10-5-2005
Intervento:… io le
cose le vedo!
Sì, ho accennato a questo nella
conferenza di giovedì. Allora voi muovete delle obiezioni, io pongo una tesi:
qualunque cosa si dia, questa è necessariamente un elemento linguistico perché
qualunque criterio utilizzerò per potere affermare o
negare una cosa del genere comunque userò questa struttura che è nota come
linguaggio. Allora fatemi delle obiezioni…
Intervento: io
posso accettare questa sua tesi che qualsiasi cosa è un elemento linguistico
però…
Lei ha detto che è d’accordo, se è
d’accordo…
Intervento: si ma in questa
accezione che il linguaggio mi permette di descrivere una realtà che è già
data…
Questa realtà che cos’è per lei?
Intervento: è sostanza
Che tipo di sostanza?
Intervento:…
Dunque la realtà è ciò che la
circonda, è una sostanza che è fornita di una forma e questo lo sa grazie al
linguaggio, ma lo sa anche perché lo vede, ma se non le vedesse
esisterebbero lo stesso?
Intervento: no
Cioè se non cadessero sotto i suoi sensi non esisterebbero?
Intervento:…
Poniamo la questione in termini
più radicali: la realtà è ciò che cade sotto i sensi indipendentemente dal
linguaggio, quindi tutto ciò che vede, che sente, che tocca, che ascolta. Bene,
supponiamo che lei abbia sostenuto questo, allora io le dico la realtà perché
dovrebbe essere questo che lei dice essere? Lei ha deciso che la realtà è
questo, ma potrebbe non essere questo, come dire che la realtà di cui lei parla
è ciò che lei ha deciso che sia, quindi una sua decisione, lei stabilisce che la
realtà è quella cosa…
Intervento:…
Quindi la realtà è una decisione, si decide che alcune cose si
chiamino così questo indipendentemente da qualunque criterio oppure segue un
criterio?
Intervento: lo reperisco con il linguaggio
Sì certo, il linguaggio fornisce
il criterio per potere decidere che alcune cose sono fuori
dal linguaggio e quindi in realtà ciò che lei ha compiuto è una
decisione, ha deciso di chiamare realtà certe, ma la realtà è altro oltre
questa sua decisione?
Intervento: diciamo
che per vari individui può essere diversa la realtà
E questo quid che lei chiama sostanza e che è uguale per
tutti in cosa consiste?
Intervento:…
Quindi la sostanza è comune, nel senso che ciascuno può
esperirla, e quindi l’esperienza è
fondamentale? Perché se nessuno la esperisse sarebbe
un problema, quindi è necessaria l’esperienza oppure esisterebbe anche se
nessuno la esperisse? Badi bene, perché se lei dirà che esiste soltanto se
qualcuno la esperisce allora questa cosa, l’esistenza di questa sostanza segue all’esperienza
e quindi è una struttura organizzata e da qui passare al linguaggio sarà
facile, se invece afferma che esiste comunque al di
fuori dell’esperienza allora compie un’affermazione che è molto prossima ad un
atto di fede, “esiste comunque perché esiste comunque.” Se nessuno può
esperirla lei dice che esiste comunque, come fa ad
affermare che esiste comunque? In base a quali
considerazioni?
Intervento:…
Abbiamo scartata l’altra, quella
del linguaggio…
Intervento: questa
è una decisione tutto sommato…
Quindi avrebbe potuto anche decidere che non esiste, per lo
stesso motivo…
Intervento: sì
anche
E perché non lo fa?
Intervento: …perché
ho il linguaggio…
Perché non decide invece che non
esiste visto che ha deciso, può decidere qualunque
cosa…
Intervento:…
È una questione estetica o c’è
dell’altro? Se c’è dell’altro che cosa?
Intervento:…
Vi sto rispondendo in termini
retorici, mettendovi in difficoltà, sto facendo quello che dovete fare voi. Dunque c’è qualche cos’altro oltre la sua decisione? Un criterio
estetico suo personale? Che cosa c’è dunque? Incalzare
l’altro lo mette in difficoltà gli crea dei problemi,
impedisce di pensare…
Intervento:…
Perché dovrei aspettare?
