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9-3-2011

 

Ciò che diciamo potrebbe mostrare anche un aspetto politico che riguarda la psicanalisi, ma non soltanto, trovando il modo per cui tutto ciò che abbiamo detto finora nelle conferenze possa essere inteso. Potrà essere utile fare un accenno a ciò che è la psicanalisi grosso modo, un accenno rapido anche alle ultime teorie, ma che cosa importa in tutto ciò? Una delle cose interessanti da mostrare, da dire è il metodo, il metodo che viene utilizzato e che può essere utilizzato da chiunque se lo vuole apprendere, un metodo che consente di risolvere la infinita complessità del pensiero degli umani in qualcosa di semplice, risolverlo nel senso di trasporre da una cosa un’altra, mostrare la possibilità di un metodo che mostri come si può intendere facilmente, rapidamente, il modo in cui le persone pensano e soprattutto perché pensano quello che pensano. La psicanalisi, così come è stata intesa fino ad oggi, non si è occupata di sapere perché le persone pensano quello che pensano ma di mostrare che pensano in un modo che non va bene per un motivo o per l’altro, o che questo modo è determinato da alcune strutture che sono grosso modo quelle che ha individuato Freud, ma sapere perché una persona pensa le cose che pensa questo di fatto non ha mai interessato nessuno, quindi la questione del metodo potrebbe essere un avvio, un metodo per interrogare le cose. Generalmente si interrogano le cose in un certo modo, e cioè si chiede alle cose di adattarsi a una teoria, e cioè il tentativo è di piegare quello che appare come la realtà a degli assunti teorici, in effetti è così che funziona: Freud da una serie di osservazioni organizza queste osservazioni in un certo modo, trae delle considerazioni, ma una volta tratte queste considerazioni poi è difficile uscirne fuori, nel senso di non avere la velleità di fare rientrare qualunque cosa in queste considerazioni, è questo il modo più comune di fare teoria. Oppure si interrogano non soltanto le cose ma i presupposti cioè gli asserti dai quali queste cose procedono, come se Freud si fosse soffermato a domandarsi se è proprio vero che esiste l’inconscio o se l’inconscio che lui ha stabilito essere una certa cosa sia proprio quella, e che cosa lo autorizza a supporre l’esistenza di quella cosa che lui chiama inconscio, cioè definita in un certo modo. Tutto questo appartiene al metodo di cui dicevo, questo metodo che ha portato e porta a considerare il fondamento e cioè il linguaggio, e la psicanalisi non è altro che la pratica del fondamento, praticare il fondamento è tenere conto e non potere non farlo che ciascun elemento è un elemento linguistico, questo fa la psicanalisi. Certo non è semplice, bisognerà trovare il modo più acconcio per condurre le persone lungo questo cammino anche attraverso aneddoti, esempi, illustrazioni, ipotiposi. A te Eleonora cosa piacerebbe sentire in una conferenza del genere? Si può anche partire da quello che dicevi tu e cioè dalla questione clinica posta in un certo modo, e cioè dicendo per esempio che cosa generalmente le persone si aspettano dalla psicanalisi, perché una persona si rivolge a uno psicanalista per esempio, e poi che cosa ci si aspetta anche da una psicanalisi in termini teorici per chi invece vuole sapere qualcosa di più e non soltanto togliersi l’acciacco; in entrambi i casi una migliore conoscenza, un migliore fondamento teorico può offrire una migliore risposta a entrambe le questioni, sia per esempio eliminando una paura, per quanto riguarda una domanda d’analisi più frequente, la elimina perché non è necessaria naturalmente, perché riguarda semplicemente un modo in cui la persona pensa, il suo pensiero è giunto a una certa conclusione. Per quanto riguarda l’aspetto teorico occorre mostrare una validità e una potenza teorica che la psicanalisi non ha mai avuto, in questo senso partire dalla questione clinica potrebbe anche farsi, dicendo da subito quello che le persone si aspettano, perché quante persone iniziano una psicanalisi o sono interessate vagamente alla psicanalisi perché sperano che levi gli acciacchi e varie cose, e quante invece sono interessate alla psicanalisi per il suo impianto teorico? Se noi incominciassimo mostrando la possibilità di eliminare quelle cose che comunemente si chiamano sintomi con maggiore facilità, e soprattutto