INDIETRO

 

 

7-4-2010

 

Elisa avrebbe dovuto commentare un articoletto di un certo Antonello Sciacchitano che non so che formazione abbia seguita, ma pare che sia lacaniano. Elisa era partita con grande entusiasmo e poi invece dovrò dire io qualcosa. Io invece che prendo le cose sul serio mi sono andato a vedere questi tre articoletti in modo da poterne dire qualcosa. Ciò che è più interessante a questo punto non è tanto fare un’analisi del contenuto di quello che scrive, ma fare un’analisi retorica e intendere come di fatto si costruisce una teoria, una qualunque teoria senza nessun fondamento. Inizia così: “in psicanalisi l’oggetto non è un dato a priori consistente e immutabile ab eterno, indipendente dal soggetto ma è una costruzione epistemica prodotta dal soggetto in modo variabile nel tempo” questo potrebbe essere considerato l’esordio, in psicanalisi, dice, l’oggetto non è un dato a priori, che è un’affermazione impegnativa, anche perché leggendo una cosa del genere ci si aspetta che almeno nel prosieguo la cosa venga illustrata in modo più articolato e cioè venga fornita o esibita una sorta di prova di un’affermazione del genere, non basta dire che l’oggetto non è a priori, non vuole dire niente, io dico che è a posteriori e allora? Dice che è una costruzione epistemica, cosa vuole dire epistemica? Con episteme si intende una conoscenza certa, consolidata, da cui epistemologia, lui si chiede che cos’è una cosa epistemica. A questo punto introduce, dopo avere fatto quest’affermazione, che l’oggetto non è un dato a priori, affermazione assolutamente arbitraria e non provabile in nessun modo, inserisce una definizione tecnica come "cosa epistemica" e questo retoricamente ha una funzione, come dire che l’asserto precedente che non viene sostenuto, non è provato in nessun modo, viene consolidato surrettiziamente da una definizione tecnica, cos’è una cosa epistemica? Dice: "una cosa epistemica è un montaggio"; perché dice che è un montaggio? L’episteme non è propriamente un montaggio, ora l’abilità sta in questo: nel costruire una sequenza di affermazioni che non sono provate ma che rinviano una all’altra e ogni volta che c’è un rinvio c’è una precisazione tecnica che però non spiega quello precedente, come dire che il lettore è condotto a supporre che siccome mano a mano vengono inseriti elementi tecnici, spiegazioni tecniche di ciò che viene detto, questo a posteriori confermi e conforti gli assunti di partenza, come si trasse di un testo di un certo spessore teorico, cosa che non è. Poi parla del principio intuizionista di cui abbiamo parlato la volta scorsa, dell’intuizionismo ne abbiamo detto più che a sufficienza, e dice che esiste un oggetto solo se si può esibirne una costruzione, sono tutte affermazioni delle quali lui di fatto non dice niente, non interroga cioè nulla di ciò che afferma: un oggetto esiste solo se si può esibirne una costruzione, cosa vuole dire? Detta così sembra una cosa bella ma non significa niente, per esempio, ha appena detto che l’oggetto è una sorta di montaggio, l’oggetto sarebbe la cosa epistemica. Già si porrebbe una questione e cioè se l’oggetto è effettivamente qualcosa che il soggetto costruisce, come dirà dopo, come è possibile esibirne la costruzione? Si può esibirne eventualmente un algoritmo, l’algoritmo non è nient’altro che una procedura per risolvere un calcolo, quindi già dire che l’oggetto esiste solo se si può esibirne una costruzione è problematico perché se la costruzione, come dice lui, è infinita, un montaggio infinito, come faccio a esibirla? Occorre che ad un certo punto questa macchina che calcola si fermi per potere dire che è una costruzione, ma se va avanti all’infinito? Infatti poi ci sarà una citazione a questo riguardo che concerne il problema