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8 Agosto 2007

 

Intervento: l’incoercibilità delle fantasie come il proprio desiderio sia ciò che traina il discorso della persona sembra una delle questioni più importanti perché nel luogo comune si immagina che il proprio desiderio si possa farei conti in qualche modo…ecco l’incoercibilità del proprio desiderio come la propria fantasia…si parlava dei quattro discorsi: schizofrenico paranoico ossessivo e isterico di come questi discorsi traino il discorso della persona e quindi l’esistenza portino a concludere sempre nei confronti di questo desiderio così come il desiderio comanda in qualche modo questa è la questione fondamentale forse anche la più difficile da elaborare. È una considerazione ma a questa considerazione si attacca la questione del io non posso credere vero ciò che so essere falso nel senso che solo in un percorso analitico ci si può accorgere della determinazione del proprio discorso a concludere come conclude e quindi ecco quello che mi piaceva parlare è di questa ..è solo costruendo reperendo delle questioni che possono essere falsificate il proprio discorso possa disfarsi possa proseguire e quindi rendere inutilizzabili tutte quelle questioni che invece il discorso si porta appresso se non può elaborare e se non può falsificare in qualche modo

Volgere quindi il discorso che si crede apodittico in un discorso apofantico…

Intervento: rendere particolari quelle asserzioni che si credono universali…

Discorso che si suppone essere immediatamente e automaticamente evidente, è detto invece apofantico un discorso che possa essere vero o falso …

Intervento: automaticità, automatismo dei discorsi che continuano a dire delle cose…

La questione che abbiamo approcciata in alcune occasioni: come sorgano le fantasie, da dove vengono e perché si strutturano in un certo modo. Questione non semplice perché siamo ai limiti dell’installazione del linguaggio però qualche elemento lo abbiamo, basta considerare in effetti nel momento dell’avvio del linguaggio che cosa avviene. Intanto c’è già la possibilità di acquisire dell’esperienza in base a ragionamenti sì logici, ma per il momento non si può considerare che lo siano. Se il si bambino si mette a strillare qualcuno arriva, quindi si instaura una sorta di concomitanza fra i due eventi: lo strillare e richiamare qualcuno e l’arrivo di qualcuno, cioè il suo desiderio viene soddisfatto in un modo o nell’altro; questa capacità di soddisfare il proprio desiderio c’è l’eventualità che produca degli effetti, possiamo chiamarla provvisoriamente onnipotenza, anche Freud ne parla, onnipotenza del bambino e cioè l’idea che tutto ciò che vuole si realizzi, idea che permane qualche volta in qualche adulto con qualche contraccolpo perché non è sempre così automatico che ciò che uno vuole si realizzi…

Intervento: la proiezione sui propri figli di questo desiderio…

È un aspetto certo, se il mio desiderio lo posso realizzare come e quando voglio posso piegare l’altro a mio piacimento, l’altro farà ciò che io voglio che faccia; ho idea che, ovviamente sono solo ipotesi, una cosa del genere lasci delle tracce, d’altra parte si pensa comunemente che il bambino dipenda in toto dalla madre o chi per lei, non è in condizione di procurarsi il cibo da solo, si immagina che sia dipendente da ogni cosa e in effetti per un verso lo è ma di converso si ha l’opportunità di crearsi una fantasia di onnipotenza che poi si configura e si instaura come tale nel momento in cui c’è il linguaggio, altrimenti non c’è modo di configurare niente di niente, però quando si configura allora si compie un’equazione che dice: “se io voglio qualcosa questo qualcosa lo posso ottenere” cioè posso costringere altri a fare quello che voglio io, tant’è che quando non ci riesce non è che sta zitto e buono continua a strillare finché non ottiene quello che vuole. Quando il linguaggio si avvia si trova a partire già con questo elemento, e cioè che può ottenere quello che vuole come dire che può concludere quando e come vuole e non è poco; voi pensate che tutto questo non abbia nessun rilievo in ciò che ne seguirà? D’altra parte è l’unico modo per il bambino di ottenere quello che vuole, strillare fare un gran fracasso agli altri il fracasso dà fastidio e quindi in qualche modo intervengono…

Intervento: questo per l’interesse che deve attirare su di sé…

Esattamente deve attirare l’attenzione su di sé, essere cioè importante per qualcuno, in fondo può tradursi in questo modo se l’altro accorre è perché sono importante per lui se non gliele importasse nulla non si muoverebbe nessuno …

