INDIETRO

 

7-12-2004

 

Un sistema assiomatico, qualunque esso sia, è sempre arbitrario, pertanto le conclusioni cui giunge sono altrettanto arbitrarie…

Intervento: ho notato che è la percezione che hanno di quello che diciamo cioè la gente pensa che il nostro sia uno strumento per aggirare la cosa… perché forse non trasmettiamo la forza di un messaggio dogmatico… la fisica… permette di capire e quindi di avere potere… la struttura fideistica porti per alcuni ad avere potere chi comprende la fisica, chi riesce a governarne le regole ha il potere e quindi ai più conviene anche mantenerla, anche questa sarebbe un’apocalisse perché se dovesse cadere alcune strutture di potere verrebbero a mancare la chiesa in primis ma anche lo stato o altri enti sociali

In effetti coloro che hanno una forte fede, siano cristiani o musulmani non ha importanza…

Intervento:…

Sì c’è molta arroganza nella religione, proprio per questo motivo: la supposizione di avere la verità “io so e voi poveretti non sapete perché vivete nell’ignoranza di dio”

Intervento: in effetti non c’è mai stata una vera esigenza di libertà dal dogma ma semplicemente uno spostamento, nessun altro potere che può dare una parvenza di libertà e che quindi diventa più subdolo, più sibillino ma in realtà si mantiene sempre il giogo

Intervento: l’automa è ciò che opera secondo una direzione predefinita… il fortissimo bisogno dell’irrazionalità… alla fine sarebbe salvaguardare il mistero

Intervento: alla fine sarebbe salvaguardare l’irresponsabilità perché se non difendono questo allora diventiamo degli automi

È una questione ciclica questa dell’irrazionalismo, si cercano risposte ossia si spera che un certo modo di pensare fornisca delle risposte in generale, a quale domanda non si sa bene quale, poi ci si accorge che non è così. Prendete il caso della scienza. A un certo punto ecco che si abbandona la scienza e si cerca la risposta nella religione, poi ci si stufa della religione “ma l’uomo dispone dell’intelligenza e quindi può rispondere da sé” e quindi si ritorna alla scienza…

Intervento:  sì in fondo la questione è tra la fede e la religione, sono questi i due termini… ci salverà la fede o la ragione?

Intervento: diciamo che è buffa la questione il fatto che si cerchi la verità nell’irrazionalità ossia la non verità

No, è come se fosse nell’irrazionale la verità in questo caso, come nella fede, per esempio la verità dei sentimenti, se una persona sente qualcosa allora dice la verità, non lo può esprimere però dice la verità, la verità sorge là dove finisce la ragione, questa è la tesi un po’…

Intervento: però quando si tratta di abbracciare questo infinito non fa perché non si può cogliere attraverso la ragione anche lì

D’altra parte gli umani hanno questa certezza: che la verità ci sia, e allora o la trova la scienza e allora si adoperano i metodi scientifici, poi ci si accorge che questa verità non viene reperita e allora ci si rivolge altrove, ma hanno questa certezza, e da dove venga questa certezza abbiamo cominciato a dirlo la volta scorsa: sono i primi elementi che vengono posti come esistenti, i primi elementi che si trovano posti come esistenti e che di conseguenza sono inesorabilmente veri. Nel momento in cui il linguaggio si avvia ha bisogno di elementi da cui muovere, questi elementi da cui muove sono veri retroattivamente, diventano veri e quindi “sanno” in un certo senso che questa verità esiste, non sanno assolutamente di cosa sia fatta né cosa sia in realtà, ma hanno queste certezze quindi continuano a cercarla, la verità ultima non quella che è funzionale, quella che serve al linguaggio per proseguire oppure quella che è fatta dal linguaggio, ma una verità antica, antica quanto loro e che risale effettivamente al momento in cui si è installato il linguaggio, hanno bisogno del linguaggio per partire da qualche cosa e questo qualche cosa è retroattivamente dato come assolutamente vero ché se no non sarebbe partito, perché il linguaggio funziona così, se non è vero, in quella direzione non va, se è partito da lì allora queste cose sono assolutamente vere, sono le cose che mostra la mamma, come dicevamo il “questo è questo” cose che lasciano una sorta di impronta: c’è qualche cosa da cui tutto è partito. Tutte le mitologie, le cosmogonie il cercare il qualche cosa da cui tutto è partito, in fondo anche l’idea di dio, l’autore di queste cose… sono state il fondamento del linguaggio, tutte queste mitologie hanno un fondamento in un certo senso, il fondamento sta nel fatto che il linguaggio per avviarsi ha acquisito degli input, delle istruzioni dalle quali è partito e queste istruzioni costituiscono il punto di avvio, l’origine…