della fermata della macchina di Turing. Poi parla di una negazione che non nega sempre e di questo abbiamo detto la volta scorsa e non ci dobbiamo soffermare; “ora la cosa epistemica per antonomasia è l’infinito che è l’oggetto della scienza moderna” diamogli per buono che l’oggetto della scienza moderna sia l’infinito, supponiamo che sia così, quindi pone l’accento sull’infinito, ricordatevelo bene “l’infinito come oggetto, in particolare come oggetto del desiderio” "l’infinito è un oggetto difficile da costruire non essendo concettualizzabile in modo esaustivo", ovviamente per definizione quindi non è un oggetto costruibile come abbiamo appena visto, se non è costruibile allora non è un oggetto né epistemico né di altra natura. Questo è anche un esercizio per quando leggete le cose, per leggerle in modo un pochino meno ingenuo, per non bersi proprio qualunque cosa “l’oggetto della scienza che secondo me, dice giustamente, coincide con l’oggetto del desiderio della psicanalisi esiste meno dell’oggetto della conoscenza” cosa vuole dire che esiste meno, esiste di più? O come dice subito dopo “è meno categoricamente definibile” però come è possibile stabilire una scala per cui una cosa è più o meno definibile? O è definibile o non è definibile, il fatto che lo sia di più o di meno non significa niente, può essere difficilmente definibile ma questo è un altro discorso, o è definibile o non è definibile, per altro poi vedremo che si contraddice ulteriormente a proposito di Turing “è un oggetto sfuggente direbbe Brouwer (che è il teorico della logica intuizionista) sfugge non è né empirico perché non si può farne esperienza, perché non si trova in natura né razionale si può circoscriverlo con un oggetto (questo è sempre l’oggetto il soggetto) perché non è categoricamente definibile come qualche cosa che è come è e non può essere altrimenti (sarebbe l’essenza di filosofica memoria) direi che si può sperimentare ma non farne esperienza diretta, se ne raccolgono tracce mediante una strumentazione astratta o concreta gravida di teoria - direbbe Bachelard - ma non può essere percepito o concepito immediatamente come qualcosa”. Qui c’è una sorta di rimando a qualcosa di misterioso, di enigmatico, di inconoscibile che sta lì sullo sfondo e non si sa bene cosa sia. Vuole arrivare all’oggetto della psicanalisi partendo dalla negazione dell’oggetto in quanto tale, oggetto, letteralmente ciò che sta di fronte, ciò che è gettato contro che può essere percepito dall’esperienza ma non può essere percepito dall’esperienza, rimane una cosa così, che non si capisce bene, “la scienza tratta l’infinito che è una struttura non categorica, non può essere chiuso in categoria, e quindi non è cognitiva" (perché lui distingue fra oggetto della scienza e oggetto cognitivo, l’oggetto della scienza secondo lui è l’infinito, qualcosa che rimanda sempre a qualche cos’altro, ché non è racchiudibile mentre l’oggetto della conoscenza è quello categorizzabile cioè chiuso in categorie). Poi incomincia a parlare della psicanalisi, aveva appena accennato prima dicendo dell’oggetto del desiderio “esiste un oggetto finito del desiderio? La mia risposta è affermativa, secondo me l’oggetto finito del desiderio è il feticcio la mia tesi metapsicologia è semplice quando l’oggetto del desiderio da infinito che è diventa finito, ad esempio per orrore dell’infinito o della castrazione, allora si instaurano due patologie sessuali la perversione nel maschio e la femmina l’anoressia”. Ho saltato qualche cosa ma questi sono i punti fondamentali: si chiede se esiste un oggetto finito del desiderio, prima ha parlato dell’oggetto in quanto infinito, l’oggetto epistemico che è appunto infinito. C’è un problema perché l’oggetto esiste solo se può esibirne una costruzione ...

