INDIETRO

 

 

 

7-12-2011

 

La volta scorsa dicevo che le fantasie sono rette da questa struttura che è il linguaggio e che una fantasia costruisce una scena di potere, diciamola così, e la fantasia crea una scena in cui domina una situazione, in cui ha la priorità, la supremazia sull’altro, lo domina letteralmente …

Intervento: anche la fantasia di abbandono?

La fantasia di abbandono è quella fantasia che ripropone, ripete all’infinito una scena dove la persona è al centro di una situazione in cui viene abbandonata, ma in questa situazione è sempre la persona a essere centrale, a essere importante, a essere il fulcro di tutto quanto, tutto ruota intorno a questa persona, se viene abbandonata è perché comunque chi l’abbandona immagina che abbia dei difetti, abbia delle cose che non vanno insomma se l’abbandonano è perché è lei che è malvagia, che è inadeguata. Qualunque fantasia si costruisca, qualunque fantasia venga costruita dal linguaggio, essendo costruita dal linguaggio non può che mantenere la sua struttura …

Intervento: istruzioni …

Le istruzioni sono quelle cose che vengono trasmesse per costruire proposizioni, poi le proposizioni, le parole, si connettono in proposizioni, le proposizioni si connettono in discorsi e quindi in fantasie. La fantasia è un discorso né più né meno, certo senza le istruzioni non si costruisce niente, però è già qualche cosa di più complesso. Ciascuna persona quando racconta di sé e delle proprie storie ciò che conta, ciò che importa in tutte queste storie per la persona stessa è il fatto che questa storia abbia una certa fine, un certo obiettivo, e cioè concluda sempre “quindi è così” quindi la verità è questa, naturalmente esponendo una fantasia la persona si espone al racconto e quindi all’eventualità che altri elementi possano intervenire: cosa accade quando interviene qualche altro elemento? Che se la fantasia ha concluso in un certo modo, questa conclusione non è più sufficiente, non è più adeguata, occorre rivedere il tutto tenendo conto di questo nuovo elemento, che è ciò che avviene all’interno di una struttura, si inserisce un elemento e tutta la struttura si riassetta, quindi deve trovare una verità, che non è più quella di prima, che come dicevo non è più adeguata alla nuova sistemazione, deve trovarne un’altra, che è ciò che cerca di fare naturalmente. L’intervento dell’analista fa in modo che questo nuovo assetto della sua fantasia o della sua teoria che ha costruito, pur trovando una sua conclusione, nel momento in cui trova la sua conclusione trova anche un altro elemento, trova anche qualche cosa che sposta di nuovo la questione per cui le cose stanno così ma non soltanto, c’è anche quest’altro elemento in più, e quest’altro elemento in più risistema tutta la struttura e così via, tutta questa operazione a che cosa porta? Porta a considerare che le cose che la fantasia costruisce e che deve concludere in modo vero, di volta in volta si trova a dovere ricostruirsi continuamente, e ricostruendosi c’è anche l’opportunità di accorgersi che forse fa parte del modo in cui il discorso si costruisce, del modo in cui il discorso funziona, ricostruirsi continuamente, e se si ricostruisce continuamente è chiaro che non posso attestarmi su un qualche cosa dicendo che è così, perché al momento in cui dico che è così un qualche altro elemento è intervenuto. C’è la possibilità di intendere qualcosa di più, di intendere cioè come funziona questa struttura, perché riflettendo sul fatto che aggiungendo un elemento di volta in volta il sistema si ristruttura, questo conduce anche a un’altra considerazione, e cioè al fatto che queste fantasie sono costruite in questo modo perché sì, certo, il linguaggio fornisce questa direzione ma ripetono anche qualche cosa che è già avvenuto, cioè la costruzione di una prima teoria. Nel momento in cui il linguaggio si avvia ciascun asserto che viene formulato ha la forma, la struttura di quelle cose che per esempio Carnap chiamava “enunciati protocollari” cioè quegli enunciati che descrivono uno stato di cose, un stato di fatto, e quindi sono automaticamente veri. Quando parliamo di fantasie, la verità è sempre intesa come “adæquatio rei et intellectus” cioè come adeguamento, come correttezza dell’enunciato rispetto alla cosa, l’enunciato protocollare dice semplicemente che le cose stanno così: “l’accendino è sulle sigarette”, è un enunciato protocollare, ha descritto uno stato di cose, nient’altro