10-6-2004
Ho
inserita un’argomentazione in parte nuova per quanto riguarda l’obiezione che
viene fatta intorno alle sensazioni che mi è parsa abbastanza semplice da
recepire e in condizioni di smuovere da questa posizione: che le sensazioni
sono fuori dal linguaggio. Un termometro, anche lui rileva delle variazioni,
però non possiamo dire che il termometro messo in frigorifero sente freddo,
quindi non ha freddo eppure anche lui ha delle reazioni, il mercurio diminuisce
di volume… però non possiamo dire che sente freddo e quindi non sente freddo,
perché possa sentire freddo occorre che ci sia un sistema che gli consente di
farlo e quindi il linguaggio, quindi senza linguaggio non posso sentire freddo.
Ho notato una certa attenzione alla questione del disagio, alla depressione e
anche la conferenza successiva “la Globalizzazione del disagio” potrebbe
richiamare molte persone anche perché c’è questo termine “globalizzazione”,
potrebbe essere una conferenza importante, creare una certa attesa, ci si
aspetta che si spieghi che cos’è la globalizzazione del disagio, e moltissimi
avvertono del disagio. Il primo aspetto, l’utilizzo della globalizzazione del
disagio da parte delle istituzioni, che rende i cittadini bisognosi e quindi
più facilmente gestibili ma, in particolare, il fatto che ci sono delle persone
che sempre di più avvertono il disagio come depressione o qualunque altra cosa,
in genere depressione, e perché avviene una cosa del genere, perché le persone
sono così pronte ad accogliere l’eventualità di sentirsi tutte disagiate?
Questa è una questione importante, questo disagio che viene avvertito in
effetti segue a tutta una serie di elementi, primo fra tutti il fatto che il
pensiero sia sempre meno praticato, si può fare questa equazione: se cessa il
pensiero aumenta il disagio, e non il contrario come taluni pensano, l’unica
chance degli umani è il pensiero e quindi meno c’è pensiero e più c’è disagio
perché non si hanno gli strumenti per affrontare qualunque cosa accada, col
pensiero invece questi strumenti ci sono e quindi si svolge, si elabora, si
articola, cioè si parla. Pertanto la globalizzazione del disagio avviene
inesorabilmente quando c’è una sorta di globalizzazione del pensiero e quindi
una cessazione del pensiero, o un pensiero sempre più limitato, più ristretto,
come dire che le possibilità di pensare sono sempre meno, a questo punto il
disagio diventa sempre più forte perché mancano gli strumenti per affrontare
qualunque cosa, mancando gli strumenti c’è l’attesa che altri se ne occupino,
questo chiaramente va a vantaggio delle stato, però crea dei problemi nelle
persone, come il sentirsi dei bambini, dei bambini spaventati di fronte a delle
cose grandissime che nessuno sa affrontare. In assenza di pensiero avviene
esattamente questo, come avviene nel bambino, che ha pochissimi strumenti per
pensare e quindi è spaventato da qualunque cosa: meno ci sono strumenti di
pensiero e più facilmente si è spaventati e quindi più facilmente si va in
cerca della mamma che consoli, che gli dica quello che deve fare e quello che
non deve fare…
Intervento: la mamma, lo stato, la chiesa
Con
tutto ciò che questo comporta, la totale dipendenza da parte dei cittadini nei
confronti delle istituzioni. Ora di fronte a una cosa del genere non c’è che
una possibilità, che è quella di riattivare il pensiero, non ci sono altre vie,
e cioè ricominciare a pensare. A questo punto noi possiamo farlo con ottimi
strumenti, strumenti molto potenti, strumenti che consentono di porre ciascuno