Intervento: però se l’infinito non è costruibile ...

Esatto, quindi la macchina non si ferma nel calcolo e quindi la costruzione non c’è mai di fatto ...

Intervento: e quindi?

Non si sa. Poi dice a un certo punto che “la verità è un oggetto” anche la verità è un oggetto “Frege sancisce il decadere in epoca scientifica del principio di verità come adeguamento dell’idea alla cosa". Dice che la verità è la cosa stessa, quale cosa? La cosa della scienza, cioè l’infinito, la verità è l’infinito, naturalmente non dice perché ...

Intervento: vuol dire che non si troverà mai?

È qualcosa di abbastanza simile alla tesi di Popper, qualcosa che contrasta con ciò che ha detto all’inizio e vale a dire che l’oggetto esiste solo se si può esibirne una costruzione. La verità è l’infinito, poi ciò cui si riferiva lei è questo “è un oggetto sfuggente non si può farne esperienza, si può sperimentare ma non farne esperienza” quindi lei può sperimentarla ma non farne esperienza. Ancora, “se la cosa è l’infinito (cioè la verità) e l’infinito è un oggetto non categorico cioè non racchiudibile allora della cosa cioè della verità non si può dare la rappresentazione corretta ed essenziale” cioè non è rappresentabile in nessun modo, non è categorizzabile, non è racchiudibile da nessuna parte, “la descrizione della nostra attività mentale richiede da una parte un contenuto oggettivamente dato (un quid) contrapposto a un soggetto percipiente mentre d’altro canto come è già implicito in questa asserzione (peccato che non la rende esplicita) una netta separazione tra soggetto e oggetto non può venire sostenuta in quanto anche quest’ultimo appartiene al nostro contenuto mentale”. Dunque non c’è una netta separazione tra soggetto e oggetto, anche in questo caso dice che la separazione c’è ma non è netta, cosa che lascia aperte tutte le possibilità, può esserci e può non esserci, in base a quale criterio questo non è detto, però in questo modo si costruisce una teoria su affermazioni che lasciano aperta ogni possibilità, quindi anche la contraria, e in questo risultano persuasive, questa teoria come molte altre, compresa quella di Lacan ma non solo lui, perché lasciando aperte tutte le possibilità e danno l’opportunità di rintuzzare eventuali attacchi capovolgendo le definizioni, modificandole secondo la bisogna …

Intervento: ...

Non è un logico intuizionista, è uno psicanalista, però utilizza l’intuizionismo perché a suo parere è una logica che reintroduce il vero e il falso simultanei all’interno di uno stesso sistema, dunque questa netta separazione del soggetto e oggetto non può venire sostenuta, ricordatevela questa, pochi brani dopo dice “il concetto di coscienza richiede dunque una distinzione tra soggetto e oggetto l’esistenza di tale distinzione è una necessità logica” ...

Intervento: non ho capito ...