Intervento:…
Quindi è un criterio estetico, le è piaciuto in questo momento dire
così ma senza nessun motivo. Però il linguaggio mi ha
permesso di vederla…
Intervento: io la
cosa la vedo perché c’è una struttura che il linguaggio mi permette di vedere e
ho deciso che esiste…
Adesso lei sta scivolando verso
quell’altra soluzione che era l’esperienza, e lei sa per esperienza che alcune
cose sono fatte in un certo modo e avevamo detto che se non ci fosse
l’esperienza allora non esisterebbero, oppure chiesi: “esisterebbero
anche senza l’esperienza?” e questa seconda ipotesi è stata difficile, e allora
veniamo alla prima: “lo sa per esperienza”, però lei continua a dire che il
linguaggio comunque è un mezzo per cogliere qualcosa ma se questo qualcosa in
assenza di esperienza non è coglibile in nessun modo allora dire che
esisterebbe comunque che senso ha? Che cosa significa esattamente, cioè questa affermare che esiterebbe comunque ha un
referente? Ha un significato? Cosa vuol dire?
Intervento:…
Sì, anzi io le ho appena chiesto
“ma quella cosa esisterebbe comunque anche senza la
sua esperienza se non potesse farne esperienza”? lei
ha detto di sì però…
Intervento: è una decisione
Esatto, e questo ci riconduce a un criterio estetico, ha deciso di sì perché le piaceva
così ma in realtà non c’è nessun fondamento e quindi questa io la abbandonerei…
Intervento:…
Esatto, torniamo alla questione
dell’esperienza, noi facciamo esperienza delle cose quindi veniamo a sapere di
queste cose, senza tale esperienza queste cose
sarebbero completamente sconosciute ma essendo completamente sconosciute potremmo
comunque dire che esistono al di fuori della nostra esperienza? Che cosa diremmo esattamente affermando questo? C’è
l’eventualità che produrremmo un non senso o, nella
migliore delle ipotesi, un atto di fede, perché se qualcosa non è esperibile,
non c’è nessuna possibilità di esperirlo che cos’è? Di che cosa parliamo
esattamente quando parliamo di questa cosa? Parliamo di niente e quindi è
niente e pertanto fuori dall’esperienza qualunque cosa
è niente ma l’esperienza è una struttura organizzata, potremmo dire a questo
punto che le cose sono prodotte dall’esperienza, create dall’esperienza? Come
dire che questo aggeggio qua è creato dalla mia
esperienza? Sì esattamente quello che sto dicendo, questo aggeggio
che ho di fronte senza la mia esperienza che mi fa dire, pensare, stabilire
tutta una serie di cose sarebbe niente, però Beatrice dice che io le vedrei lo
stesso, come dire che i miei sensi, in questo caso la retina, è impressionata,
come una pellicola fotografica da questa immagine. Sì questa è una possibilità
certo, che la mia retina sia impressionata da
un’immagine cioè vedo delle variazioni di tonalità di colore, oppure il mio
tatto sia sensibile a una variazione di temperatura, di superficie che può
essere liscia, scabra etc. per cui a questo punto siccome lo vedo allora esiste
perché lo posso toccare, lo posso percepire così come percepisco una voce,
Beatrice parla ed io percepisco la sua voce. Così come se io appoggio questo orologio qui sopra c’è una variazione di temperatura,
ora l’orologio non può esperire tale variazione di temperatura però io posso
dire che la rileva perché al mio orologio si abbassa di temperatura per
esempio, ma questo posso dirlo perché? In base a che
cosa? Visto che l’orologio non dice niente allora lo dico io, ma io lo dico e
cosa faccio io, in realtà esattamente? Costruisco dei giochi, do delle regole,
fornisco delle regole, mi attengo a queste regole e traggo delle conclusioni,
in realtà non faccio nient’altro che questo. Queste regole che io mi sono dato
sono quelle che il linguaggio ha costruite a partire
da elementi che non sarebbero esistiti senza il linguaggio, perché senza il
linguaggio io non avrei visto, perché non potrei, vedendo, accorgermi di vedere
e quindi non c’è nessuna vista, esattamente come una telecamera in realtà non
vede, può registrare delle cose se qualcuno glielo fa fare ma non è niente
quello che fa finché non c’è un sistema entro il quale tutto ciò è organizzato,
allora io costruisco dei giochi, stabilisco primo che esiste una temperatura,
certo la stabilisco in base a dei sensori di cui il mio corpo è provvisto ma
che il mio corpo sia provvisto di sensori questo non significherebbe niente se
questi sensori non fossero all’interno di una struttura che fornisce a questi
