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8-11-2001

 

(Sandro espone l’aspetto strutturale del suo prossimo incontro “la psicanalisi della guerra” . Il nemico che si costruisce per mantenere la propria fede. Il bisogno di credere nel luogo comune )

Quindi lei Sandro propone di non credere a nulla? È la domanda che viene fatta (no, però far funzionare questo credere in modo differente e lasciare intendere che questo credere funziona all’interno di un discorso ma ha una valenza solo all’interno di questo gioco anche questo termine verità ha un impiego e un uso particolare rispetto al discorso che si sta facendo) ciò che lei sta affermando è vero o è falso? (Non è né l’uno né l’altro se vogliamo dare uno statuto appartiene al gioco che sto facendo) sì è vero rispetto alle regole del gioco che sta utilizzando, certo, sì. Queste regole non sono sottoponibili ad un criterio verofunzionale. (al momento che questa verità ha da essere assoluta nel senso non solo senza soluzione ma comune, di partecipata in qualche maniera) sì, adesso non stavo facendo un’obiezione, lei si attenga alla sua questione, ma stavo riflettendo su una questione che è interessante oltre che divertente, perché ciascuno può per esempio in questo istante domandarmi se ciò che sto affermando è vero oppure no, ora posso anche dirmi che non è né vero né falso, cioè non è sottoponibile a un criterio verofunzionale, quindi posso pensare che le cose sono esattamente il contrario di ciò che sto dicendo, per esempio, altrettanto tranquillamente ma lo posso fare così tranquillamente? Una domanda che mi sto ponendo, cosa diciamo esattamente quando affermiamo che una cosa non è sottoponibile ad un criterio verofunzionale, adesso non c’entra niente con ciò che stava dicendo lei Sandro, sto facendo una riflessione, se volete ve la dico in un altro modo come utilizziamo ciò che stiamo dicendo? Come un elemento puramente estetico o in quale altro modo? O parliamo così per passare del tempo, non è facile rispondere a una cosa del genere, è vero molto spesso si è detto non è sottoponibile a un criterio verofunzionale però, però la questione potrebbe non essere così semplice, cioè ciò che sta dicendo che utilizzo ha? Vediamo un po’? Per esempio proseguire a parlare, potrebbe non avere una direzione? Se sto parlando, no. (è una questione di responsabilità) sì, sì sono assolutamente responsabile di ciò che sto dicendo; quando diciamo che qualche cosa non è né vera né falsa, stiamo dicendo qualcosa che abbia qualche interesse oppure no? Cosa vuole dire che un elemento non è sottoponibile a un criterio verofunzionale intanto? Che non prevede questo ovviamente. Pensate a una interiezione, a una poesia, un elemento dicevamo tempo fa non è sottoponibile a un criterio verofunzionale, quindi lo dico per un motivo estetico per esempio, perché mi piace e bell’è fatto, però ciò che si trova a d affermare così riflettendo su le cose particolari, posso affermare che lo faccio per un gusto estetico? Potrei anche dire delle cose belle che ritengo tali ovviamente, perché dire cose belle mi allieta, è una sensazione piacevole e quindi posso affermare cose che non sono né vere né false e ne faccio quindi l’uso che ritengo più opportuno, poi se piacciono anche ad altri va bene se no….quindi fin qui teoricamente potrebbe anche accogliersi una posizione del genere, ma se io vado dicendo delle cose con l’obiettivo di dire, indicare, affermare, comunicare come stanno le cose ecco che allora è complicato affermare che le cose che dico non sono sottoponibile a un criterio verofunzionale, perché a quel punto chiaramente ciascuno potrebbe sentirsi autorizzato a pensare esattamente il contrario e anche di avere il vostro appoggio, tanto non è sottoponibile, se afferma il contrario perché no? Perché non dovrebbe andare bene? Ora abbiamo visto in effetti che anche l’interiezione, la produzione poetica risultano comunque sottoponibile a un criterio verofunzionale ma questo adesso non ci interessa ne abbiamo già parlato per cui parrebbe che ciascuna volta in cui si afferma qualcosa, cioè si produce una proposizione, che