Allora, prima dice: “una netta separazione tra soggetto e oggetto non può venire sostenuta /…/ il concetto di coscienza richiede dunque una distinzione tra soggetto e oggetto, l’esistenza di tale distinzione è una necessità logica”. Di seguito “che l’oggetto sia una costruzione del soggetto creativo (adesso abbiamo introdotto anche il soggetto creativo) è un assioma intuizionista, il fondatore dell’intuizionismo Brouwer che pure non amava l’approccio assiomatico, supponeva che l’oggetto fosse una costruzione mentale in opposizione alla matematica formalista proposta da Hilbert e propagandata con gli strumenti dell’assiomatica”. Vedete, anche qui l’uso dei termini che è importante, qui usa: “proposta da Hilbert e propagandata”, usa questo participio passato “propagandata”, ora propagandare, questo termine inserito all’interno di un testo teorico, che vorrebbe essere teorico, ha la funzione di screditare leggermente questa posizione. Sono importanti le parole che vengono usate “Brouwer riteneva che la matematica non fosse senza un proprio oggetto specifico (vi ricordate di Wittgenstein, di Russel che dicevano che in fondo la logica è quella disciplina che parla di niente in realtà, invece Brouwer dice che la matematica non è senza un proprio oggetto specifico che è l’infinito) e che tale oggetto risiedesse nella mente dov’era reperibile con un atto introspettivo dell’intuizione”, ora lui si accorge (Sciacchitano) che “la fallacia della mente si regge sul presupposto che esiste un piccolo uomo dentro l’uomo", cioè critica anche lui giustamente questa posizione “ora con l’analisi si dovrebbe tuttavia ridurre la necessità di queste costruzioni mentali /…/ analisi come potatura della mente dalle efflorescenze parassite” è un richiamo alla medicina e anche alla botanica, c’è qualche cosa che non va, che deve essere sradicato letteralmente, il richiamo retorico alla botanica indica proprio questo: le erbacce da estirpare, fate attenzione ché è divertente, allora per avvalorare in fondo sempre la questione dell’intuizionismo cioè dell’assenza del terzo escluso lui dice anche questo: “nel tempo epistemico non vale la legge dell’isocronismo del pendolo /.../ gli istanti epistemici (che sarebbero gli istanti intesi in modo epistemico come lo intende lui) non sono uniformemente distribuiti lungo l’asse temporale ma si addensano man mano che si procede verso la conclusione (si addensano come le nubi)”. Come vedete c'è un’oscillazione continua tra dei termini che vorrebbero essere assolutamente tecnici e precisi e termini che sono assolutamente vaghi, imprecisi e imprecisabili come questo, a parte l’efflorescenza parassita “si addensano man mano che si procede verso la conclusione si potrebbe dire che il tempo epistemico corre sempre più veloce man mano che avanza quasi che fosse uniformemente accelerato” si potrebbe dire, quasi, quasi, come se “il fascino dell’infinito continuo”. Fascino che prende lui, io non sono per niente affascinato dall’infinto continuo, né dal continuo né dal discreto, “Il fascino dell’infinito continuo - valga per tutti il più affascinante dei suoi modelli: il continuo temporale - proviene dal fatto singolare che contiene più ricchezza strutturale di quanto il linguaggio ne possa esprimere". Come lo sa? Chi glielo ha detto? Da dove viene questa affermazione che dice con assoluta certezza? Perché? Forse il suo linguaggio non saprà esprimere, perché non è abbastanza addestrato, ma come si fa a sostenere una cosa del genere? È come dire che le emozioni non hanno parole per esprimersi, ma non può fare della propria incapacità un principio universale “In un certo senso il continuo è intraducibile a parole in modo esaustivo. Non è neppure adeguatamente metaforizzabile. Costituisce, perciò, una sfida radicale al logocentrismo. Se l’oggetto è continuo, la teoria ne perde gran parte. (In questo senso e solo in questo senso è ammissibile la dottrina lacaniana dell’oggetto perduto). Per esempio, nel continuo esistono posizioni che non possono essere determinate esattamente attraverso un algoritmo discreto e deterministico”. Lui non credo si sia formato con Lacan però è stato lacaniano per molto tempo e quindi ecco “nel continuo esistono posizioni che possono essere determinate esattamente attraverso un algoritmo discreto e deterministico” e qui arriviamo alla questione di Turing, il teorema della irrisolvibilità del problema della fermata. Si chiede a una macchina che deve compiere un certo calcolo se questa macchina riuscirà a un certo punto a concludere questo calcolo oppure no, se lo conclude si ferma, per esempio con un 1, se no viene fuori uno 0, zero vuole dire che non lo conclude. Uno dei quesiti che ponevano era questo: “ti fermerai qualora ti venga chiesto se non ti fermerai?”. In questo caso si determinerebbe una contraddizione cioè la macchina si ferma se e soltanto se non si ferma. Ciò che a lui interessa notare è che esistono delle cose che rimangono indecidibili comunque, cioè la macchina non può decidere se può fermarsi oppure no perché non sa se la catena, la combinatoria, avrà una fine oppure no, questo era importante quando si costruivano i calcolatori, sapere se la macchina riuscirà a trovare una soluzione di un certo problema entro un tempo ragionevole oppure no, quindi si è posto un problema con i calcolatori, questo problema è rimasto irresoluto, praticamente ci sono alcuni casi in cui la macchina non può decidere cioè non può costruire un algoritmo che dica se si fermerà oppure no, per esempio nel conteggio dei numeri naturali, comincia: uno, due, tre, n ... si chiede alla macchina “ti fermerai a un certo punto?” la macchina non ha un algoritmo. Non è possibile immettere un algoritmo che possa decidere di fronte a una domanda del genere se la macchina si fermerà oppure no, cioè se raggiungerà l’ultimo numero. Abbiamo detto in varie occasioni dell’infinito parlando degli assiomi di Peano: se io stabilisco che zero è un numero, è una mia decisione, io lo stabilisco, zero è un numero, avrei potuto anche dire questo accendino è un numero, tanto decido io e poi decido che se zero è un numero allora il successore di zero è un numero e ogni numero ha un successore, a questo punto ho creato l’infinito. Ma un conto è se io decido di creare una cosa che chiamo infinito in base a delle regole che stabilisco, altro è immaginare, come fa lui e molti altri, immaginare che esista in natura, che esista di per sé, che esista da qualche parte un infinito, non c’è da nessuna parte, è un concetto, un concetto teorico che è stato costruito. È chiaro che se stabilisco delle regole tali per cui dico che non ti fermerai, è come dire a una macchina: “tu non ti fermerai”, ti do questa istruzione, qualunque cosa succeda tu andrai avanti, la macchina andrà avanti finché non gli si stacca la spina. Ma se ripensate a ciò che è stato detto prima circa il concetto di oggetto, di infinito, di verità, sono dati ontologicamente, anche se lui naturalmente si picca di non fare della metafisica, di fatto li pone metafisicamente, o l’infinito è una costruzione, cioè è costruibile, cosa che si contraddice da sé, oppure è stabilito in base a delle istruzioni, che sono decisioni. Aggiunge ancora che ciò che secondo lui caratterizza l’ansia, l’angoscia degli umani, è il confronto con questo infinito, non so quanti fra voi sono angosciati dall’infinito ...