sensori un senso. Qualcuno potrebbe dire “ma i sensori esistono lo stesso” no,
non esistono perché il concetto stesso di esistenza al
di fuori del linguaggio non c’è e quindi affermare che i sensori esisterebbero
lo stesso, che il mio corpo ci sarebbe comunque è un non senso, non significa
niente, non serve a niente, assolutamente a niente, è come affermare
l’esistenza di dio, è la stessa cosa. Il corpo non è altro che uno strumento
del linguaggio e non può essere altrimenti, e non il contrario, è il linguaggio
che utilizza il corpo per piegare il mondo alla sua volontà, e perché dovrebbe
piegare il mondo alla sua volontà? Piegare il mondo alla mia volontà significa
che la mia volontà è più forte, significa che quello che io affermo è vero e cioè soddisfa un requisito del linguaggio, nient’altro che
questo, il corpo serve a questo, al linguaggio, e siccome non ha nessun altro
utilizzo il corpo serve unicamente a questo: modificare il mondo e cioè a fare
in modo che ciò che io penso, ciò che io affermo si imponga sul mondo che mi
circonda “questo affare qui non mi piace” lo butto, lo prendo e lo spacco, ecco
a cosa mi è servito il corpo oppure la mia voce a piegare al volontà altrui,
oppure la mia forza a piegare un aggeggio, a modificare le cose ma nel modo in
cui io voglio che siano modificate, e voglio che siano modificate perché
ritengo questa modifica giusta, corretta, degna di essere fatta, se no non la
farei. Il corpo ha questo solo utilizzo: servire il linguaggio al solo scopo di
piegare il mondo alla sua volontà, che poi questo mondo non è altro, anche lui,
che una costruzione del linguaggio e cioè ciò che il
linguaggio decide che sia di volta in volta a seconda delle proposizioni che
costruisce, a seconda di ciò che ha esperito, del come ha esperito le cose,
teniamo sempre conto che ciò che ha esperito lo esperisce perché è una
struttura organizzata in modo tale che consente l’esistenza di quelle cose che
noi chiamiamo esperienze. Queste cose che il linguaggio esperisce non sono
nient’altro che estensioni del linguaggio, il linguaggio esperisce delle cose
attraverso il corpo il quale corpo come sappiamo non è altro che uno strumento
del linguaggio, le esperisce, le valuta, le modifica e
cioè continua a fare ciò che ha sempre fatto: continuare a produrre
proposizioni nel modo che conosciamo, cioè proposizioni che siano vere e cioè
che non contraddicono le premesse da cui sono partite, premesse le quali devono
essere state riconosciute vere in qualche modo e quindi il corpo, al pari di
qualunque altra cosa, è uno strumento del linguaggio. Il cosiddetto mondo
esterno è uno strumento del linguaggio, serve soltanto al linguaggio per
costruire proposizioni, non è fuori dal linguaggio,
parlare di esistenza al di fuori del linguaggio è un non senso, non significa
niente, è un atto di fede, è un atto di fede per altro concesso dal linguaggio,
senza linguaggio non si porrebbe neanche la questione. Credere all’esistenza di
un mondo esterno, a una realtà extra linguistica è una
gentile concessione del linguaggio, in assenza di linguaggio tutto questo non
sarebbe mai esistito, né potrebbe mai esistere…
Intervento: rispetto al gioco della vista: vedo delle cose
che non so che cosa sono
Possiamo prenderla alla larga
cominciando a dire che se io non avessi già altre esperienze le cose le vedrei
in modo diverso, così come ciascuno vede le cose in modo diverso da altri, faccio
un esempio banalissimo: incontro una fanciullina, innamoramento immediato, che
cosa vedo? La cosa più bella del mondo, dopo dieci anni cosa vedo? La stessa
cosa? È cambiato qualcosa, sono cambiato io soprattutto e ciò che vedevo allora
non lo vedo più. Si tratta di insinuare il fatto che
comunque il vedere non è sempre esattamente lo stesso, cambio io e vedo le cose
in modo diverso, per esempio mi regalano una cosa che vedo bellissima, dopo un
po’ mi pare banale, desueta, inutile eppure la cosa, e qui andiamo incontro al
nostro obiettore, la cosa dovrebbe essere sempre la stessa, cosa vuole dire che
è la stessa? È come l’esperimento scientifico, deve essere riconosciuto da
tutti in qualunque momento, in qualunque circostanza, deve sempre dare lo
stesso risultato per cui se io prendo questo orologio
e lo lascio cadere, che io sia qui o a Panama l’orologio cadrà, sia che lo
lasci cadere io, sia che lo lasci cadere Beatrice, questo è il criterio per
