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10 GIUGNO 1999

 

Giovedì, Cesare, quale questione abbiamo lasciato in sospeso?

Intervento: della dipendenza, della sofferenza, della dipendenza dal discorso religioso

Già, lei cosa aggiunge in questa settimana di riflessioni Cesare?

Cesare: sopra queste cose?

Anche sotto.

Cesare: Mi sono soffermato sulla emozioni.

Voi sapete chi è Umberto Eco? Leggiamo due cosette di questo articolo così, anche per fare un esercizio di lettura. Allora, per esempio, ad un certo punto qui dice: la filosofia non si è dunque più posta il problema che affaticava Locke perché riconosciamo un cane come cane e lo chiamiamo cane diventando teoria vero funzionale del linguaggio occupandosi cioè delle funzioni di verità delle nostre frasi, ma non del perché conosciamo le cose e, tuttavia, lavorare sul linguaggio, come in realtà ha fatto molta filosofia del nostro secolo tanto che si è parlato di un “linguistic turn” di una svolta linguistica della filosofia, questa svolta linguistica ha prodotto risultati interessanti anche per le indagini sulla mente e, si badi, persino sul corpo, o almeno sul cervello. Perché bisogna ammettere che il rapporto tra il cervello e la mente è, anche perché sostiene che la mente non c'è ed esiste solo il cervello, questione scientifica molto seria. Noi possiamo lavorare sul cervello perché abbiamo una mente e lo stesso rapporto che c'è tra le gambe ed il camminare. Perché?

Già ad una cosa del genere si potrebbe domandare perché? Chi glielo ha detto?

Intervento:…

Qui dice c'è lo stesso rapporto che c'è tra le gambe e camminare. “Le gambe sono un oggetto la cui funzione è il camminare e si ha un bel dire che il camminare non esiste ed esistono solo le gambe, camminare, al contrario, esiste, la gente cammina Se incominciamo a pensare il rapporto cervello - mente in questi termini recuperiamo il punto di vista di un personaggio che sacerdoti e cardinali stanno dimenticando eppure leggono su testi apocrifi, questo personaggio si chiama San Tommaso d'Aquino. Tommaso diceva una cosa rivoluzionaria che non viene quasi mai citata: “Il problema della conoscenza è trovare l'essenza delle cose, l'essenza del cavallo, dell'uomo ecc...” .Questo lo dicevano già gli stoici. “L’essenza sta nella definizione, la definizione di uomo è animale razionale mortale.”

Affermare che l'essenza sta nella definizione è assolutamente arbitrario, io potrei dire che l'essenza sta da un'altra parte.

“Che cosa è dunque la definizione? È genere più differenza specifica. La differenza specifica è l'attributo che possiede solo quella determinata specie, la differenza specifica dell'uomo è la razionalità, cioè l'anima. San Tommaso allora deve chiedersi dov'è la razionalità? Come la vediamo? Con quale microscopio, se avesse avuto il microscopio, possiamo esplorarla? Ebbene la razionalità non la vediamo mai., ne inferiamo l'esistenza dal comportamento razionale, dal fatto che l'uomo parla e agisce in modo sensato. L'unico modo che abbiamo di osservare la mente è analizzare il linguaggio, ecco perché la svolta linguistica ha, in un certo senso, obbligato la filosofia a occuparsi del funzionamento della mente, quasi senza che i filosofi se ne accorgessero, fino al momento in cui, uno dei più grandi linguisti di questo secolo, Roman Jakobson, maestro di Chomsky scrive un saggio fondamentale in cui postula due tipi di linguaggio e due tipi di afasie.

Jakobson parte da una ipotesi linguistica, noi per parlare quindi per manifestare la razionalità, nostra differenza specifica lavoriamo da un lato sull'asse della selezione e dall'altro su quello della combinazione.

