9-11-2004
Cesare,
che cosa significa pensare?
Intervento:…
Sì però
la parentesi che abbiamo aggiunta “in psicanalisi” pone l’accento sul pensare
in modo particolare, uno può pensare per esempio alla schedina: vincerà la Roma
o l’Atalanta? Pensare in questa accezione significa sapere perché si pensa ciò
che si pensa. Sandro, considerazioni intorno a giovedì scorso, indicazioni
varie ed eventuali?
Intervento: cosa significa pensare significa anche cogliere implicazioni nuove… il
fatto di potere considerare la premessa così certa e così assoluta permette di
cogliere connessioni nuove quindi una maggiore apertura…
Intervento: ho letto un saggio di Hjelmslev tratto dai Fondamenti della teoria del
linguaggio “Teoria linguistica e umanesimo” in cui espone la difficoltà da
parte delle scienze umanistiche di accogliersi produzione di un sistema
linguistico: “le proteste avanzate in passato contro questo tentativo nel campo
delle discipline umanistiche (perché non potremmo sottoporre ad analisi
scientifica la vita spirituale dell’uomo e i fenomeni che essa implica, senza
ucciderla e conseguentemente lasciarci sfuggire il nostro oggetto), sono
puramente aprioristiche e non devono dissuadere la scienza dal compiere tale
tentativo”. La difficoltà estrema, dice lui, è portare avanti e proseguire con
rigore una teoria linguistica proprio perché si ha a che fare con l’uomo e
l’uomo non può…
Si
procede sempre da premesse che devono essere ritenute vere, e questo consente
di costruire, attraverso dei passaggi coerenti con le premesse la conclusione
vera, questo è il funzionamento del linguaggio, per cui abbandonare una
premessa che è creduta vera significa anche abbandonare tutte le possibili
implicazioni che seguono a quella premessa e quindi tutte le conclusioni
altrettanto vere che da quella premessa è possibile trarre. Da qui qualche
difficoltà ad abbandonare ciò che si crede, soprattutto se questa verità che
funziona da premessa è inflitta, in un certo senso, o subita, perché è quella
che provoca l’emozione, solo se è una verità inflitta provoca emozioni, se è
agita no, non le provoca. È un po’ il discorso che facevamo giovedì scorso
sulla dipendenza, è una verità questa inflitta che genera dipendenza, come dire
dipende da questa verità, perché non l’ho costruita né la posso modificare. La
ricerca è quella di una verità che non sia modificabile, in fondo tutto il
pensiero di questi ultimi duemilacinquecento anni è andato in questa direzione:
trovare la verità ultima, quella che non è modificabile, con tutte le varie
vicissitudini di pensiero ma è anche l’idea di dio, quella di una verità non
modificabile, dio è fatto a quella maniera e ce lo teniamo così, la verità non
modificabile è la verità assoluta, è quella che appunto non consentendo di
alterarla è sempre utilizzabile, utilizzabile per la costruzione di inferenze,
quindi di conclusioni, ma non deve essere modificabile, qualunque altra verità
considerata provvisoria rimane sempre in attesa comunque di un cammino verso la
verità ultima, tutto questo è molto popperiano, che comunque deve, così anche
per Popper, deve essere pensata esistere come qualcosa di fermo, di definitivo,
tale per cui questa verità sia inflitta, di fronte alla quale non possiamo
niente, questo soddisfa “l’esigenza”, tra virgolette, di emozione, perché l’emozione
è quella sensazione che si prova nel momento in cui una verità viene inflitta
ed è una verità proprio perché inflitta, non modificabile, gli umani vivono di
questo o in attesa di tale verità o usufruendo di una verità come questa,
immaginata essere tale. Ed è per questo che nulla scalfisce ciò che le persone
credono, e se per caso qualche altro elemento nuovo viene ad eliminare quello
precedente e a installarsi al suo posto, quello precedente viene cancellato,
non è che qualcuno si ponga la domanda “beh prima si diceva così, adesso si
dice cosà, magari c’è qualche questione che merita di essere meglio
considerata” no, quella che subentra soppianta la precedente e funziona
esattamente allo stesso modo, se voi oggi affermate A e domani affermate non A