Intervento: io non sono soddisfatto della mia percezione dell’infinito non è angoscia però …

Non ho detto che non si può trovare nessuno che non si ponga questo problema, invece lui lo pone come una questione generale “il problema degli uomini è il confronto con l’infinito” è chiaro che molti se ne sono occupati anche matematici, logici, fisici, è ovvio, ma questo non autorizza ad affermare che per tutti gli umani il problema è l’infinito, è un’affermazione piuttosto impegnativa anche perché dovremmo o interrogare tutti gli umani presenti, passati e futuri naturalmente sperando che non ci mentano se no è un disastro totale, oppure partire dall’idea che questo sia un principio fondamentale, indimostrabile naturalmente “che gli umani hanno paura dell’infinito”. L’infinito non può fare nessuna paura, è una costruzione, è come costruire una macchina a cui si da un comando “da questo momento in poi tutti i successori hanno un numero etc.” ho costruito l’infinito e bell’e fatto. Oppure posso costruire una cosa che invece infinito non è, basta dare altre istruzioni e diventa finito, come dire “fermati a un certo punto”, perché non dovrebbe, sono decisioni, istruzioni ...

Intervento: si potrebbe anche dire che senza il concetto di misura non potrebbe esistere ...

Anche certo, e senza il concetto di computabilità: è possibile un infinito non numerico? È un problema “la costruzione dell’oggetto è semplicemente una delle tante pratiche scientifiche che il soggetto della scienza ha inventato dai tempi di Galilei creando tanti oggetti diversi l’oggetto della matematica appunto l’infinito”. Ciò che a lui interessa, e sarebbe la trovata geniale, è che il desiderio in psicanalisi non è altro che, come ha accennato anche prima, solo che l’ha accennato, che l’oggetto della matematica, e cioè l’infinito: il desiderio come qualcosa di infinito. Possiamo anche decidere che il desiderio sia qualcosa di infinito o decidere che il desiderio è finito e produrre argomentazioni a favore e a contrario altrettanto potenti, per esempio se l’oggetto è infinito cosa succede in questo caso? Non potrà mai trovare nulla che lo soddisfi. Ecco qui, lui ha un’altra genialata e cioè ciascuno deve costruire pezzo per pezzo il suo desiderio, lo costruisce così come costruisce l’oggetto, a questo punto secondo lui cessa almeno in parte, perché è sempre molto vago, la paura dell’infinito e cioè l’angoscia esistenziale in definitiva. Ma l’infinito comporta anche un’altra contraddizione in sé, sia parlare di oggetto infinito che di desiderio infinito, vale a dire: se questa catena è infinita allora o è una mia decisione e allora effettivamente non troverà fine perché ho deciso così, oppure non lo posso sapere perché dovrei enumerare i desideri a uno a uno per sapere se il desiderio è infinito, come dovrebbe fare la macchina e al pari della macchina come faccio a saperlo? In effetti la nozione di infinito potremmo anche porla come una nozione autocontraddittoria per definizione, se è infinito non so se ha una fine oppure no e allora o lo ho deciso io allora è un’altra questione, se invece non l’ho deciso io ma l’infinito esiste di per sé in natura non lo saprò mai se è veramente infinito, se è infinito oppure no, in base a che cosa lo so? A questo punto potremmo dire che se allora il desiderio è infinito allora il desiderio è autocontraddittorio ed è questa autocontraddizione a costituire l’angoscia esistenziale degli umani, ecco! Ho costruito una teoria a fianco a quella di Sciacchitano altrettanto squinternata e altrettanto indimostrabile, però suggestiva ...

