasi tutte le terapie psicanalitiche, esattamente come in una religione, se l’analista interpreta in qualche modo e l’analizzante rifiuta questa interpretazione questo stesso rifiuto viene automaticamente inglobato nel suo disagio come resistenza all’analisi
Intervento: si crea una alleanza tra la persona e lo psicanalista …
Non è altro che la complicità che l’analista chiede all’analizzante perché gli creda, è questo, nient’altro che questo. La fede conduce a questo: se una persona non crede in dio è perché non ha ricevuto il dono della fede per esempio, se una persona non crede nel suo analista è perché resiste alla santa alleanza. Vi rendete conto che posta la questione in questi termini, ed è in questi termini, è abbastanza ridicola anche se praticata da molte persone. Ma è possibile invece compiere un percorso in totale assenza di atti di fede, e in questo caso l’analista non ha bisogno che la persona creda in alcunché, che compia nessun atto di fede, perché non deve più tradurre, trasformare le cose che dice o che pensa in altre ma semplicemente accorgersi perché pensa le cose che pensa, da dove vengono, da quali altre fantasie, nient’altro che questo e per fare questo occorre da parte dell’analista conoscere molto bene il funzionamento del linguaggio. È ovvio che la persona che si rivolge a lui non lo conosce affatto, se no non avrebbe bisogno di lui, però occorre che l’analisi giunga a questo e cioè alla totale consapevolezza dei propri pensieri, perché si pensano le cose che si pensano, cosa alla quale di fatto nessuno pensa generalmente perché ritiene che se pensa una certa cosa, per il solo fatto di averla pensata la ritiene anche vera, il problema è che questo avviene anche per chi scrive delle teorie: gli viene in mente qualcosa e la accoglie, non potendo naturalmente provare assolutamente nulla di quello che afferma ma ha il vantaggio notevole che nessuno glielo chiederà. Solo noi abbiamo fatto un’operazione del genere che appare agli occhi dei più sconveniente, chiedere a una teoria perché afferma le cose che afferma, nessuno lo fa, c’è una sorta di connivenza, ciascuno sa ovviamente che non può sostenere nulla di quello che afferma quindi ciascuno tace sulle altre per evitare che venga interrogato sulle sue. Ciò che abbiamo costruito può rispondere di sé continuamente, la teoria del linguaggio che potete trovare su internet è una teoria che non offre nessun punto debole, è la teoria più potente che sia mai stata costruita perché si basa sul fondamento che è quello stesso fondamento che consente di costruire qualunque teoria, non solo, ma che decide anche di un criterio di verità, e su questo abbiamo fondato la psicanalisi, il metodo psicanalitico cui adesso ho appena accennato, ne parleremo ancora parecchio perché è una questione piuttosto complessa ma la cosa più importante è avere un metodo. Nessuno si chiede perché gli viene in mente una qualunque cosa e se lo fa si accontenta generalmente di una qualunque risposta gli venga in mente, non chiede perché gli è venuta in mente quella cosa come risposta e in questo modo ovviamente non ha nessun accesso ai suoi pensieri che rimangono per lui un mistero totale, non sa assolutamente perché pensa le cose che pensa, semplicemente se le pensa è perché è così, perché le cose sono così, ma non è così automatico né così semplice e il modo di interrogare è esattamente lo stesso sia che si interroghi una teoria sia che si interroghi un pensiero, è esattamente lo stesso. A una teoria si chiede conto di che cosa la sostiene, a un pensiero si chiede conto da dove viene, cosa lo sostiene, è la stessa cosa cioè da quale altri pensieri è sostenuto, quali sono le premesse da cui ha preso le mosse, premesse che considera sicure, vere, anzi il più delle volte non sa neppure quali siano le premesse, anche nei testi teorici la struttura è quella dell’entimema. L’entimema è una figura retorica che consiste in un sillogismo dove la premessa maggiore non c’è, è sottaciuta, è data per buona, per acquisita, per esempio tutti i proverbi hanno questa struttura “tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino” questo è un proverbio, la premessa maggiore dovrebbe essere universale: tutti i gatti