Personalmente sono interessato al problema della conoscenza che già Kant espresse in maniera geniale, l'uomo conosce il mondo imprimendovi una serie di scaffalature, di forme a priori che si sovrappongono agli stimoli chimici e fisici ecc.., quando si sale nella scala si arriva all'età mentale precostituita dall'intelligenza, della categorizzazione dei nomi da dare alle cose. I più giovani di noi assisteranno al trionfo dell'impresa che darà risposta alle domande più interessanti su come conoscere, su come conosciamo, in definitiva su chi siamo. È una scoperta degli ultimi anni che nel cervello esiste un certo numero di cellule nervose rimaste bambine, gli scienziati le chiamano cellule staminali, un modo complicato per dire che possono ancora moltiplicarsi e crescere: crescete e moltiplicatevi insomma. C'è chi sostiene che “sono lì per rimpiazzare cellule vecchie, si tratta di puro materiale edilizio che va rieducato e connesso e farcito di informazioni ...”.

Questo invece è Galimberti il filosofo: “Mente e cervello”: “ la prima osservazione riguarda il nesso tra queste due figure, la seconda la leggera preoccupazione che lavorando sul cervello si tocchino per l'appunto zone nevralgiche”.

Finché la scienza indagava il mondo tutti erano con lei plaudendo al progresso, quando la scienza ha cercato di essere fisica e diventare biologia e quindi ha cominciato a studiare non il mondo esterno ma l'uomo ecco che si sono preoccupati. Per quanto riguarda il rapporto tra mente e cervello mi pare che Chomsky abbia detto in sostanza tutto, prima di lui erano Husserl eccetera. “La scienza nasce attraverso la riduzione del corpo a organismo nonostante la regina di Svezia avvertisse Cartesio dicendogli: “guarda, io del corpo ho una nozione diversa da quella che stai descrivendo oggettivamente e organicisticamente”“.....vediamo come conclude....”in conclusione non disponiamo ancora di un'etica all'altezza della scienza e gli scienziati si comportano secondo quella loro etica del fare indipendente dagli esiti e dalle responsabilità di ciò che accade, un'etica che male si concilia con la capacità nostra di metabolizzare le loro scoperte e inserirle in questo mondo umano, il problema mi sembra abbastanza serio...” sarebbe questa la conclusione a cui giunge “quando si cerca l'essenza delle cose”, per esempio, dice Umberto Eco: “il problema della conoscenza è trovare l'essenza delle cose” e io affermo che l'essenza delle cose è la loro definizione, tanto questa cosa che sto dicendo è assolutamente gratuita anche perché qualcuno potrebbe obiettare che la definizione non è l'essenza delle cose, la definizione dovrebbe cercare di avvicinarsi all'essenza che rimane altro per la definizione.

Intervento:…

Esattamente, o la definizione è senza essenza che non ha, oppure se è una essenza e quindi occorre dare una definizione di essenza la quale essenza è la definizione e non ne veniamo più fuori, è la prima obiezione legittima. Poi vengono affermate, come tutte queste cose che vengono affermate qui con molta sicurezza, cose che sono assolutamente arbitrarie: “questa cosa è quest'altra”, perché?

È chiaro che si è sempre cercato se si cerca tutt'oggi ed è il modo di pensare occidentale di fare come delle equazioni: A è uguale a B e se A è uguale a B e se B è uguale a C, allora A è uguale a C, però non è sempre così automatico; in effetti il nostro percorso è sorto proprio da queste domande cioè perché?, come lo so?.

Che il problema della conoscenza sia trovare l'essenza, perché? in base a quale criterio?, naturalmente devo avere già dato una definizione di conoscenza, dando una certa definizione di conoscenza io ho già vincolato la mia ricerca alla definizione che ho dato perché non è più sicuramente l'essenza.

Così come accade in ciascuna situazione quando io definisco in qualunque modo una certa cosa, questa definizione che ho dato vincolerà tutto l'operato in relazione a quella certa cosa; faccio un esempio molto banale: se io definisco gli slavi come uomini selvaggi e rissosi, questa definizione che ho dato vincolerà il modo in cui dirò in seguito degli slavi tutto ciò che io farò per gli slavi, sarò vincolato a questa definizione e questo avviene anche nel campo della scienza, badate bene, che sembra apparentemente non toccato da queste considerazioni morali, e invece non è così.

