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9-4-03

 

Di che cosa parlavamo la volta scorsa? Di costruire la psicanalisi dalle fondamenta, di scrivere una psicanalisi generale, psicanalisi ovviamente come modo di pensare, e da dove si comincia? Da quando comincia il linguaggio, dall’avvio del linguaggio, è lì che le cose cominciano, lì tutto comincia, quando si avvia il linguaggio. Il bambino, è figura retorica come è noto, però proprio perché è una figura retorica ha una certa portata. Sì l’avviarsi del linguaggio è ciò che comunemente si chiama bambino, il piccolo degli umani; cosa avviene quando il linguaggio si avvia? Avvengono cose importanti oltreché determinanti, visto che da quel momento il parlante comincia a esistere, perché prima non esisteva, comincia a esistere quando comincia a parlare cioè quando si avvia il linguaggio, da quel momento ci sono le condizioni perché si accorga di esistere con tutto ciò che questo comporta, e cioè che cosa? Cosa comporta il fatto che si accorga di esistere, magari non subito, ma intanto ha le condizioni per poterlo fare: comporta il fatto che il linguaggio gli consente di domandarsi chi è e soprattutto, almeno all’inizio, chi sono gli altri, che cosa fanno, che cosa vogliono, dove vanno, etc., tutte domande che apparentemente non potrebbero avere alcun interesse ma invece ce l’hanno, ce l’hanno perché tutto ciò che il linguaggio incontra e incomincia a costruire interroga, cosa vuol dire che interroga? Vuole dire che questi elementi che costruisce mano a mano costituiranno gli elementi da cui muovere per costruire altre cose, in questo senso interroga, come dire che comincia a reperire tutti quegli elementi che sono indispensabili per costruire proposizioni sempre più elaborate, sempre più complesse, però ha già tutti gli elementi che gli consentono di costruire una interrogazione, interrogazione vale a dire qualcosa che funziona come un ostacolo; dicevamo qualche tempo fa, qualche cosa che deve essere verificato, l’interrogazione fa questo chiede se è vero o se è falso: è così o non è così? Oltre a questo nel momento in cui il linguaggio si avvia accade un’altra cosa, apriamo una parentesi, che cosa distingue una domanda da un'altra per esempio? Se questa cosa mi porterà alla morte oppure se devo prendere un panino oppure un toast. Sono due interrogazioni distinte…