ma allo stesso modo cioè in modo tale per cui questa verità appare essere
subita dalle persone, non ci sarà assolutamente nessun problema, oggi credono A
e domani crederanno non A, oppure B, a seconda dei casi. Se vi ricordate, tempo
fa ci si chiedeva come mai pur conoscendo tutta una serie di cose le persone
non modificano assolutamente la loro posizione, è stato evidente ultimamente
nelle elezioni degli Stati Uniti…
Intervento:…
È qui
che c’è qualche cosa di interessante: il funzionamento di una verità inflitta o
subita…
Intervento: per ottenere il consenso alla guerra deve passare attraverso la
costruzione di qualcosa che produce delle emozioni…
Occorre
creare l’islamico come il nemico quindi il terrorista…
Intervento: se ciascuno viene coinvolto nei termini della sua sicurezza…
Sì,
occorre andare oltre e cioè intendere meglio il funzionamento di tutto ciò in
termini logici e cioè quando questa verità viene immediatamente accolta, e
quindi subita, intendo subita a differenza di agita, cioè costruita, beh quando
viene confermato, come dicevamo anche l’altra volta, che la premessa o ciò che
si crede essere vero viene messo in dubbio e dopo riconfermato, è così che si
crea il panico. Tutte le fantasie di paura, di insicurezza etc. vengono da lì:
ciò che io credo, ciò su cui mi fondo viene messo in discussione e poi
ristabilito con la creazione del nemico che in fondo serve esattamente a
questo, c’è un nemico, il nemico cosa fa? Minaccia che cosa? L’integrità dello
stato, della mia persona, qualunque cosa, ma se andiamo a vedere bene che cosa
minaccia in realtà? Il nemico è sempre colui che ha una verità diversa dalla
mia, necessariamente, se crediamo la stessa cosa siamo amici, anzi siamo
fratelli in Cristo, per esempio, nella madonna, in chi volete. Minaccia la
verità, che è considerata essere il supporto di tutta la civiltà, di ciascuno,
comunemente si chiamano i valori, ora questi valori sono minacciati: c’è
qualcuno che pensa altrimenti e quindi per riconfermare questi valori occorre
che questo qualcuno che pensa altrimenti o sia ricondotto alla ragione oppure
sia eliminato. Questa operazione comporta una verità: ciò che voi pensate è
vero, assolutamente vero e noi ve lo dimostriamo mostrandovi che queste persone
sono nel torto e quindi di conseguenza voi siete nel giusto perché loro, per
esempio nel caso dell’Irak, sono terroristi, sono cattivi e puntano alla
malvagità, alla ferocia e quindi al disprezzo di tutto ciò che costituisce il
bene comune. In termini logici il funzionamento è in una prima approssimazione
questo…
Intervento: la paura è perché si avverte una minaccia
Sicurezza,
rifletta bene, sicurezza di che? (se io parto dal principio di averla la
sicurezza…
Intervento: se io ho paura di perdere la mia sicurezza è perché presuppongo che
questa sicurezza ci sia e sia minacciata se al posto di questo termine mettiamo
la verità allora a questo punto è la mia verità che è minacciata, ma esiste a
questo punto questa verità data da una somma di valori che non vengono mai
citati… è minacciata la civiltà occidentale ma quali sono
Assolutamente,
non si deve enumerarli, meno che mai metterli in gioco certo…
Intervento: la questione… la paura su cosa si sostiene? Quando si ha paura di
perdere la sicurezza è dare per presupposto che qualche cosa esiste… la paura
di perdere la sicurezza chiede che ci sia qualcuno che la garantisca… io ho
perso il suo ragionamento io la immaginavo in questo senso come se in un
periodo di pace il cittadino chiedesse… lo stato forte viene richiesto dal
cittadino
Intervento: questa richiesta del cittadino viene costruita da questa paura
Come
avviene tutto questo? Questa sicurezza e quindi questa verità che non deve mai
essere menzionata in effetti più che non essere menzionata non c’è, però viene
costruita nel momento in cui si dice che è messa in pericolo…
Intervento: è come un effetto di après-coup, è allora che si riconosce questa
verità
Quando
il soldatino combatte per difendere il sacro suolo della patria, quali valori
esattamente sta difendendo? Perché il nemico entra nel paese e impone i suoi
valori, ma il soldatino conosce tutte queste cose?
