9 dicembre 1998
(…) Dici che l’obiettivo ultimo sarebbe realizzare i propri desideri? (…) Quindi, se ho inteso, dire che utilizzando questa struttura, questo modo, la realizzazione dei suoi desideri può avvenire in modo più efficace (…) Forse questa è una via più efficace perché si tratta di mettere l’interlocutore nella condizione di dover esporsi, di esporre i suoi pensieri e quindi è a quel punto che è possibile fare qualcosa; questo sì è interessante perché descrive questa condizione ideale in cui si trova: Chiaro che lì si troverà subito nei pasticci perché già soltanto raccontandola si accorge che non era poi così ideale… (…) Occorre intanto che ci sia la disponibilità a giocare, cominciare a porre le questioni intorno al pensiero chiedendo così quasi per gioco ad una persona se si trova mai a pensare intorno a qualunque cosa; quello vi risponderà di sì e utilizzando un po’ lo schema del dialogo di Platone, con un po’ di leggerezza chiedere poi se sa pensare, come fa a pensare; lui risponderà qualche cosa di come fa a pensare, poi cominciare a domandare come definirebbe il pensiero per esempio, visto che sicuramente si trova ad accogliere questa operazione nota come pensare molte volte al giorno, e in alcuni casi anche per motivi importanti, non soltanto se deve prendere la biova o lo sfilatino, e quindi compiendo questa operazione molte volte al giorno, sicuramente saprà bene cosa vuol dire pensare e allora, una volta saputa la sua idea, c’è da chiedere se questo pensiero è preferibile che sia più preciso di quanto sia dato oppure no. Quando un pensiero è preciso? Quando giunge a muovere da premesse che siano più sicure possibili e da queste giungere a una conclusione di qualche interesse; allora da lì può cominciare a inserire degli elementi cominciando a chiedere “se ogni volta che si pensa” si potesse muovere da premesse assolutamente certe. Lui dirà che non è possibile, che la perfezione non è degli umani, ecc.; quindi incuriosirlo, il fatto che sia possibile pensare in un modo più efficace, più efficiente. A quel punto, se è riuscito a fare in modo che la segua fino a questo punto, può eventualmente trovare il modo di incuriosirlo anche nel prosieguo fornendo degli strumenti molto curiosi. Questo è un approccio amichevole anziché l’approccio combattivo… (…) Un’altra domanda che viene fatta è questa: ma non starete fondando anche voi una religione? Tuttavia no, perché la religione muove da un assioma che non è in nessun modo provabile, da un atto di fede, ciò da cui muoviamo, il gioco che stiamo facendo non è negabile. (…) E’ ancora la questione del che cosa serva una cosa del genere, è chiaro che occorre porre in termini retorici ben congegnati un discorso che prevede una risposta del genere, serve a pensare meglio, cioè in modo più efficace, più potente, e quindi serve a raggiungere degli obiettivi in modo più rapido e più efficace, qualsiasi essi siano. (…) Ciò che permette è di non poter più praticare il terrore, la paura, l’angoscia e il credere a una qualunque fesseria… (…) Il lavoro che si tratta di fare è trovare una organizzazione retorica tale per cui queste considerazioni risultino assolutamente accessibili, immediatamente praticabili ed autoevidenti… (…) Perché fare una cosa del genere come quella che stiamo facendo? Perché questo progetto di imporre questo progetto sul pianeta? Perché ciò che abbiamo fatto in questi anni ha costruito un aggeggio molto solido, si tratta una volta costruito questo aggeggio di vedere come funziona, per il piacere di vederlo funzionare e per il divertimento di vederlo funzionare, non ha nessun altro scopo, almeno per quanto mi riguarda, né scopi salvifici, né altro, quindi uno costruisce una cosa molto complessa e anche molto semplice, spingerla ancora oltre a questo punto può portare effettivamente a metterla alla prova di fronte al cosiddetto discorso comune. La domanda perché gli umani pensano così anziché in un altro modo è una domanda legittima, puoi trovare molte centinaia di risposte a questa domanda, quelle che ritieni più opportune sono tutte soddisfacenti; quindi baipassare la questione, non si tratta di sapere perché pensano in questo modo, non ci interessa più, non ce ne importa nulla dei loro motivi personali o impersonali, ma costruire una struttura che abbia, come ho detto moltissime volte, un potere costrittivo, così come costringono le procedure… (Come curare un malato senza sapere di cosa si tratta.) In un certo senso sì, se effettivamente come il nostro discorso ci ha condotti a pensare una persona si trova ad avere una serie di afflizioni a causa di elementi a cui crede forsennatamente, poco importa quale sia l’afflizione, dove se la sia presa, importa intendere cosa la tiene in piedi cioè quale struttura, quale è l’assioma che si tratta di mettere in gioco, poi che lamenti una cosa oppure un’altra tutto sommato è indifferente. È come se ciascuna volta ci si trovasse di fronte a un credente, di questo credente avverti che è in difficoltà perché la chiesa gli impedisce certe cose e lui invece le vuole fare…(…) Però se tu aggiri la questione c’è l’eventualità che questi problemi che hai rilevato possano cessare di esistere. Faccio l’esempio del solito computer, c’è un programma che non si installa, un conflitto di file, dove? perché? Formatti l’hardisk, reinstalli e funziona. E’ un sistema un po’ rozzo ma funziona perché dopo il programma si installa, se tu sapessi cosa è successo esattamente… Supponiamo che tu riesca ad intervenire, hai perso un sacco di tempo e la volta dopo si crea un altro problema da un’altra parte e non riesci più, devi fare… Comincio a pensare che forse è meglio avviarsi verso strade più rapide ed efficaci, perché ci si potrebbe perdere in domande che non hanno nessuna risposta. (…) Stiamo cercando di fare, in modo che si installi un altro discorso, rispondere alla tua domanda perché gli umani pensino così come pensano, ho idea che intervenga in una cosa del genere una quantità sterminata di variabili, tenere conto di tutto rischia di essere un po’ difficile, come dicevo puoi dare un sacco di risposte a una domanda del genere, una infinità e nessuna soddisfacente, perché c’è sempre la domanda “sì, può essere così ma perché anziché in qualunque altro modo?”. (Nel discorso c’è una stringa…) Sì, ma noi possiamo cambiare questa stringa ma non riuscire a sapere perché c’è quella stringa, questo è il problema che tu ti poni; certo, si può modificare quella stringa ma perché il sistema ha avviato quella stringa lo sa dio… ma stiamo lavorando per ottenere questo risultato, modificare questa stringa senza sapere tuttavia perché si è scritta quella stringa. Sovrascriviamo il nostro discorso, stiamo lavorando per fare in modo che lo regga per forzare il sistema, si forza il sistema e lo si mette a forza (…) Insoddisfazione? Il sistema di pensiero è insoddisfacente (…) Bisogna rispondere alla domanda “che cosa fate?” e quindi che cosa stiamo facendo e quindi in definitiva perché interessa, qual è lo scopo di una cosa del genere. Va bene ci vediamo giovedì prossimo…