7-9-2006
Le regole della verità
Intervento: riprendo dagli
ultimi incontri e ciò che dicevamo riguardo a quelle
che chiamo fantasie di potenza, quella del dovere imporre da parte dei discorsi
il proprio sapere e quindi mostrare ciascuna volta il proprio sapere, come sia
imprescindibile per il discorso esibire questa verità di qualsiasi cosa si
tratti, sappiamo che la verità può essere imposta dal tiranno come dal
salvatore… allora mi chiedevo proprio in ordine al funzionamento del linguaggio
perché sia così necessario per esempio imporre questo sapere e dimostrare
all’altro che io so…
E saprebbe rispondere a questa
domanda?
Intervento: partendo da
una premessa e attraverso una serie di passaggi, non può non concludere
e quindi perseguire una certa direzione, il fatto di proseguire questa
direzione è necessario al discorso perché se il discorso potesse ciascuna
conclusione renderla vera e falsa, questa direzione non sarebbe così ferma ma
ci sarebbero molte vie e non ci sarebbe una via da difendere… come dire il
discorso ha bisogno di affermare che le cose stanno in un certo modo per poter
proseguire per poter continuare a dire se qualsiasi affermazione potesse essere
considerata vera e falsa…
Che succede quando una
conclusione viene considerata vera e falsa simultaneamente?
Intervento: posso
accogliere qualsiasi proposizione e il suo contrario…
È inutilizzabile, e invece vengono
utilizzate continuamente anche da noi perché sappiamo che non è né vera né
falsa fuori dal gioco in cui è inserita, ma all’interno del gioco in cui è
inserita, nella quale funziona o è vera o è falsa…
Intervento: questa
necessità dei discorsi di partire dalle proprie affermazioni “reali” ma dette e
che esistono proprio per questo, credendo che siano degli universali perché la
verità assoluta è una verità che funziona per tutte le X non per una X sola e
quando io riesco a portare all’universale la mia conclusione lì ho costruito la
direzione per poter proseguire, quindi questa necessità continua di compiere
questa operazione di unificazione…
Questo è un aspetto di cui abbiamo parlato un po’ di
tempo fa ed è uno dei compiti dell’analista il volgere queste conclusioni, queste affermazioni che appaiono al parlante come universali
in particolari. Facciamo un esempio così è più chiaro: se io affermo che
qualunque oggetto, se non è trattenuto da alcunché sarà
attratto verso il centro della terra, così come afferma la legge di gravità, compio
un’affermazione che appare universale, cioè sempre vera. Questa affermazione
invece occorre volgerla in particolare, come dire: questo è vero all’interno di
un gioco ma non necessariamente, occorre cioè
stabilire alcune regole dopodiché se ci si attiene a queste regole allora
avverrà questo fenomeno, se non ci si attiene a queste regole no, se non ci si
attiene a queste regole non significa niente, affermare che una cosa più grossa
ne attira una più piccola e questo è importante in una analisi perché
generalmente le cose cui la persona crede sono poste come degli universali,
dicevamo in modo più preciso dei quantificatori universali, cioè una sorta di
algoritmo dove viene detto che per tutte le x, se x è un uomo allora x è
mortale, ma ciò che rende importante questa sequenza è il quantificatore,
quello che dice “per tutte le x” il che significa che non si verifica mai il
contrario mentre il quantificatore esistenziale dice che vi è almeno una x che
fa una cosa del genere, ma che non significa affatto che lo facciamo tutte, per
cui mentre per una persona le cose in cui crede sono delle verità assolute,
cioè si pongono come se fossero dei quantificatori universali, cioè è sempre
così, occorre invece condurre la persona ad accorgersi che non è sempre così, che
è vero quello che dice ma all’interno di quel gioco e soltanto lì, non sempre e
comunque, che è molto diverso. Cambia per una fanciulla
dire “tutti gli uomini mi tradiscono” oppure “quell’uomo mi tradisce”, è
diverso.
Intervento: perché in una analisi
una persona si interrompe, non parla più?