nella possibilità di affrontare qualunque cosa senza nessun timore, però
occorre sapere pensare. In fondo è anche questo che dobbiamo trasmettere alle
persone che vengono alle conferenze, che in questo modo ciascuno diventa capace
di affrontare qualunque cosa senza timori, senza paure, senza affanni, angosce,
ciò che il discorso che stiamo promuovendo induce è quella che potremmo
chiamare serenità, consapevolezza, determinazione, e anche la capacità di
considerare il discorso altrui e il proprio, sicurezza nel giudicare, nel
valutare, e non essere travolti da qualunque cosa accada, qualunque cosa
ascolti, non essere travolti quindi neanche dalle proprie fantasie scambiate
per cose terribili. Gli umani sono travolti da qualunque cosa in generale e lo
sono perché non hanno la possibilità, non hanno gli strumenti per non essere
travolti, noi possiamo fornirli. Non essere travolti comporta mantenere una
continua, costante, inevitabile lucidità di pensiero, sapere che cosa sta
accadendo in ciò che dico ma in ciò che dicono anche altri, sapere dunque giudicare
non in base a fantasie ma in base a ciò che la persona dice, sapere
immediatamente se ciò che sta affermando è necessariamente vero oppure è una
sua fantasia. Quando tempo fa dicevo di fornire alle persone qualche cosa che
possa apparire uno strumento di potere, intendevo anche questo: lasciare
intendere che possiamo mettere le persone in condizione di sapere che cosa gli
altri pensano, che cosa dicono e quindi cosa pensano. Questo è sempre un buon
argomento, è sempre una cosa che gli umani cercano: capire gli altri, è un
esca, poi se hanno l’occasione di proseguire accorgersi che la questione è un
po’ più complessa, però a questo punto avremmo modo di inserire altri elementi,
più complessi e più articolati…
Intervento: capire l’altro nel luogo comune è immedesimarsi nell’altro,
identificarsi nell’altro…
Questo
è l’aspetto pietistico, c’è un’altra possibilità che è invece quella di capire
l’altro e quindi di sapere quello che pensa e quindi averne il controllo. In
questo caso non c’è nessuna immedesimazione. Questa è una questione che Lei
Cesare può sottolineare con enfasi, e cioè che il disagio segue al fatto di non
riuscire a capire che cosa succede, quando non si riesce a capire cosa succede
o che cosa altri dicono o pensano ecco che c’è il disagio e cioè ci si trova
nella condizione di una persona che non sa da quale parte muoversi, da quale
parte andare, perché non sa che cosa sta succedendo e quindi è una sorta di
paralisi…
Intervento: come il blocco del linguaggio
Qualcosa
del genere, e quindi se invece la persona potesse, riuscisse a capire quello
che succede ecco che tutto questo disagio in buona parte scomparirebbe,
soprattutto se avesse la possibilità di capire che cosa succede in ciò che lui
dice, in prima istanza. Sì, questo va pronunciato con enfasi, il disagio viene
da lì, dal fatto di non riuscire a capire, a controllare ciò che circonda
mentre invece noi possiamo fornire queste informazioni. Come dicevo prima i
bambini non sono capaci di affrontare delle situazioni di fronte alle quali sono
disarmati, un adulto no, almeno si suppone, e quindi ecco che gli umani se non
riescono a capire cosa sta succedendo in generale si trovano come dei bambini
di fronte a situazioni più grandi di loro, e quindi la mamma e quindi tutte
queste storie. È un po’ questa la questione da svolgere, adesso ho detto così
sommariamente, Cesare lo dirà molto meglio, è una traccia però, torno a dirle
Cesare, potrebbe esserci molta attesa per cui la conferenza va preparata bene.