Intervento: si porta appresso anche nel mondo adulto come nel versante politico…

Dicevo che in effetti una cosa del genere è probabile che lasci delle tracce e cioè il linguaggio apprende a compiere una operazione molto semplice: trovare il modo per piegare la volontà dell’altro alla mia …

Intervento: dei bambini grandi…

Il linguaggio funziona allo stesso modo, cioè non è che strilla soltanto per richiamare l’attenzione quando ha una qualche esigenza, come la fame per esempio che è l’esigenza fondamentale, sicuramente strilla anche quando non ha quella esigenza immediata; dunque piegare l’altro, imparare un meccanismo… ne parla anche Freud rispetto al fort-da lontano-vicino: un gioco, imparare a giocare a far fare all’altro quello che voglio, perché deve fare una cosa del genere? Perché ha fame? Perché ha bisogno di qualche cosa? Semplicemente perché è partito il linguaggio…

Intervento: deve costruire il pensiero…

Il linguaggio costruisce i pensieri certo e questi pensieri devono concludere sempre nello stesso modo, così come per gli adulti ovviamente, deve potere concludere in un modo che a lui sembra quello giusto, sembri confacente, sembri in definitiva vero, quello necessario; ora questa è sicuramente la cosa che sicuramente dà più piacere e in effetti rimane anche per gli adulti la cosa più piacevole: piegare l’altro al proprio volere, che sia un volere politico economico psichico o di qualunque altro genere, è comunque ciò che gli umani cercano di fare. Un aggancio potrebbe farsi con le cosiddette fantasie erotiche, cioè quella sequenza di scene e di immagini che una persona utilizza per raggiungere il massimo del piacere in ambito sessuale ma non soltanto, probabilmente anche altrove nel senso che una fantasia erotica è quella che configura per la persona il massimo del piacere possibile, ma da dove viene questa idea? C’è l’eventualità che venga da molto lontano, proprio da quegli eventi da quelle scene che nel bambino hanno provocato e prodotto il maggiore piacere per lui immaginabile in quel momento, ritengo che sia molto probabile che lì si instaurino e prendano avvio, o la prima configurazione quelle che dopo si chiameranno configurazioni erotiche…

Intervento: a proposito di fantasie erotiche per esempio anche Freud parlava di sublimazione nei confronti dei grandi santi come avviene questa sublimazione?

Non è tanto la fantasia erotica che viene sublimata quanto il desiderio, che non può farsi perché non sta bene o perché dio non vuole, perché se si potesse fare senza nessun problema non ci sarebbe nessun bisogno di sublimare alcunché, occorre un divieto per potere sublimare e allora se non posso fare questo faccio qualche cosa d’altro. La fantasia erotica pare pilotare buona parte dei pensieri di una persona sia che cerchi di realizzarla sia che cerchi di contrastarla, in alcuni casi è come se rappresentasse l’idea il luogo del godimento tutto, assoluto, ma da dove viene? Cosa produce un godimento assoluto negli umani? Il sesso? No, anche perché quando si configura l’idea del godimento, del piacere assoluto ancora il sesso ha da venire, e invece si configura proprio in relazione alle prime proposizioni che il linguaggio costruisce e che vanno a buon fine e cioè vengono certificate come vere, a questo punto sorge il godimento assoluto e cioè quella struttura che decide, che determina, che costruisce il godimento assoluto vale a dire la conclusione della proposizione in modo corretto, quella che raggiunge il suo obiettivo, quale sia l’obiettivo questo è marginale però quando raggiunge il suo obiettivo ecco che si configura il piacere assoluto che il linguaggio riconosce come piacere, dopo lo chiamerà piacere, lì non lo chiama in nessun modo riconosce soltanto che la proposizione si è compiuta che qualcosa si è concluso…

Intervento: pensavo alla questione della conclusione, il piacere che produce la conclusione, anche nella fantasia erotica fantastica intorno alla conclusione…

Intervento: il piacere assoluto…

Sì, si potrebbe anche riflettere su quanto in una qualunque fantasia erotica abbia parte l’idea di potere sull’altro, in prima approssimazione suppongo che sia una parte notevole, tolta questa rimane poco, come dire che echeggia in una qualunque fantasia erotica ciò che dapprima il linguaggio ha esperito come soddisfazione, compimento: piegare l’altro o qualunque cosa al proprio volere, come la prima volta che uno riesce a prendere un aggeggio e metterselo in bocca, tutto questo che senza linguaggio non esisterebbe e non sarebbe mai esistito, con il linguaggio assume una configurazione, come dire che il linguaggio impone a tutto questo la sua struttura e da quel momento infatti incomincia a esistere. dopo che il linguaggio comincia a funzionare allora esiste ciò che esisteva prima del linguaggio, così giusto per dare una descrizione, una sorta di illustrazione…