Possono esserci vari motivi, per esempio la supposizione
di avere detto tutto quanto doveva dire e quindi attendersi dall’altro la
soluzione dei suoi problemi, oppure può esserci qualcosa che la disturba, per
esempio una cosa di cui si vergogna, succede, mi capitò un certo numero di anni fa una donna la quale ad un certo punto si trovò di
fronte a qualche cosa che voleva dire ma che in nessun modo riusciva a dire al
punto che questa cosa che non riusciva a dire divenne talmente importante che
ogni altra cosa era secondaria rispetto a questa, però questa non potendosi
dire la costringeva al silenzio, una cosa che la faceva star male solo
all’idea, al ricordo, ora c’è una sola cosa che risponde a questi requisiti in genere:
un aborto, è una cosa della quale una donna non parla mai volentieri, tende a
vergognarsi perché funziona per la donna come un fallimento, una cosa tragica,
terribile. Quando le chiesi se si trattava di questo
rispose di sì immediatamente e da quel momento la cosa prese un’altra piega. C’era
un’impossibilità, ma questa impossibilità da dove
viene, che cosa la sostiene, perché? Ovviamente uno degli aspetti che
intervengono in questo caso è il timore del giudizio dell’altro ovviamente, e
naturalmente tutto quello che la persona immagina che l’analista possa pensare
sono cosacce tremende, se no non avrebbe nessun
problema, e quindi tace oppure ancora, come dicevamo sempre la volta scorsa,
perché per qualche motivo è interessata all’analista e non vuole che l’analista
si faccia di lei una brutta opinione, come se il solo fatto di aprire bocca
comportasse immediatamente che l’altro possa farsi una cattiva opinione, che
non è così automatico, però c’è sempre dell’ostilità come quando una persona
tace, anche al di fuori di una analisi, perché se dovesse parlare allora
direbbe cose terribili e quindi è meglio che taccia…
Intervento: e perché a volte la persona ce l’ha con l’analista? Se è lì per
aiutarlo…
Anche qui ci possono essere varie
occasioni di dissapore con l’analista, perché ritiene che non dia
sufficientemente peso ai suoi drammi interiori, gli pare che non partecipi
della sua sofferenza, cosa che come sappiamo l’analista non fa, o gli sembra
che non la capisca a sufficienza, gli pare che dedichi più tempo ad altre
persone che a lei, sono sensazioni ovviamente, o che non la stia aiutando a
sufficienza…
Intervento: una persona
così è un po’ paranoica…
C’è una possibilità che lo sia,
d’altra parte uno psicanalista può trovarsi anche ad avere a che fare con
situazioni del genere…
Intervento:…
Come definiresti il discorso paranoico se mai ti fosse
richiesto di farlo?
Intervento: uno poco
sicuro di sé, che si fa mille domande…
Beh quello non è proprio un paranoico, da ciò che dici parrebbe
più un ossessivo in realtà, c’è una certa differenza, il paranoico invece non è
insicuro, è assolutamente sicuro di sé, talmente sicuro che lui solo sa come
stanno le cose e si perita ogni volta di spiegartelo con cura avendo la
certezza, lui, che tu comunque non capirai quello che
ti dice e quindi te lo spiegherà di nuovo, guardandoti sempre con attenzione e
fisso negli occhi per avere la certezza che tu capisca bene quello che sta
dicendo, invece quello che descrivevi tu è più l’ossessivo, si fa un sacco di
domande, non trova mai risposte, ma sempre nel dubbio, però allo stesso tempo è
sicuro di qualcosa cioè che non c’è niente di sicuro; sono incerti, titubanti. Il
paranoico non si fa tante domande, ma molte risposte,
anche senza essersi fatto le domande. Un analista ha a che fare sia con uno che con l’altro, in realtà questa nosografia psicanalitica
che una volta si considerava quadripartita, divise in quattro tipi di discorsi:
paranoico, isterico, ossessivo, schizofrenico, qualcuno ci aggiunge anche
l’autismo, in realtà sono delle figure retoriche, cioè dei modi in cui le
persone pensano, nient’altro che questo, un modo di pensare le cose, di pensare
se stessi e il mondo che li circonda. A un analista
serve fino ad un certo punto sapere distinguere queste quattro forme, questi
quattro discorsi, noi fummo addestrati a distinguerli nella supposizione che
per ciascun discorso ci fosse una particolare caratteristica e questa
caratteristica decidesse del modo d’intervento dell’analista, questo è vero