l’esperimento scientifico, deve cioè avere validità universale. Ora io sono in
Piazza Statuto e vedo delle cose, ho imparato nel frattempo, in questo mezzo
secolo abbondante, che tutto ciò che mi si presenta ha una sostanza, una forma,
infatti so distinguere se è liquida, solida o gassosa,
e quindi so che è una cosa e se so che è una cosa probabilmente è stata fatta
da qualcuno e quindi ha un motivo, ha un utilizzo che io ancora non conosco ma
se mi informo, chiedo che cos’è mi sanno dire cos’è e di cosa è fatto, e magari
anche quanto costa e mi chiedono anche se lo voglio comperare per cui è
l’esperienza che mi fa vedere quello che vedo, anche ciò che non conosco: è un
aggeggio che non ho mai visto prima, comunque la mia esperienza mi fa in ogni
caso valutare il suo potenziale utilizzo, la sua provenienza tutte le
informazioni che ho acquisite mi fanno vedere quella cosa e mi fanno dare delle
interpretazioni di questa cosa “probabilmente serve a questo…” e soprattutto mi
fanno pensare che se entro nel negozio e chiedo che cos’è ci sarà qualcuno che
mi saprà rispondere. Tutte queste cose le ho imparate ovviamente, non avvengono
naturalmente, infatti se nel negozio anziché io entrasse
questo registratore ecco che non si porrebbe nessun problema, non vedrebbe
niente e magari è acceso, e registra i suoni, ma chiede qualcosa circa ciò che
ascolta? Ciò che esiste? No niente, assolutamente niente, come dire che per lui
non succede niente, non è mai successo niente e tale sarebbe
per noi se non fossimo provvisti di linguaggio. Ma dicevamo dell’esperimento
scientifico, qualcosa che è riconosciuto universalmente non è altro che una
regola, una regola di un gioco: “abbiamo stabilito
così”, ad un certo punto si è stabilito questo, ciò che soddisfa questo requisito
viene chiamato esperimento scientifico, che validità ha? Esattamente quella
dell’esperienza, chiunque vedrebbe che lì c’è qualcosa (un registratore) anche
se non sa che cos’è, anche se non ne ha mai visto uno sa che è un aggeggio e se
lo smonta giunge anche lui alle stesse conclusioni, a sapere come
è costruito, è un aggeggio che serve per registrare la voce, per riprodurla
e quindi si torna alla questione dell’esperienza, ma posso avere esperienza in
assenza di linguaggio? In che modo organizzerò le informazioni che riceverò?
Anche questo (il registratore) riceve informazioni, ma non le organizza, per
lui esiste quello che gli sto dicendo? Ha un senso? Che senso ha questa domanda? Non significa niente. Retoricamente
occorre ridurre a non senso queste obiezioni…
Intervento: …il gioco del vedere. Le cose che vedo in fondo
sono sostanza, piuttosto che nell’udire, nella vulgata la sostanza sottostà al
gioco della vista e anche a quello del tatto e allora trovare un’argomentazione
anche abbastanza rozza. Un vedente cioè provvisto di
vista non può non trovarsi di fronte a delle cose, può non sapere cosa sono ma
sono cose, infinite cose, anche se ne nota solo una per un particolare poi… e
fin tanto che non riesce a dare un nome a queste cose rimangono pur tuttavia
delle cose, ma è una sostanza, uno dice che cos’è quella cosina lì?
A questo punto il “forse” è
d’obbligo, perché è un’ipotesi, e quindi forse si troverebbe di fronte a delle
cose, o magari no… (se è vedente no, nel
luogo comune se è provvisto di vista si trova di fronte delle cose mentre se ne è sprovvisto se è cieco le cose che si trova di fronte
“sa” che sono sostanza per questo le tocca per non inciampare ma al pari del
vedente o al pari del sordomuto “sa” e quindi può vedere le cose e può anche udire
le cose che può udire. Il cieco per definizione non può vedere i colori ma a
modo suo ne conosce l’utilizzo, per lui il semaforo rosso è uno stop e il
sordomuto non può ascoltare la nona di Beethoven ma lui non era
sordo? Questo rendere più semplice cosa intendiamo
quando parliamo di linguaggio dal quale non c’è uscita, ciascuno è preso in una
struttura per cui risponde in modo particolare agli input di questa struttura…io
sono interessato al cosmo e non so quella cosa nel cannocchiale me lo dicono e
io la vedo
Sa che cosa deve guardare…
Intervento: se sposto il cannocchiale
non vedo più quella cosa
Sì, basta che si giri dall’altra
parte e non mi vede più, se torna a girarsi di qui mi torna a vedere…
Intervento: io non conosco un certo gioco e allora troverò
qualcuno che me lo mostra “nel “cosmo”
Esisteva questa cosa prima che lei
la vedesse? Qual è la questione?
