8-5-2001
La conclusione, la condotta, il gesto
Ciascuno di voi occorre che lo faccia, che faccia
altre conferenze nei modi e nei termini in cui lo deciderà… ecco avete pensato
alla mia conferenza? Intorno alle cose dette la volta scorsa, c’è un modo di avviare
la cosa che potrebbe praticarsi cioè incominciare da qualche cosa alla quale le
persone tengono generalmente e cioè il loro pensiero. Dicevo qualcosa che
coinvolge chiunque e cioè il loro pensiero il modo in cui pensano, ponendo la
cosa nei termini, cioè cominciando a dire come una persona qualunque, raggiunge
una qualunque conclusione, una sua decisione, ciascuno dal mattino alla sera
prende decisioni di un certo tipo, dal comprare un etto di prosciutto crudo
oppure uno cotto, da chi votare per le elezioni politiche, se andare da una
parte oppure dall’altra o cosa fare della sua esistenza, comunque sono
decisioni. Come si prende una decisione? Come avviene che ad un certo punto si
decide per una cosa anziché per un’altra? Attraverso il pensiero ovviamente, è
questo che decide la direzione che si prenderà, è importante. Cosa accade il
più delle volte? che una persona prende una decisione senza accorgersi del
pensiero che sta a fondamento di tale decisione, cosa che comporta in molti
casi decisioni avventate o errate, muove da considerazioni che ritiene vere ma
che possono non esserlo, ne segue una decisione errata il più delle volte.
Tutto ciò che una persona fa, dal modo in cui parla al modo in cui si esprime,
le cose in cui crede, il personaggio per cui voterà, sono tutta una serie di
cose che procede dal modo in cui pensa o dalle cose in cui crede, abbiamo detto
varie volte, qualunque cosa, una sua paura anche, una sua superstizione, una
sua certezza, un suo timore, tutto questo segue alle cose che pensa o alle cose
che sa o crede di sapere, una persona che inizia l’analisi sta male o dice di
stare male perché è giunta a delle conclusioni che la fanno stare male, per
esempio sono un incapace, per esempio, non sono amato da nessuno, per esempio,
non sono capace di amare. Queste sono delle conclusioni, dei ragionamenti che
possono essere reperibili o reperiti dalla persona oppure no, se non sono
reperiti dalla persona allora si trova a pensare delle cose senza sapere
perché, se invece sono reperiti allora, si trova a pensare delle cose e sa
grosso modo perché, ma non sa perché esiste un ragionamento contrario, cioè in
questo caso esiste un ragionamento contrario, del quale però ignora i motivi,
faccio un esempio so di non essere amato perché ho una gobbetta sul naso, però
non sa bene perché una gobbetta sul naso dovrebbe costituire una cosa tremenda,
lo dà per acquisito non ha le idee molto chiare a questo riguardo anzi magari
la gobbetta sul naso ad un’altra persona la trova molto piacevole sul suo la trova
devastante, dunque delle conclusioni che rappresenta, rappresenta ponendole in
atto. Perché si mettono in atto delle conclusioni? Perché ciascuno è fatto del
linguaggio, e il linguaggio è fatto in modo tale per cui ciascuna proposizione,
ciascuna sequenza di proposizioni giunge a una conclusione che non è altro che
la direzione del discorso. (perché la necessità di questa rappresentazione?)
