7-6-2006
Kant nella seconda prefazione alla Critica della Ragion
Pura considera che è imbarazzante per la filosofia il fatto che l’esistenza su
cui si basa tutto non sia provabile in modo assoluto. È curiosa questa
affermazione ed è anche interessante perché di fatto è così. Gli umani non sono
mai riusciti a dare una dimostrazione dell’esistenza, una dimostrazione
assoluta. Com’è che si forma il concetto di esistenza?
Naturalmente perché si formi un concetto, qualunque esso sia, occorre che ci
sia già il linguaggio ma c’è l’eventualità che
l’esistenza, e questa è una questione che abbiamo già posta un po’ di tempo fa,
si ponga immediatamente al momento in cui si installa il linguaggio, vale a
dire che il qualcosa che ciascuno pensa, si trova a pensare o a dire più
propriamente ancora, diventa o acquisisce la proprietà di esistente. Non che la
persona in quel momento si formuli la cosa in questi
termini, però probabilmente costituisce la prima forma di esistenza, non ciò
che vede o ciò che tocca o ciò che esperisce con i sensi ma ciò che inizia a
pensare di questa esperienza, quella è la prima traccia di esistenza; tocca le
cose, sente le cose ma non c’è nulla che organizzi queste sensazioni, e lui di
fatto non tocca né vede, né esperisce niente. Come dire
che l’esistenza è un concetto assolutamente linguistico, come abbiamo detto in
varie occasioni: non c’è esistenza senza linguaggio, perché come dicevo prima,
la prima forma, la prima traccia di esistenza è ciò che si dice, ciò che si
dice esiste e non ciò che vedo, né ciò che sento, potremmo dire che questo
registratore qui di fronte a me sente ciò che dico? Di fatto non lo sente, registra ma non sente niente, perché io possa sentire
occorre che ciò che ricevo sia organizzato dal linguaggio, nel momento in cui
incomincio a dire allora qualcosa incomincia a esistere, e ciò che incomincia a esistere non è altro che ciò che io dico,
poi che lo pensi o che lo dica è indifferente. Ciò che esiste, ciò che diciamo che esiste in realtà e dovremo sempre precisare
questa cosa, non ciò che esiste ma ciò che dico che esiste, non è altro che ciò
che io dico, le mie parole sono la prima forma di esistenza, la prima traccia
di esistenza. La prima cosa che inizia a darsi, a porsi e quindi a esistere, in effetti ciò che si dà, ciò che si pone per
ciascuno è considerato esistente per definizione, ma anche la definizione di
esistenza più banale che abbiamo fornita, e cioè ciò che cade sotto i sensi, in
realtà è ciò che si pone, ciò che si dà, ciò che si offre, è la prima cosa che ha
la possibilità di darsi, come dicevo non è ciò che cade sotto i sensi ma ciò
che dico, perché a questo punto dicendo qualcosa per il solo fatto di dirla,
cioè per il solo fatto di essere nel linguaggio, mi consente di stabilire, di
decidere, di avvertire che qualcosa c’è, se non ci fosse questa struttura che
chiamiamo linguaggio che ci consente di accorgerci che qualcosa c’è, cioè
esiste, si dà, si pone, interviene, avviene, quello che preferite, non ci
sarebbe nessuna esistenza, di nessun tipo, in nessun modo. Tutto il pensiero
degli umani, citavo prima la questione che pone Kant, e non è certo l’unico né
il primo, tutto il pensiero degli umani si è sempre dato molto da fare sul
concetto di esistenza perché basilare per il pensiero,
ma perché lo è? Anche questo non è che sia così automatico che sia, trovare un
fondamento all’esistenza; quello stesso fondamento che Kant avvertiva già
secoli fa che non si trova, e in effetti se non si
considerano le cose nei termini in cui le abbiamo considerate adesso non si
trova né si troverà mai. Potremmo addirittura, tagliando una serie di passaggi,
affermare che l’esistenza è il linguaggio, non sono distinguibili, il
linguaggio non è altro che una sequenza di istruzioni
per costruire proposizioni come sappiamo, e l’esistenza è questo, una sequenza
di istruzioni per costruire proposizioni. Perché è
questo? Perché questa sequenza di istruzioni che
chiamiamo linguaggio rappresenta la condizione non solo per potere pensare
l’esistenza ma per poterla percepire e per poterla percepire occorre che io
possa organizzare delle informazioni grazie al linguaggio e quindi poterne dire.
