7-3-2007
Intervento:
mi piacerebbe mostrare come la psicanalisi di Freud…
Esiste un meccanismo di difesa, dice Freud, che consente a una persona di eliminare o più propriamente rimuovere
questioni che risultano per questa persona intollerabili, dolorose o fastidiose,
e allora questo meccanismo di difesa interviene e sbarazza la persona di quella
cosa ma non la sbarazza definitivamente, totalmente, quella cosa rimane in
quanto rimossa e ciò che è rimosso non è che non esiste più, esiste e funziona
al punto tale da costringere, sempre la persona suddetta, a degli spostamenti
perché l’es non rinuncia a quella certa cosa per cui trova una sorta di
compromesso, come lei sa perché ha letto la Introduzione alla Psicanalisi l’io
deve trovare una soluzione di compromesso tra le richieste pulsionali dell’es e
gli imperativi del super io. Ma che cosa muove, per
Freud, gli umani? La pulsione, è quanto di meglio sia
riuscito a trovare, una sorta di principio primo, naturalmente non
esibisce nessuna dimostrazione dell’esistenza di questa pulsione, la come un
dato acquisito la pulsione sessuale, come se la pulsione sessuale insieme alla
pulsione di vita e alla pulsione di morte costituissero gli assiomi da cui
muove tutto quanto, è un’idea al pari di qualunque altra, interessante nemmeno,
certo è che se gli si leva questo, tutto ciò che ha costruito viene giù come
una castello di carte perché se non c’è più la pulsione allora l’es che fa? Se non c’è la pulsione cosa fa? E
allora non ci sarebbe più nemmeno il super io, cosa dovrebbe proibire quest’ultimo
se non ci fosse la pulsione, la richiesta pulsionale? E l’io a quel punto sarebbe sfaccendato per cui tutto è sostenuto su questa idea
che esista la richiesta pulsionale e così la pulsione di vita, gli umani
tendono naturalmente a conservare la loro esistenza, perché? Perché,
dice lui, c’è la pulsione di vita, è così diverso dire che è perché dio glielo
comanda? Può avere effetti diversi per quanto riguarda delle considerazioni a posteriori ma per quanto riguarda il fondamento è la stessa cosa.
Come sappiamo qualunque teoria è costruita in questa
maniera, muove da un’idea che da per acquisita e da lì parte tutto quanto ma se
gli si scalza tale idea, questa premessa, crolla tutto, tutto ciò che segue non
ha più nessun senso, non significa niente: togliete alla teoria di Freud la
richiesta pulsionale e non rimane niente, o come dire che tutto ciò che ha
costruito non significa più nulla…
Intervento:…
Quando parla di dimostrazione deve sapere
esattamente di cosa sta parlando, che cos’è una dimostrazione, a quali
condizioni una sequenza possiamo chiamarla dimostrazione, se io dico che oggi
sono andato a comprare una stecca di sigarette non ho costruito una
dimostrazione, perché? Cos’è la dimostrazione? È una sequenza, una sequenza di proposizioni che muove da un enunciato
considerato vero, detto assioma, e attraverso una successione di passaggi
coerenti tra loro giunge all’ultima formula che è quella nota come conclusione,
che quindi deve essere vera perché è partita con passaggi coerenti da una
premessa vera, risulta vera, questa è la dimostrazione…
Intervento:
mostrare l’infondatezza della teoria di Freud… e mostrare l’atto linguistico… si
può costruire…
No, non è possibile costruire qualche cosa che sia fuori dal linguaggio, è possibile affermare che qualcosa
è fuori dal linguaggio ché la costruzione mette in piedi una sequenza, ma
questa sequenza come la costruisce se non attraverso il linguaggio? Può
affermare che qualcosa è fuori di sé e non lo può dimostrare, può affermarlo ma non può costruire qualcosa fuori dal
linguaggio, può dire che è fuori dal linguaggio ma non può provarlo, perché
dovrebbe uscire fuori di sé e di lì operare…
Intervento:
mostrare che le affermazioni non sono né vere né false perché le costruzioni
sono arbitrarie di per sé però se si sa… ciò che si afferma non è più una
teoria vera ma uno dei tanti giochi possibili…
Dovrebbe distinguere qui tra vero e necessario, necessario è
più forte perché la teoria può essere vera all’interno di un gioco, se è