Intervento: è che possono farmi vedere tantissime cose che
io non ho visto e io necessariamente devo dare l’assenso a queste cose…
Innanzi tutto lei dà l’assenso
all’utilizzo del termine “esistenza”, e cioè condivide
con loro questa nozione di esistenza, e lo condivide con le stesse regole per
cui se lei vede una cosa che risponde a certi requisiti allora quella cosa
esiste, ma con questo lei ha soltanto soddisfatto ai requisiti di una regola,
in realtà non succede niente, l’ha visto, sì va bene, ma si può fare un esempio
in più: tante volte uno cerca qualche cosa che è appoggiato da qualche parte,
non la trova più, dove ho messo le chiavi? Le cerca e magari le ha sotto il
naso e non le vede. Esistono in quel momento le chiavi, mentre lui non le vede?
Certo che esistono. Ma cosa
vuole dire che esistono? Qui l’esistenza ha una certa accezione, come dire che
esistono in quanto questi aggeggi sono reperibili da
lei, magari non in quel momento ma lo sono, allora stabiliamo che ciò che è
potenzialmente reperibile da lei esiste. Una volta stabilito questo io so
benissimo anche che la mia macchina che è parcheggiata là, anche se io non la
vedo so che esiste, ma cosa vuole dire che so che esiste? Cosa
sto dicendo con questo? Per affermare questo io ho stabilito, ho accettato
tutta una serie di regole, di giochi linguistici che sono notevolissimi,
accettando tutti questi io concludo e posso concludere
che la mia macchina esiste, se non conoscessi tutte queste regole, questi
giochi la mia macchina potrebbe anche non esistere così come per un bambino,
che ancora non ha appreso tutti i giochi linguistici possibili e immaginabili, quando
la mamma si assenta scompare, non esiste più, e quindi c’è un momento di
inquietudine, per un adulto non è così, e perché no? Perché ha imparato a
giocare certi giochi, sa che ci sono delle regole che ormai ha imparate, che fanno parte di lui, del suo linguaggio quindi
del suo modo di pensare, e in effetti diventano un modo di pensare, solo noi
siamo riusciti a intendere che non sono la realtà dei fatti ma giochi
linguistici che si imparano e una volta che un gioco linguistico è imparato
diventa la realtà delle cose, partecipa di quella che si chiama la realtà
perché la realtà è fatta proprio di questo, tutta una serie di giochi
linguistici che per definizioni non possono essere intesi come giochi
linguistici e quindi si chiamano realtà, se no si chiamerebbero giochi
linguistici…
Intervento: i giochi di Wittgenstein quando si interrogava sulle scale e al loro utilizzo… chi mi dice
che aprendo la porta al mattino le scale siano sempre lì?
Logicamente non è una certezza
certo, però ciascuno organizza la sua giornata, la sua esistenza tendendo conto
anche di una certa ripetitività delle cose,
considerate il proprio numero di telefono, visto che uno non si telefona mai
può dimenticarlo…
Intervento:…
All’interno di quel gioco
linguistico le regole presuppongono che le scale siano fatte di materiale
solido, che reggano il mio peso e che siano lì tutte
le mattine, si tratta di una quantità sterminata di informazioni, che ho
acquisite e che si ripetono ciascuna volta automaticamente, date per implicite,
come il fatto che il solo sorga alla mattina e domani mattina sorgerà il sole,
anche se sarà nuvolo comunque il sole sorgerà perché la terra gli gira attorno…
Intervento:…anche il miracolo…
Perché sia miracolo occorre che non sia prevedibile e non sia
gestibile, riproducibile, spiegabile dalle conoscenze attuali, certo se mille e
cinquecento anni fa qualcuno avesse trasmesso delle informazioni da qui a Tokio
in tempo reale utilizzando l’energia elettrica, oppure le onde radio sarebbe
stato un miracolo. Va bene. Trovate argomentazioni e tenete sempre conto che
qualunque cosa esiste perché qualcosa glielo consente, e che affermare il
contrario non è né vero né falso, è un non senso, non significa niente, nella
migliore delle ipotesi è un atto di fede, una idiozia
nella peggiore.