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7-1-2010

 

Avete pensato alle questioni poste la volta scorsa? Antonella, quale questione?

Intervento: Definire “necessario” e “arbitrario” …

Lo faccia …

Intervento: necessario: quando è imprescindibile, quando non se ne può fare a meno…

Sì, intanto incominciamo dalla definizione, e perché utilizzeremo quella definizione che lei ci fornirà?

Intervento: …

Sì, anche, però questa è una definizione di “necessario” che in effetti è applicata un po’ a qualunque cosa, come dire, è necessaria la benzina per fare andare avanti la macchina, però noi abbiamo stilato una definizione di necessario che non è più qualcosa di utile, come potrebbe essere la benzina, ma abbiamo detto che “necessario” è ciò che è e che non può non essere perché se non fosse non sarebbe né quella cosa né nessun altra, e questa ci parse allora la definizione più forte di necessario, naturalmente occorre trovare qualche cosa che soddisfi questi requisiti, cioè che in assenza di quella cosa non c’è quella cosa né nessun altra, ecco perché avevamo posto il linguaggio come necessario, perché effettivamente se togliamo il linguaggio non è che togliamo solo il linguaggio e tutto il resto rimane …

Intervento: ci dà la possibilità di dimostrare …

Non solo, ci da la possibilità di pensare: è il fondamento …

Intervento: non darebbe la possibilità di dimostrare neanche il suo contrario …

Sicuramente, quindi necessario è tutto ciò che è linguaggio e tutto ciò che lo fa funzionare, cioè ciò di cui è fatto risulta necessario, per esempio il fatto che un elemento linguistico sia distinguibile da ciascun altro è necessario, perché se così non fosse il linguaggio cesserebbe di funzionare mentre con arbitrario abbiamo inteso tutto ciò che può invece essere tolto o modificato senza che il linguaggio per questo cessi di funzionare: se tolgo qualche cosa, se tolgo la parola “rosso” dal mio dizionario il linguaggio continua a funzionare, userò delle perifrasi, e allora se in questo caso togliendo o modificando un elemento il linguaggio comunque continua a funzionare, abbiamo detto che questo lo chiamiamo arbitrario, cioè può esserci o non esserci, il linguaggio funziona lo stesso. A questo punto può dirci come siamo giunti a porre il linguaggio come fondamento visto che ha questa questione contigua …

Intervento: …

La psicanalisi del linguaggio? Psicanalisi del linguaggio sarebbe come dire “la psicanalisi si occupa di analizzare il linguaggio” mentre noi abbiamo posta la psicanalisi come qualche cosa che è un effetto del funzionamento del linguaggio. Praticare la psicanalisi è praticare il linguaggio, tant’è che abbiamo detto più volte che lo psicanalista è colui che si trova nella posizione del linguaggio e da quella posizione interviene nel discorso altrui riportando quel discorso a ciò che è il suo fondamento, cioè il linguaggio. Tecnicamente la cosa è molto semplice: l’analista ascolta un discorso, uno qualunque non ha importanza, questo discorso tende a porsi come qualche cosa che è l’effetto di dati esterni, di condizioni esterne “io dico questo perché è successo quello” quindi è come se il discorso cercasse delle motivazioni fuori di sé, questo avviene per lo più in un qualunque racconto, in un qualunque discorso, il compito dell’analista è ricondurre questo discorso là da dove arriva e cioè al suo fondamento quindi al linguaggio e fare in modo che la persona si accorga che il suo discorso di fatto non è altro che sequenze di proposizioni, cioè fatto di linguaggio, a questo punto può riconsiderare il suo discorso e tutti i suoi racconti in tutt’altro modo, non più come la descrizione di eventi dei quali non ha responsabilità naturalmente ma come costruzioni del linguaggio e quindi del suo discorso e a questo punto può ovviamente porsi l’altra domanda, quella successiva “perché l’ho costruito?”. A questo punto l’analisi prende una direzione precisa. Ma parlare di psicanalisi del linguaggio è un po’ come si usava negli anni 70/80, psicanalisi di tutto, la psicanalisi del marxismo, la psicanalisi delle relazioni umane, la psicanalisi del bambino, la psicanalisi della società … mentre la questione può porsi in ben altri termini, e cioè la psicanalisi come una produzione del linguaggio, il modo di praticare il linguaggio. Il fondamento è ciò cui il discorso deve giungere a riferirsi, visto che è fatto di linguaggio occorre che incominci a tenere conto che è fatto di questo e non di eventi, di magie, di cose strane …

Intervento: quindi capire come funziona il linguaggio …

Sì, sapendo come funziona il linguaggio a quel punto può rivedere, riconsiderare, riscrivere addirittura la sua storia non più come una sequenza di fatti, di eventi più o meno malaugurati ma come una sequenza di proposizioni che il discorso di cui è fatto ha costruito, e se ha costruito quella proposizione ha avuto dei motivi. Solo a quel punto può incominciare a chiedersi quali motivi, certo il motivo fondamentale è che il linguaggio produce proposizioni ma non qualunque, a seconda del gioco che sta facendo produce delle proposizioni specifiche, quindi a quel punto ha anche gli strumenti per intendere quali giochi ha fatto, quali giochi continua a fare. Beatrice voleva aggiungere qualcosa?

