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9-6-2010

 

La volta scorsa abbiamo detto che cos’è una fantasia, di che cosa è fatta. È importante perché gli umani di fatto vivono di fantasie, ora si tratta di vedere perché gli umani vivono di fantasie. Queste fantasie vanno tutte in un’unica direzione, in qualunque modo siano fatte, qualunque sia la loro configurazione e la direzione è questa: pensare di essere importanti, in qualunque modo, per qualunque motivo, attraverso qualunque cosa, essere importanti o più propriamente credere di esserlo, appare che qualunque fantasia degli umani abbia questo obiettivo come obiettivo finale: potere pensarsi importanti per qualcuno. Perché questo? E perché soprattutto una qualunque fantasia, come ho appena detto, va in questa direzione? È il modo in cui funziona il linguaggio che ci indica la direzione da percorrere, il linguaggio come sappiamo deve costruire proposizioni che concludano con un’affermazione che sia considerata vera dal gioco in cui è inserita, ora siccome non può non fare questo in nessun modo allora gli umani fanno questo, essere importanti non è nient’altro che essere riconosciuti da altri, chiunque essi siano, come portatori di qualcosa di valore e l’unica cosa che ha valore per gli umani è la verità, non ce ne sono altre o, se preferite, qualunque altra è riconducibile a questa; gli umani non hanno nessun altro valore che la verità, come il linguaggio, se mai dovessimo chiederci qual è l’unico valore che appartiene al linguaggio questo è la verità e cioè quella conclusione che è riconosciuta come vera all’interno del discorso, perché è riconosciuta come vera? Perché il discorso può continuare a costruire proposizioni, può procedere e allora riconosce che lì c’è la conclusione vera. Dicevo dunque essere importanti per qualcuno, essere riconosciuti come qualcosa che vale, se si tiene conto di questo allora qualunque fantasia, qualunque pensiero, qualunque ambizione, qualunque progetto, qualunque intenzione può essere considerata in questo modo e cioè come il discorso che punta a costruire un qualche cosa che renda la persona importante. Non è casuale che questa sia una delle cose più ardue da intendere nel pensiero degli umani. Si può riflettere sul cosiddetto discorso psicotico, che non a caso Freud accosta all’innamoramento, al suicidio, a situazioni considerate estreme dove a un certo punto una sola cosa o più propriamente un solo pensiero diventa prioritario su qualunque altro, tutto il resto non ha più nessun interesse. In questo caso, cioè nella psicosi una sola cosa diventa straordinariamente importante al punto che qualunque altra cosa, compreso il mondo cosiddetto che la circonda e le persone che stanno intorno non hanno più nessun interesse. Questo è un caso che potremmo considerare limite ma fino a un certo punto, non possiamo non considerare d’altra parte che negli umani comunque si pone la stessa questione, anche se talvolta meno drammatiche, ma c’è sempre comunque una qualche cosa che occorre perseguire perché ritenuta importantissima, e se è ritenuta importante allora una volta che l’avrò raggiunta io stesso diventerò importante, come dire che il mio pensiero, le mie azioni, la mia verità se proprio dobbiamo dirla tutta verranno riconosciuti da altri come importanti e a questo punto il linguaggio è soddisfatto perché è questo che muove il tutto, il fatto che il linguaggio, la sua struttura debba comunque essere soddisfatta e cioè deve costruire delle sequenze che concludono in un modo che sia riconosciuto come vero all’interno del gioco in cui sono inserite. Questo clinicamente ha una portata che non è indifferente, se ciascuno incomincia a considerare le proprie fantasie. La volta scorsa abbiamo detto come funziona una fantasia, la fantasia non è altro che una proposizione o una sequenza di proposizioni che attendono di essere verificate da qualcosa che non è linguaggio. I propri pensieri, tutti quei pensieri che si attendono dal mondo circostante una verifica quindi una conclusione, tutto questo ha un unico obiettivo: rendersi importanti agli occhi del mondo. Questo è l’obiettivo generale, poi può essere anche agli occhi di una persona, abbiamo anche detto in molte circostanze che per esempio questa fantasia assume modalità differenti in un uomo e una donna, ma sono dettagli irrilevanti, in ogni caso la necessità è quella di essere importanti cioè che qualcosa, che qualcuno riconosca la mia verità, che si manifesta generalmente come il modo in cui penso, le cose che affermo, ciò che faccio. A questo punto la pratica clinica, in cui occorrerebbe che ciascuno si trovasse, consiste nel considerare, nel tenere conto sempre e costantemente di questo e cioè della necessità che ha la persona in questione di essere importante per qualcuno, può