Qualunque discorso si faccia, qui per esempio parlano del corpo, però danno una certa definizione di corpo: un insieme di organi funzionali tra loro, ma potrebbe non essere solo questo; ciascuna volta quello che sfugge a questi personaggi da sempre è che ciò di cui stanno parlando è un gioco, un gioco linguistico, il quale gioco linguistico segue delle regole, per esempio una di queste è quella data dall'affermazione che il problema della conoscenza sia trovare l'essenza delle cose, questa la pongo come regola, allora se il problema della conoscenza è trovare l'essenza delle cose è chiaro che leggerò tutta la storia del pensiero e ciò che sta avvenendo adesso in questo modo convinto che il vero problema sia questo e che la soluzione di questo problema comporterà la soluzione di tutti i problemi.

Questa questione della definizione, questione che ho sfiorato martedì, vi ricordate? È fondamentale. In tutto il lavoro che abbiamo fatto quando compare una definizione viene sempre dichiarato, definiamo questo in questo modo rispetto al gioco che stiamo facendo perché sia utile rispetto al gioco che stiamo facendo ma al di là di questo non ha nessun valore. Ci serve per giocare. L'unica cosa che abbiamo stabilita è quella che non possiamo negare, tutto il resto sono definizioni per potere proseguire il gioco.

Ma, ciascuna volta le definizioni che utilizziamo non hanno nessun valore ontologico, sono giochi linguistici, così come affermare che 4 assi valgono più di due sette.

Intervento:…

Possiamo dire, certo, la comunicazione in quanto tale è un atto linguistico, questo atto linguistico non è necessario in quanto tale, questo, che ci sia un atto linguistico sì ma questo no, quindi se non è necessario è arbitrario ed essendo una definizione è arbitraria, è arbitrario e quindi è una definizione, tutto sommato, generalmente qualunque cosa che sia una definizione è arbitraria, cioè definisce qualcosa.

Definire qualcosa è importante, è importante per proseguire il gioco, ma una volta che ho definita una certa cosa ho soltanto stabilito una nuova regola del gioco.

Intervento:…

Definire vuol dire stabilire i limiti. De finis, cioè partire dalla fine, dai confini letteralmente, finis in latino è confine.

Intervento:…

È sempre la realtà il punto centrale, anche qui, apro una piccolissima parentesi al suo discorso, qui c'è Chomsky: “Noi possiamo soltanto provare a comprendere, ciò che rimane è il mondo con tutti i suoi aspetti problematici, meccanici, elettromagnetici, chimici ecc... Noi possiamo soltanto provare a comprendere questi fenomeni e cercare di unificarli a varie teorie che li descrivono, ma nulla di più.” Cioè le cose sono lì e, in questo caso la struttura linguistica serve soltanto a comprendere questi fenomeni e quindi sono fuori dal linguaggio.

Intervento:…

Sì, rimane l'idea, in questa operazione, di potere controllare, in definitiva, il meccanismo, ridurlo a una specie di macchina che in qualche modo è controllabile, infatti dicono “non ci resta che capire il suo funzionamento. Se invece la mente è un atto linguistico allora capire il funzionamento dell'atto linguistico comporta capire l'utilizza dell'atto linguistico e, capite immediatamente che la cosa si fa più complicata, perché non è più possibile a questo punto giungere alla comprensione del fenomeno immaginato fuori dal linguaggio con il linguaggio come strumento per capirlo.

Perché qui, lo strumento, e ciò che deve essere capito sono esattamente la stessa cosa, per cui s'instaura immediatamente un circolo vizioso che tanto spaventava Tommaso, visto che qualcuno l'ha citato, e che impedisce di potere stabilire con certezza che cosa è una certa cosa, al di fuori di dire che è un atto linguistico. Mentre l'idea della mente come macchina funziona in un certo modo e consente di immaginare e di pensare che le cose siano in un certo senso prevedibili e controllabili, soprattutto. Quindi, se la mente funziona in un certo modo e qualcuno dice certe cose è perché qualcosa non funziona nella sua mente. È come una macchina che ha un problema e può essere corretta ma il funzionamento giusto è questo.