Intervento: nel percorso analitico questa costruzione pezzo per pezzo del desiderio ...

Sì, se volete possiamo anche dargli ragione, se volete possiamo dargli torto, come preferite: se il desiderio è finito allora ciascuna volta cessa, ma se si tratta di infiniti desideri ricadiamo nel problema di prima, come sappiamo che sono infiniti? Le cose non sono così semplici se le si interrogano, questo comporta non soltanto la necessità di interrogarle ma di leggerle con più attenzione, per esempio dove afferma ad un certo punto che l’oggetto non è uno, dipende da come lo intende naturalmente cioè dalle regole del gioco che sta facendo, posso dire che l’oggetto è uno perché è singolare, se gli oggetti sono almeno due allora è plurale, quindi l’oggetto è uno perché è singolare. L'oggetto è “non uno”, secondo lui vuole dire che non esiste l’essenza, che non si può unificare la cosa nel nome di qualche cos’altro. All’inizio aveva detto “dunque propriamente parlando l’oggetto è infinito per via dell’infinitezza attraverso la sua connaturata variabilità che si guadagna la pluralità intrinseca degli oggetti, l’infinito è un oggetto non categorico possiede numerosi anzi infiniti modelli non equivalenti ogni modello dell’infinito è un oggetto del desiderio ergo gli oggetti del desiderio sono infiniti variano all’infinito tipicamente sono oggetti del desiderio gli spazi”, ma per potere parlare dell'oggetto occorre che lo individui, altrimenti non potrebbe parlarne, individuandolo lo pone come uno e identico a sé, oppure è infinito e allora non sta parlando di nulla perché ciò di cui starebbe parlando non è individuabile in nessun modo. Come vi dicevo retoricamente è possibile sia costruire un discorso che sostiene queste tesi, fornendo a queste tesi un supporto sia, come in parte abbiamo fatto, confutare tutto quello che dice, a piacere, la questione è che questa operazione può essere fatta rispetto a qualunque teoria, e questo che risvolti ha Eleonora? Che implicazioni ha?

Intervento: che nessuna è più necessaria ...

È vero quello che dici, come dire ancora che ciascuna di queste teorie è arbitraria, ciò che afferma è arbitrario, non è necessario, non è sostenibile da argomentazioni logiche e in parte è anche per questo motivo che molti della scuola lacaniana si sono avvicinati all’intuizionismo, perché l’intuizionismo consentirebbe di potere affermare qualunque cosa e il suo contrario essendo ciascuna di queste affermazioni in qualche modo vera perché infinita e quindi indecidibile e bell’e fatto. Questo è ciò che dice in sunto Sciacchitano che Elisa non ha voluto leggere …

Intervento: mi viene da pensare che stiano cercando in effetti di dare un supporto a quella che è una concezione lacaniana in modo da avere un consenso ...

Sì e no, anche se poi di fatto lui afferma di prendere le distanze, anzi accusa Lacan di logocentrismo mentre lui non pone più a suo parere il logocentrismo ma l’infinito come oggetto della scienza, quindi l’indecidibile, e quindi non più il linguaggio perché il linguaggio a questo punto ...

Intervento: il vecchio sogno quello di dare alla psicanalisi una solidità che viene dalla scienza lui ha cercato una scorciatoia in questo caso ...

Però non si è accorto dell’autocontraddittorietà di questa operazione. Come si costruisce una teoria secondo voi? Così, non ci sono altri sistemi …

Intervento: ...