necessaria invece non è più soltanto vera all’interno di un gioco
ma è la condizione per qualunque gioco, porre la necessità significa
porre qualche cosa di più forte di vero, tant’è che parliamo spesso di
costrizione logica che è un altro modo per affermare la necessità, naturalmente
attenendoci alla definizione di necessità che abbiamo fornita, e cioè qualcosa che
è e che non può non essere, perché se non fosse allora non sarebbe né quella né
qualunque altra cosa…
Intervento:
lui chiama patologiche quelle persone… persone ammalate… per cui
sapendo e non potendo non sapere che qualsiasi cosa è un elemento linguistico…
Se si è costruita un sintomo non si
vede perché dovrebbe rinunciarci, dopo tutto il lavoro che ha fatto per
costruirlo, può rinunciarci quando si accorge che non è più necessario e cioè
non produce più tutti gli effetti di godimento, di piacere, di entusiasmo, di
emozione che produceva prima, a questa condizione cessa di praticare il suo
cosiddetto sintomo, se no perché lo dovrebbe fare. Potrebbe fare un excursus,
Cesare, fra la gnoseologia di Freud quella di Wittgenstein e quella che noi
abbiamo costruita, e occorre che sia anche chiara la
nozione di linguaggio e di discorso, possiamo intendere il linguaggio come una
sequenza di istruzioni per costruire proposizioni, e il discorso nient’altro
che ciò che il linguaggio può costruire, attenendosi ai criteri e alle regole
di formazione e di derivazione del linguaggio. Il linguaggio come abbiamo detto
tante volte è un sistema operativo, fornisce solo gli
strumenti per costruire il discorso e tutto ciò che il linguaggio costruisce
attraverso le regole di cui è fatto, il linguaggio di fatto non è nient’altro
che regole, procedure, istruzioni, questo è il linguaggio, nient’altro che
questo, il discorso è tutto ciò che il linguaggio può costruire attraverso
appunto le sue procedure e regole di formazione. Ciò che abbiamo posto è
notevole, accennavamo già mercoledì scorso alla possibilità, se la cosa ha
qualche interesse, di assiomatizzare tutto ciò che
abbiamo costruito ponendo chiaramente non più degli assiomi arbitrari ma
necessari, mano a mano lo faremo perché potrebbe anche rendere più semplice la
comprensione di ciò che andiamo facendo, è una possibilità, per esempio la
definizione di necessario potrebbe già costituire un assioma, non è
semplicissimo però si può fare e magari lo faremo in ogni caso abbiamo varcato
quel limite che nessuno aveva varcato prima cioè individuato che cosa fa
funzionare ogni cosa, che cosa è la condizione del funzionamento di qualunque
cosa e anche ciò che è anche la condizione per pensare il funzionamento stesso,
d’altra parte in un certo senso una sorta di formalizzazione di tutto ciò è già
compresa nello scritto che feci tempo fa sulla teoria del linguaggio, se
affermiamo che per potere proseguire una qualunque sequenza deve concludere con
una affermazione considerata vera all’interno di quella sequenza, questo è già
una formalizzazione in realtà, non stiamo parlando di nessun contenuto ma
soltanto di una forma che ha una certa struttura, in questa forma poi gli si
mettere dentro quello che si vuole, e questa è già una formalizzazione. Ciascuno
compie un calcolo delle proposizioni quotidianamente, ogni volta che deve
decidere qualcosa, perché alcune affermazioni le accoglie e altre le esclude,
questo è già compiere un calcolo inevitabilmente, ma è un’altra cosa ciò di cui
volevo parlare… nello scritto sulla teoria del linguaggio esiste già una formalizzazione, non è un’assiomatizzazione ma una
formalizzazione…
Intervento:…
Sì, dare una forma la quale forma è priva di contenuto che
può essere riempita con qualunque contenuto, se io dico come dicevo prima che
una qualunque sequenza deve concludere con una
affermazione vera non sto dicendo qual è l’affermazione, però deve essere vera e
cioè ho espresso la forma di un’argomentazione, solo la forma, i contenuti non
ci interessano in questo momento, però non ho fornito un’assiomatizzazione cioè
non ho detto da quali premesse si deve partire, dicendo che deve partire da