stavo per dire…quando Freud si pone: “ciò che non si intende si rappresenta”
non aveva colto la questione del linguaggio ma aveva colto tuttavia qualcosa
che si verifica, una persona non intende una cosa che la riguarda, questa cosa,
tempo fa si diceva “si dice lo stesso” e si dice mettendosi in atto, però in
modo piuttosto approssimativo, la questione è che ciò che il linguaggio
conclude, ciò che il mio discorso conclude costituisce comunque una
costrizione, in questo senso, se io faccio una serie di ragionamenti e giungo a
questa conclusione, questa conclusione è costrittiva, non posso non accoglierla
se penso di avere fatto tutti i passaggi giusti, se penso che le premesse siano
corrette, non posso non accogliere la conclusione, questa conclusione è
costrittiva cioè mi costringe a pensare che sia vera, se penso che una cosa è
vera posso comportarmi come se non lo fosse? Lasciamo stare l’aspetto retorico,
no, perché io sono fatto di queste cose, tutto ciò che io faccio, che
continuamente metto in atto non è altro che una conclusione ritenuta vera di un
ragionamento, cioè un gesto è una conclusione di una serie di inferenze
nient’altro che questo, si è fatto una distinzione fra la condotta e il
discorso, distinzione che forse va presa in modo un po’ differente, non sono
due cose distinte ne distinguibili, la mia condotta segue necessariamente anzi
è la conclusione di ragionamento al pari di una affermazione, non c’è una
grossa differenza, una affermazione quella conclusiva, dicevamo costrittiva che
può manifestarsi con una affermazione o con un gesto, in alcuni casi il gesto
fa parte integrante del linguaggio, per esempio se dicessi Beatrice mi dà una
sigaretta? Beatrice potrebbe rispondere sì, senza fare assolutamente niente ma
è il suo gesto in questo caso che è la risposta alla mia domanda non il suo sì,
no? Quindi in questo caso non è l’affermazione ma proprio il gesto. Ora ciò che
vi sto dicendo la condotta qualunque sia, sia di fatto una risposta o meglio la
conclusione di un ragionamento, di una serie di ragionamenti, in questo senso
potremmo dire che non ciò che non si è elaborato si rappresenta si mette in
atto, ma qualunque cosa si mette in atto, e non può non farsi. La si mette in
atto come? Adesso poniamo la questione in termini molto generali man mano lo
preciseremo, se io mi trovo a dire delle cose per esempio che mi inducono a una
certa conclusione, se io sono consapevole di questa conclusione, della certezza
di questa conclusione, posso arrestare il mio percorso, adesso faccio un
esempio molto banale, so che è così e la questione si ferma, supponiamo che non
sia sicuro ma che voglia assolutamente concludere in quel modo, devo aggiungere
altre cose, devo darmi da fare, devo agitarmi per convincermi che è così, tutto
questo darsi da fare non è altro che un tentativo di confortare ulteriormente
una conclusione della quale non c’è l’assoluta certezza, perché in effetti il
discorso che stiamo facendo comporta l’assenza di una quantità enorme di cose,
di operazioni che fanno gli umani generalmente? Perché ha perso la necessità,
perché le cose che facciamo, che diciamo, hanno un altissimo grado di certezza,
questo ci esime dal dovere darci da fare, smanettare tutto il giorno e infinite
altre cose per confortare altre cose che altrimenti vacillano fanno acqua da
tutte le parti, questa questione che adesso ho appena abbozzata , ci occuperà
nel prosieguo di questi incontri, potrebbe essere importante, come dire che la
mia condotta è comunque sempre e necessariamente la conclusione di un
ragionamento al quale non posso non attenermi, come dire che la condotta nostra
per esempio tranquilla, quieta, decisa, precisa determinata, equilibrata così
come appare generalmente non è altro che il modo in cui pensiamo, che non ha
bisogno di smanettare né di arroccarsi, né di fare chissà quali sceneggiate,
quindi non è la condotta il mettere in atto qualcosa che non si è elaborato o
non si è inteso ma è semplicemente il modo in cui si pensa o il discorso in cui
ci si trova, per cui se noi ipoteticamente fornissimo a ciascuna persona la
possibilità di muoversi in ciò che fa, in ciò che pensa quindi soprattutto, con
assoluta certezza allora non avrebbe nessuna necessità da darsi un gran daffare
a cercare di confortare le proprie superstizioni, le proprie credenze, che sono
poi le cose che lui crede certe ma che di fatto non lo sono, andando in giro a
far danni a destra e a manca, faccio un esempio stupido “io sono il più forte”
ma non ne ho la certezza assoluta e allora per essere assolutamente certo devo
abbattere prima Cesare e poi Sandro nell’ordine, perché solo in questo modo
posso raggiungere la certezza poi chiaramente dopo non sarò di muovo sicuro, ci
sarà qualche cos’altro che dovrò fare e dovrò passare la vita a battermi con
qualcuno, finché ci sarà qualcuno che mi gonfierà la faccia… ecco se invece la
forza di cui si tratta fosse una forza psichica, una forza che trova una
