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8-3-2005

 

Stiamo affrontando la questione del corpo, abbiamo detto varie cose a questo riguardo, intanto che appartiene al linguaggio, è cosa sua, è uno strumento, uno strumento nelle mani del linguaggio, ora detto questo e considerando che il corpo è uno strumento del linguaggio e quindi è proprietà, tra virgolette oppure no, del linguaggio si pone una questione di qualche interesse: fino a che punto il linguaggio può modificare il funzionamento del corpo?

Intervento: domanda di Francesca rispetto al linguaggio, linguaggio corporeo

Questo sapere è la possibilità di sapere inserire questo qualcosa all’interno di una combinatoria, è ciò che la distingue da una video camera per esempio, anche una video camera vede, anche un radar vede, e magari vede a una distanza che è molto superiore a quella che può vedere lei, però lei non è una video camera…

Intervento:…

Sì, però che cosa la distingue da un radar, da un satellite?

Intervento: io ho i sensi

Sì certo, però queste cose una qualunque macchina può averle, può sentire degli odori, può vedere, quindi ha la vista, può ascoltare, può avere una percezione tattile anche, come può avere lei, e anche meglio, ma cosa la distingue Francesca, perché lei non è una macchina?

Intervento: perché penso, costruisco…

È già qualche cosa certo, perché queste informazioni lei le inserisce all’interno di una combinatoria linguistica e cioè fornisce a queste indicazioni un senso, e le mette insieme a infinite altre con le quali le combina, e trae da queste indicazioni altre indicazioni, un’infinità certo, ma cosa che anche una macchina può fare, come dicevamo la volta scorsa, tecnicamente potrà farlo, compiere tutte queste operazioni, per il momento no, ma potrà farlo quando al pari di lei avrà acquisito la possibilità di costruire delle sequenze che gli rendano conto, esattamente come succede a lei, del perché accadono delle cose, del perché decide una certa cosa, e provare anche delle sensazioni piacevoli se la cosa riesce, spiacevoli se non riesce. Gli umani funzionano così, per questo cercano di riuscire nelle loro cose, che si tratti di fare un solitario, di sedurre qualcuno o di conquistare il mondo in ogni caso si cerca sempre la riuscita, non il fallimento. Perché si cerca la riuscita anziché il fallimento a suo parere?

Intervento: per affermarsi

E perché qualcuno dovrebbe affermarsi? A che scopo, e dopo che si è affermato che succede? Ma non sarà forse ciò stesso di cui e per cui esiste che lo costringe a fare una cosa del genere? Ciascuno non è altro che ciò che pensa perché ciò che dice è fatto di questo, e questo non è altro che il linguaggio che ha una struttura che abbiamo individuata e che funziona in un certo modo, e cioè per funzionare deve costruire proposizione vere o, più propriamente, se va in un certa direzione allora chiama quella direzione vera, se non può andare la chiama falsa. Ma quando non può andare in quella direzione? Quando quella direzione comporta il contraddire le premesse da cui muove, questa è l’unico criterio al quale si attiene scrupolosamente, è sufficiente che non contraddica le premesse da cui muove e allora prosegue, se invece costruisce una proposizione che contraddice le premesse da cui è partita allora il linguaggio da lì non può proseguire e chiama quella direzione falsa. Potrebbe leggere su Internet un breve scritto sulla teoria del linguaggio [*], lo legga, lì ogni cosa è ampiamente elucubrata, sì ché siamo giunti a considerare l’impossibilità dell’uscita dal linguaggio dopo tutta una serie di riflessioni molto rigorose, perché è facile in questo ambito scivolare in banalità o comunque affermazioni non provabili ma mosse soltanto da impressioni, sensazioni o ricordi, tutte cose che in ambito teorico non hanno alcun valore, occorre potere provare ciò che si afferma, ma con che cosa la si proverà se non attraverso una struttura che è quella del linguaggio? E quindi non solo è qualcosa che non può eliminare in nessun modo ma è anche l’unico criterio che ha per vedere se ciò che afferma è vero oppure no, non ce ne sono altri, ecco perché siamo giunti alla fine, al punto in sui siamo adesso, e cioè a considerare che ciò che gli umani chiamano il loro corpo, anche lui non è fuori dal linguaggio, non si dà nessuna possibilità di porlo al di fuori. Tuttavia, pur appartenendo al linguaggio ha qualche cosa di caratteristico, ché è diverso da qualunque altra cosa, che comunque appartiene al linguaggio nel senso che in assenza di linguaggio non esiste, anche questo posacenere che ho di fronte a me, provi a pensare: se non esistesse il linguaggio esisterebbe lui?