qualcosa di necessario e dicendo che è necessario ciò che è la condizione “la
condicio sine qua non”. Formalizzare è soltanto fornire lo scheletro di
un’argomentazione, se io dico “se A allora B” ho
scritto qualcosa di formalizzato per cui nella A posso metterci Pierino e nella
B posso metterci Pierina, allora se Pierino allora Pierina, e questa non è più
una formalizzazione, questa è un’esplicitazione mentre se dico soltanto se A
allora B questa è una forma e dentro ci metto quello che mi pare, questo
indipendentemente dagli assiomi che uso. Un assioma dicevamo
tempo fa costituisce il punto di partenza, quella cosa che è degna di essere
posta come incipit, da lì si parte perché questo è vero quindi possiamo
partire. Assioma, dicevo, da qui possiamo partire, il
fatto che dobbiamo partire non da qualcosa che sia vero ma necessario e ciò che
è necessario è ciò che costituisce la condizione o il meglio il necessario è la
condizione per potere costruire qualunque sequenza di proposizioni, questo
potrebbe essere un assioma, è degno di essere posto a fondamento. Oltre che
essere necessario è anche vero poiché se una qualunque cosa è la condizione per
un’altra allora affermare che la prima è necessaria perché ci sia la seconda è
sempre comunque vera, è implicito nell’enunciato
stesso. Dico “se A allora B, ma A, quindi B” e questo
potrebbe essere un assioma. Tutto ciò che sia necessario per mostrare il
funzionamento del linguaggio, cioè per esempio il
fatto che occorre che una proposizione concluda con una affermazione vera,
anche questo è importante ché se non conclude in un modo vero la sequenza si
interrompe, non può proseguire lungo quella via, deve trovarne un’altra che sia
vera, è possibile assiomatizzare tutto questo?
Intervento:
occorre che un elemento sia distinguibile da ciascun altro…
Sì certo, tutto ciò che abbiamo
detto rispetto al funzionamento del rispetto al linguaggio può essere
trasformato in un assioma e cioè che un elemento deve essere identico a sé e
differente da ciascun altro certo…
Intervento:
possiamo assiomatizzare tutta…
Assiomatizzare significa semplicemente mostrare quali sono
le condizioni del suo funzionamento, nient’altro, ora se volete un ghiribizzo
della logica occorre che gli assiomi che vengono
forniti non siano deducibili l’uno dall’altro, questo non perché comporti la
falsità del sistema ma comporta una ridondanza, se una cosa è deducibile
dall’altra allora basta la prima, per cui in realtà i tre principi aristotelici
potrebbero essere ridondanti, uno potrebbe essere sufficiente anche perché
l’altro è derivabile dal primo, il principio di non contraddizione è derivabile
dal principio del terzo escluso, e viceversa, sono ridondanti, usate il rasoio di
Occam, è preferibile eliminare tutto ciò che è ridondante cioè tutto ciò che è
derivabile dagli stessi assiomi, quindi ridurre unicamente a ciò che è
necessario e allora il terzo escluso e non contraddizione, sceglietene uno
perché uno dei due va eliminato, quello che vi piace di più. Aldilà di queste
amenità in ogni caso rimane il fatto che ciò che
abbiamo costruito è assiomatizzabile e gli assiomi corrispondono esattamente a
quelle cose che abbiamo individuate come necessarie per il funzionamento del
linguaggio, quelle cose che abbiamo descritte come procedure. Detto questo
tutto ciò che ha fatto la logica ha dato sì qualche informazione sul modo di
ragionare, abbastanza vago, ma come sapete ciò che a noi interessa è ciò che noi
abbiamo posto e imposto come logica. La logica
tradizionale ha sempre cercato di costruire delle regole, delle informazioni su
come si deve ragionare quando si ragiona in modo
corretto, noi siamo andati oltre, abbiamo mostrato qual è l’unico modo di
ragionare corretto e cioè quello che muove da alcuni assiomi, che sono quelli
di cui dicevamo prima, che sono quelli che fanno funzionare il linguaggio, ed è
l’unico modo di ragionare in modo corretto anche perché il linguaggio funziona
così, non può funzionare altrimenti e quindi anche se qualcuno volesse