Possiamo anche fare così come stiamo facendo in questi ultimi incontri, e cioè
ciascuno di voi pone delle questioni avvicinandosi alla questione del
linguaggio che poi io affronto in termini più radicali. Come dire che nella
prima parte si dice cosa sta succedendo, nella seconda perché. È un modo,
strategicamente potrebbe funzionare. È chiaro che parlerò del linguaggio in
termini più semplici possibili, e poi forniremo quell’opuscolo (gli scritti
sulla logica del linguaggio) dove ciascuno, se ha voglia di farlo, troverà
delle indicazioni teoriche precise, l’ho riletto oggi e l’ho trovato
assolutamente ineccepibile, ho corretto solo qualche virgola, è per le persone
che hanno voglia di sapere su che cosa si fonda ciò che andiamo dicendo, e
quindi argomentazioni logiche precise… che viene anche più comodo, se qualcuno
vuole avere informazioni qui trova tutto quello che c’è di più preciso, lo
legga e la prossima volta ne discutiamo. È un testo non semplice, complesso
perché non salta nessun passaggio, esplicita tutto quanto e quindi chiaramente
può risultare pesante, però se vuole sapere esattamente su cosa si fonda il
nostro discorso lì c’è scritto in modo assolutamente preciso…
Intervento: mi interessa il disagio che dei giovani manifestano perché dopo un po’
si annoiano con la ragazza
Non è
una cosa di questi giorni il problema tra fanciulle e fanciulli…
Intervento: però è molto diffusa… questa noia
Questo
può inserirlo Cesare, anzi è il caso che faccia un esempio di questo tipo,
raccontare che ha parlato con ragazzi ecc. per introdurre la questione
dell’assenza di pensiero, che se non c’è pensiero c’è la noia, c’è l’incapacità
di proseguire, che è disagio, non sapere cosa fare, non sapere cosa dire, dove
girarsi, dove andare, cosa fare, nulla che interessi, se si esclude il pensiero
è inevitabile che accada questo, e in ogni caso retoricamente è efficace.
Perché, per esempio, nel ‘68 non c’era questa noia? Queste sono argomentazioni
retoriche che può e deve utilizzare a suo vantaggio, perché c’era un ideale,
per esempio, che per quanto fosse comunque era qualcosa che costringeva a
pensare, a riflettere, a leggere, a considerare, tolto questo c’è niente, c’è
il nulla, tolto il linguaggio, cioè il pensiero, c’è nulla, questo
retoricamente è efficace. Può fare anche quest’altro esempio che è efficace, o
potrebbe esserlo, l’ideologia è come l’innamoramento, come nel ‘68, c’era una
grande eccitazione poi ad un certo punto la cosa si smorza, come
l’innamoramento, e allora se non si trova subito qualche altra cosa c’è appunto
la noia e quindi il disagio. Ecco perché imparare a pensare è la condizione per
uscire da questa situazione e cioè per non trovarsi più di fronte alla noia,
all’incapacità di fare, dire, di sapere, è l’unica via che impedisce la noia,
se no, passato il fuoco del momento poi…
Intervento: è molto diffusa questa mancanza e allora ecco che subentra vado a fare
un viaggio… pur di muovere la propria en passe cercando fuori dal proprio
discorso…
Imparare
a pensare comporta, anche questo, bisogna dirlo trovarsi ad essere il proprio
migliore interlocutore, per cui non c’è più la paura di rimanere da soli,
perché si è con i propri pensieri, con le proprie costruzioni, con le proprie
storie, fantasie etc. e cose da pensare, da considerare ce ne sono sempre una
quantità sterminata, basta accoglierle, fare di sé il migliore interlocutore,
che non esclude che ci siano altri interlocutori ovviamente, ma diventano un
piacere, non una necessità…
Intervento:…
Certo,
la possibilità di stare da soli con i propri pensieri e trarre piacere da
questo, sì allora non c’è più la paura della solitudine…
Intervento: vorrei quella cosa ma se quella cosa può darmi dei fastidi sono
attratto da una cosa ma se la ottengo mi darà poi problematiche… sono due
discorsi, due giochi linguistici
È
abbastanza normale, uno vuole una certa cosa però si rende conto che se la
ottiene poi ci sono dei risvolti. Ma dicevo che possiamo mettere le persone
nelle migliori condizioni per potere decidere ciò che vogliono fare e
soprattutto sapere, mettere le persone nelle condizioni di sapere cosa
vogliono. Sì, questo è fondamentale, come si fa a sapere ciò che si vuole?