che questo. Questi enunciati costituiscono dei modelli, dei modelli perché l’enunciato dice come stanno le cose letteralmente, e quindi non può essere messo in dubbio “le cose stanno così”, e qui avviene un fenomeno che merita di essere considerato e cioè che al momento in cui io incomincio a nominare qualche cosa e nominandolo lo inserisco all’interno di una combinatoria, e quindi da quel momento incomincia a esistere, da quel momento l’elemento esiste e quindi io mi confronto con qualcosa che da quel momento esiste, e cioè l’enunciato protocollare a quel punto dice come stanno le cose, perché effettivamente stanno così perché io lo vedo, per esempio, ma lo vedo perché l’ho costruito all’interno di un sistema e quindi mi trovo in questa bizzarra situazione per cui il mio enunciato è corretto con la realtà, senza rendermi conto che è corretto con qualcosa che il linguaggio stesso ha costruito, e ha costruito anche i criteri di correttezza tra l’altro, però non sapendolo ecco che l’enunciato protocollare stabilisce come stanno le cose: “le cose stanno così” indipendentemente da me, il fatto che l’accendino stia dove sta non dipende da me ma è così, è la constatazione, diciamo una forma di verità coerentista, dice della coerenza “dico come stanno le cose” però le cose stanno così perché il linguaggio le ha prodotte, perché mi sono trovato a costruire uno scenario in cui è comparsa questa cosa, nel momento in cui questa cosa partecipa del mio discorso, del linguaggio, compare. Ecco la questione dell’alètheia, compare, viene alla luce, prima non c’è, da quel momento esiste e diventa un ente, come dicono i filosofi, dunque compare, viene alla luce, esce dal nascondimento. Heidegger, sulla fine della filosofia, dice a un certo punto che il pensiero occidentale, arrivato alla fine della filosofia, della metafisica, è come se non avesse più niente da pensare, perché ha pensato tutto e ha finito il suo corso e si consegna alla tecnica ma, dice lui, rimane una cosa da pensare, una, la prima, la prima che per pensare tutto ciò che ha pensato, il discorso occidentale non ha pensato, come dire che per fare tutto ciò che ha fatto la metafisica, non ha pensato quella cosa che era la prima e quella prima cosa è una parola che in greco è appunto alètheia, che è ciò che viene alla luce, ciò che appare, ciò che si manifesta, infatti è connessa con il phainesthai, cioè con l’apparire, il manifestarsi, il disvelarsi. Questa prima cosa secondo Heidegger, è questa parola “alètheia”, che potrebbe anche intendersi, però qui glielo facciamo dire noi naturalmente, come il manifestarsi di qualche cosa nel momento in cui io incomincio a parlarne, da quel momento e solo da quel momento mi appare, e cioè esce dall’ombra dell’assenza di linguaggio e compare, compare come quello che è, ma questo ce lo aggiunge la metafisica, che poi si chiede: “come mai le cose sono quelle che sono?”. Ma al di là di queste amenità, rimane il fatto che qualche cosa mi appare, mi viene incontro nel momento in cui partecipa della struttura in cui io la inserisco, e per poterla inserire all’interno di questa struttura io devo avere delle istruzioni che sono quelle che mi vengono trasmesse, cioè attraverso le quali io imparo a parlare, che è un problema grandissimo per molti “com’è che è possibile acquisire il linguaggio? Come si fa a imparare il linguaggio se non si è già nel linguaggio?” Questo problema l’abbiamo risolto facilmente riflettendo su come si istruisce una macchina, e Turing e altri sono stati significativi a questo riguardo perché hanno mostrato che anche a partire, come dicevo, da un pezzaccio di ferro, si può costruire una macchina pensante: occorre immettergli una serie di cose perché non basta questo aggeggio qui per esempio, non è predisposto per fare una serie di cose, dunque queste istruzioni che vengono trasmesse dando dei nomi alle cose e dicendo come si utilizzano all’interno della combinatoria in cui si inseriscono mano a mano, è chiaro che se conosco due parole vado poco lontano, ma queste due parole incominciano a connettersi con altre e diventano altre mille, ma non basta questo, occorrono degli algoritmi cioè delle procedure per utilizzare questi elementi, per metterli insieme, questi algoritmi sono quelli che ha indicato la logica formale indicando che la struttura deve essere costruita in modo tale per cui occorrono dei connettivi e delle variabili, variabili sono i nomi delle cose …