Intervento:…

Sì, certo sì, la morte come figura retorica di cui dicevamo è rappresentata dall’idea della fine del discorso, quindi la preclusione di qualunque via, e in effetti è considerata generalmente il bene più prezioso, da tutti in generale, e cioè il bene più prezioso a questo punto è la propria vita quindi il proseguire del discorso, la vita non è nient’altro che questo: il discorso che prosegue e quindi la possibilità di infinite vie che intervengono, quindi la differenza sostanziale è questa e cioè l’una cosa mette in evidenza le infinite possibilità o impossibilità, se la morte preclude il discorso toglie ogni possibilità, il panino no, quindi una interrogazione che verta su una questione così estrema mette in atto una quantità notevole di strategie per evitarla per esempio, o di pensieri su cosa potrebbe accadere se dovesse accadere, perché è una cosa estrema, cioè porta il discorso a una situazione estrema, la situazione estrema del discorso è la sua cessazione. Nel momento in cui il linguaggio si avvia ha già queste istruzioni? Questa possibilità di interrompersi? Difficile a dirsi, ma in ogni caso la stessa estremità di cui si avverte, si vive per esempio una situazione, può essere benissimo esperita dal linguaggio in uno dei primi momenti in cui esiste, che cosa determina l’estremità di una situazione? Generalmente l’impossibilità di gestirla, determinata dall’impossibilità fisica o dall’impossibilità di conoscerla, generalmente queste due, in ogni caso un’incapacità e l’incapacità di cosa è fatta? Per che cosa il linguaggio è incapacità l’impossibilità di rispondere, l’impossibilità di soddisfare alla domanda quindi di verificarla, di fronte alla impossibilità di verificare una proposizione il linguaggio può subire un arresto, naturalmente occorre distinguere, perché io posso trovarmi oggi nell’impossibilità di non dare una risposta a qualcosa, per esempio come si chiama la nonna di Bush? Non lo so e non me importa niente, è una domanda a cui non so dare nessuna risposta, cionondimeno campo perfettamente, vivo in buona salute, che cosa occorre dunque che abbia una domanda perché sia estrema? Di primo acchito potremmo dire questo, che coinvolga la possibilità per il linguaggio di potere proseguire dunque dobbiamo presupporre che fino dall’avvio il linguaggio abbia questa possibilità di allertarsi, per così dire, nel momento in cui avverte che qualcosa potrebbe impedire di proseguire, ma che cosa può impedirgli di proseguire? Perché il fatto di non sapere il nome della nonna di Bush non importa nulla a nessuno dei presenti? Perché ciascuno dei presenti sa che questa informazione gli è assolutamente inutile, lo sa in seguito a tutta una serie di altre informazioni di cui dispone ovviamente, ma se non disponesse di tutta questa serie di informazioni allora anche questa stupidissima domanda potrebbe creare un problema, perché per il solo fatto di essere una domanda, se questa domanda non viene immediatamente ricondotta a qualcosa di assolutamente idiota come in questo caso allora può costituire un problema. A questo punto siamo indotti a pensare che qualunque cosa, quando il linguaggio si avvia e che costituisca una interrogazione su delle questioni, e possono essere molte, può costituire un problema se non si presenta la possibilità di trovare una risposta. Ciò che il lavoro di Freud aveva notato è che cose banalissime producevano nei bimbi reazioni enormi, considerazione che faceva anche mia nonna, basta levargli la caramella e il bambino si dispera, oppure notava che la mamma si allontana un momento e il bimbetto che sta lì e che gioca se ne ha a male e comincia a dare segni di smarrimento, ora perché una cosa del genere? Perché se Eugenia si allontana Gabriele non si inquieta né si preoccupa? Cosa è avvenuto? Gabriele ha acquisito una quantità notevole di elementi e sa che se la mamma si allontana ci sono ottime probabilità che ritorni. Quindi la stessa cosa, la stessa scena produce reazioni totalmente differenti e ciò che è avvenuto è che si sono acquisite una quantità enorme di informazioni per cui un evento del genere non pone nessuna interrogazione, o se la pone trova immediatamente una risposta. Invece il bimbetto se ne ha a male perché non trova immediatamente questa risposta, cioè non sa rispondere a questa interrogazione: la mamma si è allontanata, perché? Non c’è una risposta soddisfacente che lo cheti…

Intervento:…

Ma lui non lo sa che la mamma torna, esattamente, non sa che la mamma si allontana per cinque minuti, potrebbe allontanarsi per cinque minuti o per sempre. Dunque la reazione che provoca è una reazione devastante, il panico. Può essere possibile da adulti provare una situazione del genere? Certamente non per una cosa simile, ma per qualcosa che ha per l’adulto la stessa portata a quel punto la situazione è la stessa, cioè l’adulto si trova nella situazione in cui qualcosa lo interroga e non sa rispondere e dunque il linguaggio si trova di fronte a una domanda e non sa rispondere, che cosa fa a questo punto il linguaggio? Come reagisce? Cerca fra cose che ha acquisite e da queste trae una risposta per esempio…

Intervento: però ne trova una in particolare di risposta, non accetta tutte le risposte e da quella direzione prosegue, non può accogliere tutte le risposte che sono a sua disposizione

Perché no?