Dicendo che l’esistenza è il linguaggio si dice molto
in realtà, certo abbiamo detto in varie circostanze che in assenza di
linguaggio non c’è nessuna possibilità di provare l’esistenza della percezione,
perché per verificare una cosa del genere dovrei uscire dal linguaggio e da lì
mettere alla prova questa affermazione, ma con cosa metto alla prova
un’affermazione senza linguaggio? Si tratta qui di una ipotesi
che non può essere verificata, e una ipotesi che in nessun modo può essere
verificata è niente, e quindi l’affermazione che dice che la percezione si
darebbe anche in assenza di linguaggio è niente, sarebbe come dire che non ci
sarebbe percezione senza un dio che la rendesse possibile, sarebbe uguale…
Intervento: è quello
che pensano gli umani...
Questo non significa niente. La questione dell’esistenza
è importante, dire come ho appena detto che
l’esistenza è il linguaggio ha delle implicazioni come potete facilmente
immaginare, la prima di queste è che si incomincia ad accorgersi, a pensare
l’esistenza al momento in cui c’è il linguaggio, prima questo non può avvenire
in nessun modo, l’altra è che a questo punto ci si sbarazza di tutta una serie
di questioni che riguardavano il fatto che l’esistenza possa darsi oppure no in
assenza di linguaggio ma da ultimo la considerazione più importante è questa e
cioè che di fatto l’esistenza non può essere altro se non il linguaggio. Perché
è l’unica cosa che esiste ed è l’unica cosa che esiste per il semplice fatto
che è l’unica cosa che costruisce l’esistenza, la costruisce letteralmente, in base a una serie di giochi che vengono posti, giochi
linguistici che conducono a questa conclusione: esiste. Il tutto a partire dal fatto che le cose incominciano a esistere nel
momento in cui comincio a parlare, torno a dirvi la prima cosa che esiste è la
prima cosa che io dico, e questa rappresenta il modello di ogni esistenza.
L’esistenza, le cose, ciò che si dà, dicevamo prima,
ciò che avviene e si pone innanzi, l’etimo di oggetto come sapete è proprio
questo ciò che si pone innanzi, obiectum, ciò che è gettato innanzi, si getta innanzi oppure si
getta contro, in effetti si possono accogliere entrambe gli etimi, ma perché
questo fenomeno possa darsi cioè qualcosa mi venga incontro abbiamo appena
detto che è necessario che ci sia il linguaggio se no non viene incontro niente.
Esattamente così come questo aggeggio, il registratore,
se lo sollevo in alto e lo lascio cadere per terra lui si spacca, ma sa che sta
per andare incontro a distruzione? E così al pari di
quel registratore non potrei percepire nulla che mi venga incontro, qualcuno
potrebbe dire: ma io vedo e il registratore no. Quella videocamera che è appesa
lassù se accesa, opportunamente accesa, mi vede che arrivo e se volete mi
mostra anche sul monitor, può fare ingrandimenti, può fare un sacco di cose,
ecco, si accorge di un pericolo incombente? Si accorge che io mi sto
avvicinando oppure no? Giustamente Cesare si chiederebbe: che senso ha questa
domanda? Non ha nessuna risposta, e direbbe bene, e quindi ogni cosa che andiamo dicendo e facendo ci conduce in questa direzione:
nell’affermare che il linguaggio è l’esistenza e non viceversa, che non è la
stessa cosa. Perché ad un certo punto si è costruito,
inventato un altro termine? Se sono la stessa cosa ne
bastava uno e invece no. Si sono differenziati il linguaggio e l’esistenza,
così come infinite altre cose, ché semplicemente non c’è all’inizio la
possibilità di accorgersi di una cosa del genere, noi abbiamo potuto farlo
perché abbiamo compiuto un lavoro notevole, se no non c’è nessuna possibilità
di accorgersi di una cosa del genere, cioè che il linguaggio è l’esistenza,
perché gli umani mentono a se stessi in prima istanza e di conseguenza anche al
prossimo, e così per una serie di motivi si è reso necessario per controllare
gli umani ingannarli, almeno da quando c’è traccia di loro avviene così. Cosa sia avvenuto prima non sappiamo però in fondo è la struttura
su cui si fonda ogni pensare religioso: le cose esistono indipendentemente dal
linguaggio, cioè esistono di per sé e di conseguenza impongano l’obbedienza,
prima fra tutte la natura, il concetto di natura eterna e immutabile, non è
vero, però ha funzionato e continua a funzionare questa idea che ci sia una
necessità al di là degli umani e quindi al di là del linguaggio. Ma al di là di queste amenità rimane il fatto che la prima