Intervento: no

Esatto, o più propriamente affermare che esiste è non senso, che esiste per chi? In base a che cosa? Come lo so? E quindi è una proposizione che non ha nessun senso cioè nessun utilizzo al pari di un atto di fede, come affermare che dio esiste, un sacco di persone lo affermano ma non lo possono provare ovviamente perché questo dio fuori dal linguaggio, e tutto ciò che è posto dal linguaggio incappa inesorabilmente in un’autocontraddizione irresolubile. Ma dunque dicevo il corpo, sì, appartiene al linguaggio ma in un modo particolare perché è ciò che consente al linguaggio di operare in modo immediato è ciò che risponde immediatamente al linguaggio, facevo l’esempio di spostare il posacenere, mentre una mano posso alzarla immediatamente, per spostare questo posacenere ho bisogno del mio corpo, della mano in questo caso che lo spinge, e quindi non risponde in modo immediato ma mediato dal corpo, ed eravamo giunti a considerare la possibilità che il linguaggio e il corpo fossero la stessa cosa, e cioè che non fosse possibile distinguerli e questo ha delle implicazioni, così come il linguaggio non può costruire proposizioni false, nel senso che al momento in cui funziona può accadere che le costruisca per errore, ma quando si accorge che se sono false non le può più seguire, proprio per la sua struttura, allo stesso modo anche il corpo non può costruire cose false, proposizioni false: tutto ciò che fa il corpo, così come ciò che fa il linguaggio è immediatamente vero, ché se no non lo fa. Ma cosa vuole dire per il corpo che qualcosa è vero? Al pari del linguaggio tutto ciò che avviene nel corpo, come stiamo dicendo, non è altro che linguaggio e non può essere negato dallo stesso linguaggio, perché dal momento in cui il corpo fa una qualunque cosa, se è linguaggio, allora questa cosa esiste e se esiste non la può negare, propriamente non può negare che esiste e sappiamo anche perché, perché se potesse compiere una cosa del genere il linguaggio si dissolverebbe perché a quel punto porrebbe in essere qualcosa che esiste ma anche che non esiste, come dire che qualcosa è un elemento linguistico ma anche non è un elemento linguistico e questo il linguaggio non lo può fare, cioè non può costruire qualcosa che è fuori di sé, non può affermare un elemento che è fuori dal linguaggio, cioè non esistente, dicevamo che questo comporterebbe la dissoluzione del linguaggio perché a quel punto qualunque cosa è e non è simultaneamente, più propriamente ancora, è vera falsa simultaneamente e in queste condizioni il linguaggio non può proseguire, ché deve stabilire ciò che è vero per potere proseguire, se non lo può fare si arresta, esattamente così come avviene di fronte a un paradosso, non ha nessun direzione. E dunque al pari del linguaggio qualunque cosa il corpo faccia, usiamo questo termine per adesso, se lo fa allora esiste e non può negarlo e quindi è immediatamente e automaticamente vero, cioè esiste. Però ci ponevamo una domanda più ardua, e cioè fino a che punto il linguaggio interviene sul corpo? Questione tutt’altro che semplice, certo siamo stati addestrati a pensare che il linguaggio non ha nulla a che fare con il corpo e che il corpo al pari di qualunque oggetto extralinguistico esista di per sé, questo ci ha indotti da sempre a pensare al corpo come una sorta di corpo estraneo, per cui certe volte sta bene e certe volte sta male, ma cosa vuole dire che sta bene o sta male? Come sappiamo il corpo è provvisto di un certo numero di sensori i quali trasmettono delle informazioni, quali sono piacevoli e quali no? Quali cioè il discorso in cui il corpo è inserito decide che sono piacevoli e quali no? Siamo stati abituati a pensare che se il corpo riceve degli stimoli oltre a una certa soglia questi si chiamano dolore, facevamo l’esempio di una pressione su una mano che se è di pochi grammi la consideriamo una carezza, se è di settanta tonnellate non più, Può essere piacevole, o considerata tale una pressione di settanta tonnellate? È una strana domanda, però occorre porsela perché la risposta non è affatto scontata, poiché appartenendo il corpo al linguaggio allora se è piacevole all’interno della combinatoria in cui è inserito, cioè occupa questa posizione, allora è piacevole qualunque cosa sia, inesorabilmente, è inevitabile. Allora a questo punto dobbiamo tornare su una questione antica, cosa è piacevole? Abbiamo risolto questo problema, vi ricordate?