Intervento: il bambino impara a distinguere se stesso da ciò che è fuori da sé e viene il dubbio è il linguaggio che individua questa differenza è perché parte dall’esistenza del bambino che poi differenzia…

No, se non ci fosse il linguaggio non potrebbe darsi nessuna differenza, il linguaggio per funzionare deve pensare attraverso una inferenza e deve distinguere un elemento linguistico da un altro se no non funziona, è questa è la prima traccia, la prima impressione che lascia la differenza, ed è per questo che può distinguere il mondo esterno da sé perché il linguaggio deve distinguersi, deve distinguere ciò che produce da ciò che non produce, per esempio un discorso deve potere essere distinto da qualsiasi altro discorso, devo potere distinguere che ciò che sto facendo adesso è il mio discorso e non il suo…

Intervento: quindi il linguaggio addestra il bambino che cosa posso usare che cosa no…

È formulata in modo fuorviante perché il bambino è già linguaggio, non può funzionare altrimenti…

Intervento: perché esiste un contorno, la mamma dice che cosa è lui e che cosa…

La mamma compie questa operazione perché è provvista di linguaggio e il bambino comprende questa operazione perché è provvisto di linguaggio…

Intervento: se non ci fosse intorno nessuno in grado di inserirlo nel linguaggio non sarebbe niente?

Questo riguarda una questione ardua, occorrerebbe sapere che cosa funziona in assenza di linguaggio e non lo possiamo sapere perché occorrerebbe uscirne fuori e vedere cosa succede e questo non lo possiamo fare, possiamo soltanto considerare ciò che il linguaggio ci costringe a fare, essendo fatti di linguaggio, il linguaggio funziona in un certo modo, noi siamo fatti di linguaggio, funzioniamo in quel modo. È possibile, ma sono solo congetture, che il linguaggio non sia sorto così di colpo e che ci siano state tutta una serie di prove finché si è riusciti a farlo funzionare, non lo so, non c’ero…

Intervento: possiamo fare come Searle che sapeva tutto su questi esseri sapeva come…

È una questione che non può porsi, come direbbe il nostro amico Wittgenstein è un non senso, non ha nessuna risposta possibile, non possiamo venirne fuori dal linguaggio, possiamo però, rimanendo all’interno, considerare il suo funzionamento e che cosa determina che cosa muove gli umani che sono fatti di linguaggio a una certa direzione, e se gli umani fanno così è perché il linguaggio è fatto così, come dire che il linguaggio cerca la sua soddisfazione sempre e comunque che è fatta dal compimento di una proposizione, di una sequenza che deve essere coerente con la premessa da cui parte e concludere in modo vero rispetto al gioco, questo sappiamo del suo funzionamento e questo avviene dal momento in cui si avvia il linguaggio, e ciò che riconosce come compiuto, come vero è ciò che continua a cercare, poi si aggiungono altri elementi è ovvio però la struttura rimane la stessa, e che cosa cerca? Cercherà sempre lo stesso compimento che avviene piegando l’altro, che può essere qualcuno o qualcosa alla propria volontà. In effetti il discorso funziona così, deve piegare altro o altri alla propria volontà e finché il discorso non ha accesso al sistema operativo funziona così, quando ha accesso al sistema operativo allora cambia, quando può considerare il suo funzionamento e cioè è il linguaggio che lo fa girare allora il discorso incomincia a non avere più la necessità di andare a cercare il dominio sull’altro…

Intervento: come se rimanesse sempre una traccia di questa sorta di onnipotenza e come se l’onnipotenza del bambino fosse messa continuamente alla prova successivamente a trovarsi la soluzione laddove riconosce una traccia…

I giochi che si fanno anche da adulti: i giochi di carte come qualunque tipo di gioco sono una riedizione di giochi infantili, in effetti perché ai bambini piacciono tanto i giochi? Perché devono vincere cioè devono piegare l’altro alla propria volontà, come se dovesse concludere: ho ragione io…