argomentare altrimenti dovrebbe comunque ragionare in questo modo. C’è ancora
del lavoro da fare ovviamente, intendere perché alcune affermazioni che
intuitivamente si pongono come vere siano invece necessariamente vere, si può
fare e in parte è già stato fatto, per esempio rispetto alla disgiunzione e
anche alla congiunzione: per esempio, non (A e non A),
principio di non contraddizione, abbiamo precisato che il linguaggio non può
affermare che esiste qualcosa e affermare che non esiste, se esiste cioè se lo
afferma è perché è un elemento che gli appartiene, un elemento linguistico, e
se affermasse che non è un elemento linguistico allora a questo punto se lo
fosse e non lo fosse simultaneamente, non sarebbe più utilizzabile dal
linguaggio…
Intervento:…
Sì certo, può affermarlo ma non può
provarlo, non può provare che esiste ciò che ha affermato che non esiste, come
dire che non può affermare che esiste qualcosa che non gli appartiene, non può
il linguaggio affermare che ciò che è fuori di sé esiste, può affermarlo, ma
non può provarlo in nessun modo perché per provarlo occorrerebbe che potesse
dimostrare che esiste qualcosa al di fuori di sé, ma per poterlo fare deve
costruire delle sequenze che sono fatte di linguaggio, tutto ciò che costruirà
sarà all’interno della sua struttura, pertanto anche la dimostrazione
dell’esistenza di qualcosa che è fuori dal linguaggio, apparterrà alla sua
struttura e ciò che concluderà apparterrà alla sua struttura, per questo non lo
può dimostrare, ed è questo il motivo per cui questo sistema, questa struttura
è completa ed è decidibile, è completa perché contiene anche l’affermazione che
dice: “x è fuori dal linguaggio” ma rimane decidibile perché non lo può
dimostrare, se potesse dimostrarlo allora sarebbe indecidibile ma non lo può
fare all’interno di sé, non lo può fare e fuori non può uscire. Siccome il
linguaggio deve compiere la sua prova all’interno del gioco che sta facendo che
ciò che conclude è vero, lo prova attraverso i suoi
strumenti. È chiaro che può provarlo utilizzando le regole di un gioco
particolare, come per esempio nel gioco del poker è stabilito che due re battano
due jack, se ci sono due jack questi sono minori dei re e quindi è bell’e chiusa la questione, risolta, Nell’ambito invece più
complesso del suo funzionamento si tratta unicamente di stabilire se un
elemento esiste all’interno del linguaggio oppure no: (A e non A) significa che
A è all’interno del linguaggio oppure no. Questo è lo schema più semplice e più
potente, come è noto nella logica più il sistema è semplice più è potente. Cessa
di funzionare di fronte alla contraddizione perché si trova di fronte a
qualcosa che gli appartiene, che afferma di sé di appartenergli e
simultaneamente afferma che non gli appartiene, certo può dirlo il linguaggio,
ma non può utilizzarlo perché questa affermazione cioè
dire che A non gli appartiene non la può provare e quindi non può costruire una
sequenza che conclude in modo tale da potere essere vera. Solo per questo. Il
linguaggio non costruisce le tavole di verità, ce le ha
incorporate, “appartiene” “non appartiene” è linguaggio, non è linguaggio. Se è linguaggio allora può utilizzarlo, se non è linguaggio
no…
Intervento:
non possiamo sperimentare che non è linguaggio…
No, per questo il linguaggio non può avvalersi di una
contraddizione, perché non ha nulla per poterla utilizzare…
Intervento:
neanche per poterla pensare…
No, può affermarlo, può costruire
una proposizione che afferma che un certo elemento x non appartiene al
linguaggio, ma a questo punto si blocca. È come se questa proposizione non
avesse nessuna via, nessuna possibilità di costruire niente, tranne negarsi, negandosi
diventa vera la contraria e quindi appartiene al linguaggio, l’unica cosa che
il linguaggio non può fare è uscire fuori da se
stesso, quindi di conseguenza dimostrare che qualcosa è fuori di lui non lo può
fare e di fronte a questo ammette la propria insufficienza bloccandosi…
Intervento:
è questo il girare in tondo, quelle verità che si recuperano per continuare a