Intervento: non potrebbe funzionare senza questo …

Tecnicamente può funzionare, la logica formale utilizza le lettere, non dei nomi, però la logica formale indica soltanto una procedura, il modo in cui si costruiscono le proposizioni. A questo punto come dicevamo è possibile imparare a parlare, e infatti io ho imparato a parlare in questa maniera, e anche voi, e quindi tutto questo ci dice che una volta appreso il meccanismo attraverso l’utilizzo di questi algoritmi che sono procedure, sono un metodo, un algoritmo è un metodo, qual è il metodo per costruire una proposizione? Occorre un elemento, una variabile, che può essere qualunque cosa, posacenere, registratore, sigaretta, quello che è, e dei connettivi che servono per costruire una frase, per esempio “non accendino”, si mette il tilde (il “non”) davanti e diventa “non accendino” oppure “non accendono e sigaretta” ci sono un “non” e una “e”, questi sono i modi che mi consentono di incominciare a costruire proposizioni, si possono costruire solo in quel modo, non ce n’è un altro. Nelle macchine occorrono dei circuiti logici perché queste informazioni possano circolare e creare delle connessioni attraverso fili elettrici, ma avviene anche nel cervello degli umani, solo che è già predisposto: ci sono i neuroni che sono dei transistor che consentono oppure o no il passaggio di corrente, esattamente come hanno fatto Turing e altri, essendo già predisposto utilizziamo questo.

Ma siamo partiti dalla fantasia e dal come si costruisce, e abbiamo considerato che il modo in cui si costruiscono i discorsi, le fantasie, non sono altro che discorsi che devono concludere in modo vero perché questi algoritmi, questo metodo per la costruzione di proposizioni, ha un suo obiettivo che è quello di costruire proposizioni vere. Tutta la logica è fatta per questo, per sapere qual è il modo corretto di ragionare per costruire tutto ciò che è possibile costruire da degli assiomi, tutti i teoremi che possono derivarsi dagli assiomi, cioè tutte le proposizioni, le affermazioni vere, serve solo a questo la logica, non ha altro obiettivo; vero cioè non autocontraddittorio ed è il modo in cui gli umani pensano, costruiscono qualunque pensiero di qualunque tipo …

Intervento: parlavamo di fantasie, come distinguere la fantasia della realtà dalla fantasia della fantasia? Come rendere più esplicito ciò che chiamiamo realtà e ciò che chiamiamo fantasia perché a questo punto parlare di fantasia questa costruzione che avviene da parte del linguaggio possiamo chiamarla fantasia possiamo chiamarla realtà, perché anche nella fantasia della realtà in cui ci si trova a vivere avviene una conclusione che racconta qualche cosa. Ancora una cosa volevo dire, nella fantasia della realtà la persona allo stesso modo deve cercare un riconoscimento comunque quindi essere importante per qualcuno, forse la fantasia di abbandono risalta proprio in questa differenza fra realtà e fantasia per cui deve essere importante per qualcuno non lo è più- e questo non “lo è più” è legato alla realtà- come distinguere? Poi diciamo che c’è la fantasia di abbandono però…

No, è il linguaggio che costringe a farlo. C’è una differenza tra ciò che avviene all’interno di un discorso e un discorso che si confronta con un altro discorso, cioè con un’altra verità, perché l’altro discorso, quello di un’altra persona, sostiene le sue verità, queste verità possono essere altre dalle mie, mentre se io costruisco una storia all’interno del mio discorso non ho nessun ostacolo di questo tipo perché non ci sono altri discorsi che intervengono, mentre se parlo con qualcuno allora ci sono altre verità che intervengono e possono minacciare il mio discorso. A quel punto tengo conto e non posso non farlo della verità dell’altro per piegarla, eliminarla, persuaderla, per fare quelle cose che si fanno comunemente, cosa che non avviene all’interno del mio discorso; quando il mio discorso produce, costruisce all’interno di sé una storia, questa storia è costruita senza che ci siano intralci da parte di altri discorsi che sostengono altre cose, cioè che negano per esempio che io sono la persona più importante dell’universo, io mi posso costruire una scena, una fantasia in cui sono la persona più importante dell’universo, chiacchiero con qualcuno e mi accorgo che anche lui pensa la stessa cosa di sé e non va bene, deve essere uno solo e quindi l’altro deve essere eliminato, per questo c’è la dura realtà, perché ci si scontra con altre verità con le quali il proprio discorso deve fare i conti. Intervento: potrebbe anche succedere che uno accolga la verità dell’altro …