Intervento: la responsabilità del proprio discorso, non si può sapere che soltanto all’interno del proprio discorso si può trovare…

La questione è che se non c’è accesso al sistema operativo non c’è salvezza, il discorso continua a girare all’infinito in questo modo a dovere cercare di piegare l’altro qualunque cosa sia, non può fare altrimenti…

Intervento: stavo pensando all’infante che piange cercando di attirare l’attenzione e attirare qualcuno a sé e in quella fase impara come se volesse fagocitarlo, quasi incorporarlo attraverso la sua azione, aumentare il proprio raggio d’azione mi veniva questa immagine…

È possibile che rimangono tracce di tutto questo certo, in alcuni casi in ambito amoroso si dice: “ti mangerei” come se questo mangiare fosse il piacere più grande che probabilmente evoca uno dei primi gesti in cui il discorso si appropria di qualcosa, lo fa suo. Sono tutti modelli che il discorso utilizza per costruire delle scene ad hoc, scene in cui ha potere su tutto e su tutti così come ha immaginato di averlo all’inizio, quando bastava che urlasse per fare arrivare qualcuno…

Intervento: la questione che non mi è proprio chiara intorno all’aggressività parlo di questo perché volevo ricollegarlo al discorso e penso per esempio all’assoluta tranquillità che ha un bambino di uccidere un animaletto…

Ucciderebbe anche il fratellino se qualcuno non glielo impedisse, con la stessa tranquillità…

Intervento: e viene educato al rispetto del fratellino o dell’animaletto attraverso l’educazione e pensavo quello che avviene in guerra questo”istinto primordiale” viene in qualche modo legittimato dalla situazione per cui con assoluta tranquillità si può uccidere qualcuno, scene di violenza gratuita e tutto questo mi faceva pensare alla questione dell’onnipotenza infantile perché è come se questa onnipotenza man mano dovesse scontrarsi contro una serie di limitazioni dettate dall’educazione poi comunque l’altro è sempre un limite, collegato con l’aggressività questa assoluta tranquillità non viene interpretato né nel bene né nel male a cui viene dato un senso dopo e quindi interviene poi l’educazione e a quel punto s’interpreta ma il gesto di per sé …e come se questa “pulsione di distruzione” fosse all’origine e mi chiedo dal punto di vista del linguaggio questa cosa come funziona, come linguaggio ..perché produce soddisfazione anche quelle scene di violenza gratuite in guerra servono per produrre un piacere…

Intervento: io la chiamo “pulsione di distruzione”così per rendere sintetica la cosa mi chiedo come si pone la questione del linguaggio perché interviene concludendo a produrre una soddisfazione…

Se io voglio ottenere una certa cosa e c’è un ostacolo in mezzo allora devo eliminare l’ostacolo, ora l’altro è potenzialmente un ostacolo a meno che non mi abbia riconosciuto, non mi dia ragione, allora non è un ostacolo ma se questo non avviene potenzialmente è un ostacolo, un ostacolo alla mia onnipotenza, se io elimino l’ostacolo ecco che ottengo l’onnipotenza, un ostacolo potenziale certo ma sempre un ostacolo che deve essere eliminato e quale maggiore forza di persuasione nei confronti dell’altro se non eliminando l’altro uccidendolo? Più ragione di così su di lui non posso averne, lo metto nella condizione di non potere obiettare niente…

Intervento: però deve ricominciare continuamente la partita se c’è questo godimento assoluto…

Per questo le guerre non finiscono mai, così come avviene anche in un agone dialettico, anche quella è una guerra in un certo senso, uno deve vincere sull’altro, piegarlo, ridurlo al silenzio, che è una forma mitigata di uccisione, l’uccisione è più definitiva, più radicale…

Intervento: qualunque gioco a parte il solitario è una forma di guerra…

Anche nel solitario è l’avversario…

Intervento: l’avversario simbolico è una forma di duello…

Intervento: il potere funziona su tutta la struttura…

Tutto ciò che ostacola il raggiungimento della conclusione, del compimento di una proposizione, scene, fantasie, tutto quello che vi pare, questo ostacolo è un problema e deve essere eliminato e può essere qualcuno, può essere qualcosa, può essere un pensiero, un problema teorico, quello deve essere eliminato svolgendolo intendendolo e risolvendolo, la struttura è sempre esattamente la stessa, cambiano i modi, i termini…