Intervento: la costruzione del proprio bene qualunque sia

Intervento: è piacevole una conclusione coerente con la premessa del gioco che si sta facendo

Qualcosa del genere…

Intervento: anche spiacevole comunque

Piacevole per il linguaggio!

Intervento: serve a costruire proposizioni vere

Esattamente, tutto ciò che conclude in modo tale da essere vero e quindi da potere proseguire fornisce ali umani quella sensazione che chiamano piacere, tant’è che una qualunque cosa che a una persona fa piacere non sempre fa piacere anche a un’altra, questo è abbastanza noto, e perché avviene una cosa del genere? Anche una carezza, che è considerata una cosa piacevole, se fatta da una persona sgradevole diventa sgradevole, e allora è il discorso che decide se qualcosa è piacevole oppure no, se quel certo elemento viene inserito, per cui il corpo risponde esattamente allo stesso modo, qualunque cosa è piacevole a condizione che sia inserita all’interno di un certo gioco e che occupi una certa posizione, allora diventa piacevole qualunque cosa sia, è inevitabile, anche se può apparire bizzarro che, per esempio, l’essere bruciati vivi possa costituire una sensazione piacevole, però noi consideriamo questo termine “piacevole” in una accezione che forse è discutibile, mi sto riferendo al discorso occidentale, vale a dire ciò che nel luogo comune è ritenuto essere tale con tutte le eccezioni, una fra le più banali è quella di cui dicevo prima: una carezza è una cosa piacevole ma se è fatta da persona sgradevole diventa sgradevole, è così una cosa che è considerata sgradevole se fatta da una persona gradevole può diventare gradevole, di esempi potete trovarne voi stessi all’infinito…

Intervento: dall’amato si accetta tutto

Sì, questo è un luogo comune, per esempio il fatto che una madre da un figlio accetti qualunque cosa, cose per esempio che da un uomo non accetterebbe mai, da un figlio sì…

