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7-2-2007

 

Abbiamo dette alcune cose sulla logica, spero vi siano potute servire a avere un’idea generale di cosa sia la logica, cosa faccia. Che cos’è la logica Daniela?

Intervento: un metodo per pensare…

Sì, anche, fornisce un criterio per costruire argomentazioni che concludano in modo vero, o per verificare se una certa argomentazione è vera oppure no. E perché è così interessante sapere se un’argomentazione è vera oppure no? Potrebbe essere irrilevante, e invece no, perché? È una bella questione, d’altra parte è la domanda stessa che si potrebbe rivolgere alla logica: perché esiste la logica? Esiste almeno da quando esiste Aristotele, perché pare sia importante sapere che ciò che si dice corrisponde al vero, eppure nessuno si è mai chiesto perché è importante, perché? In effetti soltanto noi possiamo rispondere a questa domanda, nessun altro. Gli umani dunque hanno passato la loro esistenza a stabilire quali siano i criteri per potere concludere da premesse certe conclusioni vere, senza di fatto sapere perché hanno fatto una cosa del genere, a che scopo? Supponiamo anche che concludano anche in un modo vero e allora? Certo l’idea portante è che la realtà sia il vero e quindi se si conclude una cosa vera si conclude in modo reale, ma è una superstizione, superstizione dalla quale occorre dire che alcuni logici si sono affrancati. Tutti cercano di ragionare in modo corretto e si ritiene infatti che chi non lo faccia, o sia incapace di ragionare e allora lo si addestra oppure non ragiona in modo corretto perché è malato, tutta la psichiatria sorge da qui, una persona non ragiona in modo corretto quindi è malata, perché? Da che cosa si riconosce il matto? Dal fatto che non ragiona nel modo corretto e quindi non trae le conseguenze che correttamente e ragionevolmente dovrebbe trarre da certe premesse e quindi erra nel procedere logico, tant’é che anche Freud incominciò a occuparsi di alcune persone che fondamentalmente traevano conclusioni errate da alcune premesse pure magari corrette, un errore di ragionamento, di argomentazione che poi lui ha ricondotto a una sorta di interferenze, chiamiamole così, e cioè al fatto che una persona per esempio, vuole fare una certa cosa ma il farla constata che va contro alcuni principi morali e allora se ne ha a male perché non può fare quella cosa che desidera, adesso lo dico in un modo molto spiccio, come dire che ci sono due giochi che si contrappongono, che sono contraddittori, così si dice generalmente in ambito logico. Quando due elementi sono tra loro contraddittori? Logicamente quando l’universale affermativa e la particolare negativa si contraddicono, ciò che Freud rileva è che in molti casi una persona cosiddetta nevrotica si trova di fronte a una contraddizione, perché esiste la rimozione per Freud? Perché bisogna rimuovere delle cose? Se non, lo dice lui stesso, per una difesa, ma difesa da che? Quali sono i nemici così potenti, così temibili… sì certo il proprio desiderio, ma perché il proprio desiderio diventa un nemico se non perché desidera cose che non dovrebbe desiderare secondo la comune morale sessuale civile? E allora ecco che l’io, parafrasando Freud, si difende utilizzando questo processo che lui suppone esistere e che ha chiamato rimozione. Quindi c’è sempre un pericolo, c’è sempre un gioco linguistico che minaccia l’integrità di un altro gioco linguistico, ecco la contraddizione. Proposizioni contraddittorie entrambe vere ma come dicevano alcuni “incompossibili” cioè non possibili simultaneamente e cos’è che non è possibile simultaneamente se non una affermazione e la negazione di ciò stesso che si è appena affermato? Cioè A e non A. È anche per questo motivo che dicevo che tutto il lavoro che ha fatto Freud in realtà può e deve essere ricondotto a giochi linguistici e di conseguenza al reperimento di proposizioni tra loro incompossibili o se preferisce Daniela, che è più semplice, incoerenti. Quando un sistema è incoerente? Quando sono dimostrabili due affermazioni che si negano a vicenda, è questo che accade che accade all’interno di giochi linguistici che ciascuno fa quotidianamente, continuamente e ininterrottamente, il pensiero è l’unica attività che non cessa mai. Dunque il lavoro che ha fatto Freud è stato rilevare che delle persone si arrestano nel momento in cui il sistema di cui sono fatte, cioè il loro discorso, incontra una contraddizione. Allora dicevo, così allo stesso modo come i logici hanno presupposto a fondamento di tutto il loro lavoro intorno alla logica l’intuizione come unica giustificazione della correttezza della logica e di conseguenza di tutto il ragionare, allo stesso modo Freud ha posto a fondamento di tutto il suo lavoro l’idea che esista un corretto funzionamento della psiche, e rispetto a tale corretto funzionamento della psiche lui ha rilevato delle anomalie, e anche quando dice che la normalità, la cosiddetta normalità è qualcosa che viaggia a metà tra le nevrosi e le psicosi in fondo rivela che la normalità è un mal funzionamento rispetto a quanto potrebbe o dovrebbe fare, ma perché una persona dovrebbe ragionare nel modo corretto? Certo ci sono dei buoni motivi perché siccome vive all’interno di un sistema costruito da certi giochi, per fare certi giochi deve attenersi a delle regole, così come se uno vuole andare a giocare a poker occorre che sappia le regole del poker, quanto meno, se no viene cacciato malamente dagli altri giocatori di poker e il matto viene cacciato malamente da quei giocatori che giocano la socialità, ma al di fuori di questo non c’è nessun motivo per cui la persona dovrebbe pensare nel modo corretto. I logici pensano che intuitivamente si pensi così e Freud pensava che intuitivamente dovrebbe essere così il funzionamento della psiche, ma nessuno si è mai chiesto perché o se se lo sono chiesto non hanno comunque saputo rispondere. Per concludere, la questione centrale in tutto ciò è che sia la logica sia la psicanalisi si sono interrogate su qualcosa di simile e cioè abbozzando, almeno quelli meno sprovveduti, la domanda su come avviene che una persona si trovi a pensare in un certo modo anziché in un altro…