che vanno al lardo ci lasciano lo zampino. Ovviamente ne basta uno che non ci lasci lo zampino a rendere questa premessa non più universale ma particolare, ora siccome non è possibile creare una premessa universale di una cosa del genere la premessa non c’è, si suppone che sia data, che sia vera, si suppone ma in realtà non c’è. È così anche nei testi teorici o nei propri pensieri, di fatto il funzionamento è esattamente lo stesso, la struttura del pensiero più comune, più corrente è esattamente quello di cui parlavamo anni fa di questa inferenza: Pietro e Paolo sono apostoli, gli apostoli sono dodici, Pietro e Paolo sono dodici. In questo caso è evidente che c’è qualche cosa che non funziona perché è molto semplice, anche se magari non si sa dire perché, però questo è il modo in cui funziona il pensiero occidentale, generalmente ha questa struttura solo che non se ne accorge e quindi giunge a delle conclusioni assolutamente sgangherate prendendole per buone e costruendoci sopra in molti casi la propria esistenza. Incominciare dunque a considerare le cose che si pensano, perché si pensa una certa cosa, perché si compie una certa affermazione, da dove viene, cosa la sostiene, a quali cose occorre credere per esempio per potere giungere a una certa considerazione, a quali cose occorre credere e perché si crede a quelle cose visto che non è obbligatorio ma assolutamente facoltativo. In tutto questo ci è stata di notevole aiuto la retorica di cui abbiamo parlato per anni. La retorica è quell’arte che mostra i modi in cui generalmente si parla, e questi modi sono quelle cose che chiama figure retoriche e ciascuno parlando utilizza una quantità sterminata di figure retoriche, alcune di queste sono più rilevanti nel suo discorso e non sono più considerate figure retoriche ma affermazioni della realtà, da qui naturalmente qualche problema.
Questo per introdurre la questione del metodo psicanalitico, poi naturalmente mano a mano entreremo più nei dettagli però volevo darvi un’indicazione del perché si è posta questa questione, semplicemente per costruire una psicanalisi che avesse qualche dignità anziché essere una fesseria al pari di tutte le altre …
Intervento: …
Ritiene che la risposta che ha fornita la Klein sia sostenibile? Supponiamo per un istante che sia così, che ha vista una certa ricorrenza di eventi che lei ha posto come causa di un effetto, ciò che ha detto per spiegare questa relazione causa effetto su cosa si basa? È vero in alcuni casi, può anche avvenire però altro sarebbe stato se avesse detto in alcuni casi avviene così in altri non si sa. Anche perché altri psicanalisti di fronte a eventi del genere hanno fornito altre spiegazioni …
Intervento: è basato sull’osservazione …
Sì certo, è chiaro che se a un bambino gli si leva la caramella ci sono buone probabilità che strilli, ora io posso a questo punto inferire che strilla perché si è istaurato un rapporto fra lui e queste caramelle di un certo tipo, che chiamo rapporto “beta” e ogni volta che si interrompe un rapporto beta c’è una crisi affettiva, tutto questo sarebbe una fesseria naturalmente però sarebbe sufficiente a costruire una teoria …
Intervento: sono teorie che si compensano …
Si compensano e anche si contraddicono magari, cosa che è inevitabile se il criterio è l’osservazione appunto perché ciascuno osserva quello che gli pare. Uno adotta una teoria anziché un’altra in base a un criterio puramente estetico, o gli capita quella cosa lì per le mani, ma di fatto non c’è un motivo, gli piace così, gli piace pensare che un seno della mamma sia quello buono e quell’altro quello cattivo, oppure gli piace pensare che tutto quanto procede da un’identificazione con l’altro, oppure che ci sia stato un problema per quanto riguarda la sessualità etc. ognuno segue quello che ritiene più opportuno, ed è questo il panorama desolante che ci siamo trovati di fronte venticinque anni fa, e non è cambiato naturalmente e per questo abbiamo considerato che se le cose non potessero essere altrimenti che così sarebbe stato meglio lasciare perdere e fare altro. Per questo abbiamo inventato un’altra cosa che invece non è soggetta all’osservazione. Va bene, come primo approccio può bastare questo.