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7-9-2011

 

Questa sera desidero parlarvi di una questione che non segue necessariamente quella della volta scorsa, ma è importante rispetto a ciò che andiamo considerando intorno al linguaggio, vale a dire che cosa ha consentito la costruzione dei computer. Ci interessa non perché ci interessino i computer, ma per il percorso logico che è stato fatto per giungere alla costruzione dell’aggeggio in questione, un percorso per altro antichissimo, che parte almeno da Leibniz e dalla sua “ars combinatoria”. È l’idea di trovare un marchingegno, un qualche cosa che trasformi i discorsi in proposizioni calcolabili, l’idea naturalmente è sempre partita dalla logica, dai connettivi logici che sono quegli elementi che consentono di connettere fra loro le proposizioni o i varie elementi. Questi connettivi non sono nient’altro che quelle cose che appartengono al linguaggio e che lo fanno funzionare, anzi direi che sono parte integrante del linguaggio. Vi dicevo che questi connettivi rappresentano il modo in cui il linguaggio funziona, l’idea è stata quella di cercare di riprodurre questi connettivi e farli funzionare come una macchina, all’interno di una macchina, immaginando che il pensiero degli umani effettivamente funzioni così tant’è che un tale George Boole alla metà dell’800 ha fatto una cosa che è stata poi determinante per compiere l’operazione di cui vi dicevo e cioè ha immaginato di potere trasformare le proposizioni in un’algebra calcolabile. Diceva che le proposizioni possono essere vere o false e allora chiamiamo quelle che sono vere con 1 (uno) quelle che sono false con 0 (zero), aveva bisogno però di un sistema di calcolo che consentisse di vedere immediatamente quale fosse il calcolo preciso di un tipo di connettivo, per esempio la negazione, il non, che è un connettivo al pari di qualunque altro, qual è l’operazione che consente di trasformare un 1 in 0 e 0 in 1? Perché la negazione fa questo, se vede 1 lo trasforma in 0, se vede uno 0 lo trasforma in 1, è la sottrazione: 1- 0 fa 1; 0 -1 fa 0. La stessa cosa per la congiunzione, in questo caso l’operazione è la moltiplicazione, ché moltiplicando 1x1 fa sempre 1; moltiplicando 1x 0; 0x1; 0x0, il risultato è sempre 0. Per la disgiunzione si ricorre alla somma logica, la somma logica è la somma che si utilizza all’interno della teoria degli insiemi: se due insiemi A e B costituiscono un unione allora questa unione è vera quando un elemento appartiene o a entrambi o almeno a uno dei due, e infatti se appartiene a tutti e due (1+1) = 1 perché 1 è considerato vero, vero +vero dà vero e così via per tutti gli altri; la stessa cosa per il “se … allora” che si converte nella disgiunzione “~ A & B”. In questo modo ha trasformato in un calcolo matematico il funzionamento dei connettivi logici, capite che questa invenzione di Boole è stata determinante per i computer. C’è voluto prima Turing, il quale ha ideato una macchina su carta, fatta da un nastro di memoria potenzialmente infinita, una testina che può spostarsi e scrivere delle lettere o cancellarle, un sistema di controllo, la macchina di Turing non era nient’altro che questo, ma occorreva trasformarla in qualcosa di fisico, come attuare fisicamente e materialmente un connettivo, per esempio la congiunzione? Ecco che venne in mente di utilizzare fili elettrici, per esempio per il connettivo negazione, si farà passare la corrente, e un interruttore se la corrente arriva cioè è vero lo trasforma in falso, cioè lo blocca, se la corrente non arriva cioè è falso lo bocca e lo trasforma in 1; la congiunzione: due fili che ad un certo punto si trasformano in uno, perché la corrente possa continuare a passare occorre che arrivi da entrambi i fili, cioè se c’è corrente, come abbiamo visto, (1) se è vero, se non c’è (0) falso, quindi la congiunzione è vera solo se entrambi gli elementi sono veri quindi la corrente passerà se e soltanto se arriverà da entrambi i fili, se non arriva da nessuno o solo da uno la corrente non passa e viene fermata, in questo caso 0 quindi falso. Un sistema molto semplice, bisognava pensarci ovviamente, però è la base del funzionamento di tutti i computer, oggi si utilizzano dei transistor che sono degli interruttori, la CPU, acronimo di Central Processing Unit che significa unità centrale di calcolo è fatta da transistor assemblati insieme, i transistor sono queste porte che assemblate insieme costituiscono dei circuiti logici, che assemblati costituiscono il processore che è il cuore del computer. Ci fu l’idea di costruire meccanicamente, da parte di un neuro fisiologo e di un logico matematico, di costruire qualche cosa che riproducesse il sistema con cui funziona il cervello. I neuroni funzionano in parte come dei transistor, degli interruttori, tant’è che quando la corrente supera una certa soglia allora passa, se no non passa, è un interruttore anche quello, ma perché tutto questo ci interessa? Perché siamo giunti a considerare il linguaggio come qualche cosa di molto prossimo a una sorta di unità di calcolo, abbiamo detto recentemente che il linguaggio non è nient’altro che questi connettivi che fanno funzionare tutto quanto, e sono unità di calcolo in effetti, i connettivi consentono di costruire proposizioni che poi vengono calcolate. Quando si ragiona si derivano delle cose, e si procede meccanicamente, come fa una macchina “se il fanciullino mi porta dei fiori, se mi ha invitato a cena e se mi guarda con l’occhio da triglia bollita allora vuole dire che è innamorato”, e questo è un calcolo logico. Tutti i cosiddetti processi psichici in effetti sono dei calcoli, cosa che già aveva già intuito Leibniz, perché il pensiero funziona così, anche quando apparentemente si occupa di cose che non hanno nulla a che fare con il calcolabile, eppure non c’è un altro modo per pensare.