eliminando anche la possibilità che questi sintomi possano prodursi, che in fondo è quello che le persone si aspettano, dopodiché possiamo mostrare come avviene una cosa del genere, sarebbe soddisfatto l’aspetto clinico? Ovviamente non è che mi metto a parlare moltissimo della clinica, questo potrà farsi in seconda battuta, eventualmente indicando di cosa è fatta una fobia o gli attacchi di panico, che sono simili a quella cosa molto frequente adesso, la paura di volare che è sorta perché esistono gli aeroplani ovviamente, prima che esistessero gli aeroplani non esisteva la paura di volare ma esistevano le paure di vario genere, per esempio il piccolo Hans non essendoci gli aeroplani aveva paura dei cavalli. Gli attacchi di panico, come la paura di volare, tutte queste cose hanno tutte la stessa origine e cioè la paura di perdere il controllo, di non avere il controllo sulla situazione, tant’è che per esempio la paura di volare non è diffusa tra i piloti, i piloti non hanno paura di volare perché sono loro a pilotare l’aeroplano. Le persone che hanno paura di volare, se poste di fronte alla domanda: nel caso in cui fossero loro a pilotare l’aereo avrebbero ancora paura? La risposta è no, sempre, regolarmente. In effetti le compagnie aeree che sono le più interessate alla paura di volare, l’Alitalia per esempio, ha istituito una sorta di corsi per le persone che hanno paura di volare e una delle cose più importanti, direi la primaria è appunto mettere la persona all’interno di un simulatore di volo, gli spiegano come si fa grosso modo a guidare e la persona guida l’aeroplano e non ha paura, non solo perché sa di essere saldamente imbullonata a terra ma anche perché in quel momento è lui che conduce il gioco, è lui il padrone della situazione. Di esempi se ne possono fare infiniti, per esempio la paura di un esame all’università: la persona arriva lì e ha la tremarella, ma nel momento in cui incomincia a parlare la paura scompare, perché? È che in quel momento sta affrontando la questione, conduce in qualche modo lui il gioco, indirettamente o direttamente, però la questione è nelle sue mani, esattamente così come il pilota che ha lui in mano la cloche. Negli ultimi incontri potrebbe farsi qualcosa del genere, ampliato alle varie paure, fobie, attacchi di panico, mostrando di cosa sono fatte e quindi arrivare alla struttura del linguaggio: la persona non ha più paura se non subisce più ma agisce il linguaggio, che è ciò che costruisce la paura, e per questo scompare. La vertigine è un’altra questione, ma sempre connessa con questo, sono tutte facce di una stessa questione, la vertigine, la paura del vuoto. Chi soffre di vertigini ha paura del vuoto perché quando è sull’orlo del precipizio ha come il desiderio di buttarsi giù, è un tentativo estremo, di fronte a una paura, di gestirla, andare incontro alla morte, non subirla, ma andare incontro. Tutte queste paure hanno la stessa struttura ed è in fondo sempre riconducibile alla perdita del controllo, quindi del potere sulla situazione, quando una persona perde il potere diventa spaventata, timorosa come la fanciullina che viene abbandonata dal fanciullo, prima era sicura di sé, tranquilla, spavalda, dopo diventa timida, timorosa, paurosa, è sempre la stessa cosa che si ripete, in modi diversi ovviamente, ma la struttura è sempre esattamente la stessa e se si conosce la struttura del linguaggio lo si agisce, se no si subisce tutto quanto …

Intervento: come la spiega in una conferenza questa cosa dell’agire il linguaggio?

Agire il linguaggio significa trovarsi nella condizione in cui si trova chi sa e non può non sapere in ciascun istante che qualunque cosa si trovi a pensare, a dire, a fare, questa è un elemento linguistico, un gioco linguistico, cioè non può non saperlo a questo punto agisce il linguaggio come dire che si trova a esplorare, a elaborare e soprattutto a sapere di che cosa è fatto tutto ciò con cui ha a che fare continuamente, quotidianamente, se invece non sa di che cosa è fatto tutto ciò che lo circonda, allora lo subisce come una cosa ignota, e l’ignoto molto spesso è accostato al pericolo, non sempre ma spesso. Ma la parte più importante e più complessa è sicuramente la prima, e cioè quella di inserire e fare intendere un metodo per poi arrivare a tutte le altre questioni, e quindi trovare un modo leggiadro, vedremo di trovarlo.