Intervento:…

Sì, parte e poi retroattivamente stabilisce che è vero: visto che è partito allora è vero…

Intervento: come faccio a definire la necessità di lui rispetto a se stesso se c’è soltanto lui…

Lui è sempre stato, pensa a come il cristianesimo ha risolto il problema, è sempre stato quindi non è il primo, è sempre stato e qualunque cosa viene dopo di lui, ora potrebbe non essere dio ma la natura o il generarsi delle cose, qualunque cosa va bene, l’importante è che sia pensata come originaria, l’origine, l’arché di tutto, da cui tutto è partito, è una fantasia come un’altra però ha questo fondamento perché gli umani lo pensano perché effettivamente sono partiti da qualche cosa che è stato acquisito in modo tale da non potere essere in nessun modo essere messo in discussione. Quando il linguaggio si avvia le istruzioni di partenza, qualunque esse siano, non possono essere messe in discussione perché non ci sono gli strumenti  per farlo…

Intervento: il problema è il riconoscimento di questa verità

Non è mai quella originaria e quindi non si trova mai il punto di partenza, perché quella originaria in realtà non è potuta essere messa in discussione ma quelle successive sì, per cui vengono smontate, ma quella non poté essere smontata, perché era quella da cui è partito tutto e quindi rimane questa idea di qualche cosa di assolutamente vero. Quella stessa cosa che poi se fosse intervenuta vent’anni dopo sarebbe stata assolutamente ridicola, nel momento in cui parte il linguaggio non può essere ridicola perché non ha gli strumenti per considerarla tale, dopo li ha, ma dopo è un’altra cosa e rimane l’idea che ci sia questa cosa, questo principio, questo fondamento assoluto e da qualche parte ci deve essere, si potrebbe chiedere: perché? Non sa rispondere però sa che è così, in qualche modo lo sa, ma cosa sa? Sa che è partito da qualche cosa, che il linguaggio è partito da qualche cosa…

Intervento:…

Sì, in effetti, va indietro, va indietro finché trova che cosa? Trova il linguaggio, è questo che nessuno ha mai considerato, e lì c’è l’arresto in effetti. Tommaso, lui se la prendeva con tutti quelli che tornano indietro e diceva che a un certo punto bisogna fermarsi, non aveva tutti i torti, ma non dove voleva lui, ma fermarsi a quel punto di arresto di cui si diceva, e che è il linguaggio, oltre il quale non è possibile andare perché non è possibile uscirne…

Intervento: la causa prima “causa sui”, la causa sui è il linguaggio… intendo dire che concettualmente non è sbagliato dire che esista la causa prima solo che è come diciamo noi il linguaggio… l’origine è nel linguaggio

Sì, è più chiaro se diciamo che è la condizione di qualunque cosa lei invece vuole utilizzare…

Intervento: …la regressio ad infinitum funziona in qualsiasi frangente dove non si possa avere la responsabilità di quello che si va facendo basta un particolare a scatenare… anche in un’analisi avviene la regressio se si interroga sull’origine e non su come è fatto un certo gioco è ovvio che va alle calende girando in tondo e non ne esce fuori, però questo dipende dalla responsabilità accorgersi che si costruisce questa origine infinita delle cose senza trovare il bandolo della matassa