Sì, una teoria può essere costruita più o meno bene retoricamente. Si pongono degli enunciati che non sono dimostrabili, però li si pone con forza e determinazione, dopodiché si inseriscono delle definizioni che poco hanno a che fare con il punto di partenza ma definizioni tecniche, logiche, che diano una sorta di veste ragguardevole, scientifica. Intanto però le prime proposizioni sono state affermate e si lasciano lì che lavorino, una persona le ha lette e in qualche modo le accoglie perché dopo, ciò che viene detto è accoglibile perché magari ha un fondamento logico, più o meno vago, accogliendo queste seconde affermazioni automaticamente si accolgono anche le prime anzi vengono dimenticate in un certo senso, o meglio, viene dimenticato che sono state affermate senza nessun conforto teorico, però da quella posizione poi continuano a lavorare senza naturalmente mai essere interrogate, ché ormai non ce n’è più bisogno, sono state acquisite …

Intervento: ...

Solo che in questo caso il testo dovrebbe essere teorico e quindi dovrebbe esibire delle prove rispetto a ciò che dice, per cui partire dall’affermazione che l’oggetto non è dato a priori potrebbe anche essere una tesi sostenibile, volendo, chiaramente è sostenibile anche la contraria però come dicevo è suggestiva, è suggestiva perché lascia aperte delle possibilità, come la retorica persuade, perché fa sognare: l’oggetto non è uno, non è immutabile, non è eterno ma è continuamente in movimento, non è dato a priori quindi apre a delle possibilità infinite appunto e qui rientra l’infinito e funziona per fare sognare le persone. Afferma anche questo nelle prime righe: “una cosa epistemica è un montaggio”, dipende da come si intende epistemico, allora se fosse stato davvero un bravo teorico darebbe, come fanno i logici, delle definizioni: introduco questo elemento e dico che cosa significa e anche eventualmente perché lo uso in questo modo, un bravo teorico farebbe così, esibirebbe i suoi termini fornendo a ciascun termine la sua definizione: “guardate che io uso "epistemico" ma lo uso in questa accezione. Se no non si intende niente perché effettivamente una cosa epistemica non è un montaggio, una cosa epistemica è semplicemente qualcosa di verificabile, controllabile, conoscibile, nient’altro che questo se ci atteniamo all’uso comune di episteme, quindi non è un montaggio, dire che è un montaggio è aprire un’altra possibilità, un’operazione che Verdiglione faceva a piene mani. Dire che è un montaggio lascia aperte altre possibilità, fa credere che tutto ciò che segue sia importante perché inserendo la parola montaggio a fianco di epistemico apre a qualcosa di misterioso, di grande, che dia chissà che cosa, ma non da niente in realtà, semplicemente serve a lui per potere andare avanti nella sua tesi. Con tutto questo ho voluto mostrarvi come si costruisce generalmente una teoria e come è il caso invece di leggere un testo, che dice di essere un testo teorico, con attenzione, soprattutto nelle prime affermazioni. Generalmente nella prima pagina di un saggio ci sono le affermazioni sulle quali poi si costruirà tutto, e allora o queste affermazioni sono necessarie, sono solide e potenti, o tutto il resto è costruito su niente. Ma si fa così anche per persuadere: si butta lì una cosa, la si dice, si lascia che lavori nella persona, si affianca questa cosa a una cosa che per la persona è certa e la si mette a fianco a questa che è assolutamente incerta e arbitraria, standogli a fianco crea una sorta di osmosi per cui questa altra cosa vera sembra, quasi verificare la prima. Anche visivamente funziona, come nelle fotografie, si usa anche questa tecnica, quando si vuole denigrare qualche cosa. Basta mettere una foto del Papa e a fianco una foto che mostra un sexi shop …

Intervento: che ci faceva il Papa lì?

Esatto, fa sorgere domande del genere, non c’entra niente, è solamente un accostamento di fotografie totalmente avulse tra loro ...

Intervento: ha sempre la struttura dell’analogia in qualche modo ...

Anche, e questa tecnica fotografica stessa è utilizzata dalla retorica: affiancare a una prima affermazione assolutamente incerta e arbitraria un’altra che invece appare essere certa, la certezza della seconda coinvolge anche la prima, ricordatevelo questo.