Intervento: pensavo sempre alla premessa che muove questo discorso quella che è confacente al gioco che sta facendo in quel momento, quella sarà ciò che prosegue il discorso

Sì certo, è sufficiente che la risposta sia coerente con la premessa e verifichi l’elemento precedente, certo, non sono molte le risposte in questo caso, se lei pensa invece al funzionamento del linguaggio e solo a questo, ecco che allora diventa tutto più chiaro: quale sarà l’elemento che il linguaggio porrà in atto, semplicemente quello che offre, diciamola così, un po’ rozza per il momento, il maggior numero o la maggiore possibilità di costruire storie, di costruire scene, di costruire immagini…

Intervento: ecco quello che io non intendo in questo discorso della maggior possibilità di costruire scene, immagini perché non intendo come è possibile valutare da parte del linguaggio ciò che darà più da parlare

Non ciò che mi darà ma ciò che mi dà…

Intervento: come valutare che quella direzione è quella che mi darà…

Questa è una bella domanda, provi a formulare una risposta, è una domanda importante risponda a questa domanda che lei stessa ha posta, diciamo così in modo molto rozzo, la possibilità di apertura certo, ma come lo sa il linguaggio?

Intervento: quando accostiamo due giochi quello della rinuncia a vivere e quindi al gioco dell’esistenza oppure quello di cui parlavamo prima del mangiare il panino è chiaro che laddove si parla di esistenza di questioni estreme sicuramente ci saranno molte cose da dire, però retoricamente si può pensare che sia così non so logicamente se…

Ecco, poniamo la questione in termini logici, come fa a sapere il linguaggio che un elemento costituisce una fonte di vie, come lo sa? Ché lo sa perfettamente e non può non saperlo visto che le ha costruite lui queste vie, come le ha costruite? Sappiamo che ciascun elemento rinvia a un altro e sappiamo anche che questo altro deve avere delle caratteristiche, per il momento ne abbiamo individuate due necessarie, e cioè che sia coerente e che verifichi l’elemento precedente, sappiamo anche che questa verifica costituisce “l’ostacolo”. Dunque andrà nella direzione in cui c’è l’ostacolo, non è che non possa andare anche in un'altra direzione, può farlo ma se deve scegliere, se può farlo, sceglie l’ostacolo. L’ostacolo è ciò che lui sa perfettamente che costruisce, che lo costringe meglio, più propriamente che gli consente di compiere altri giri, che è esattamente ciò per cui è programmato…

Intervento:…

È la stessa domanda che lei può rivolgere agli umani: perché si creano problemi? Anziché starsene tranquilli? In fondo è la stessa questione, assolutamente la stessa, perché se la mamma se ne va via il bambino se ne preoccupa? Forse perché teme di perdere il proprio sostentamento? Perché è immaginato che lui sappia che la madre è la fonte di sostentamento? Soltanto magari perché lei lo ha allattato? Può farlo chiunque…

Intervento: l’esperienza verte su questa cosa

Sì, riconosce una certa cosa, se si avvicina a dare da mangiare a un cane che non conosce inizialmente ringhia, poi sente che è roba buona e smette di ringhiare e mangia, è lo stesso, non è la presenza della mamma…

Intervento: il timore della morte in qualche modo è il timore che il linguaggio si arresti come se la presenza della mamma fosse invece la possibilità del linguaggio di proseguire, mentre l’assenza della madre lo pone di fronte a una talmente vasta gamma di possibili risposte

In entrambi i casi sia…

Intervento: con la presenza della madre il linguaggio non si arresta e ha una direzione con l’assenza della mamma ha una possibilità di risposte talmente vasto che il linguaggio si arresta, con la presenza della madre prosegue in quella direzione che ha già verificato

Lei pone una questione che è interessante, ma va al di là di una questione logica per il momento, è una questione retorica certo, la persona che si conosce è quella che dà una direzione è vero però io ero ancora al di qua e cioè riflettevo, consideravo unicamente il funzionamento del sistema operativo il quale di fronte all’ostacolo ha l’opportunità di costruire altre proposizioni, quindi apposta si costruisce l’ostacolo, l’ostacolo in questo caso è non tanto che la mamma sia lontana quanto la morte, a quel punto cioè qualcosa che dà da pensare, qualcosa che interroga. A questo punto che cosa accade? Il linguaggio deve trovare, visto che c’è l’ostacolo, deve trovare una direzione e nel caso del bambino, così come nel caso dell’adulto sempre nei confronti della morte, quale soluzione si trova? D’acchito verrebbe da pensare che una risposta la si trovi, ma non è verificabile, è l’impossibilità di trovare questa proposizione che verifichi la precedente a non consentire di risolvere il problema e quindi lasciare il problema aperto. Per il linguaggio questo cosa comporta, che il problema rimanga aperto? Che continua a interrogare cioè continua a costruire o a consentire di costruire infinite possibilità, ma nessuna di queste riesce a essere verificata, che ne è di una proposizione che non riesce a essere verificata? Che ne è di tutto ciò che gli umani hanno pensato, detto in questi ultimi tremila anni? Che è la stessa sorte, rimane lì, come una specie di spada di Damocle…