anche passare attraverso un qualcosa, però generalmente questo qualcosa è tale, è importante perché è importante per qualcuno: uno può immaginare di essere importante per la nazione, è un concetto astratto, ma la nazione è importante per altri. Come tenere conto di una cosa del genere? Non è facilissimo ovviamente, però è possibile e come spesso accade un’ambizione del genere, cioè essere importanti agli occhi del mondo, si mostra proprio là dove la cosa appare proprio più ovvia e più naturale e dove cioè meno verrebbe da considerarla come una questione da elaborare, da svolgere, da interrogare. La domanda che a quel punto la persona può porsi è questa “esiste un’attività, un pensiero qualunque che non abbia questo obiettivo? E qui può sbizzarrirsi a considerare qualunque meta, qualunque obbiettivo e verificare se effettivamente questo obiettivo non abbia la necessità di concludere in questo modo, e cioè potersi considerare importanti agli occhi del mondo, nelle varie modalità ovviamente in cui questo si manifesta, nei differenti discorsi, è chiaro che la modalità che persegue un ossessivo sarà differente da quella di un paranoico o di un isterico, ma sono solo modalità differenti per raggiungere lo stesso obiettivo. Questo qualcosa di importante, questa necessità di trovarsi importanti agli occhi del mondo ovviamente è pilotata dal discorso di ciascuno, a seconda del modo in cui la verità si è consolidata nel suo discorso a partire dai primi elementi, a partire, se volete dirla tutta, dal “questo è questo” e dal modo in cui questa informazione si è costruita, si è consolidata, si è configurata. È ovvio che non permane come “questo è questo” se no le cose sarebbero un po’ differenti ma prende forme diverse a seconda di sterminate variabili che possono intervenire e come abbiamo detto un po’ di tempo fa, siccome il “questo è questo” e cioè tale affermazione è stata sancita, stabilita e confermata da qualcun altro che non sono io, perché al momento in cui la recepisco non sono ancora in condizioni di stabilire una cosa del genere, allora permane questa sorta di inganno, di superstizione che sia l’altro o più propriamente altri i detentori della verità e cioè della possibilità di gestire il linguaggio, e quindi essere coloro che lo gestiscono, che sanno che cos’è la verità. Questo è uno dei più grandi, più colossali inganni a cui gli umani sono sottoposti, forse in modo inevitabile, però non è inevitabile porvi rimedio e accorgersi che non è così, così come accade di accorgersi che la mamma non è la depositaria di ogni verità possibile, a un certo punto ci si accorge che ci sono cose che la mamma non sa. Questo inganno perpetrato direi quasi inesorabilmente dagli umani nei confronti di coloro che incominciano ad acquisire il linguaggio, a trovarsi nel linguaggio, permane, permane perché rappresenta il modello di qualunque verità pensabile e cioè che qualcuno sia il depositario, sia il controllore, diciamola così, del linguaggio, e da qui tutte le fantasie su dio o chi per lui, o sulla natura. Questo inganno formidabile ha stabilita la prima verità, come dire che la prima verità in qualche modo viene sancita da altri che non sono io, a questo punto permane come modello, ma perché? Perché essendo il primo modello ha incominciato a produrre discorso, a produrre parole, produrre fantasie, produrre tutto, è per questo che rimane così importante, è la verità, e il linguaggio ha bisogno della verità per procedere. Se non fosse così non avrebbe avuto nessun rilievo ma sappiamo che il linguaggio necessità di una verità per potere procedere, per potere costruire altre proposizioni cioè per potere esistere, per farla breve. Ecco che questa prima verità permane come modello, modello da perseguire o da ricercare a seconda dei casi, questo modello è il modello che costruisce qualunque fantasia e cioè una verità che deve essere confermata da qualcosa che non è linguaggio, ma che deve essere confermata da qualcuno che non sono io e cioè da qualcuno che conosce come stanno le cose, da chi, mettetela tra virgolette, “ha insegnato il linguaggio”. E questo gli umani fanno, e cioè continuano a cercare la verità in qualcuno e per questo hanno bisogno di trovare in altri la conferma dei propri pensieri, questa incertezza riguardo alla propria verità in buona parte viene dal fatto che chi ha insegnato a parlare fosse altri, non io, e quindi la ricerca di una conferma da parte degli altri. Perché è così importante? Se ci pensate bene dovreste trovare da voi la risposta proprio nel funzionamento del linguaggio, perché sempre lì troviamo la risposta, non altrove, altrove non c’è niente. Va cercata nel funzionamento del linguaggio perché lì c’è la risposta a qualunque cosa e cercare dunque perché c’è il bisogno di trovare questa verità negli altri …