Potrebbe non essere difficile in alcuni casi, ciò che muove in una certa
direzione è impedito ma impedito non perché ci sia qualche impedimento in
realtà, ma perché non si sa pensare in modo lucido, determinato. Se si pensa in
modo confuso tutte le cose sembrano essere uguali tra loro, non c’è nessuna
priorità, allora ecco che ci si rivolge a mille cose senza trovare mai quella
giusta, è un po’ come nelle vicende sentimentali, ci si gira da tante parti e
non trova quella giusta, che va anche bene, perché no? Però non è tanto il
fatto che trovi quella giusta, non ce ne importa niente, ci interessa
considerare il fatto che potrebbe anche essere questa stessa ricerca
l’obiettivo, la ricerca stessa, in fondo gli umani da quando esistono non fanno
altro che cercare cose per abbandonarle appena le trovano, e noi sappiamo anche
perché, però c’è l’idea che trovando per esempio la donna giusta o l’uomo
giusto ecco che allora finalmente ci sarà la felicità, non è così automatico,
come sappiamo, ma l’idea, in termini linguistici, è che ci sia quell’elemento
che risultando vero finalmente chiuda la ricerca, cioè chiuda la sequenza e che
una volta chiusa rimanga chiusa per sempre. È ovvio che non può essere in
nessun modo…
Intervento: l’interpretante logico finale di Peirce…
Esattamente,
trovato quello, raggiunto quell’obiettivo… forse se ne parlava rispetto
all’amore, se la partita è chiusa non c’è più niente da fare, è finita…
Intervento: ecco però il depresso la partita chiusa è sempre aperta perché la
riprende in continuazione
Sì,
recita la parte della persona che si trova di fronte a una partita chiusa
definitivamente, e quindi non c’è più niente da fare, è tutto già avvenuto, e
quindi non fa altro che ripetere sempre le stesse cose
Intervento: crede di aver trovato la verità, ha una potenza immensa
Qualcosa
del genere, è l’unico che sa come stanno le cose…
Intervento: gli diciamo che non ha ragione, e infatti cosa si fa al depresso in un
percorso analitico? Gli si scombina tutto un mondo
Lo
facciamo anche con altri che non sono depressi, ma sicuramente è la cosa per
cui vive, l’affermare come stanno le cose, in fondo è l’unico che sa come
stanno le cose e quindi è in una posizione di assoluto privilegio…
Intervento: cosa che non viene intesa dal luogo comune
Certo,
il depresso è una persona che deve essere aiutata perché esca dalla
depressione, ma perché dovrebbe uscirne se va bene così? A meno che non sia la
persona stessa che voglia dirne…
Intervento: dicono che vogliono
Questo
serve a togliere loro la responsabilità, è chiaro che non potrà mai dire che è
lui che vuole stare così, è una contraddizione in termini, non lo farà mai…
Intervento:…
Sì il
disagio si globalizza quando il pensiero scema, e allora non ci sono più
strumenti per andare avanti poiché gli unici strumenti di cui dispongono gli
umani sono fatti di pensiero, se gli si leva questo è finita, non sa dove
andare, come il bambino che al supermercato perde la mamma, incomincia a urlare
come un’aquila…
Intervento: la paura che le istituzioni creano per poi salvare, bisogna sempre
cambiare figura bisogna trovare sempre qualcosa di diverso altri discorsi da
farsi perché se no viene a noia
Sì, la
guerra si presta bene e andrà avanti per molti anni, però adesso non siamo in
guerra, ovviamente durante la seconda guerra mondiale non c’era bisogno di
creare altro panico visto che c’erano i bombardamenti, erano già a posto, però
qui in Italia in questo momento non c’è la guerra, però c’è il terrorismo
sparso un po’ qua e un po’ là e questo serve ovviamente. Nel caso dovesse mai
cessare il terrorismo allora sì, bisognerebbe trovare un’altra cosa, il buco
nell’ozono, il fumo che fa male, la madonna che piange…
Intervento: cioè devono sempre essere pronti a rimpiazzare…
Sì, a
indicare un pericolo, fare fronte comune di fronte al pericolo…