Intervento:…

Se la mente è strutturata in questo modo, cioè fuori dal linguaggio, allora è controllabile perché, col tempo, si potrà stabilirne il funzionamento corretto e, quindi, qualunque funzionamento anomalo deve essere corretto.

Intervento. La questione della mente è una questione che viene supposta, comunque, esistente di per sé.

La mente che funziona come un computer, per esempio.

La neuroscienza sta facendo dei passi da gigante, sta prendendo parecchio piede. Poter far passare tutto con una pastiglietta, questo si sta passando.

Qui Eco, per esempio, dice:” Il problema sta nella definizione, cioè, scusate, l'essenza sta nella definizione quindi è un atto linguistico no, la definizione, questa definizione è necessaria? Evidentemente no, possono darsene molte, e quindi anche la definizione è un atto arbitrario ma qui non ci arriva, non ci può arrivare, perché sovvertirebbe tutto. Mentre la mente, la realtà si suppone possa essere controllabile, è poi il problema che incontriamo continuamente se ciascun atto è un atto linguistico allora non c'è nulla fuori dal linguaggio quindi tutto quello che faccio, penso, immagino è solo un atto linguistico, ma se gli umani pensassero in questo modo come li si controlla? Se cessassero di credere non importa cosa l’importante è che credano, che abbiano una religione. Lo accennavo martedì, sarebbe una catastrofe se cessasse il discorso religioso, se cessassero di pensare che esiste la mente, che è fatta in un certo modo.....

Intervento:…

Infatti nessuno si preoccupa del fatto che la scienza che nella vulgata sarebbe il discorso più serio, più attendibile, che cambino opinioni ogni dieci minuti. Non si preoccupa nessuno, allora com'è questa storia che ogni volta che si fa una teoria dopo ne interviene un altra. Perché è soltanto una conversione religiosa, non è più il Dio uno e trino ma è duplice, che ne so? L'importante è che ci sia.

Intervento:…

Mai sopravvalutare il prossimo, neanche sottovalutare, leggere semplicemente. C'è una ricerca che a un certo punto si arresta. In effetti è una cosa che sorprese anche me anni fa, una sorta di uovo di colombo, di una semplicità estrema.

Intervento: Lo stesso Greimas, uno che ha a che fare con il sesso continuamente, le costrizioni che la parole pone continuamente in atto…

È una cosa che mi ha interrogato, possibile che in tremila anni nessuno ci avesse pensato... Il linguaggio, ciò che consente di costruire qualunque pensiero, il linguaggio funziona in modo inferenziale.

Intervento: E se fosse stato scoperto e non fosse stato reso noto? Perché ha una portata notevole. Diciamo che fa più piacere seguire il discorso religioso.

No, se questi personaggi avesse pensato una cosa del genere non se lo sarebbero tenuto per sé. Eppure questo sistema inferenziale è quello che consente di fare tutte le affermazioni, di qualunque tipo e non c'è uscita perché non c'è un altro modo da nessuna parte e quindi qualunque cosa si pensi è vincolata a questo sistema, quello del linguaggio dal quale dicevo non c'è uscita.

Tutta la filosofia intorno alla filosofia del linguaggio e di qualche interesse, da Wittgenstein ad altri, come avviene se non attraverso l'inferenza, bisogna tenere conto che ciò che si dice intorno al linguaggio viene detto attraverso il linguaggio. Cosa comporta questo? Ha dei risvolti, degli effetti oppure no? Evidentemente sì. Qualunque affermazione io faccia sarà sempre vincolata alla struttura che mi consente di farlo, necessariamente. E in che cosa consiste questo vincolo? Consiste nel fatto che primo non può uscire dal linguaggio e secondo che rimane un atto linguistico, in nessun modo può affermarsi che è fuori dal linguaggio.

L'uovo di colombo. Eppure... Gorgia: Se qualcosa fosse non sarebbe conoscibile, se fosse conoscibile non sarebbe comunicabile. E poi tutte le antinomie, Zenone etc., praticamente mostravano il limite del linguaggio, già allora mostravano che non c'è uscita dal linguaggio. Una volta che si è dentro non si può più uscire.