Intervento: è come cercarla nella realtà in qualche modo … la realtà ha la funzione di verificare …

Sì certo, la verifica deve venire dall’altro perché questo è il modello originario e non può venire da me, perché così ho imparato in definitiva. L’altro che funzione ha se la mia verità viene da qualcun altro, da un altrove? Il riconoscimento che ho bisogno da parte dell’altro, l’importanza che cerco nell’altro è molto probabilmente, si tratterà di verificarlo tra poco, il potere trovarsi nella posizione di colui che ha il potere assoluto, così come si è trovato colui che ha “insegnato a parlare” mettetelo sempre tra virgolette, come dire che se io vengo confermato da tutto il mondo in ciò che penso allora mi trovo nella condizione di chi mi ha insegnato a parlare, cioè di chi sa tutto, in altri termini di chi a mio parere, naturalmente nella mia fantasia, era colui che deteneva la verità assoluta. Probabilmente è per questo che gli umani hanno bisogno di sentirsi importanti, e probabilmente in caso contrario questo non avrebbe un grande rilievo. E invece ricercano questo, e tutte le fantasie sono costruite su questo, sono modi di raffigurare una scena, un film, una storia, un racconto dove accade un qualche cosa tale per cui la persona diventa importante, diventa al centro del mondo, così come lo fu colui o colei che insegnarono a parlare …

Intervento: e la sofferenza come possiamo inserirla in tutto questo?

La sofferenza? La sofferenza Sandro è uno dei modi più diffusi e più antichi per mettersi al centro del mondo. Cosa ha fatto Gesù Cristo quando è stato crocefisso? Perché si è fatto crocifiggere? Perché soffrendo, caricandosi di tutti i peccati ha espiato tutto quanto, ma a questo punto è diventato importante perché soffrendo, soffrendo per tutti, espiando quindi tutti i peccati se li è portati via con sé, ha salvato il mondo. C’è molto spesso nelle persone questa fantasia di salvezza, soprattutto nel discorso ossessivo che si mostra sofferente per educare l’altro. L’altro motivo è che soffrendo si mette nella posizione da costringere, questo è l’altro motivo per cui si ritrova al centro dell’universo, altri a occuparsi di me, questi altri occupandosi di me si sentono a loro volta importanti e quindi lo faranno: la persona che soffre si espone allo sguardo degli altri come debole e indifesa, esponendosi in questo modo gli altri si sentono più forti e in questo modo controlla gli altri pur essendo in una posizione apparentemente più debole. Il discorso ossessivo la sa lunga su come mostrandosi debole governi l’altro. È una posizione femminile in un certo senso, lei ha in mente altri risvolti Sandro?