assoluta certezza a questo punto non ha più bisogno di confrontarsi con nessuno
né teoricamente né fisicamente, io non ho bisogno di confrontarmi con altri non
mi interessa il confronto, il confronto è sempre per verificare l’esattezza
delle proprie ipotesi, io non ho nessuna ipotesi da avanzare, ho delle cose da
dire sicuramente, ma non ho più da mettermi a confronto, da verificare da
paragonarmi, non me ne importa assolutamente niente, questo comporta in prima
istanza non avere più la necessità di abbattere altri né fisicamente né
teoricamente….non è più necessario mentre al contrario lo è, lo è perché non ne
ho la certezza, non ho la certezza di essere il più forte teoricamente,
fisicamente a seconda dei casi e delle fantasie, che possono circolare e questa
stessa cosa potete reperirla abbastanza facilmente in qualunque campo da quello
politico a quello economico, uno ha il potere ma non è sicuro di averlo perché
ciò che ha gli sfugge, gli scappa di mano, non ha la certezza, e di cosa non si
ha la certezza? Di qualcosa che ha a fondamento un elemento che è fuori dal
linguaggio, per dirla in termini teorici precisi, se io pongo come fondamento
del mio pensiero, del mio desiderio, di tutto quello che vi pare un elemento
che è fuori dal linguaggio da quel momento diventa autocontraddittorio, succede
una serie di marasmi e di cataclismi, per cui non ho mai la certezza in nessun
modo, non avendo mai la certezza devo darmi un gran daffare per fare tutta una
serie di operazioni. Operazioni che sono a vantaggio mio e a scapito degli
altri ovviamente da qui guerre, liti eccetera, eccetera…..dunque in un certo
senso tutto ciò scompare al momento in cui si forniscono, si fornisce alle
persone una assoluta certezza, allora cessa di avere paura di perdere quello
che suppone di avere, e quindi non ha più bisogno di aggredire il prossimo in
quanto immaginato come minaccia rispetto a ciò che suppone di avere, che sia il
potere politico, che sia la macchina nuova, che sia una donna, non ha nessuna
importanza. Ecco adesso abbiamo appena, appena tratteggiato la questione che è
ancora tutta da elaborare in termini precisi però, però ciò che noi andiamo
facendo, è questo e ciò che offriamo è questo, cessare di avere la necessità di
avere paura, lo abbiamo detto in varie occasioni e quindi di dovere distruggere
l’altro a proprio vantaggio, ciò che avviene continuamente. Ora l’abbiamo detto
prima è appena tratteggiata, va presa in termini più precisi e poi dopo averla
presa in termini più precisi resa in termini più semplici, però muovere dal pensiero
cioè come ciascuno si trova a concludere ciò che conclude e quali sono gli
effetti di questa conclusione, cioè ciascuno costruisce la propria esistenza a
partire da queste conclusioni che ha tratte e che man mano trae, è fatto di
questo, se trae conclusioni sballate la sua vita sarà sballata, per dirla in
termini molto rozzi, sarà una vita di stenti, infelice, sempre travagliata,
sempre in preda a marasmi, angosce e paure. Ora c’è un’obiezione notevole,
l’abbiamo già detto in varie occasioni e cioè che gli umani desiderano
esattamente questo, un qualcosa che potrebbe costituire una sorta di scolio in
tutto questo discorso, però se questo discorso è condotto bene, come mi auguro
che faremo allora anche questa obiezione viene demolita, nel senso che le persone
sono costrette a trarre certe conclusioni perché muovono da altre conclusioni
che sono sgangherate, perché hanno bisogno di forti emozioni? Forse a questo
punto potremmo dare una risposta almeno soddisfacente a questa domanda. Cesare
perché uno si fa di eroina? (possono essere questioni soggettive, per esempio
non accettare il suo discorso) Se noi giungessimo a considerare che una forte
emozione ha di per sé ha la stessa funzione dell’eroina o di una guerra, o
comunque di qualunque cosa, una forte emozione che cosa fa propriamente?
Distrae immediatamente da ciò che c’è prima e attrae fortissimamente e quindi
cancella tutto il resto, ma che cos’è questo resto che deve essere cancellato?
Perché badate bene uno cerca le forti emozioni quando ciò che lo circonda non
lo soddisfa o non a sufficienza perché se uno invece fa una cosa che invece lo
interessa veramente allora non vuole essere distratto da una forte emozione,
pensate, adesso facciamo un esempio retorico il pittore, lo scultore, il
compositore, il poeta che stanno creando qualcosa di importantissimo e per loro
di molto bello che li soddisfa pienamente, hanno bisogno di una forte emozione?
Non gliene importa assolutamente niente, anzi la evitano perché impiccia, dà
fastidio, distrae, quindi non la cercano, perché? Perché stanno facendo
qualcosa che li soddisfa completamente, faccio un esempio ancora retoricamente
più forte una persona sta facendo l’amore con la donna che ama o con l’uomo a
seconda dei casi, sta facendo qualcosa che lo soddisfa, che lo appaga, che gli
dà una gioia grandissima, ha bisogno di una forte emozione in quel momento?