Il linguaggio è un sistema operativo, costituisce quell’insieme di istruzioni che fanno funzionare l’hardware, che sarebbero i neuroni nel caso nostro o, nel caso del computer, la CPU, e lo fanno funzionare in modo tale da restituire degli input che vengono processati, cioè calcolati, calcolati con dei connettivi logici, e restituiscono un risultato. La macchina che è stata costruita riproducendo il modo in cui gli umani ragionano, pensano, non c’è un altro modo se non quello, e gli umani l’hanno riprodotto. Il tentativo di quel neurofisiologo era di riprodurre, anche se in modo molto più semplice ovviamente, esattamente il funzionamento del pensiero degli umani. Si è trattato dunque di riprodurre ciò che avviene quando gli umani pensano, ragionano, traggono le loro conclusioni qualunque esse siano. Oggi, per esempio, i computer possono battere a scacchi qualunque campione di scacchi, e questo è singolare in effetti, perché il gioco degli scacchi comporta sì, probabilmente un numero finito di mosse, non credo che sia infinito, però da sempre si immagina che l’abilità consista nell’inventare nuove tattiche per ingannare l’avversario, e i computer sanno fare questo meglio degli umani, e anche molto più rapidamente …

Intervento: sanno inventare …

Sì, l’invenzione non è che viene da niente, viene dal pensiero, viene dalla parola, viene dal linguaggio …

Intervento: anche per l’essere umano l’invenzione viene dal contingente …

Si valuta, si calcola una situazione che può apparire nuova in base alle informazioni che si hanno, e le informazioni che si hanno vengono implementate dalla nuova situazione, vengono inseriti dei nuovi parametri …

Intervento: però per programmare un computer che deve battere qualsiasi campione di scacchi, bisogna introdurre all’interno di quel sistema delle informazioni che siano tutte le informazioni, va beh che poi continuamente c’è l’implementazione …

Perché, uno scacchista non ha imparato a giocare a scacchi da qualcuno che gli ha insegnato come funzionano le mosse, gli ha insegnato tutti i trucchi, tutti i sistemi per vincere l’altro nei limiti della sua conoscenza ovviamente? Il fatto è che una macchina riesce a implementare più rapidamente di quanto faccia un umano. La prima idea era quella di una macchina che eseguiva una operazione, aveva un programma e quello eseguiva e chiuso il discorso, Turing si era accorto la via da non seguire assolutamente era quella di continuare a aggiungere hardware, di fare la macchina sempre più grossa, l’idea è stata quella di lasciare fermo l’hardware e dare all’hardware le informazioni per potere prendere un programma dall’esterno, decodificarlo, simularlo all’interno di sé ed eseguirlo come se venisse eseguito per conto suo, in questo modo con un hardware relativamente piccolo si possono eseguire infiniti programmi, ed è ciò che Turing ha chiamato la macchina universale, il mio computer è una macchina universale di Turing, né più né meno, dopo, tutto il lavoro che è stato fatto non è nient’altro che la miniaturizzazione, ridurli sempre più piccoli …

Intervento: stavo pensando alla questione degli scacchi, la macchina come l’essere umano, agisce in funzione di quelle che sono le sue informazioni, però dicevamo che la macchina è molto più veloce mi chiedevo la macchina è più veloce perché ha le stesse informazioni dell’umano ma il modo di calcolare della macchina è come se fosse priva di ostacoli, come dire? le deduzioni, l’idea di creare un nuova situazione, un nuovo evento per la macchina è molto più veloce perché l’uomo, è come se prima di arrivare alla deduzione che è quella che tu fa concludere la mossa, facesse tutta una serie di giri a volte a vuoto, di qua no, di lì proviamo a vedere, la macchina invece va diretta alla conclusione, come se l’uomo dovesse superare degli ostacoli …mi chiedevo se ciò che impedisce all’uomo di arrivare direttamente alla conclusione è qualche cosa che in qualche modo confligge con quelle informazioni, qui viene fuori anche la questione del non sapere che ciò che si sta affermando è parola …