Intervento: l’aspetto del godimento … la sofferenza è inscritta in una sorta di promessa, è il godimento tutto sommato però è sempre in funzione del godimento assoluto, il discorso di cui parlava prima del potere assoluto e quindi la sofferenza è la formulazione retorica della verità, è un modo di dire la verità …

Ah sì, infatti se uno che soffre viene deriso della sua sofferenza va su tutte le furie …

Intervento: sì, perché si trova senza armi, viene disarmato completamente quindi il ridicolo è il nudo, viene sottratto della sua corazza … la sofferenza è sempre retta dal principio, dalle religioni … non c’è modo di sfuggirgli … riflettevo anche oggi dall’alto dei miei cinquantacinque anni la crisi non si è mai risolta quindi la crisi è l’aspetto della sofferenza pubblica e questo è interessante e in effetti è un controllo delle masse molto efficace, c’è sempre dietro una promessa di felicità, di godimento …

Beatrice voleva dire qualcosa?

Intervento: sì soprattutto sulla fantasia di salvataggio che mantiene, come se fosse un compromesso in qualche modo, mantiene la scena del godimento tutto sommato perché da chi salvo se non da questa voglia di far fuori in qualche modo? E quindi è un compromesso nel senso che ciò che “mi piace” ciò che è la premessa in qualche modo del discorso mantiene la sua portata ovviamente come sofferenza e quindi in questo senso una sorta di compromesso, non più come diceva Freud che la rimozione avviene per qualcosa che mi fa paura, di cui temo no ma perché mi piace e quindi mantengo la premessa …  mantengo comunque qualcosa che per me non è sofferenza ma è piacere puro …

Intervento: trovarsi ad occupare la posizione di colui si immaginava ritenesse la verità assoluta c’è molto di Freud in tutto questo perché … in effetti anche il suo Totem e Tabù rispecchia … nel momento in cui avviene l’incontro con l’onnipotenza che poi non è altro che l’uccisione del padre e da allora da quel momento si istituisce la legge e quindi la legge è qualcosa di … e quindi questa legge può diventare in potenza ma non sarà mai onnipotenza rimane sempre questo mito, questa idea di poter raggiungere questa onnipotenza in qualche modo perché ci si è già confrontati con questa onnipotenza una sorta di nostalgia … è già entrata nella parola quindi il fatto stesso di averla immaginata vuol dire che è entrata nella parola ed esiste e rimane sempre questo mito che comunque viene perseguito in ogni momento sentirsi importanti … non si è mai importanti abbastanza da quando c’è questa idea di onnipotenza. In effetti la legge in un certo qual modo, quella freudiana, è un po’ come … è quel limite che ciascuno avverte rispetto alla propria importanza c’è qualcosa che funziona come legge, occorre sempre che si imponga si crede sempre di poterla superare …

La legge che serve soprattutto a eliminare chiunque si imponga come detentore di una verità assoluta, per ricondurlo al livello di tutti gli altri, cioè una persona sì importante, ma che non superi un certo limite perché non ha la verità assoluta …

Intervento: in effetti la legge freudiana è la legge più democratica che esista perché i figli son tutti uguali nessuno incorre nella punizione del padre …

Chi altri a qualche questione da porre? Eleonora?

Intervento: il valore … una cosa acquisisce valore perché è condiviso dall’autorità o è una fantasia?

Possono essere gli occhi del mondo, può essere qualcuno, qualcuno ritenuto importante, la fantasia sorge sempre su qualche cosa che è ritenuto importante, la fantasia non è altro che un film, un racconto che ciascuno si proietta, si costruisce, per immaginare una situazione dove è al centro del mondo, o di qualcuno a seconda dei casi, però è importante, la fantasia serve a questo non ha nessun altra funzione, se no a che servirebbe?

Intervento: la necessità per la persona di venire confermata nella sua verità ….tutti devono riconoscere il grado di verità della persona non soltanto … qualunque interlocutore deve riconoscere la verità …

Sì e no, per esempio ci sono persone ritenute di così scarso interesse che qualunque cosa possano dire contra o a favore è totalmente indifferente, e per converso ci sono situazioni dove si muove dall’idea di essere eletti, non più da qualcuno in quanto tale ma da un’entità divina, allora in questo caso non resta che eseguire la volontà divina per rimanere comunque degli eletti. Un fervente cristiano o islamico o quello che vuole, non ha bisogno di essere confermato da altri nella sua fede in dio, la sua fede in dio è confermata da lui stesso o meglio da ciò che lui pensa che dio pensi di lui, siccome non lo può interpellare non c’è questo problema …