Intervento: forse quello che diceva lui non è il pretesto ma è il regresso quello
che non si sa
Quali
valori, e in definitiva qual è la verità che fa di ciascuno, per esempio un
occidentale, un uomo democratico, libero etc. basta dire che tutto questo,
anche se non si sa esattamente cosa sia, è in pericolo, allora esiste, perché
se è in pericolo allora esiste…
Intervento:…
Esattamente,
a questo punto comincia ad esistere il valore, ma in termini linguistici tutto
ciò come intenderlo?
Intervento: è come quello che ama la persona nel momento stesso che la perde
Bravo,
proprio così, da quel momento in poi diventa importante, ora noi che cosa
sappiamo? Sappiamo che, e lo dicevamo all’inizio, per funzionare il linguaggio
deve muovere da una premessa che ritiene essere vera, e che non rinuncia a
questa premessa perché questa premessa gli consente di costruire proposizioni e
giungere a conclusioni vere. Dicevamo che se questa premessa viene minacciata
allora vengono minacciate tutte le conclusioni a cui è giunto e cioè tutto ciò
su cui il linguaggio ha costruito tutto ciò ha costruito, tutto, proprio in
toto. E quindi di fronte a una minaccia del genere, beh, è ovvio che ciò che
avverte immediatamente è la necessità di ricostruire questa verità che viene
minacciata, cioè di ridare all’assioma di partenza, la premessa da cui è
partito, la sua dignità cioè il suo valore, a questo punto, quando questa
operazione viene compiuta e cioè qualcosa o qualcuno ridà alla premessa la sua
dignità “cioè le cose stanno proprio così” allora a quel punto il linguaggio è
come se fosse compiuto, come dire questa verità che è stata minacciata, questa
premessa che ha consentito di costruire tutto è stata confermata e quindi è
vera e quindi non deve essere più messa in discussione, assolutamente, e in
effetti come diceva giustamente Cesare viene rinsaldata, perché se prima c’era
anche qualche parvenza di eventualità, di dubbio, dopo non più, perché ha
avvertito il pericolo che segue a una cosa del genere, per cui il discorso
della persona non metterà più in gioco nessuna di queste premesse. Grosso modo
funziona così, e anche l’emozione che dà questa operazione di riconferma di una
verità traballante gioca il suo ruolo, nel senso che a questo punto, avendo
provato un’emozione al momento in cui viene riconfermata, beh ha prodotto anche
quella cosa che gli umani in fondo cercano. Dicevamo che l’emozione non sia
nient’altro che questo, e cioè il riconfermare una verità subita, ma perché
deve essere subita? Perché il linguaggio cerca una cosa del genere?
Intervento: sembra la via più breve
Non
necessariamente, però c’è qualche cosa che ancora ci sfugge e cioè il fatto che
il linguaggio possa costruire delle proposizioni che affermano che una certa
verità non appartiene al linguaggio, a che scopo dovrebbe compiere una cosa del
genere? Cioè il linguaggio stesso afferma che questo elemento x non appartiene
al linguaggio… beh riproduce esattamente la situazione in cui si è installato,
dicevamo come ad un certo punto il linguaggio incomincia a muovere da elementi
e questi elementi che sono arrivati tramite degli input sono presi in questa
struttura che sta incominciando a funzionare come necessariamente veri, perché
da lì deve muovere, e per muovere è necessario che questi elementi siano veri e
quindi li acquisisce come veri, aprés coup li acquisisce come veri…
Intervento: non li può verificare
Esattamente,
non lo può fare, e non avendo elementi per verificarli sono necessariamente veri
cioè, per dire meglio ancora, consentono di costruire proposizioni: di lì si
può andare e quindi è vero…
Intervento: allora tutto ciò che il linguaggio produce è vero perché lui costruisce
e ciò che costruisce non può decostruirlo
Tutto
ciò che appartiene al linguaggio è vero: se un elemento è un elemento
linguistico allora è necessariamente vero, retoricamente poi è possibile,
attraverso varie altre considerazioni, dire che quell’elemento non è vero ma
all’interno di quel gioco, la verità di cui sto parlando è una verità che è
connessa con l’esistenza, se esiste all’interno del linguaggio è vero, perché