Intervento: però può anche essere che pur sapendo che c’è da raggiungere il nuovo obiettivo lui si pone diverse variabili ossia: è giusto? È sbagliato? Si pone dei dubbi invece la macchina non pensando come gli esseri umani ancora, è chiaro va direttamente all’obiettivo, non si pone: sarà giusto, sarà sbagliato? una volta che ha questo input …

No, la macchina può avere un dubbio, e per lo stesso motivo per cui ce l’ha l’umano, e cioè si trova di fronte a una decisione, diciamo equivalente, e allora si arresta in attesa di istruzioni, anche l’umano fa così, si arresta in attesa di nuove istruzioni che cerca o di avere dagli amici o da nuove informazioni, da qualche parte insomma, generalmente avviene così, ma anche la macchina può fermarsi tant’è che i primi programmi della microsoft si fermavano continuamente per questo motivo, perché erano fatti in modo tale da fermarsi quando trovavano un problema, per esempio decidere di andare da una parte o no, e non avendo informazioni sufficienti fermava. Ma possono procedere comunque anche se trovano qualche cosa che non è né vero né falso, per questo è stata progettata anche un’altra logica che usano nei computer che non ha solo il valore vero o falso, ha anche un terzo valore e poi ci sono delle logiche che stanno considerando, la logica fuzzy o logica sfumata, in cui c’è un valore di verità, compreso fra 0 e 1. Un bambino di un anno è giovane, un uomo di trent’anni è giovane, un uomo di sessant’anni è giovane, quindi sono tutti 1, ma sono tutti uguali? No, il primo è 1, l’altro è un po’ meno di 1, l’altro è meno ancora, quindi ci sono valori di verità differenti. Più note sono le logiche paraconsistenti a tre valori, cioè c’è 1, 0 e poi 1\2 …

Intervento: cosa significa paraconsistente?

Non sono logiche forti, quelle che hanno solo i valori vero/falso, che possono dimostrare vero o falso tutto ciò che costruiscono all’interno di sé, hai presente il programma di Hilbert? Quando ai primi del 900 la matematica ebbe quel grande impulso che ebbe, si pensava che la matematica avrebbe risolto tutto perché si sperava, si immaginava, si supponeva che fosse un sistema perfetto, perfetto perché qualunque cosa la matematica costruiva poteva essere dimostrata o vera o falsa, che è la completezza, e doveva essere impossibile dimostrare che 2+2 = 5, questo non doveva essere possibile dimostrare e questa è la consistenza, e poi c’è la decidibilità, ci deve essere qualche cosa che renda prevedibile se una certa direzione darà un risultato vero o falso, cioè se sarà dimostrabile oppure no, e di questo si occupò Turing, questi erano i punti principali del programma di Hilbert, i primi due Gödel li ha stroncati subito, il terzo lo ha stroncato Turing, cioè ci sono delle operazioni che la macchina non è in grado di decidere se porterà a termine questa operazione oppure no. Il terzo punto non è altro che un ampliamento o una riformulazione del teorema di incompletezza di Gödel. cosa ha fatto Gödel? Ha inserito all’interno della matematica, attraverso un metodo che consente di trasformare delle proposizioni in numeri per poi potere lavorare sui numeri, quindi con l’aritmetica, perché a lui interessava questo, ha inserito una frase che dice: “io non sono dimostrabile”. Questo ha creato dei problemi perché all’interno del sistema questa frase, se fosse stato possibile dimostrarla, sarebbe stata falsa perché affermava di non essere dimostrabile …

Intervento: è sempre il paradosso del mentitore …

Sì, è come dire “io mento”, ci sono delle questioni che anche le macchine, almeno per il momento, non sono in condizioni di risolvere. Dunque Gödel ha mostrato attraverso un teorema parecchio complesso che il sistema non è completo perché se gli si mette questa proposizione che dice “io non sono dimostrabile” allora diventa inconsistente, per cui per mantenerlo consistente cioè per potere dire che tutte le proposizioni sono o vere o false bisogna togliere questa e quindi non è più completo: o è incompleto o è inconsistente, questo è stato il suo lavoro.