Sì, la modifica oppure ne accoglie alcuni aspetti. Per esempio nel caso della cosiddetta amicizia fra persone, c’è una sorta di accordo su alcune cose che si ritengono essere comuni, cioè delle verità comuni, perché gli amici si incontrano volentieri? Perché possono raccontare le loro verità sapendo che dall’altra parte, l’altro discorso, comunque sosterrà le stesse verità e quindi c’è una sorta di autoconferma continua. La cosiddetta amicizia è fatta di questo, del fatto che le persone si incontrano e raccontano delle verità che si immaginano le stesse, non lo sono mai in realtà, ma appaiono le stesse, e perché appaiono le stesse? Perché non sono interrogate, e torniamo alla questione antica: l’unico modo per potere pensare che le cose che si dicono siano vere è non interrogarle, mai per nessun motivo, perché se incomincio a interrogarle ecco che ciò che credo essere vero incomincia a connettersi con una serie infinita di altre cose e mi si dissolve tutto, invece se immagino che sia isolato, posso pensare che sia come penso io, però devo mantenerlo isolato per potere pensare che sia proprio così, in alcuni casi anche facendo un certo sforzo. Ciò che ha fatto Freud è invitare di cessare di ritenere che questo elemento sia isolato, e quindi lasciarlo connettere con altre cose, che si connettono con altre …

Intervento: che è diverso dal fatto che nel discorso ossessivo le cose si isolano?

È uno dei modi per mantenere fermo il proprio discorso, di evitare di incontrare quelle cose che Freud ha invitato a dire, e che invece un discorso, quello ossessivo, paranoico, isterico a seconda dei modi invece non vuole dire perché dicendo, il dire queste cose minaccia una verità “io sono la persona migliore del mondo”. Se io incomincio a interrogare questo accade che mi ricordi che una volta ho fatto una cosa che magari non era proprio la migliore, e poi magari me ne viene in mente un’altra che dice che non ero proprio la persona migliore di questo mondo, e allora non è proprio così vero che sono la persona migliore di questo mondo. Questo è il percorso che ha suggerito Freud, se invece io tutte le altre cose io le tengo a bada allora posso continuare a pensare di essere la persona migliore di questo mondo a condizione di non interrogare mai questa certezza, finché non la interrogo, e chi mette in dubbio questo deve essere eliminato. Poi ci sono tutti i vari meccanismi che Freud racconta, come la morale …

Intervento: le fantasie sessuali che sono quelle prime che datano nel discorso della persona cosa ha a che fare con la premessa una cosa di questo genere? Cioè con la prima parola che si è imparata e che ha cominciato a connettersi con tutte le altre che via via cominciavano a funzionare? Che a quel punto lì non ci sono ancora fantasie cominciano a costruirsi però ciò che poi rimane e ritorna e che fa da sfondo a tutto quanto in linea di massima pare essere una fantasia erotica, sessuale, cosa possiamo aggiungere su una cosa di questo genere?

Abbiamo già detto, la sessualità comporta qualcosa che per il corpo appare piacevole, quindi qualcosa che va ricercato, riprodotto, molto banalmente, così come bere quando si ha sete per esempio, è una cosa piacevole, un bel bicchiere di acqua fresca è una cosa molto piacevole, una sensazione di fresco in gola quando si è accaldati con la gola rinsecchita, però questa sensazione piacevolissima non è mai stata condannata dalla morale. Questo Freud lo dice in modo chiarissimo, è nel momento in cui viene condannata moralmente una certa azione che quella certa azione diventa sconveniente. Poi si aggancia una serie di altre considerazioni, viene creduta vera questa cosa che dice che la sessualità è una cosa sconveniente, viene creduta vera perché viene presa come un enunciato protocollare, cioè le cose stanno così e quindi è così, l’ha detto la nonna, possiamo mettere in discussione quello che dice la nonna? Certo che no. Se no la sessualità di per sé non sarebbe niente …

Intervento: la proposizione che afferma che il bambino vuole andare a letto con la mamma è una proposizione che desta nell’opinione pubblica quando se ne parla, si dice, si afferma la più grande esecrazione, incredulità perché non può essere, nel senso che questa affermazione, questa proposizione assume un valore “dopo” quando se ne parla, quando non si vuole assolutamente accogliere che è in prima istanza una proposizione e che può essere accolta …

Intervento: si potrebbe anche dire che la mamma non ama il figlio …

Intervento:  sì anche se questa proposizione può essere accolta, non è straniante come l’altra ma io riprendevo la questione della sessualità, quella proposizione che affermiamo in molti casi che il bambino vuole andare a letto con la mamma e le persone ti guardano “ma cosa stai dicendo?” … mi viene il sospetto che l’amore materno sia stato inventato contro la sessualità …

La questione connessa con la tenerezza, con l’affetto è una sublimazione della sessualità. Dicevo che non è necessario che il bambino desideri questo, può accadere, la mamma è giovane e piacente, è l’unica donna disponibile, può accadere, però è stato oggetto dei più feroci divieti …