parlare come se si tornasse indietro…
Non è che gira in tondo, ne cerca un’altra, cerca un’altra
strada perché di lì non può andare, si trova di fronte a
una contraddizione che non può in nessun modo risolvere perché non può provare
che x non è linguaggio, cioè che esiste qualcosa che è fuori di sé, e quindi
semplicemente abbandona, non può fare niente, è totalmente impotente di fronte
a una cosa del genere. Abbiamo detto tante volte che l’unica cosa che il
linguaggio non può fare è appunto uscire di sé, tutto il resto sì, e il
discorso costruisce qualunque cosa sia costruibile all’interno del linguaggio,
affermazione che può apparire pleonastica poiché
all’esterno non c’è niente e quindi ovviamente costruisce solo cose che sono
all’interno del linguaggio. Da dove viene il linguaggio? Questa è una domanda
che talvolta viene posta ma, come abbiamo appena detto,
il linguaggio ha un limite, cioè non consente di uscire fuori di sé, e quindi
la domanda da dove viene il linguaggio è destinata al non senso, non significa
niente, non possiamo fare niente. Ma non possiamo fare niente significa
esattamente questo: che è totalmente inutile porre risposte a questa domanda
che equivale a chiedersi che cosa c’è fuori dal
linguaggio, tutto e niente a questo punto, possiamo metterci qualunque cosa,
dio, la natura, mia nonna, è esattamente la stessa cosa, non c’è nessuna
risposta, nessuna risposta che sia provabile e tenete sempre conto che
provabile significa provabile all’interno del linguaggio, se no provabile non
significa più niente. L’ho sempre detto ma forse giova
ripeterlo, il punto di forza di tutto ciò che abbiamo costruito è il fatto che
sì certo qualunque cosa appartiene al linguaggio, ma questa è una conseguenza,
la questione è che qualunque criterio che vogliamo costruire per stabilire cosa
accogliere come vero oppure no sarà costruito dal linguaggio, e pertanto sarà
il linguaggio stesso cioè le sue procedure a dirci che cosa accogliere come
vero oppure no, se no siamo nel caos più completo, accogliamo o rifiutiamo
qualunque cosa a seconda del ghiribizzo del momento. Ecco
dunque Cesare, la teoria della conoscenza in Freud, in Wittgenstein e nella
Scienza della Parola, mostrare l’inconsistenza nelle prime due e la
consistenza e la potenza della terza, indistruttibile, inconfutabile,
decidibile e coerente…
Intervento:
come definirebbe la follia?
I giochi linguistici che vengono
fatti all’interno di una società, da un consesso di persone sono tantissimi,
come sapete alcuni di questi sono preposti a stabilire se una certa persona
appartiene oppure no ad un certo gruppo, se una persona non compie questi
giochi linguistici nel modo specificato all’interno di quel gruppo allora il
gruppo avverte nella condotta di questa persona una sorta di anomalia e
reagisce a questa anomalia in vari modi, dipende di volta in volta quali regole
stabiliscono i confini della follia. Basta stabilire queste regole, dopodiché
si ha lo strumento per stabilire che cosa è follia e che cosa non lo è. Ma la
follia, comunque la si intenda non è fuori dal
linguaggio, e pertanto si attiene alla struttura del linguaggio, così come per
esempio un fondamentalista fa saltare in aria un pullman pieno di bambini in
nome di Allah per consentire a questi bambini ancora puri di accedere al
paradiso di Allah, perché crescendo si alterano, si guastano e quindi non
accedono più al paradiso. Se invece eliminati fra i quattro e
i cinque anni ecco che di sicuro vanno in paradiso. Questo rientra
all’interno delle regole che decidono che cosa è follia oppure no. Se sì, è follia se no, no. Semplice. C’è ancora molto da lavorare sul linguaggio non fatevi
illusioni, intanto per costruire il virus. Abbiamo costruito la forma del virus,
e cioè qualunque proposizione che affermi che qualcosa
è fuori dal linguaggio è autocontraddittoria, però dobbiamo costruire le
argomentazioni che lo sostengono, dobbiamo trovare una prova a questo molto
semplice, veloce e inequivocabile, immediatamente evidente, quando lo abbiamo
fatto avremo il virus, che auspichiamo contagioso.