struttura, la prima forma di esistenza è ciò che si dice e non potrebbe essere altrimenti,
perché finché non dico che una certa cosa è quella cosa e non mi rendo conto di
questo fatto, non c’è alcuna esistenza…
Interevento: può avere
delle conseguenze enormi all’interno della società porre l’ordine delle cose al
di fuori del linguaggio, di per sé che in qualche modo impone una sorta di
necessità e quindi di una sorta di istanza superiore… su
questa base si è impostato tutto il discorso sulla società… visto che parlavamo
del terrore la volta scorsa, sul terrorismo… chiaramente si fonda su questo, mi
sembra un discorso piuttosto complesso da fare ma piuttosto…
In fondo è abbastanza semplice nella struttura generale:
se io voglio obbligare qualcuno a lavorare per me ed arricchirmi, bisogna che
io dia dei buoni motivi, non basta che glielo dica, ci vuole qualcosa di
convincente…
Interevento: ci vuole
qualcosa che trasformi il lavoro in una vocazione allora io lo seguo come
progetto di vita…
Se si riesce a fare credere all’esistenza di una ragione
superiore e in seguito a questo fatto si dice che
questa ragione superiore lo esige, allora a quel punto la persona lavorerà per
me perché non potrà non farlo, e i figli che nasceranno naturalmente saranno
educati alla stessa cosa, e io costruirò una struttura che si chiama scuola
dove questo insegnamento sarà perpetuato all’infinito e tutti lavoreranno per
me, e con questo avrò soddisfatto un’esigenza che è quella di avere il
controllo e la ragione di conseguenza su tutti, che in fondo è ciò che ciascuno
tenta di avere. La ragione suprema è l’esistente per definizione, in fondo dio
è ciò che risponde a questo requisito…
Interevento:…
Esattamente certo, c’è sempre la possibilità che
qualcuno sufficientemente abile la metta in
discussione ma se questa è la parola di dio, lui può mettere in discussione qualunque
cosa tanto dio non risponde. E cosa avviene quando si
costruisce la nozione di esistenza? Da quel momento le cose incominciano a esistere ovviamente, però esistendo in questo modo, in
quanto ciascuno viene addestrato a pensare che esistono, cioè stiano fuori di
me, mettiamola così, questo non va senza implicazioni, perché questo concetto
va a sostenere tutto ciò che diceva Sandro prima e cioè il potere, il potere
dell’uno sull’altro, occorre stabilire come stanno le cose ma per poterlo
stabilire occorre che esistano e perché esistano in quel certo modo occorre
addestrare la persona a pensare in quel modo e a questo appunto, come dicevo
prima, provvede quella struttura che si chiama scuola, il cui l’unico compito è
mantenere la superstizione corrente, tra cui la principale è proprio questa:
che le cose esistono, che le cose ci sono e sono raccontabili, ecco la
letteratura, sono disponibili in ordine cronologico di qui la storia, sono
misurabili, la matematica e la geometria, sono conoscibili di qui la scienza,
varie discipline a seconda del modo in cui si impone questa superstizione...
Interevento: il
concetto di esistenza è associato al concetto di
verità
È sempre stato associato, ciò che esiste è vero per
definizione…
Interevento: per il
solo fatto di affermare qualche cosa non solo esiste
ma è anche vero, e quando un altro affermerà il contrario da lì nascerà la
necessità di trovare cosa sia effettivamente vero e la necessità di trovare un
criterio superiore, la verità suprema può garantire da quale parte sta la
ragione…
Le dirò di più, è necessario che sia così, è necessario
per il funzionamento del linguaggio, ciò che esiste, cioè
il linguaggio, è anche automaticamente vero, infatti il concludere una certa
sequenza con una affermazione vera è ciò che consente di proseguire, può
tradurre questo con “allora esiste”, se non lo può fare allora è falsa, quindi
non esiste, e oltre a questo nel momento in cui il linguaggio stabilisce che
una qualche cosa esiste da quel momento non può più cancellarlo, cioè esiste per
sempre, se potesse cancellarlo, se potesse dire che non esiste allora
quell’elemento sarebbe un elemento linguistico e anche non lo sarebbe
simultaneamente, se non fosse un elemento linguistico non sarebbe più, per
definizione, connesso con altri elementi linguistici quindi non sarebbe più
utilizzabile dal linguaggio, non sarebbe più niente, cioè non esisterebbe
letteralmente. E gli umani funzionano così, naturalmente non sapendolo fanno