Intervento: Freud pensava che tribù aborigene con il tabù dell’incesto nel passato avessero messo in atto l’uccisione del padre, la felicità per esempio…

Così non si intende perché abbiano cessato di farlo, visto che lo facevano una volta, e come avviene?

Intervento: questo lo dice appunto Freud…

Sì lo so, questa è una bizzarra questione, Malinovsky per esempio o Levy Breuil hanno fatto studi di antropologia e hanno riscontrato effettivamente una serie di tabù, di divieti etc. anche in queste popolazioni meno acculturate di quanto lo siano quelle occidentali, allora hanno pensato che ci fosse una matrice universale del pensiero perché per tutti funziona grosso modo alla stessa maniera. Anche qui non è possibile rispondere perché non si intende perché le persone pensano quello che pensano e cioè cosa consente loro di pensare, che è quella struttura che chiamiamo linguaggio la quale funziona in un certo modo e di qui è possibile spiegare perché si riscontrano sia negli aborigeni dell’Australia sia nella Nuova Zelanda dei comportamenti molto simili, perché entrambi parlano e quindi sono vincolati alla struttura del linguaggio…

Intervento: il discorso di Wittgenstein nel Ramo d’Oro dove lui diceva che non è possibile risalire alla cause…

Intervento: la differenza tra causa e ragione… la causa… che le cause possono essere infinite, la concatenazione delle cause è infinita nel senso che si può andare all’indietro all’infinito mentre le ragioni sono proprio attinenti al gioco… le spiegazioni causali sono descrittive…

Intervento: è qualcosa che non è nel gioco per giustificare il gioco… le ragioni invece sono qualcosa che riguarda il gioco linguistico… Libro Blu e Libro Marrone…

Intervento: appunto che la spiegazione ultima non si può dare per cui ogni volta una diversa connessione degli elementi apre ad altre spiegazioni…

Sì, si arriva ad un certo punto e poi c’è il baratro, c’è il nulla, bisogna inserire quell’elemento che manca e cioè quell’elemento che è la condizione di tutto quanto…

Intervento: la persuasione dice Wittgenstein…

È la stessa conclusione cui giunsero alcuni dei Sofisti, bene, prosegua su questa linea…

Intervento: Wittgenstein di che il paradosso sorge laddove viene immaginato che l’uso sia unico, perché per lui l’uso è attinente al gioco linguistico…

questa idea circolava ai tempi in cui è stata mossa in modo formalizzato da Russel con la sua teoria dei Tipi…

Intervento: come se facesse parte di tipi diversi… riproponevo l’idea dell’immaginare quale può essere il discorso di una persona come un sorta di situazione paradossale, situazione linguistica ovviamente paradossale, tipo “voglio ma non posso” c’è qualche cosa che porta in una direzione e qualche cosa che porta in una direzione contraria di modo che si stabilisce una sorta di paralisi… un certo elemento che entra in gioco ad un certo punto viene preso per quello che è, immaginato o pensato o supposto che quell’elemento se io dico una certa cosa quell’elemento ha il medesimo utilizzo che interviene nella scena che…

Utilizzando questo sistema si viene a cancellare tutto il lavoro di Gödel per esempio, per cui la proposizione che afferma di non essere dimostrabile può essere inserita in un gioco diverso e quindi non inficia più tutto il sistema e non rende il sistema autocontraddittorio, se una certa affermazione viene inserita all’interno di un gioco e si fa produrre a questa affermazione i soli effetti all’interno di quel gioco allora produce una sorta di contraddizione, se invece questa proposizione si considera non facente parte di quel gioco generale ma di un altro gioco particolare, cioè si inserisce semplicemente all’interno di un gioco un altro gioco, grosso modo come fa la teoria dei tipi di Russell, allora esiste la possibilità di eliminare i paradossi. Prendete l’esempio di Achille e la tartaruga, Achille raggiunge la tartaruga o non la raggiunge? Se si fa un certo gioco e cioè se si utilizza un sistema metrico decimale, per esempio, e se si accredita l’idea che lo spazio sia infinitamente divisibile allora Achille non raggiungerà mai la tartaruga, se non si accoglie questo principio allora la raggiunge, certo sono giochi diversi, la questione è che molti non lo dichiarano affatto, per esempio Gödel non l’ha mai dichiarato, ha considerato semplicemente che una certa proposizione valesse all’interno di un certo sistema…