Intervento: la psicosi dei cani
Sì,
ogni giorno c’era un cane che mordeva…(poi è cessato…
Intervento: come funziona l’informazione tutto sommato per creare disagio…
Che è
lo stesso modo in cui ciascuno si crea disagio, prende una certa cosa che è
funzionale alla necessità di crearsi una paura e utilizza quella, può essere il
fumo, può essere il vapore di benzina… no, quelli no perché ci sono le case
automobilistiche che arginano questo timore, in effetti sono i vapori di
benzina prevalentemente cancerogeni, però non si possono fermare le macchine
quindi…
Intervento: questo non sapendo come funziona la struttura del linguaggio… il
linguaggio ha la necessità di proseguire e allora qualsiasi cosa ecco che dopo
un po’ qualsiasi gioco viene a noia non c’è più nulla da dire…
Intervento: d’altra parte parlando gli elementi si modificano in continuazione
entrando in nuove combinatorie
È buffo
vedere come vengono create queste cose, per esempio le cinture di sicurezza,
come molti sanno in realtà c’è stato un tizio che produce cinture di sicurezza
che, con i suoi giusti agganci, ha fatto in modo che fosse varata una legge
perché si applicassero le cinture di sicurezza, la più parte delle persone
continua a credere, con straordinaria ingenuità, che invece lo stato si occupi
dei cittadini, che pensi per loro…
Intervento: di fronte a questa questione che ingenuamente i cittadini pensino che
lo stato si occupi di loro… le persone non vogliono saperne che invece sono
truffe, è interessante la questione, quella della responsabilità per cui le
persone sono disposte a dei sacrifici tremendi pur di non volere sapere, non
vogliono sapere… è come quando il bambino non vuole sapere che la sua mamma…
Che non
c’è babbo natale! Che la mamma va a letto con il papà e fa delle cose…
Intervento: ecco la difficoltà che ha il nostro discorso che mostra in modo
inevitabile come sono le cose
Dice
bene Beatrice, è come mostrare al bambino che il papà e la mamma fanno le cose
che non devono fare, il bambino non ci vuole credere, e dice che non è vero,
non è vero, così come il religioso, se lei lo mette alle corde, con ottime
argomentazioni circa l’assoluta invalidità di qualunque discorso religioso non
vuole mollare la sua fede…
Intervento: è per questo che il nostro discorso crea delle difficoltà… io mi sono
trovata molte volte a fare delle affermazioni di fronte a delle cose plateali e
mi sono trovata la gente contro di fronte alle mie affermazioni, come di fronte
alla distruzione…
Esattamente
come il fondamentalista islamico, è agguerrito per difendere la sua religione,
non si vuole assolutamente abbandonare la fede, può fare l’esempio del bambino
che assolutamente non vuole sapere, prima che non c’è babbo natale, che papà e
la mamma…
Intervento: è la resistenza più grossa contro la quale noi abbiamo a che fare… e
più fai questi esempi e più ti fai dei nemici… dopo tanto tempo può avvenire
che qualcuno… però in molti casi lascia il tempo che trova
Continuare
a pensare di essere nato dalla cicogna… e così è, è con questo che abbiamo a
che fare, occorre tenerne conto…
Intervento: questo dovrebbe incuriosire anche perché di fronte a queste questioni
ci si ribella perché è contro il suo discorso e questo mantiene certi ideali di
moralità per cui si accolgono anche certe costruzioni ma difficile svincolarsi,
soltanto un lavoro continuo…
Sì, noi
possiamo anche dire perché, perché si è posta nell’ambito del discorso della
persona come la verità su cui si regge qualunque altra affermazione, e quindi
mettere in gioco questo significa mettere in gioco tutte le altre che seguono e
quindi questo comporterebbe un lavoro immenso, e poi il timore che non ci sia
più niente a questo punto, se io tolgo la premessa maggiore tutta
l’argomentazione crolla…
Intervento: da questo viene fuori il: “ma allora le sensazioni?”
Certo, già!