Intervento: prima diceva che la psicanalisi è il modo di praticare il linguaggio infatti se la formazione avviene a partire dalla condizione per cui qualcosa può esistere, la psicanalisi non è altro che il modo in cui praticare il linguaggio …

Certo, è quello che abbiamo appena detto …

Intervento: per me la cosa importante è dire qual è l’effetto di questa cosa, della teoria del linguaggio, come funziona in una analisi, questa è la cosa più importante proprio sottolineare la questione della responsabilità, nel momento stesso in cui qualunque considerazione qualunque persona si trovi a fare … il linguaggio non è uno strumento di descrizione ma è uno strumento descrittivo e così il discorso di ciascuno non è una descrizione di fatti, di eventi, di situazioni ecc. ma è letteralmente una costruzione di cui è assolutamente responsabile questo può in qualche modo agganciare la questione della psicanalisi alla teoria del linguaggio una cosa sulla quale mi soffermerei perché in effetti spesso appaiono come un po’ slegate le due cose … tante cose abbiamo sentito “della teoria del linguaggio cosa ce ne facciamo?” la teoria dice che tutto ciò che ci si trova a considerare è una costruzione del linguaggio e questo riguarda ciascuno …

Intervento: è una costruzione di quel discorso …

Intervento: la psicanalisi cambia obiettivo … se la psicanalisi aveva come obiettivo di reperire le fantasie in funzione di una cura, in funzione di una soluzione del problema, di un senso, si avvaleva in funzione di questo obiettivo di altri strumenti nel momento in cui modifico l’obiettivo non è più quello l’obiettivo è chiaro che anche lo strumento deve essere adeguato allo scopo …

La questione delle fantasie è interessante perché in effetti la psicanalisi ha pensato, anche fino a Lacan tutto sommato, che siano le fantasie le cause di alcuni malanni, ma le fantasie di per sé che cosa sono? Se dovessimo dire che cos’è una fantasia, dire ciò che necessariamente è e non può non essere dovremmo dire che è un discorso, è un discorso e quindi occorre andare a lavorare sulla fantasia perché dire che una fantasia è scorretta è come dire che c’è una proposizione o un discorso che è scorretto …

Intervento: …

Sì, creduta vera e senza la possibilità di interrogarla ché può accadere che uno creda vera una certa cosa però se ha la possibilità di interrogarla si accorge che vera non è cioè non è sostenibile una cosa del genere e se non lo è allora non è più necessario crederla e quindi può liberarsene …

Intervento: questa cosa non è quella che è successa a san Tommaso? … le famose “cinque vie” di San Tommaso poi ad un certo punto dice “fermiamoci” … a un certo punto, non si può andare indietro all’infinito ci si deve fermare e a questo punto la causa prima … nel discorso di ciascuno non funziona in modo differente, ad un certo punto la necessità di significare, di concludere, di dare una senso alle cose …

Impone di accogliere una premessa …

Intervento: da riferimento, da punto di partenza del discorso …

Questo è il modo di pensare forte, metafisico, determinato da un punto di partenza solido, questione che è stata abbandonata da tutta l’ermeneutica che dice che non c’è più un punto di partenza, ci sono solo varie interpretazioni, vari modi di affrontare la questione, vari racconti, non c’è il testo ma ci sono i racconti, che se la si considera molto attentamente è una stupidata, perché è una stupidata Beatrice?

Intervento: perché ovviamente è una grossa produzione di linguaggio, si può andare avanti all’infinito …

Questo era anche il progetto dell’ermeneutica, che ci siano infiniti racconti …

Intervento: come se questo potesse prendere il posto di quella certezza di cui il discorso ha bisogno per funzionare …

L’ermeneutica la certezza l’ha abbandonata nel suo programma, non c’è più nessuna certezza, sono racconti quindi interpretazioni, ci sono fatti linguistici direbbe Searle …

Intervento: si può inventare di tutto e il contrario di tutto e quindi parlare di fatti linguistici rimane una opinione al pari di qualunque altra, perché a questo punto parlare di atti linguistici? È come se il linguaggio avesse perduto la sua specificità in effetti proprio così come l’ha posta la semiotica la questione che afferma che un elemento è sempre diverso da sé, per esempio, toglie la possibilità al linguaggio di funzionare nel modo in cui può funzionare, il linguaggio funziona comunque funziona costruisce proposizioni certo e da quel lato non si può arrivare, come abbiamo fatto noi, al fondamento per esempio …