Intervento: dipende sempre da quel bene, di cui si parlava

Se come andiamo dicendo il corpo è linguaggio, allora segue necessariamente la struttura del linguaggio, e la struttura del linguaggio è questa: risulta piacevole all’interno di una combinatoria linguistica ciò che conclude in modo tale da potere essere fonte di altre proposizioni, che concluderanno in modo tale da costruirne ancora. Perché è piacevole qualcosa che fa l’amato bene anziché no? Perché ciò che fa l’amato bene è occasione per costruire per esempio delle storie, delle immagini, delle scene, un futuro ancora più bello sereno e radioso, che poi questo si verifichi o no questo è un altro discorso, però in ogni caso ciò che fa allude a questo, allude anche al fatto che se questa persona mi vuole bene, se mi vuole bene allora tutto questo è possibile portarlo avanti all’infinito e allora sarà sempre tutto una meraviglia. Funziona così, lei Francesca tolga tutto questo e non rimane niente. Però non è necessario toglierlo e neanche non toglierlo naturalmente e quindi ecco che il corpo seguirà necessariamente questa struttura di cui è fatto, starà bene se e soltanto se il discorso in cui è inserito come elemento deciderà che occorre stare bene, perché in quel momento stare bene è funzionale al gioco che sto facendo, oppure il contrario, perché lo stare bene o lo stare male in accezione fisica del termine, quella medica tanto per intenderci, è per il discorso assolutamente indifferente, più ancora per il linguaggio che abbiamo accostato spesso, per fare una metafora, a un sistema operativo, lei conosce il computer? Sì? Per funzionare necessita di un sistema operativo, il sistema operativo è quello che consente di costruire tutto, qualunque cosa, e è appunto il linguaggio che è quello che le consente di costruire qualunque cosa e il suo contrario, senza quello lei non costruisce niente, nessun pensiero di nessun tipo, quindi per questo linguaggio, per questo sistema operativo che il corpo stia bene o che il corpo soffra è assolutamente indifferente. Siamo abituati a pensare allo stare bene o allo stare male come qualcosa che è fuori dal linguaggio, come per una sorta di macchina un mal funzionamento totalmente indipendente da noi, mentre appare non essere affatto così, se per il sistema operativo è indifferente che il corpo soffra o stia bene allora questo ci indica ancora di più che ciò che importa è unicamente che ciò che il corpo sta facendo, al pari del linguaggio, sia funzionale al proseguire del linguaggio quindi questo corpo può anche cessare, dicevamo l’altra volta, che il linguaggio non sa né può sapere di ciò che è fuori dal linguaggio, cioè della morte, ciò che noi chiamiamo morte, per questo molte persone ritengono ad un certo punto che la propria morte corrisponda a qualcosa che, chiamiamola così, una verità assoluta, l’unica possibile, l’unica degna di essere vissuta: la morte. A questo punto può incominciare ad apparire più semplice la questione, e cioè come il corpo si muova a seconda di ciò che è funzionale al gioco che si sta facendo, dicevo può cominciare a semplificare le cose e anche rispondere alla domanda da cui siamo partiti martedì scorso, e cioè fino a che punto il linguaggio può intervenire sul corpo. La risposta, al punto in cui siamo, appare questa: senza alcun limite. Sì, l’unico limite sono soltanto le regole che si è imposto per giocare, non ce ne sono altri. E su questo occorrerà lavorare, intendere quali sono le regole con le quali gioca, non si tratta, lo dicevamo anche l’altra volta, di un discorso di onnipotenza, assolutamente no, ma di intendere che il corpo, esattamente come il discorso, è vincolato a delle regole che sono quelle che costruiscono il gioco in cui sta giocando, anche il corpo gioca il gioco e questo gioco per essere tale è vincolato a delle regole, questi sono gli unici limiti che ha. E allora quando il corpo si è rotto mi dispero e faccio di tutto per ripararlo perché la regola fondamentale che io ho accolta fin dall’inizio è che il corpo deve rimanere integro, se si disintegra è un problema in ogni caso…

Intervento: l’approccio è differente, per elaborare queste questioni occorre partire da premesse differenti… il discorso occidentale se vede un bambino che piange dice che ha male e quindi la strada è fatta 

Sì, non considera né può considerare che l’integrità del corpo non è che una regola del gioco, non è un fatto naturale e se è una regola del gioco cambia tutto, è qualcosa che io ho deciso che sia così e deve essere così se voglio continuare a giocare quel gioco poi come dicevamo prima avviene che io mi trovi a fare un altro gioco quindi inserisca un’altra regola che è in conflitto con quella precedente, ma sono solo regole… il motivo è sempre produrre linguaggio, certo, sì uno può stare male per attirare l’attenzione su di sé, di esempi se ne possono fare a migliaia, i motivi per cui una persona si fa del male per esempio, una volta le fanciulline per attirare l’attenzione dei fanciulli svenivano e allora tutti accorrevano, ma sia come sia il corpo segue ciò che il linguaggio impone, non fa niente da solo, assolutamente niente. È una questione molto complessa ci occuperà molto tempo probabilmente tutto il 2005…

Intervento:…

Sì, l’ostacolo è che tutto l’addestramento che ciascuno ha avuto e soprattutto i vantaggi di tale addestramento, che possono ricondursi grosso modo alla possibilità della sofferenza come strumento per la costruzione di proposizioni, di storie, di fantasie, di immagini, di scene, miriadi di cose…

Intervento: il linguaggio per proseguire ha bisogno di differenza

Questa è un’altra questione che dobbiamo riprendere: l’avviarsi del linguaggio rispetto al corpo e questa è un’altra bella questione, nel momento in cui il linguaggio si avvia sappiamo che avvengono tutta una serie di cose, la possibilità di provare sensazioni, emozioni, e il corpo gioca un ruolo in questo come elemento del discorso… sono tante le cose da affrontare e noi le affronteremo a una a una. Va bene, ci fermiamo qui per questa sera.