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9 Maggio 2007

 

Beatrice legge il suo testo

Bene, è un buon testo. Ci sono questioni, annotazioni, considerazioni intorno a ciò che Beatrice ha letto? Domande? Per esempio cos’è un’aporia o un’antinomia?

Intervento: Cos’è?

L’antinomia è una contraddizione: due termini si dicono antinomici quando l’uno sostiene una cosa e simultaneamente sostiene il suo contrario infatti si chiama anche antinomia del mentitore quella famosa del paradosso di Epimenide, Epimenide cretese dice: “tutti i cretesi mentono” lui compreso, il paradosso e l’antinomia sono la stessa cosa. Le aporie invece sono delle difficoltà teoriche che s’incontrano nel momento in cui è impossibile fra due corni del dilemma sceglierne uno a vantaggio dell’altro, non è possibile sceglierne nessuno dei due, questa è un’aporia. Nell’ambito di quella determinata teoria si trovano due possibilità che non sono risolvibili…

Intervento: A me è apparso molto preciso molto scorrevole perché ha tracciato un po’ tutto il discorso che facciamo…

Stefania cosa ha capito, c’è qualcosa che non ha inteso?

Intervento: qualcosa ho inteso nel senso che è molto dettagliato, molto profondo…non sono ancora molto abituata ad ascoltare queste cose..già a mettersi a pensare che cos’è un pensiero come si origina poi la storia del linguaggio se ci si penso senza linguaggio non si può prescindere da questo…

Lei non si era mai chiesta prima d’ora cosa fosse il pensiero?

Intervento: si me lo sono chiesta parecchie volte…

E cosa si è risposta?

Intervento: è assolutamente… forse perché ci sono tanti pensieri che affollano la mente però forse ero più concentrata su quello che penso invece di chiedermi perché penso…

Sì vero questo distrae sempre è la questione centrale …

Intervento: E poi in questo momento trovo difficile il passaggio …sul fatto che alla fine è il linguaggio che è l’unica cosa da cui bisogna partire..non so .il linguaggio è associato al pensiero... perché uno pensa quello che pensa?

Questa è una bella domanda, non è facile certo, l’obiettivo di un’analisi è proprio questo, sapere perché…

Intervento: Intanto di sbarazzare il pensiero da tutte quelle superstizioni quali l’umano è soggetto quando parla perché utilizza il linguaggio e quindi non si è mai chiesto non ha mai avuto l’esigenza di pensare di mettere in gioco certe… cose cui si trovava a credere , è proprio ciò che si trova a credere che costruirà la paura per esempio per riuscire ad intendere di cosa è fatta una paura, non basta sapere che è fatta di linguaggio per sbarazzarsene, bisogna praticarlo il linguaggio…

Bisogna sapere a che cosa serve perché ha un’utilità un suo utilizzo se no non esisterebbe. Sentiamo qualcun altro per esempio Eleonora cosa ha tratto da questa lettura?

Intervento: Sto pensando alla mia conferenza e che alcune cose che ha detto lei volevo metterle anch’io però non so se centrano con la traccia… magari è ripetitivo…

Sono vent’anni che diciamo le stesse cose, non ti preoccupare come dicevano i latini repetita iuvant e cosa vorresti aggiungere, è il caso di aggiungere, togliere…

Intervento: no magari forse su alcuni punti si ripete però se togli quei punti magari poi non c’è più collegamento con le altre parti del testo…

Intervento: Abbiamo anche bisogno delle auctoritas per scrivere…

Daniela cosa dice del testo?

Intervento: si possa seguire bene anche se è un testo letto magari a volte lascia sempre il dubbio che sia così comprensibile… vanno utilizzate delle forme verbali più semplici da seguire,lei ha messo delle espressioni che si usano più parlando e spezzano un po’…poi mi piaceva l’idea del parlare dell’analisi come di un percorso intellettuale…l’equivoco di fondo esiste sempre anche da persone…

Intervento: Quindi i problemi non si risolvono con l’analisi?