Il lavoro che occorre fare a questo punto, dopo queste considerazioni sul computer che ci mostra di fatto come funziona il pensiero degli umani, è costruire la Scienza della Parola a partire da una proposizione che non può essere negata, e cioè evita tutti i problemi che sono stati creati nel corso dei millenni, già da quello di Eubulide di Mileto …

Intervento: poter utilizzare una proposizione non autocontraddittoria …

Sì, in questo caso non è possibile contraddire l’assioma di partenza, i paradossi intervengono nel momento in cui si introduce all’interno del linguaggio qualche cosa che non dovrebbe essere linguaggio, allora a questo punto è chiaro che questo elemento, se richiesto di rispondere di sé si trova preso o in una regressio ad infinitum oppure in paradossi irresolubili perché c’è un rinvio continuo, si crea una sorta di loop, come nel paradosso “io mento”, se dico che mento dico la verità ma tuttavia affermo, se dico la verità allora mento, ma se mento dico la verità, è un loop da cui non c’è uscita, cosa che non accade con la proposizione che abbiamo posta, non è possibile perché in nessun modo è possibile costruire un paradosso su questa proposizione, non è possibile negarla né contraddirla in nessun modo. Costruire una Scienza della Parola a partire da questa proposizione significa fare lavorare questa proposizione iniziale, come? Costruendo tutte le proposizioni che è possibile costruire da questa mantenendo sempre chiaramente la connessione con il punto di partenza, devono sempre essere coerenti con il punto di partenza, in questo modo è possibile costruire una teoria, come dicevo qualche volta fa, perfetta …

Intervento: la questione del paradosso ritorna sempre, Russell eccetera, tutte le teorie in qualche modo vengono smontate da una rilettura di questo paradosso invece non c’è possibilità di reintrodurre questo paradosso rispetto alla proposizione alla premessa della Scienza della Parola.

No, in nessun modo, perché prende le mosse unicamente da ciò che è necessario perché esista quella cosa che è necessaria, perché esista tutto quanto, da lì non c’è uscita, in effetti il linguaggio è in condizione di costruire qualunque proposizione, naturalmente utilizzando le regole di cui è fatto, e qualunque cosa avrà costruita di questa cosa non potrà mai dirsi che non appartiene al linguaggio. Considerate la definizione di esistenza: esiste ciò che appartiene al linguaggio, mentre non esiste, è cioè il “nulla” ciò che non appartiene al linguaggio, molto semplicemente. Invece il modo di pensare degli umani, questo è stato individuato da Parmenide “ciò che è, è”, ovvero 1, “ciò che non è, non è” ovvero 0, è un sistema binario. Un sistema binario è anche quello utilizzato da Platone tra l’altro, questa è una cosa nota da sempre “Eutifone le cose stanno in questo modo o in quest’altro?” “in questo Socrate ovviamente ” “bene, se stanno in questo modo allora possiamo dire che se questo allora quest’altro ma quale dei due?” “questo Socrate” e avanti così, è un sistema binario – vero\falso - che non a torto Aristotele aveva criticato perché se uno è falso non significa necessariamente che l’altro sia vero, e in ogni caso se uno è vero questo non significa che sia il solo a esserlo. La questione è antichissima, gli umani pensano così e questo è saputo da sempre, non è mai stato tenuto in debito conto, però è stato individuato da subito il modo in cui funziona il pensiero: vero/falso, poi ci si possono mettere a volontà altri valori di verità ma rimane il fatto che per pensare di metterci questi altri valori di verità e per farli funzionare comunque devono sempre e necessariamente funzionare il vero e il falso, dicevo che è una cosa nota da sempre però non c’erano né i mezzi né gli strumenti né forse la volontà di portare le cose alle estreme conseguenze, o forse è sempre piaciuto agli umani pensare di sé di non essere racchiusi entro un sistema così rigido, in un sistema binario, cosa che anche certe volte durante le conferenze ci viene detto: “ma l’umano non è una macchina” …

Intervento: gli umani si “sentono” i più importanti del creato …

Sì, qui occorrerebbe aprire una grandissima parentesi su tutta la questione connessa con l’umanismo, e cioè quella corrente di pensiero che è arrivata fino a Sartre e Heidegger, hanno posto l’uomo al centro in quanto storicamente situato, “progetto gettato”, e quindi preso in una quantità enorme di variabili, di cose per cui non è definibile l’uomo unicamente dalla sua oggettività ma da una serie infinita di cose. Ma che invece sono calcolabili anche quelle, e cosa vuole dire? Che sono riducibili a delle proposizioni che sono vere o false, il calcolo non è altro che la conseguenza di questo.

Bene, ho detto quello che volevo dirvi, adesso si tratterà di incominciare a lavorare sulla Scienza della Parola e trovare un modo, un metodo per procedere lungo questa strada, per costruire una teoria che si chiama appunto Scienza della Parola, questo è il nostro progetto nel prosieguo, non sarà facilissimo ma lo faremo.