Eppure qui come vedete, la questione non è neanche sfiorata, non è sfiorata perché toglie la religiosità, toglie l'illusione, da parte del discorso religioso, di potere giungere alla verità, in definitiva.

Intervento: In effetti toglie tensione

Intervento: l'essenza delle cose è un qualcosa che si può dire attraverso la definizione laddove il linguaggio è qualcosa che veicola, qualche cosa che rimane al di là del linguaggio.

Sì certo, uno strumento che serve per comprendere la verità.

Intervento:…

Sì, per questo pensavo che è assolutamente necessario potere accogliere un discorso del genere, una sorta di addestramento al linguaggio, occorre fare questo passo, dal linguaggio come strumento al linguaggio come ciò per cui gli umani sono quello che sono. Senza questo passaggio non c'è la possibilità perché rimane comunque l'idea che sia uno strumento per un'altra cosa e invece è strumento per se stesso. Tenere conto che quando uno dice: “Noi possiamo soltanto provare a comprendere questi fenomeni...” questo è Chomsky che parla, un linguista, “Noi possiamo soltanto provare a comprendere questi fenomeni e le varie teorie che li descrivono ma nulla di più.” Perché non si accorge di quello che sta dicendo? Perché non si accorge che sta dicendo, innanzi tutto? Perché ciò che sta facendo non è una descrizione di qualcosa che è fuori dal linguaggio, sono proposizioni che raccontano di altre proposizioni, dietro queste proposizioni non c'è nient'altro che altre proposizioni.

Intervento:…

Anche queste sono proposizioni. Io posso dire che il linguaggio, che alcune strutture sono innate, posso dire che non lo so, posso dire che le ha messe Dio, è la stessa cosa. E quindi?

Intervento:…

Anselmo d'Aosta che vivendo al fresco aveva le idee chiare.

Intervento: Dio esiste perché è pensabile. Io posso pensare che qualcosa sia fuori dalla parola, quindi ne posso anche essere convinta.

Certo.

Intervento:…

Sì. È una questione che avevamo sfiorato, ecco che mano a mano vengono fuori le cose di cui avevamo parlato. Il fatto che molti dicano: “allora è possibile giocare qualunque gioco” sì, allora è possibile giocare qualunque gioco ma se si è acquisito questa struttura di pensiero e, questo rimane sempre da sfondo, qualunque gioco io giochi non posso più non tenere conto di quest'altro e allora giocherò in un modo totalmente differente. Non potrà più, comunque, considerarsi come un gioco religioso.

Intervento:…

Facendo da sfondo questo altro gioco che stiamo inventando, gli altri giochi sono dei giochetti, che cessano man mano di interessare.

Intervento:…

Sì, l'idea che si perdano le emozioni, non si perde niente, assolutamente nulla, anzi, si può goderne meglio perché non ci sono a fianco tutta una serie di altre cose, di problemi, di agganci.

Intervento:…

Jacques Lacan, psicanalista francese morto nell'ottantuno. È stato l'analista di Verdiglione, tra le altre cose il quale scrisse varie cose, anche un testo dove diceva che l'inconscio c'è e parla. qualcosa parla, ça parle. Una forma un po’ animistica, l'idea che qualcosa parli, il linguaggio parla, questo ça, questo qualcosa è assolutamente ridondante, il linguaggio, l'inconscio parla come qualunque altra cosa, se non parlasse non esisterebbe. Non è una gran trovata, lo è stata per i suoi tempi.

Dovremmo forse riprendere la questione della mente anche nelle conferenze, il mentalismo, lo spiritualismo scientifico che oggi, direbbe Mike Buongiorno, va' per la maggiore.

Intervento: In ciò che lei ha letto lo sfondo è sempre il medesimo, che ci sia sempre qualcosa da svelare.

Sì, cosa diceva il nostro amico Galileo? L'universo è scritto in un grande libro, un trattato di matematica, noi possiamo decodificarlo e così l'idea della mente , le leggi della mente e quindi sono scritte da qualche parte.

Intervento:…

Tutto il giusnaturalismo ci è andato a nozze con queste storie qua.

Intervento:…

Ma se io, per esempio, Cesare, le dicessi che la forza di gravità esiste, lei come comincerebbe a porre qualche questione?