per definizione è una logica sottoponibile a un criterio verofunzionale, non è possibile cavarsela così dicendo che non è sottoponibile a tale criterio, ché qualcuno potrebbe immediatamente affermare quindi è il contrario di ciò che lei ha affermato, intanto potremmo affermare questo? A questo punto vi potreste trovare nella mala parata, una mala lingua potrebbe chiedere ma allora che state a dire? Potrebbe farlo se fosse villano. È una questione molto, molto a margine fra le cose che sto considerando in questi ultimi tempi e cioè tutta la questione del criterio, voi sapete che tutto ciò che abbiamo costruito in questi ultimi dieci anni si regge su un pilastro unico e basta (…) un criterio quello che abbiamo utilizzato e cioè che non sia utilizzabile una proposizione autocontraddittoria, questo è il pilastro che sostiene tutto se dovesse cedere questo, si trascinerebbe con sé tutto il resto, si rende conto? Si, si perché questo criterio che noi utilizziamo e sul quale dovremo tornare è un criterio un po’ particolare, ché in effetti non è che non mi sono posto questa domanda quale criterio utilizzare? Abbiamo utilizzato unicamente un criterio che è fatto di ciò che è fatto il linguaggio, niente più di questo, questa operazione è legittima? Se sì come si legittima? Perché potrebbe apparire una petizione di principio, che dimostra che non è possibile negare la proposizione che afferma che qualsiasi cosa è un atto linguistico utilizzando ciò stesso che devo dimostrare e cioè il linguaggio, questo logicamente sarebbe scorretto e quindi faremmo ciò stesso che andiamo in giro dicendo che non si può fare, no? Non è autocontraddittorio ma è una petizione di principio…non abbiamo sempre affermato un rigore teorico di fronte al quale mai ci saremmo sottratti? Non abbiamo detto così? Da sempre ? bene dunque dicevo una petizione di principio in quanto non potremmo utilizzare il linguaggio per dimostrare l’esistenza del linguaggio, tant’è… la questione appare differente se in questa apparente petizione di principio consideriamo che potrebbe accadere che l’unico strumento che possiamo utilizzare per dimostrare l’esistenza del linguaggio è propriamente il linguaggio e non potremmo fare altrimenti, perché non potremmo fare altrimenti? Perché si dà Cesare questa eventualità cioè che per potere dimostrare una qualunque cosa abbiamo bisogno del linguaggio, potremmo farlo senza? Senza questo linguaggio quindi senza questo sistema che consente di costruire proposizioni inferenze, quindi giungere a conclusioni, la situazione in cui ci troviamo non ci lascia via di uscita, per potere provare qualunque cosa e quindi anche ciò che intendiamo fare siamo costretti a utilizzare l’unico strumento di cui disponiamo cioè il linguaggio, perché è vero che è una petizione di principio e quindi sarebbe un procedimento scorretto, la questione è che non abbiamo altri strumenti, altri strumenti al di fuori di quelli che ci consentono di procedere da un elemento che chiamiamo premessa ad un altro che chiamiamo conclusione attraverso una serie di passaggi. Detto questo non è che abbiamo risolto perché il fatto di utilizzare come criterio per dimostrare qualche cosa ciò stesso che dobbiamo utilizzare non va senza un qualche contraccolpo ed è soprattutto una cosa che occorre continuare a tenere costantemente presente e cioè che ciò che dobbiamo dimostrare è esattamente ciò che stiamo utilizzando, che è una situazione in ambito teorico piuttosto insolita, ed è insolita perché viene scartata proprio perché è una petizione di principio, però in questo caso non si danno altre possibilità. Ora si tratta non soltanto di consolidare questo criterio ma di costruire una teoria del linguaggio molto semplice e molto efficace, la Seconda Sofistica come si diceva tempo fa è una teoria del linguaggio ovviamente ma tutt’altro che semplice, tutt’altro che evidente, una teoria del linguaggio come intendo e continuo a formularla ha questa forma se A allora B e se B allora C quindi se A allora C deve avere una forma del genere per essere immediatamente evidente oppure usare il modo “ponendo ponens” se A allora