fino ad un certo punto, è vero retoricamente, nel senso che ci sono alcune cose
che per esempio, dette a un paranoico lo fanno fuggire, altre che mettono in
fuga l’ossessivo e queste cose è meglio non dirle, almeno in quel modo, però
per quanto riguarda il percorso analitico vero e proprio, che una persona si
trovi in una di queste strutture anziché in un’altra potrebbe essere totalmente
indifferente, ma retoricamente c’è qualche differenza, cosa significa che
retoricamente c’è qualche differenza? Significa che il modo di intervenire
dell’analista nei confronti di un paranoico per esempio non è lo stesso che nei
confronti di un ossessivo, d’altra parte una qualunque persona si rapporta in
modo diverso a seconda con le persone con cui ha a che fare, cioè
tiene conto dell’uditorio, in questo caso l’uditorio può essere una persona,
come qualunque retore sa l’uditorio è fondamentale, fondamentale è sapere e
tenere conto dell’uditorio perché l’obiettivo del retore è fare in modo che le
persone lo stiano ad ascoltare e soprattutto siano persuase di quello che dice,
l’obiettivo dell’analista è fare in modo che la persona continui a parlare e
intenda ciò che dice, quindi in ogni caso c’è un obiettivo e pertanto in ogni
caso si utilizza la retorica…
Intervento:…
Per esempio se io dovessi
trovarmi nella bettola più laida di questo pianeta oppure a un ricevimento
all’ambasciata britannica, magari la mia condotta è leggermente differente, nel
secondo caso magari è più formale, nel primo più disinvolta, ecco, ho tenuto
conto dell’uditorio, nel primo caso degli ubriaconi della bettola suddetta, nel
secondo gentiluomini e gentildonne presenti nell’ambasciata britannica,
uditorio differente, condotta differente. Per questo vuole conoscere l’altro,
per poterlo controllare e quindi deve evitare assolutamente di fare una
figuraccia, fare una figuraccia significa perdere totalmente il controllo della
situazione perché viene schernito, deriso o comunque
pensa di esserlo e quindi perde totalmente il potere sugli altri che invece
acquistano un fortissimo potere su di lui, lo abbattono addirittura con il loro
scherno e questa è una situazione che per gli umani rappresenta una dei
pericoli maggiori. Qual è dunque il modo migliore per rapportarsi in una analisi ma non solo in una analisi, in qualunque
circostanza con una persona che mostra spiccatamente i tratti del paranoico,
maschio o femmina che sia, qual è questo modo? Anche
perché il discorso paranoico è molto diffuso sul pianeta, il paranoico che cosa
cercherà di fare? Generalmente è molto arrogante con coloro
che ritiene suoi sottoposti e molto umile e ossequioso con le persone
che teme e cioè con quelle che ritiene per qualunque motivo superiori a lui,
può trattarsi di superiorità di qualunque tipo, intellettuale economica o
politica, ma con le persone che ritiene superiori diventa umile, per cui quando
ha a che fare con una psicanalista che rientra inizialmente per lui nel novero
delle persone da temere perché giudicanti, il paranoico ha il timore di essere
giudicato, per questo si fa umile nei confronti dei potenti, per mostrarsi
inoffensivo, per accattivarsi la loro fiducia, la loro stima, il loro affetto. Tieni
conto Eleonora che la stessa cosa avviene nella cosiddetta vita sentimentale,
funziona esattamente allo stesso modo perché la struttura di discorso è sempre
la stessa e quindi non cambia, farà di tutto dunque il paranoico per
accattivarsi l’analista e cioè dirà quelle cose che
immagina che l’analista voglia sentirsi dire, si mostrerà attento,
disciplinato, ripeterà le cose che dice l’analista facendo mostra di averle
fatte sue al solo scopo di attrarlo per così dire in una sorta di rete e cioè
giungere al punto in cui potrà dire che l’analista è come lui, cioè non è più
un essere superiore ma è come lui. Questa è sempre una sua fantasia ovviamente,
allora a quel punto non ha più la stima, la deferenza, la riverenza e tutte
queste cose e farà di tutto per abbatterlo cioè per
renderlo una persona di scarso valore, questo perché il suo unico obiettivo è
rimanere il più furbo, più intelligente, il più interessante, il più bello, il
più affascinante, il più desiderabile e il più meraviglioso essere del pianeta.