Assolutamente no, anzi la fugge, qualunque cosa possa distrarlo da ciò che sta
facendo, ecco, allora a questo punto siamo sempre in ambito retorico ovviamente
però potremmo costruire delle buone e solide argomentazioni che inducano
l’uditorio a considerare, a cominciare a considerare il fatto che queste forti
emozioni che gli umani vanno cercando in realtà le vanno cercando allo scopo di
“rincoglionirsi” scusate il termine, cioè distrarsi, distrarsi da ché? Dai
propri pensieri, che evidentemente li inquietano, li infastidiscono perché sono
brutti pensieri, sono brutti pensieri perché sono la conseguenza, la
conclusione di argomentazioni sgangherate. Chiaro fin qui? Ecco a questo punto
ci sbarazza di questo scolio delle forti emozioni (le droghe hanno effetti
diversi) (ciò che ha preparato il discorso occidentale è che il drogato assume
droga per provare quella emozione) (il drogato assume droga non per provare
emozioni ma per trovare una pace assoluta) la questioni delle forti emozioni
non è che di per sé interessi più di tanto ma è un’obiezione che è stata posta
in varie occasioni, tutto questo discorso porta alla cessazione delle emozioni
e gli umani hanno bisogno di emozioni, ecco tutto quanto detto prima induce a
riflettere su questa necessità di emozioni che è posta come una cosa
assolutamente naturale e incontrovertibile, come se fosse nella natura
dell’essere umano cercare emozioni se gli si levano le emozioni l’umano si
spegne (mi sembra che al questione delle forti emozioni può essere ribaltata a
vantaggio dell’analisi, perché l’analisi non è qualche cosa che appiattisce ma
conduce all’emozione) (si potrebbe dire che il poeta non ha bisogno di emozioni
perché è già impastato di emozioni il suo quadro…) non cerca l’emozione, la
incontra certo, quando risolvo un problema teorico posso anche dire di provare
un’emozione, ma non la cerco perché se no non mi sento vivo, è un effetto ma
non l’obiettivo, si produce, non è l’obiettivo questo cioè non cerco la forte
emozione per distrarmi posso incontrare delle emozioni in ciò che faccio….la
questione che stavo cercando di porre è che il cercare emozione come un qualche
cosa che mi distrae dalla routine, dalla noia ecc. ecco funziona esattamente
come il rimbecillimento di qualunque altra cosa, cioè non devo pensare cioè
l’emozione mi distrae dal pensiero, lì è il contrario sono proprio questi
pensieri ciò che faccio, la mia vita che producono queste emozioni (…) la
ricerca delle emozioni che coinvolge una quantità enorme di persone, sono
sempre alla ricerca di emozioni e immaginano di fare una cosa giusta, sana,
buona, bella e invece si rincoglioniscono questo grosso modo ciò di cui intendo
parlare quando verrà il momento (…) sì io ho aggiunto la questione delle
emozioni perché tutto il discorso precedente puntava porre in prima istanza il
pensiero, il linguaggio e quindi un pensiero che pensa se stesso e che nel
luogo comune non produce emozioni, nessuno passa la domenica per divertirsi a
pensare, nessuno anzi fa di tutto per evitare di pensare (…) noi dovremo
considerare anche quest’altro aspetto e spiegheremo perché una persona ha paura
dei propri pensieri, perché immagina che si realizzino, che siano reali,
potesse considerarli delle sequenze, delle stringhe di proposizioni,
sicuramente li accoglierebbe (bisogna arrivarci) e su questo c’è da riflettere
su ciò che ho accennato prima e cioè come accade che la condotto non sia altro
che la conclusione di un ragionamento, questa è la questione fondamentale su
cui rifletteremo martedì prossimo, adesso vi ho fatto una panoramica (perché
non si risolve mai al positivo il pensare?) perché ciò che considerato posto è
ciò che è risolto, ciò che è saputo, ciò che è considerato negativo è ciò che
interroga, interrogando trae a sé, interroga è un problema non fa dormire la
notte, la stessa cosa… ci vediamo martedì prossimo affronteremo questa
questione della condotta come conclusione di un sorite, sorite è una sequenza
di sillogismo dove una conclusione precedente è la premessa di quello
successivo e quindi la sua conclusione…