una sorta di rappresentazione, di messa in scena di tutto questo, anche perché
non possono funzionare in altro modo, dicendo che una
certa cosa esiste e quindi se esiste è vera, è e non può non essere, soddisfano
un requisito del linguaggio, non stanno filosofeggiando, ma mettono in atto la
struttura di cui sono fatti, esponendola in modo molto rozzo e molto stupido in
alcuni casi perché non si accorgono che ciò che stanno facendo è ciò che il
linguaggio li costringe a fare, se qualcosa esiste per il linguaggio, e non può
esistere altrimenti che per il linguaggio, vuol dire che è un elemento
linguistico e quindi non può non esserlo, dal momento in cui è nel linguaggio è
un elemento linguistico necessariamente, non può non esserlo, quindi
quell’esistenza è sinonimo di verità ed è un’esistenza assoluta…
Intervento: anche
dichiarare che qualcosa non esiste comunque esiste
come elemento linguistico
Si può affermare che qualcosa non esiste, ma in ambito
retorico, allora sì, in ambito retorico può fare
qualunque cosa, si può anche affermare che la neve è nera, che “prima” è “dopo”,
si può fare qualunque cosa ma logicamente e intendo qui con logica la struttura
del linguaggio no, non è possibile farlo, non è possibile che il linguaggio
affermi che qualcosa non esiste, se lo afferma lo sta dicendo e quindi esiste,
esiste in quanto si sta dicendo qualcosa, e quindi esiste. Distinguiamo a scopo
didattico il discorso dal linguaggio, linguaggio come sistema operativo, la
struttura che fa funzionare tutto e il discorso, il funzionamento, come dire che il linguaggio può costruire qualunque cosa e il
discorso è ciò che di volta in volta costruisce, il discorso è retorico anche
se ovviamente è sorretto dalla logica quindi dal funzionamento del linguaggio,
e il discorso può dire che una certa cosa non esiste perché si riferisce a giochi
linguistici mentre il linguaggio si riferisce solo a se stesso, ché è l’unico
gioco che consente di costruire tutti i giochi e dal quale non si può uscire. Il
discorso può negare qualunque cosa all’interno dei giochi, le regole servono
proprio a questo, a stabilire quali mosse sono consentite e quali no, e quindi
alcune mosse le nega, il linguaggio non può negare
perché negherebbe l’esistenza e non può fare una cosa del genere, si
autodistruggerebbe e pare che non lo possa fare. L’esistenza di fatto, una
volta che c’è, esiste, potremmo dire per sempre cioè
per tutta la durata del linguaggio ed è ciò che intendiamo comunemente con “per
sempre”, non abbiamo altri modi di pensare, potremmo anche aggiungere come corollario
che ciò che esiste non può non esistere, gli è impedito, è come dire che ciò
che appartiene al linguaggio non può cessare di appartenergli, è una cosa che
non può fare pena la sua stessa distruzione…
Intervento: potere
considerare che tutto ciò che esiste lo faccio esistere
dicendolo comporta un modo…
Questo: “lo faccio esistere
dicendolo”…
Intervento: Sandro
diceva del cambiamento di visuale potendo considerare la necessità quindi
l’inganno cui gli umani sono sottoposti da loro
stessi…
Sì, è sempre la stessa nobile menzogna di cui parla Platone
nella Repubblica…
Intervento: ecco perché
in questo momento stavo considerando quello che abbiamo
detto della difficoltà di fare accogliere ciò che andiamo dicendo ad un
pubblico che parla quindi è linguaggio però considera la dualità cioè la cosa
fuori di sé, mentre poter considerare appunto che il linguaggio è l’esistenza
comporta un modo differente di costruire…
Sì, questa sera ho svolta l’affermazione che pronunciai
nell’ultima conferenza, quando dissi che il linguaggio
è la vita, è la stessa cosa…
Intervento: lei diceva che la difficoltà che ha un pubblico di ascoltare
quello che noi andiamo dicendo è che noi mentre parliamo mostriamo il
funzionamento in atto del linguaggio, beh considerare che il linguaggio è
l’esistenza appunto comporta porre in atto il funzionamento del linguaggio e
quindi continuamente trovarsi a compiere quelle che sono le operazioni del
linguaggio cioè l’operazione di individuare un elemento e quindi renderlo
uguale a sé e quindi continuare a costruire proposizioni… è complessa la
questione
Perché dovremmo preoccuparci di renderla
più semplice… va bene, e quindi come proseguiamo mercoledì prossimo? In quale
direzione? Dovremo riprendere la questione di mercoledì scorso tenendo conto di
quanto detto adesso.