Tutte cose delle quali il paranoico ha l’assoluta certezza che gli appartengano tranne in alcuni casi rarissimi appunto dove
invece si trova di fronte a una persona della quale teme il giudizio e allora
deve eliminare, abbattere questo ostacolo perché è una persona pericolosa, che
potrebbe annientarla, sempre nella sua fantasia si intende e quindi deve
eliminarla e il modo che utilizza per eliminarla è quello che ti ho descritto,
ridurla una persona di nessun conto, piccola, inutile e dannosa, una volta che
ha ottenuto questo obiettivo abbandona, se è in analisi, abbandona l’analisi, se
ci riesce naturalmente. E allora che si fa con il paranoico
Eleonora? La condotta da tenere in questo caso è sempre la stessa, sia
in analisi che fuori dall’analisi, mantenere sempre, a
qualunque costo, una gentilezza assolutamente distaccata, il paranoico farà di
tutto per entrare in confidenza con te e questo non dovrà succedere mai per
nessun motivo, finché tu manterrai questa distanza infinita, finché la persona continuerà
a pensare che fra te e lei c’è una distanza infinita questa persona non ti
lascerà mai perché tu in questo modo sottolinei il suo timore in un certo
senso, mantieni il suo timore anziché, come apparentemente lui fa finta di
chiedere, di toglierglielo questo timore per usarlo contro di te, tieni conto
che in una analisi se tu ti trovi nella posizione dell’analista qualunque cosa
tu dica prima o poi verrà usata contro di te. Dunque
nel modo che abbiamo descritto farà di tutto per ottenere la tua fiducia, il
tuo consenso, il tuo affetto e lo userà contro di te, ecco, basta saperlo. Bene,
avvertita di questo possiamo proseguire, cos’è che ci manca ancora da dire
sulla figura, sulla posizione, sullo statuto dell’analista? Nadia, c’è qualcosa
che ci è sfuggito, che non abbiamo detto
dell’analista? Cosa occorre che faccia? O che non faccia, a
seconda dei casi…
Intervento:…ù
Perché va dall’analista il paranoico? La
sua domanda è legittima in effetti, in teoria dovrebbe tenersi lontano però ci sono delle situazioni in cui per esempio o
ha un disagio molto forte, il paranoico può cadere in depressione per esempio,
e allora in quel caso tutto ciò che lo rendeva forte e saldo e sicuro crolla
all’improvviso, fino a rinsaldarsi magari dopo, ma in quel momento è smarrito,
ecco che allora eventualmente può ricorrere all’analista per qualche acciacco,
in alcuni casi invece inizia l’analisi proprio per il motivo che indicavo prima
e cioè per dimostrare ancora una volta che comunque lui ha ragione e cioè che è
il più intelligente, più forte, più tenace dell’analista…
Intervento: una sorta
di sfida…
Sì, queste sono le persone che saltano da un analista
all’altro in genere, per dimostrare comunque sempre la
propria forza, il proprio potere in definitiva che deve manifestare ciascuna
volta piegando l’altro, in molti casi la stessa cosa avviene anche nelle
relazioni sentimentali, passando molti partner per un motivo del genere, non
necessariamente ma può capitare che sia questo il motivo…
Intervento:…
Quello che dici è vero, in effetti
c’è una sorta di oscillazione tra il discorso ossessivo e discorso paranoico,
cioè la persona oscilla tra le due posizioni, tendenzialmente un ossessivo se
si psicotizza diventa paranoico, ma in alcuni casi oscilla tra le due
posizioni, a seconda dei casi certo se una fase paranoica giunge a una
depressione forte può volgersi in un discorso ossessivo e allora tutte le
certezze si trasformano di colpo in dubbio, può succedere…
Intervento: un
paranoico crede in dio?
Non necessariamente, ci furono alcuni mistici che erano
molto più prossimi al discorso isterico, i flagellanti sono più vicini al
discorso isterico, che deve flagellarsi, deve mortificare, massacrare il suo
corpo perché il corpo è la sede di ogni peccato e
traviamento sì, l’ossessivo invece ha fede perché in tutti i suoi dubbi
immagina che ci sia qualcuno che non ne ha, dio in questo caso, e poi consente
di svolgere tutta una serie di cerimoniali a cui l’ossessivo tiene tantissimo,
mentre il paranoico diventa fedele per il fatto che è una sua decisione, lui ha
deciso perché lui sa che quello è il dio vero e quindi a questo punto deve
difenderlo assolutamente. Ha mai pensato che si potrebbe
considerare la religione, la religiosità, la fede, una malattia?