non può negare il linguaggio qualcosa che appartiene al linguaggio stesso, si
autocontraddirebbe…
Intervento: quindi la negazione avviene in e per quel lavoro che è di
diversificazione, individuazione perché il linguaggio per funzionare deve
rendere tale un elemento… diversificando gli elementi ci sono elementi che
vengono inclusi e altri che vengono esclusi e questa sarebbe la negazione, ché
un elemento è sempre affermato linguisticamente
Certo,
la negazione all’origine non è altro che il negare che un elemento differisca
da sé, se questo elemento è questo, allora non è altro, per funzionare ha
bisogno di questo…
Intervento:…
No, il
criterio di verità viene dopo, cioè se prosegue allora chiama questo vero e
siccome prosegue allora è vero, come continua a funzionare anche dopo
ovviamente, solo con più strumenti…
Intervento: lo chiama vero ma la questione della verità si pone dopo in effetti
Sì, io
adesso sono andato un po’ per le spicce, non è che lo chiama vero,
semplicemente prosegue, solo dopo avrà occasione di considerare vero soltanto
ciò che gli consente di proseguire…
Intervento: se consente di proseguire ciò che prosegue conferma ciò da cui è partito,
in questo senso si stabilisce quello da cui è partito, quindi ciò che ha
provocato le più forti emozioni prosegue tranquillamente la sua strada
Ciò che
ha cominciato a esistere e che è servito al linguaggio per partire, in qualche
modo costituisce il modello, e torniamo alla questione di qualcosa che è fuori
dal linguaggio, sì, è fuori dal linguaggio cioè è un input che è stato
riconosciuto come vero di per sé e non in seguito a una considerazione
verofunzionale…
Intervento: non è allora questa la questione se parto da degli elementi e questi
consentono di proseguire e io li stabilisco da quel momento sono fuori dal
linguaggio? Il fatto di fermarli in quanto tali comporta già il fuori dal
linguaggio
Intervento: se io ho costruito un gioco ovviamente confermo quel gioco
Intervento: quando ci pensi, quando lo elabori
Occorre
che ci sia una struttura che consente di farlo. Quando il linguaggio parte,
dicevamo che “questo è questo e quindi quest’altro non è questo, quindi questo
non è quello etc.” e così si fanno le prime connessioni. Però ciò che interessa
è l’idea che il fuori dal linguaggio in qualche modo sia mantenuto dal
linguaggio come quell’elemento dal quale è partito e rispetto al quale non ha
avuto nessuna possibilità di obiettare alcunché per così dire, ha dovuto
acquisirlo per partire, ora l’operazione che noi abbiamo fatta è quella di
reinserire quegli elementi all’interno della struttura linguistica e
considerare che in assenza di linguaggio quegli elementi non sarebbero mai
esistiti, ma cionondimeno per ciascuno, per il linguaggio stesso, quegli
elementi “rimangono”, in una certa accezione che poi mano a mano preciseremo,
come se fossero fuori dal linguaggio, come se non potesse fare nulla su questi
perché li ha acquisiti come quegli elementi che gli hanno consentito di
costruirsi…
Intervento:…
Presumibilmente
è per questo che gli umani sono così attaccati alla realtà ed è così difficile
per chiunque…
Intervento: la ricerca di punti di riferimento… questi punti fermi in qualche modo
non sono più così fermi e quindi l’esigenza di trovare qualcosa da cui partire
per fare nuovi giochi, si diceva all’inizio di cercare una verità che non sia
modificabile…
Intendevo
questo: non sono modificabili a meno che il linguaggio non incominci a pensare
se stesso…
Intervento: pensavo che la nevrosi comporti l’idea che questi punti fermi da cui è
partito per fare un certo gioco non siano più così fermi e sia alla ricerca di
qualche cosa che sostituisca questi punti fermi per fare lo stesso gioco, è
come quella persona che ha costruito la sua vita su un'altra persona cerchi
un’altra persona che la sostituisca esattamente per poter continuare… per fare
lo stesso gioco che ha sempre fatto
Il
linguaggio prosegue alla stessa maniera, se quello è l’input va avanti, è come
se questi elementi iniziali, chiamiamoli così provvisoriamente, programmassero
tutto il sistema, quel sistema che noi abbiamo deprogrammato.