No, in effetti fino a un certo punto si può anche seguire l’ermeneutica quando incomincia a criticare alcune posizioni circa la verità e cioè a rilevare che alcune asserzioni intorno alla verità non sono sostenibili …

Intervento: mi scusi sulla posizione dell’ermeneutica quindi la costruzione di una psicanalisi che cosa comporta? Comporta la produzione di infiniti discorsi e quindi quale sarebbe tutto sommato l’obiettivo? Quello di una produzione di semiotiche infinite e quindi qualsiasi cosa va bene oppure qualsiasi cosa va male …

Ci fu un congresso nel ’76 che si chiamava proprio così “Semiotica e Psicanalisi”. Dunque infinite semiotiche producono infiniti discorsi, infiniti sensi e questo era l’obiettivo allora della psicanalisi che non era più né fondata né fondabile, ma una costruzione infinita, uno spostamento infinito di discorsi, lungo questo spostamento infinito si perde ogni riferimento a una verità intesa in accezione forte, metafisica, a vantaggio di una produzione continua di discorsi che si succedono l’uno all’altro mantenendo costante l’impossibilità di arrestarlo su qualche cosa, poi ci sono state delle varianti però grosso modo l’idea era questa …

Intervento: è un pensiero debole tutto sommato, debolissimo …

Gianni Vattimo ha fondato appunto il pensiero debole proprio sull’ermeneutica che non ha più nessun fondamento forte, nessuna verità in accezione metafisica del termine, ma ogni cosa è sempre soggetta comunque a interpretazione quindi a uno spostamento, quindi a un ripensamento, a una riscrittura continua che in parte era anche la tesi di Heidegger, in parte. Qual è il limite dell’ermeneutica? Perché l’abbiamo abbandonata?

Intervento: perché il discorso non può non avere una premessa … da parte dell’ermeneutica manca la premessa, l’assenza di fondamento è l’assenza di premessa …

Non di premessa ma di premessa certa, perché la premessa c’è sempre, può essere un altro discorso, per esempio, un altro racconto su cui si costruisce un ulteriore racconto …

Intervento: dicevo l’assenza di dio, l’assenza del fondamento metafisico però … la metafisica porta all’estreme conseguenze le certezze e le trova, anche il pensiero comune è un pensiero metafisico  anche perché comunque anche il discorso ermeneutico non si pone più la questione della verità ma rimane se il discorso ermeneutico sia vero oppure no, perché sulla base di che si stabilisce?

Non è che non si pone una questione del genere, aggira anche questo ostacolo nel senso che non è più un discorso vero o falso, è semplicemente un discorso che si dispiega, che dispiega se stesso all’infinito, abbandona i criteri verofunzionali che appartengono a una verità forte, li abbandona necessariamente perché non sa più come gestirli ovviamente, infatti li abbandona definitivamente, l’ermeneutica non ha più nessuna dipendenza da ciò che è vero e ciò che è falso, il discorso può avere più o meno aperture, diciamola così, ma non ha senso per l’ermeneutica parlare di discorso vero o falso più di quanto lo sia una questione di gusti e quindi non c’è la possibilità di sottoporli a un criterio verofunzionale …

Intervento: è tutto un discorso poetico …

Esattamente infatti la Kristeva sulla scia della semiotica e della psicanalisi scrisse un tomo sulla rivoluzione del linguaggio poetico …

Intervento: è la solita incapacità di reperire una verità che avesse …

L’ermeneutica sorge dal fallimento della metafisica, fallimento che è incominciato con Heidegger e che poi ha preso quella via che ha determinato e sancito la morte della metafisica, e in effetti fino a noi è stato così, noi non è che siamo metafisici naturalmente però abbiamo reperito il fondamento, cosa che il pensiero degli umani non avendo avuto la possibilità o la capacità di trovare ha abbandonato chiudendo il discorso …

Intervento: un po’ come se per l’ermeneutica ci fosse il gioco ma non il metagioco …

Esattamente, proprio così, infatti nega l’esistenza del metagioco …

Intervento: qual è la condizione del racconto? Da dove viene?

Viene dalla struttura poetica del linguaggio e bell’e fatto …

Intervento: è una affermazione che logicamente è confutabile …

Certo, per questo l’ermeneutica ha poco a che fare con la logica, tutto il delirio ermeneutico nasce da quella cosa che leggemmo di Heidegger, non so se vi ricordate, a un certo punto lui diceva che ogni tentativo di reperire il fondamento è come se portasse a una sorta di abisso, un abisso insondabile dove c’è una sorta di abisso, questo abisso che esiste nella parola, esiste negli umani che è quello che inficia ogni possibilità di reperire una verità forte e che permane e che è insondabile, ma che comunque c’è. Naturalmente se si parte da un abisso insondabile e inconoscibile si può dire qualunque cosa e il suo contrario, e infatti è quello che ha fatto l’ermeneutica.