Intervento: può interpretare gli atti … gli eventi può leggerli come …

Sì ma lui parte dall’idea che il dio sia benevolo …

Intervento: …

No, il dio non lo deve dimostrare, ha questa virtù, l’ha già dimostrato in un certo senso …

Intervento: …

Ci sono delle varianti, però grosso modo anche l’islamico basta che segua la legge divina, come tutte le religioni, cristiana, islamica, ebraica, segue la legge divina ed è a posto, non ha bisogno di altre conferme da parte di altri per essere nel vero perché appunto il dio non è qualcuno e quindi non ha dei ghiribizzi. Una persona che incontra per strada può avere un’idea diversa e quindi mettere in discussione la sua opinione, la sua credenza ma se, e questo è stato un colpo di genio degli umani per proteggersi da alcuni problemi psichici, se invece si immagina che sia un’entità divina questa non può mentire per definizione, cioè si crea un gioco tale per cui c’è qualcuno che fa da referente e che non può mentire, e che è necessariamente buono e che non abbandonerà mai, una botte di ferro. Tutto chiaro fin qui? Considerare bene la questione della fantasia, qual è il suo obiettivo che è sempre lo stesso: potere pensarsi importanti o per partecipazione o per esclusione a seconda delle modalità, una persona può ritenersi importante se fa parte di un certo gruppo, può ritenersi importante se si sente esclusa da questo gruppo e cioè non ne fa parte a seconda anche delle strutture di discorso ovviamente, però l’obiettivo è sempre lo stesso, abbiamo visto che necessariamente è lo stesso ché la fantasia non è altro che una costruzione che dà una forma alla necessità del linguaggio di concludere in modo vero, e cioè di avere un valore, e raggiungendo questo valore ovviamente soddisfa il funzionamento del linguaggio. La fantasia non esisterebbe in assenza di linguaggio, è il linguaggio che la produce, solo che la fantasia è tale perché si aspetta una conferma, una conclusione, una verità da qualcosa che è fuori dal linguaggio, questa è la definizione che davamo la volta scorsa di fantasia, aspettandosi naturalmente una conferma da qualcosa fuori dal linguaggio non la trova ovviamente, ma si comporta come tutte le fantasie e cioè si attende da qualcun altro o dalla realtà a seconda dei casi questa conclusione, questa conferma, secondo il modello originale: altri mi hanno insegnato a parlare quindi se qualcuno me lo ha insegnato è lui che ne ha il potere …

Intervento: è anche la base per costruire le teorie intorno al potere …

Sì, viene costruito così, non ci sono altri modi, gli umani cercano il potere da sempre …

Intervento: è una fantasia infantile …

Esattamente, potremmo dire che la ricerca del potere è una fantasia infantile perché si attiene a quel modello infantile che ha consentito di pensare che fosse qualcuno il padrone del linguaggio. Abbiamo fatta una parentesi nella lettura della Grammatica del linguaggio, occorreva accennare anche a degli aspetti clinici che procedono dalla struttura del linguaggio, è una cosa che dovete tenere sempre presente: se conoscete perfettamente la struttura del linguaggio sapete perfettamente perché pensate quello che pensate e anche perché chiunque pensa quello che pensa, nel caso contrario no …

Intervento: nel caso contrario ci si affida alle fantasie …

Sì, ci si affida alla realtà o alla natura e si continua a cercare qualcuno per affidargli il potere, in fondo anche questo è il motivo per cui gli umani cercano sempre qualcuno a cui affidare il potere, come già Freud diceva nella Psicologia delle masse, come dire il detentore della verità, per poi dire, così come è stato fatto da piccini, “la mamma sa tutto” e poi: “no, la mamma non sa niente” e il capo si tratta esattamente così, all’inizio si suppone che sappia tutto, dopo non più. Che poi non è tanto che la mamma o chi per lei non sia il detentore della verità, è che a un certo punto il suo discorso incomincia a volere avere la verità per mettersi al posto di colui che detiene la verità, è il suo discorso che glielo impone, non è un atto di volontà. Va bene, questa sera ne abbiamo dette abbastanza, ci vedremo mercoledì prossimo.