B ma A dunque B. Questa forma questo sillogismo stupidissimo è accolto universalmente come inattaccabile, perché costituisce una delle procedure del linguaggio, il linguaggio funziona così e non posso non accoglierlo se non lo accogliessi il linguaggio cesserebbe di funzionare nel senso cesserei di potere costruire qualunque conclusione, di poter inferire qualunque cosa, e abbiamo detto che questo è insito nella struttura del linguaggio se A allora B in quanto se c’è un elemento allora ce n’è necessariamente un altro, è un affare che è abbastanza solido ma non sufficientemente solido e pertanto invito ciascuno di voi a costruire una teoria del linguaggio che sia immediatamente evidente e ovviamente altrettanto solida così quanto lo è questo sillogismo se A allora B se B allora C e quindi se A allora C, perché ha una forza così cogente, così stringente, così inattaccabile? Perché mai? È una questione, ma deve avere una forma del genere e quindi deve mostrarsi in modo assolutamente evidente e irreversibile in non più di quattro passaggi tutto ciò che abbiamo detto in questi ultimi dieci anni, è teoricamente possibile (…) non so che cosa ce ne faremo, qualcosa ce ne faremo, potremmo avere anche migliaia di analizzanti. Sì come dicevo teoricamente è possibile, a questo punto riusciti a compiere una cosa del genere tutto ciò che è esistito prima viene azzerato, due mila anni di storia del pensiero verrebbero azzerati in tre minuti, questo è l’obiettivo da raggiungere assolutamente. Quindi la prima operazione è rendere il criterio che utilizziamo per noi stessi sicuro e solido, nonostante sia una petizione di principio, risolvere questo problema in modo definitivo e inattaccabile, dopo di che tradurre la Seconda Sofistica in quattro passaggi, e come dico si può fare. Beatrice si occupa di rendere assolutamente solido il criterio, rendere non solo legittimo ma inevitabile l’utilizzo di questo criterio e cioè che una proposizione autocontraddittoria non è praticabile, è questo che dobbiamo stabilire in modo definitivo, dopo di che mostrare come, questa sarà probabilmente la premessa se è così allora… che ne dice Cesare di questo programmino ha già qualche idea? (…) sì questo è un sillogismo semplicissimo, è che deve funzionare con altrettanta semplicità, altrettanta rapidità (…) dovrebbe essere un po’ più esigente anche la religione funziona allo stesso modo (comunque anche nella storia della logica ogni volta diventa una petizione di principio quella del predecessore) sì però qui la scommessa è un’altra trovare qualche cosa che non possa più essere sostituita da altro, e non possa più esserlo perché è fondata unicamente sulle regole del linguaggio che non possono essere modificate, salvo la cessazione dell’esistenza del linguaggio, (io comincio a capire balbettando e poi scopro la verità in quello che dico…) sì però queste procedure che le consentono di inferire su qualche cosa e poi di concludere che è la verità oppure no o qualunque altra cosa, queste forse le scopre, le impara fatto sta che non sono sostituibili da altre regole di inferenza per esempio (….sarà sempre una petizione di principio il problema sarà allora scoprire la petitio principi per eccellenza?e noi dobbiamo lavorare e partire di lì) è quello che faremo è quello che stiamo facendo cerchiamo solo di renderlo più solido, più efficace. Sì ci sono delle procedure attraverso le quali il linguaggio funziona che non sono eliminabili se dicessi a Cesare se A allora B ma A dunque B, una cosa del genere non comporta che io ci creda oppure no, sono costretto, però questo criterio che appare così solido sembra dover essere ancora corroborato anche perché da lì dovremo partire, da questo criterio, una qualunque proposizione autocontraddittoria non è utilizzabile, ché se lo fosse il linguaggio smetterebbe di funzionare, bisogna pensarci molto bene… per la retorica il discorso è differente (…) sì è un po’ come dicevamo tempo fa un elemento che fosse differente da sé se fosse così non sarebbe utilizzabile né potrei addirittura sapere che è differente da sé, in base a che cosa? Bene ci vediamo sabato.