Intervento: è come se tenesse tutto in sospeso

Sì, come è avvenuto negli ultimi tremila anni per la questione dell’esistenza, dell’essere, del bene del male…

Intervento: no, ha concluso c’è il bene, c’è il male

No non le ha concluse, fossero concluse sarebbe un’universale, sarebbe riconosciuta da tutti il che non è: per taluni il bene è una cosa, per l’altro è un’altra cosa e ciascuno lo sa, no dobbiamo lavorare su questo: come reagisce il linguaggio di fronte a proposizioni che non riesce a verificare, che non può verificare, perché trova, come dicevo, la stessa questione che ha coinvolto gli umani negli ultimi tremila anni, perché cercano una risposta là dove la risposta non la troveranno mai e cioè fuori da se stessa; è chiaro che l’avvio del linguaggio non ha questa informazione che riguarda se stessa, perché non è necessaria per il linguaggio per funzionare quindi non ne ha bisogno, non avendola incomincia a cercare risposte e non ne trova. È probabile, adesso la pongo così come ipotesi da verificare, che l’angoscia che comincia a provarsi, la madre di tutte le angosce, incominci proprio da lì, dall’impossibilità di verificare delle proposizioni, così il linguaggio comincia ad accorgersi che non può verificare quello che dice, che è la condizione per proseguire, come se rimanesse tutto in sospeso…

Intervento: questo acquisire elementi che si fa man mano e che quindi sono elementi verificati

Sono verificati, lo so, questa è una questione da verificare, sono verificati certo e si stabiliscono delle regole…

Intervento: come si avvia il linguaggio a questo punto perché si avvia qualcosa che non è verificato

Sì certo, è questa la questione, comincia a funzionare, costruisce delle proposizioni in base a dei criteri che gli sono indispensabili ma non può soddisfarle perché non ha le informazioni sufficienti…

Intervento: è come se incominciasse con un indimostrabile ma sulla base di questo indimostrabile poi verifica tutto il resto e dà lì acquisisce i suoi elementi

Esattamente, quindi tenta di verificare, ci prova continuamente…

Intervento: mi dà l’impressione che l’acquisizione del linguaggio avvenga così

Infatti è la condizione dell’angoscia, della sofferenza, tutte queste cose vengono da lì, la difficoltà nasce esattamente quando nasce il linguaggio, quando si avvia l’impossibilità di verificare proposizioni e il linguaggio se ne ha a male perché è come se, per un certo verso, detto tra virgolette, “girasse a vuoto”, cioè non riesce ad agganciarsi a nulla, occorrerebbe fornire queste informazioni nel momento stesso in cui il linguaggio si avvia e allora le cose andrebbero in un’altra direzione, ma questo non avviene…

Intervento:…

La domanda procede dal fatto che c’è un ostacolo certo, questo ostacolo interroga, domanda, ma non può rispondere a questa domanda se non in modo assolutamente provvisorio e arbitrario, il linguaggio non è soddisfatto e nemmeno gli umani di conseguenza non lo sono…

Intervento: anche di fronte al paradosso della morte e di por fine al discorso

Non è pensabile l’assenza di linguaggio…

Intervento: nel momento in cui questo io si immagini una sostanza può immaginare di chiudere il discorso di farlo finire ma al momento in cui è un io operatore…

Abbiamo incominciato a porre qualche elemento, non resta che proseguire e intendere in modo sempre più preciso, visto che è da lì che tutto incomincia. Va bene, allora ci vedremo domani.