Si dissolvono, che è ancora più radicale, non si ha più bisogno di avere un problema, questo è ciò che accade…

Intervento: il bisogno di cercare il benessere…

Il problema, Beatrice lo dice in modo molto preciso, è costruito sì dal linguaggio, quindi dal discorso e quindi dalla persona che non è nient’altro che quel discorso, ed è costruito per uno scopo e finché permane quello scopo il problema permane, si può spostare nella migliore delle ipotesi, alcune psicanalisi riescono a spostarlo ma rimane, rimane la necessità comunque di avere un problema. È un po’ come nelle conversioni religiose: uno cessa di credere in un dio per credere in un altro; nel momento in cui c’è questo passaggio da una fede ad un’altra c’è un grande benessere che è sempre l’effetto del reperimento o immaginato tale di una nuova verità, la scoperta della verità ha sempre un forte effetto terapeutico, si sta benissimo, si risolve un problema, si trova una verità, si capisce come stanno le cose veramente, però come dicevo la necessità di avere dei problemi permane e quindi dopo un po’ inesorabilmente ritornano, invece in questo caso no. La struttura che abbiamo reperita all’interno del linguaggio consente di dissolvere il problema, cioè togliere la necessità di crearsi problemi perché non ce n’è più bisogno, scompare così come scompaiono tante cose perché hanno perso la loro utilità, così come è successo di giocare con i soldatini, di avere paura del buio e tante cose che mano a mano che si cresce scompaiono, perché scompaiono? Non sono più necessarie, perché il gioco che proponevano non è più di nessun interesse quindi si abbandona, come una fanciulla che fino ad una certa età gioca con le bambole e poi non ci gioca più. Beatrice spiegava anche come avviene questa “magia”, diceva lei che è più di una magia perché la magia non può mostrare i suoi strumenti, in questo caso invece sì. Se lei riesce ad intendere come funziona esattamente il linguaggio allora sa esattamente e non può più non sapere a quel punto come funziona il suo stesso pensiero. Supponiamo che lei sappia perfettamente  di cosa è fatta, e che per proseguire deve, ciascuna volta che costruisce una sequenza, chiudere con un’affermazione che risulta vera se no non può andare avanti, supponiamo che sappia questo allora a questo punto quando lei vuole sapere la verità di qualche cosa sa che lo sta facendo perché è la struttura del linguaggio di cui lei è fatta che la costringe a fare questo, se no non lo farebbe, perché cercare di sapere se una cosa è vera o falsa?A che scopo? Cosa se ne fa?

Intervento: Perché gli interessa…

Sì certo, ma questo interesse da dove viene? Viene da ciò di cui lei è fatta, a questo punto se lei sa che il linguaggio per procedere deve procedere così perché è fatto così, allora sa che la sua ricerca della verità qualunque essa sia torno a dire, è mossa da una struttura di cui lei è fatta e nient’altro che questo e che se non esistesse questa struttura non esisterebbe né la verità né il falso né l’interesse né nient’altro, e allora si dispone magari differentemente rispetto a questo desiderio di sapere la verità, non è più una questione di vita o di morte come talvolta può accadere ma un gioco al pari di qualunque altro e non ha più bisogno di crederci sa che “deve” farlo perché è fatta di linguaggio e il linguaggio è fatto così, come se si trovasse all’interno di un gioco che costruisce un’infinità di giochi continuamente ma sempre con la stessa struttura e a questo punto se lei sa questo sa che qualunque cosa lei pensi, se la pensa, immagina anche che sia vera se no non la pensa, la scarta, è all’interno di un gioco linguistico, solo questo…

Intervento: perché quella stessa cosa che penso potrei pensarla anche in un altro modo e va bene lo stesso?