Intervento: sì
Ecco, facendo il verso agli psicologi che considerano la
vivacità di un bimbetto di sei anni una malattia, anche la fede al pari
potrebbe essere considerata una malattia da curare e non con l’aspirina. Sandro
cosa dice? Cosa ci resta da dire sull’analista che
sarebbe il caso di affrontare? Sono cose che non si trovano scritte da nessuna
parte in genere…
Intervento:
è anche molto interessante il discorso ossessivo che parte da una posizione di
secondo, il paranoico punta a essere sempre il primo,
il dio… le paure del paranoico sono che gli altri ce l’abbiano con lui proprio
perché lui è il primo, quindi è sempre una posizione di difesa anche, perché
ritiene essere il migliore, muove dall’invidia nei suoi confronti (ha sempre
paura che gli rubino le cose… l’ossessivo è più articolato non è così evidente
la cosa… è più interessante in un certo senso perché si tratta poi di scoprire
le carte… il paranoico gioca a carte scoperte, l’ossessivo gioca a carte
coperte ma anche lui punta a vincere la partita…
In effetti sono tutti e quattro modi in cui si
trova la via per affermare la propria verità: Il paranoico esponendola: “questa
è la verità e tanto basta perché io lo so”. Soltanto un paranoico potrà dirvi
“adesso ti dico io come stanno le cose”, l’ossessivo non dirà mai una cosa del
genere, l’ossessivo dirà io non lo so, aspetta che lo diciate voi per poi dire che non è così. Mentre l’isteria dice una cosa che è
una verità assoluta però non è sua, è una verità della
quale lei si fa solo portavoce, le cose stanno così, perché si fa così, non
perché lo dico io, ma perché si fa così, perché così hanno stabilito, nessuno
sa bene perché né come ma è così…
Intervento: la
questione della donna che utilizza strumenti per raggiungere il suo scopo…
È portavoce di questa verità. Sono modi diversi per
potere affermare la propria verità, a seconda della
piega che prende si possono distinguere i discorsi, come vi dicevo all’inizio
in termini teorici hanno scarsissima utilità, in termini retorici invece
potrebbe essere utile conoscere queste figure…
Intervento: e la figura
dello schizofrenico?
Per lo schizofrenico la verità
è come esplosa in miliardi di frammenti, ciascuno dei quali di per sé non
significa niente ma non riesce a rimetterli insieme, però se ci riesce allora
fa qualcosa di notevole. Dicevamo della retorica perché la retorica è fatta di figure, come ciascuno di voi sa, cioè di modi in
cui le cose si dicono e questi discorsi non sono altro che i modi in cui si
dicono delle cose, in questo caso particolare la propria verità, il modo in cui
si dice.
L’obiettivo dell’analista è 1) fare in modo che la
persona prosegua 2) che intenda quello che dice 3) che sappia perché pensa le
cose che pensa. Questo è la direttrice lungo la quale
si muove quindi il primo obiettivo è che la persona continui a parlare, quindi farà
di tutto perché continui a parlare…
Intervento:…
In alcuni casi può anche fare questo, assecondare senza tuttavia
cadere banalmente e ingenuamente nelle trappole del paranoico, anche perché se
facesse così il paranoico interromperebbe l’analisi e questo non è il suo
obiettivo, quindi occorre mantenere la distanza che rimarrà sempre incolmabile…
Intervento: per quanto riguarda il discorso schizofrenico mi venivano in mente le
parole di Freud che parlava della struttura e mostrava le differenze fra la parlata
di un isterica e di una schizofrenica, la quale schizofrenica ha un modo
particolare di dire le cose per cui tutta una serie di pensieri viene
condensata in pochi termini che sono quelli che trainano il discorso di quella
persona e questo mi sembra interessante che ne so? “mi ha messa in una falsa
posizione” questa falsa posizione sta a significare
tutta una serie di pensieri che partivano da un’altra figura retorica ma
trattata come figura retorica non come il reale dell’isterica, come se qui il
piacere fosse dato proprio dal gioco di parola… in fondo la frantumazione della
“realtà” che funziona e che ha un motivo nel giudizio porta giocare con le
parole, a trarre il piacere dalle parole come quando si installa il linguaggio…
è molto interessante, anche la poesia è un gioco di parola…”
Va bene, allora la prossima volta vediamo di riassumere
tutta la questione dell’analista, e poi incominceremo a preparare le
conferenze.