Intervento: la guerra è un modo di risolvere il problema…

Se l’altro non costituisse un problema non ci sarebbe la necessità di fare la guerra, se tutta l’Europa si fosse inchinata di fronte ad Adolf Hitler, se si fosse prostrata ai suoi piedi inneggiando a lui come al più grande uomo sulla terra Hitler non avrebbe mai scatenato la guerra, ma siccome tutti quanti gli si sono opposti ecco che è stato costretto a scatenare la guerra…

Intervento: la necessità del nemico…

Il nemico non è che sia crea, è già sempre presente, non è altro che l’ostacolo al compimento, radicalmente è il compimento, la realizzazione del discorso l’obiettivo, e devono essere tutti d’accordo con me, un coro unanime e planetario a decretare la mia assoluta ragione…

Intervento: è sempre la questione della cosa in sé,,, di come gli umani parlano e credono di potere reperire la verità sempre nel discorso dell’altro non possono considerare…

Ciascuno ritiene il proprio discorso apoditticamente vero, cioè vero in modo evidente, il mio discorso è vero perché le cose stanno così, come fanno gli altri a non vedere… e poi se nel frattempo ho avuto certe ambizioni di allargare il mio potere beh allora devo allargarlo e per allargarlo devo piegare gli altri volenti o nolenti. Se per esempio le compagnie petrolifere americane, facciamo questa ipotesi, avessero stoccate quantità enormi di petrolio, cioè non ci fosse affatto assenza di petrolio ma ce ne fosse in sovreccedenza, allora se lo immettono sul mercato il prezzo del greggio scende scendono i guadagni e dunque che si fa? Scateno una guerra in Iraq e il petrolio non esce più dal paese e se ci provano faccio saltare tutti gli oleodotti e così mi occupo anche dell’Afghanistan che non ha petrolio, ma è uno snodo dei più importanti oleodotti che provengono dall’oriente, se io faccio saltare questi oleodotti ecco che il greggio sul mercato rimane poco e io continuo a mantenere il prezzo che voglio. Supponiamo che le Sette Sorelle abbiano fatto un ragionamento del genere, allora è chiaro che si tratta di un potere in prima istanza economico e di conseguenza anche politico. Allora la questione del potere si configura come un potere planetario cioè un potere assoluto, è come se qualcuno avesse l’opportunità ad un certo punto di potere piegare tutto il mondo al suo volere, un potere così non è poco, non è avere potere su qualcuno o su un paese, ma si tratta di imporre la propria volontà sul pianeta…

Intervento: che è il massimo del godimento…

Sia per coloro che controllano le Sette Sorelle sia per il bimbetto vuole controllare anche lui il mondo, la struttura è esattamente la stessa, cambiano le modalità, certo anche gli effetti…

Intervento: questo aspetto del potere è ambito da tutti…

Come dicevo prima se non s’intende la struttura del linguaggio, se non c’è modo di potere accedere al sistema operativo, sapere come funziona, è sicuro che si andrà in quella direzione, cercando di acquisire più potere possibile e ciascuno penserà nel suo piccolo di avere quel potere e cercherà di esercitarlo, dall’impiegato postale a coloro che controllano il greggio su scala mondiale, la struttura è sempre esattamente la stessa. Perché l’impiegato della posta deve sentirsi qualcuno solo perché ha dieci persone che hanno fretta? In quel momento si sente importante perché deve sentirsi importante, se no la sua vita non significa niente per lui e questo è il problema: deve significare qualcosa per qualcuno e cioè essere importante…

Intervento: è un’illusione ognuno si sente importante per qualcosa e alla fine…

Intervento: il fatto di avere accesso al sistema che fa funzionare questo meccanismo rende consapevoli di quello che sta avvenendo oppure…

Sono direttamente dipendenti, sapendo ciò che sta avvenendo si modifica la struttura. Questa operazione che il linguaggio compie continuamente, cioè avere potere su altro, si configura a questo punto nel discorso che sa di essere linguaggio e a questo punto il linguaggio opera su di sé, sulla propria struttura, non c’è più bisogno dell’altro, non se ne farà niente perché è totalmente indifferente…

Intervento: cambia l’obiettivo…

Esattamente, e diventa la struttura stessa del linguaggio, cioè il linguaggio incomincia a occuparsi di sé perché è l’unica cosa che effettivamente gli interessa, perché lo fa funzionare, essendo lui stesso, tutto il resto sono orpelli che il linguaggio utilizza di volta in volta e che potrebbero diventare totalmente irrilevanti.