Intervento: Comincerei col dire, per prima cosa, che è un'espressione linguistica, cioè che il fatto di sostenere che la forza di gravità esiste, esiste in quanto io ne parlo e che l'ho definita in questa maniera...

Sì, però forse occorre fare qualche altro passaggio . Questa legge di gravità su cosa è sostenuta? Cosa la regge?

Intervento: sull'esperimento,

Sì, sull'osservazione e quindi alla domanda come lo so, la risposta è che l'ho visto, l'ho osservato. e quindi, a questo punto? Siamo già a buon punto. Dall'osservazione. Che criterio ha di validità? Ha un criterio logicamente inattaccabile oppure un criterio che logicamente non è sostenibile? Perché la questione per i logici sarebbe molto nebulosa, l'osservazione non è un criterio logico attendibile, uno può osservare qualunque cosa, il fatto che l'osservino in molti...tutti osservano che lasciando andare un oggetto questo cade. Sì, è vero, tutti osservano questo. E se fosse che questa osservazione, l'osservare stesso le cose fosse un luogo comune, per cui io do una certa attendibilità a qualcosa che vedo in un certo modo, ma la vedo in un certo modo perché sono stato addestrato a vederla in quel modo.

Intervento:…

Nel Medioevo tutti pensavano di avere visto Dio o la Madonna. Il fenomeno era universale, nessuno lo metteva in dubbio ed era riproducibile perché si riproduceva continuamente, quindi soddisfaceva le regole dell'esperimento scientifico.

E se l'osservazione fosse una sorta di luogo comune per cui ciascuno è addestrato a pensare in un certo modo, a considerare l'osservazione una certa cosa. Per cui dico che una cosa lasciata cadere va giù, questo giù, in prima istanza, è un significante. Potremmo dire che qualunque cosa lasciata cadere non va né su né giù, né va da nessuna parte se non c'è qualcuno che l'afferma.

Allora torniamo alla questione dei luoghi comuni, di uno dei luoghi comuni più radicati, le cose esistono anche se io non ne parlo, no, le cose se non ne parlo non esistono in nessun modo, non hanno nessun modo di esistere perché non c'è nessuno per cui esistere, nessuno che possa affermare e dire che esistono, quindi esistono in che modo? La loro esistenza è relativa a che? Esiste di per sé o esiste perché ne parli? Se esiste di per sé, come? E qui rispondere a questa domanda è arduo. Ecco, la legge di gravità è un luogo comune accettato dai più, chiaramente, come l'amore, la morte e tutti questi grandi temi , ma fuori dall'atto linguistico sono assolutamente niente. Fuori dall'atto linguistico questo quadro né cade né sta in piedi perché fuori dall'atto linguistico la questione non può porsi in nessun modo.

Intervento:…

E il calcolo matematico? È un gioco linguistico, si diceva che affermare che due più due fa quattro non è stabilire una legge di natura ma enunciare la regola di un certo gioco che è noto come calcolo numerico.

Fuori da questo calcolo numerico dire due più due fa quattro non significa assolutamente nulla. Quindi io faccio un calcolo come ha fatto Einstein, come hanno fatto altri e giungo a certe conclusioni poi, devo essere costretto a pensare che il calcolo numerico l'ha inventato Dio, infatti Einstein in quella famosa lettera afferma: “Dobbiamo pur ammettere che Dio non gioca ai dadi, perché se Dio giocasse ai dadi allora tutti quei calcoli numerici che abbiamo fatto sono niente se non abbiamo la certezza che quei calcoli numerici corrispondano alle leggi naturali, cioè che Dio non giochi ai dadi, ecco che torna la questione di prima.

Intervento:…

Qui un fisico saprebbe rispondere perché anche nello spazio esiste una legge di gravità, i corpi sono comunque attratti da quelli più grossi.

Intervento: Il fatto che ci sia una legge (come la legge di gravità, quella della relatività ecc...) crea già un incanalamento...

Sì, Anche se non è possibile in nessun modo esperire che l'energia sia uguale alla massa moltiplicato la luce al quadrato, non si può fare.