Non può più trovarla quella verità che va cercando perché qualunque cosa trovi gli strumenti che ha acquisiti gli consentono di metterla in dubbio, quindi non è più quella perché quella è l’unica che non è mai stata messa in gioco, abbiamo fatto l’esempio della mamma o chi per lei che dice: “questo è questo” può essere qualunque cosa. Ha importanza nell’aspetto clinico perché probabilmente sono quelle cose su cui la persona si arresta, dipende quali cose continua a vivere, quali verità. La realtà non è nient’altro che questo: la verità che si suppone esista da qualche parte, si dà il nome di realtà “c’è qualche cosa che sicuramente è identico a sé e non mente” l’idea viene da lì, di qualche cosa che non è stata modificata né poteva esserlo e che non si troverà mai, ché qualunque cosa troverò sarò un’altra cosa e soprattutto potrò compiere quella operazione che all’inizio non ho potuto compiere, cioè metterla in discussione, basta questo, noi sappiamo anche come comincia il linguaggio. La questione cui accennavo prima, l’aspetto clinico, in che modo quegli elementi che costituiscono l’avviarsi del linguaggio determinano la direzione di una persona. La determinano perché per lui quelle cose rimangono la realtà delle cose, assolutamente vere e incrollabili, non sa quali sono, però l’idea, l’idea che qualcosa ci sia, che cosa non si sa ma qualche cosa debba esserci…

Intervento: non sa quali sono… non deve sapere quali sono questi al momento in cui decide quali siano il gioco è fatto però non lo può decidere

Questa idea che ci sia comunque qualche cosa all’origine di tutto potrebbe cessare, certo potrebbe essere un grosso vantaggio se in quella posizione ci mette l’unica cosa che effettivamente è la condizione cioè il linguaggio, ma è operazione ardua. Spiegare le cose, sì certo, anche, in una conferenza ci sono vari modi. Facciamo l’esempio del buddista dell’ultima volta, ora è da verificare certo in ciascuna occasione se è più efficace cercare di spiegare al buddista una serie di cose oppure utilizzare le sue stesse argomentazioni contro di lui, con anche della battute retoriche d’effetto in modo da costringerlo ad avere un contraccolpo…

Intervento: lui ha ribattuto che Budda ha avuto esperienza

Anche mia nonna ce l’ha avuta, per mia nonna il senso della vita era il dovere e allora? Quella sciocchezza: “se incontri il maestro uccidilo” a me era venuta in mente un’altra cosa, cioè un’affermazione interessante al pari di quell’altra “se incontri l’ebreo uccidilo”, era Adolf Eichmann, lui li ha uccisi, ma questo è solo un esempio molto banale per indicare che talvolta l’astuzia retorica può essere utile per evitare di trovarsi a fare lo stesso gioco di quell’altra persona. succede alcune volte di mettersi sul suo stesso piano, mentre in alcuni casi è più efficace spostare radicalmente la questione. Lui continuava a dire no, non è vero, è vero quello che dice Budda, e in questo modo non si va da nessuna parte, e allora ecco che certe volte una battutaccia può essere più efficace perché una confutazione retorica di questo tipo, che non è una confutazione in realtà ma un opposizione, può essere efficace soprattutto per chi ascolta “se è vera anche quest’altra cosa…” questa è una stupidaggine. Occorre valutare di volta in volta, ma in alcuni casi può risultare più efficace la battuta retorica di una spiegazione che non viene accolta, magari per partito preso, “perché ho ragione io”, quindi l’apocalisse della religione, potremo riprendere Lacan: “se la religione trionfa è segno che la psicanalisi ha fallito”, non aveva tutti i torti, in questo caso si può estendere la questione della psicanalisi al pensiero, la religione è segno, la testimonianza del fallimento del pensiero, un pensiero che non è, non è stato in condizione di pensare se stesso quindi ha abdicato a se stesso

Intervento: ecco per esempio il discorso che faceva Lacan che faceva Freud non tanto del discorso religioso ma del discorso della religione non trovando delle risposte retoriche per esempio di fronte all’intervento di un buddista

Sì, costringere l’altro a sostenere le sue tesi anziché essere noi a giustificare quello che diciamo, fare in modo che debba essere lui a giustificare quello che dice che è anche meno faticoso, tanto non lo sa fare…

Intervento: la psicanalisi ha soltanto potuto mostrare delle altre questioni, capovolgere la questione e mostrare un’altra storia quello che andiamo facendo è mostrare come il pensiero si agisce e per agire il pensiero ovviamente non può sussistere l’assunzione metafisica

Il pensiero, se è tale, non si accontenta di una rispostina idiota come quella che fornisce qualunque religione ma prosegue fino al limite, fino a fine corsa, al limite trova appunto il linguaggio, che è la sua condizione.