Intervento: un qualunque discorso afferma qualcosa che non è dimostrabile ma che è assunto come vero è questo che rende il sistema certamente coerente produce tutta una serie di cose che comunque diciamo sono in funzione alla verità… questa proposizione che per quanto non dimostrabile è assunta come vera, può a questo punto non essere completa e produrre quel senso di soddisfazione… la mancanza, qualche cosa che alla fine non torna…

Possiamo fare un esempio molto banale per fare intendere la questione, supponete che al telefono un fanciullo chieda alla sua fanciullina: “mi ami?” e lei risponde: “sì”, e poi subito dopo il fanciullo sente: “no”. Semplicemente la fanciullina sta rispondendo alla sorella che le sta chiedendo se le presta il motorino, risponde “no”, ora il fanciullo ha sentito “sì” ma anche “no” e non sa cosa fare, immagina che quelle risposte facciano parte dello stesso gioco e cioè della telefonata con l’amata mentre sono due giochi diversi, il sì faceva parte di un certo gioco, il no di un altro gioco, ma se l’altro non lo sa ecco che può cadere in depressione, soprattutto se accetta il “no”, il no che diventa immediatamente prioritario, ma sono due giochi diversi, se riferiti allo stesso gioco creano una sorta di contraddizione perché ha risposto “sì” ma anche “no” e quindi ha creato un sistema indecidibile la fanciullina in questione senza saperlo, certo in quel caso si risolve subito dicendo “stavo rispondendo anche a mia sorella che mi chiedeva il motorino” ma l’altro potrebbe anche non accettare questa spiegazione e inserire tutte due le risposte all’interno dell’unico sistema e non accettare il fatto che facciano parte di due giochi diversi, questo è anche possibile…

Intervento: quando deve essere felice accetta il sì e invece quando gli fa comodo accetta il no e quindi tutta un’altra serie di discussioni…

E quindi?

Intervento:  è come se mantenesse intatte due verità che utilizza per giocare il gioco della felicità e quello per la lotta alla felicità, è il gioco dell’ideale, dei grandi sentimenti, qual è la condizione di questo gioco? È sempre il gioco della promessa della felicità…

È l’unico sistema che è stato trovato, molti lo hanno abbozzato e altri lo hanno detto in modo preciso per risolvere i paradossi non ce ne sono altri, e che noi abbiamo rilevato fin da subito, sono giochi linguistici, l’unico paradosso è affermare che esiste qualcosa fuori dal linguaggio, questo è la madre di tutti i paradossi…

Intervento: ecco e rispetto al discorso che facevo prima del paradosso del significato che viene… di un termine che viene utilizzato in un modo qui per contraddizione cosa interviene?... da una parte quell’elemento ha uno stesso significato e viene preso lo stesso significato anche laddove nel gioco si potrebbe prenderne un altro…

Sì, il problema è che nessuno stabilisce una regola del genere, e cioè quale significato debba prendersi e quale no, è assolutamente arbitrario. Certo è possibile risolvere un paradosso in questo modo ma è un artificio, uno stratagemma che viene usato in modo del tutto surrettizio perché non c’è nessuna regola che indichi o obblighi a fare una cosa del genere, quindi a questo punto la cosa è doppiamente indecidibile, ché non è soltanto indecidibile il sistema ma anche indecidibile se utilizzare il criterio per levare l’indecidibilità oppure no…

Intervento: Freud e le Teorie dei nevrotici e le teorie infantili, Freud costruisce una teoria in cui afferma il lavoro della psiche degli umani e di come la psiche non produca che delle rappresentazioni, se la psiche produce rappresentazioni quale sarà la rappresentazione più vera? Cioè di quale sapere parliamo quando parliamo di sapere? Qui Wittgenstein pone la questione come so di sapere? Prop. 89/90/91 – una credenza è quello che è sia che agisca nella pratica sia che non vi agisca, così si pensa, come dire che non si dà peso a una credenza, è qualcosa di estetico che non fa male. Nella proposizione 90 invece lui analizza gli utilizzi all’interno del sistema di “sapere” e “credere” e mostra come il sapere sia assolutamente indimostrabile e quindi al pari di una credenza una fede, ma questo so, questa fede come nel discorso costruisca il dato di fatto cioè come costruisca la realtà: “io so” deve esprimere una relazione non già tra me e il senso di una proposizione come nel caso in cui “io credo” ma tra me e il dato di fatto, così il dato di fatto viene assunto nella mia coscienza”…