Potrebbe anche andare bene lo stesso ma è vera quella certa cosa soltanto all’interno del gioco in cui è inserito: regole, giochi, partite; supponiamo per esempio che il suo uomo la tradisca con un’altra, questo potrà apparirle difficile pensarlo come un gioco linguistico, eppure se non ci fosse  una serie di regole che pilotano la sua condotta tutto questo non esisterebbe, non esisterebbe il tradimento, non esisterebbe qualcuno che lei considera il suo uomo. Sono giochi linguistici provvisti di regole, ciascun gioco è fatto di regole ovviamente, una di queste è quella che dice che se un uomo si comporta con lei in modo tale che lei pensi che il suo uomo allora, vede già che c’è un’implicazione “se allora”, il suo uomo non deve andare con altre per esempio, è una regola non scritta però è una regola alla quale moltissimi ho sentito dire che si attengono, ma è una regola e lei conosce questa regola perché l’ha imparata, in qualche modo l’ha appresa, ma è un gioco fatto di regole e il linguaggio è un gioco fatto di regole. Qualunque gioco è fatto a questa maniera, tutti, e le regole dicono ciò che si può fare e ciò che non si può fare, per esempio all’interno di una coppia ci sono delle regole non scritte generalmente però sono regole alle quali ciascuno è chiamato ad attenersi, se non lo fa allora è come se o violasse una regola e quindi è colpevole oppure non gioca a quel gioco, ne fa un altro, se vuole giocare a quel gioco per esempio della relazione allora ci sono delle regole, se vuole giocare al poker ci sono altre regole, se vuole giocare alla guerra ci sono altre regole ancora, se vuole giocare alla teoria ci sono altre regole alle quali deve attenersi; sono sempre regole, giochi linguistici, infiniti giochi linguistici. E quando ci sono due giochi linguistici per lei irrinunciabili e che giungono a conclusioni diametralmente opposte ecco che allora sorge il problema e non sa più cosa fare, si trova di fronte ad un’aporia come dicevamo prima: l’impossibilità di scegliere uno dei corni del dilemma e allora si arresta e da qui la nevrosi per esempio, malesseri di ogni sorta, ma conoscendo come funziona il linguaggio, sapendo che si tratta di giochi linguistici allora anche l’aporia si dissolve perché nessuno dei due è costrittivo, nessuno dei due è considerato in modo assolutamente vero, è vero all’interno di quel gioco, fuori da quel gioco non è niente, in questo modo si dissolve l’aporia, si dissolve nel senso che non sono più tenuto a credere che un dei due corni del dilemma o entrambi siano necessari ma vengo a sapere che sono arbitrari così come le regole del poker, è chiaro che se uno vuole giocare a poker deve attenersi alle regole, per esempio che un re batte un sette, ma fuori dal gioco del poker non significa assolutamente niente. Si tratta in un’analisi di intendere quali sono le regole del gioco che si sta facendo e che stanno supportando quel gioco, conoscere queste regole porta alla possibilità di considerarle come arbitrarie e non necessarie. È diverso arbitrario da necessario, se è necessario lei non può sottrarsene, se arbitrario sì, non solo può sottrarsene ma se continua a farlo ne è responsabile perché nessuno la costringe. Ecco un passo fondamentale che avviene all’interno di questo percorso che chiamiamo analisi: accogliere la responsabilità in ciò che accade in ciò che si pensa, è uno dei passi fondamentali, finché non si accoglie la responsabilità di ciò che si pensa si continua a supporre di essere vittima della malasorte, del fato avverso o di persone malevole mentre magari non è così. Questo può riservare delle sorprese, in prima istanza il domandarsi: ma allora perché pensavo una cosa del genere, a che scopo? Trovare lo scopo è trovare una di quelle regole di quel gioco che stava facendo, cioè il suo utilizzo, a cosa serviva. L’utilizzo di quel certo stare male o di quel certo pensiero che comunque portava a quella cosa che gli umani chiamano stare male; se mi accorgo che quello stare male era funzionale a qualcosa allora ero io che lo volevo, e se lo volevo allora tanto male non era, magari c’era anche un tornaconto, un piacere, è una possibilità. L’analisi consente di venire a sapere tutto questo e giungere alla fine a non potere più non tenere conto di come funziona il linguaggio e del fatto che io che parlo non sono altro che il discorso che sto facendo, nient’altro che questo con tutto ciò che questo comporta ovviamente e cioè l’impossibilità di credere vera qualunque cosa mi passi per la testa, qualunque conclusione io tragga non è né vera né falsa, è arbitraria e tutto ciò che per gli umani sono i valori non sono altro che questioni estetiche, cioè piace pensare così, ma in realtà non c’è nessun motivo per pensare, nessun motivo che possa essere fondato e provato. Dunque questioni estetiche, l’obiettivo di un’analisi è giungere a considerare che pensava in un certo modo perché gli piaceva pensare così e a quel punto sa anche perché gli piaceva pensarlo e sa anche che non è necessario continuare a farlo, semmai volesse continuarlo a farlo saprebbe e non potrebbe non saperlo che è lei che vuole farlo e saprebbe anche per quale motivo e molte altre cose…

Intervento: sapere di essere linguaggio c’è l’opportunità di essere più tolleranti di avere più rispetto… leggerezza…

Certo, non c’è più il bisogno degli altri che debbano confermare ciò che penso oppure diciamo che non mi aspetto dal prossimo il mio benessere, ecco mettiamola così. È un modo diverso di pensare.