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6-8-2014

 

La domanda che ci si poneva l’altra volta è una domanda antica: come si impara a parlare? Risale almeno ai tempi di Agostino, il quale mostrava a suo parere come si impara a parlare, cioè in modo ostensivo, si mostra qualcosa e si dice come si chiama e bell’è fatto. Una posizione di questo genere ha incontrato nel corso del tempo varie obiezioni, la principale è che per potere operare questa dimostrazione ostensiva occorre che la persona alla quale è rivolta sappia che un certo gesto è all’interno di un sistema che deve indicare un qualche cosa, c’è un qualche cosa che viene indicato, in poche parole la persona alla quale si vorrebbe insegnare il linguaggio deve già possedere un bagaglio di informazioni tali che lascia presupporre che questa persona già conosca il linguaggio per potere imparare qualche cosa, così come avviene quando uno vuole insegnare a un finlandese l’italiano, al di là delle grammatiche eccetera però il sistema più rozzo, più banale, più comune è quello di indicargli qualcosa e dirgli come quella cosa si dice in italiano, ovviamente lui comprende tutto questo perché è già all’interno del linguaggio il suo, in questo caso il finlandese. Questo problema è rimasto irrisolto per sempre, nessuno è riuscito a trovare una soluzione a una cosa del genere cioè rispondere in modo soddisfacente a questa domanda, e cioè come si impara a parlare, come avviene questo fenomeno? Per questo mi sono interessato a un certo punto al modo in cui gli umani hanno costruito quelli che oggi si chiamano computer. Il primo passo per la costruzione dei computer è stato l’applicazione dell’algebra di Boole, cioè incominciare a definire i concetti di vero e di falso attraverso delle cifre 1/0, è stato lui il primo a formulare questa modalità e poi è stato lui a dare l’indicazione per potere utilizzare le operazioni aritmetiche per usare le operazioni con i connettivi, in modo da potere “insegnare” tra virgolette a una macchina come comportarsi di fronte a una negazione, di fronte a un “oppure” e di fronte a una congiunzione. Tutte queste operazioni che poi sono state utilizzate da Turing per la costruzione della sua prima macchina pensante, poi elaborata da Von Newman e poi da altri, per esempio un neurofisiologo e un matematico tali McCulloch e Pitts, i quali ebbero l’idea di un funzionamento che riprendesse il funzionamento del cervello, ovviamente utilizzando fili elettrici e interruttori. Come si risolve utilizzando fili elettrici per esempio la connessione logica, la “e”, che è vera solo se entrambi i due elementi sono veri? Si fanno passare due fili da cui si diparte un terzo filo con un interruttore il quale farà passare corrente se e soltanto se la corrente arriva simultaneamente da entrambi i fili, se no no, e così si risolve il problema della “e” che è la congiunzione. Tutto questo era per cercare di intendere se e come sia possibile trasformare un qualche cosa che di per sé non ha linguaggio, perché un pezzo di ferro non ha linguaggio, non è pensante, come trasformarlo invece in qualche cosa che può pensare, cioè può parlare, può elaborare dati, può giungere a delle conclusioni o come la macchina di Turing incominciare a fare le prime operazioni più semplici, attraverso le quali giungere a operazioni più complesse. Quindi se è possibile trasformare qualche cosa che non ha nessun linguaggio in un qualche cosa che invece funziona attraverso un linguaggio questo ci dice del modo in cui anche gli umani vengono addestrati a rispondere in un certo modo ovviamente, il pezzo di ferro ha bisogno di fili elettrici e interruttori, gli umani hanno già i fili elettrici e gli interruttori incorporati, si chiama “cervello” generalmente. Ora supponiamo che sia il cervello una sorta di hardware che consente il pensiero, dico supponiamo, perché in queste cose non c’è mai certezza, ma se lo fosse allora questo cervello sarebbe predisposto, e qui si potrebbe addirittura parlare di “innatismo”, è innata nell’uomo la possibilità di potere utilizzare il linguaggio, “innato” nel senso che nasce con l’uomo perché il cervello non è che è prodotto dopo,  ma questo cervello, sempre ammesso che sia lui a fare tutte queste cose, che cosa fa? Quali sono le sue possibilità? Acquisire dei dati, conservarli e elaborarli, cioè metterli in connessione fra loro in modo di produrre altri elementi. Questo è ciò che può fare, niente di più, ma è sufficiente così come è sufficiente che all’interno di un computer ci siano cavi elettrici e interruttori, dopo tutto un processore non è nient’altro che questo. A questo punto si può mostrare che è possibile trasmettere il linguaggio nell’uomo allo stesso modo, come dicevo prima non c’è la necessità di immettere dell’hardware. È possibile dunque attraverso questo sistema immettere dei dati, fare in modo che questi dati possano connettersi fra loro quindi elaborarsi, quindi produrre altri dati secondo delle regole stabilite, ora che cosa avviene? Per quanto riguarda la macchina c’è qualcuno che digitando su una tastiera scrive attraverso un linguaggio di programmazione e gli immette dentro queste informazioni, però perché queste informazioni vengano accolte dalla macchina come tali, cioè come informazioni, occorre che ci sia dell’altro software in condizioni di accogliere queste informazioni come tali e sono i primi elementi della programmazione, però che cosa fa qualcuno quando insegna realmente a un bambino a parlare? Come dicevamo tempo fa il bambino non è provvisto di una tastiera sulla schiena sulla quale si possono digitare istruzioni però ha altri sistemi di immissione di dati, in effetti i “cinque sensi”, quelle cose che generalmente si chiamano così, sono porte di ingresso di dati: la vista, l’olfatto, l’udito, il tatto e il gusto, queste sono le porte di ingresso attraverso le quali è possibile immettere i dati. Negli umani la porta di ingresso principale, quella prioritaria su altre in genere è la vista, infatti gli umani hanno un orientamento visivo prevalentemente, attraverso queste porte è possibile immettere dati, e attraverso la porta uditiva i suoni. I suoni possono essere elementi che consentono di fissare un qualche cosa, in questo caso un suono, poi attraverso la porta visiva è possibile connettere questo suono con un’immagine di qualunque cosa; tutti questi elementi vengono fissati molto lentamente perché il sistema che utilizza il corpo umano non è come quello della macchina così rapido e veloce ma è molto lento perché il neurone ha bisogno che ci sia una certa soglia di elettricità perché possa uscire dall’altra parte sotto forma di output, e questo rende conto della difficoltà che gli umani hanno a memorizzare, a trattenere dati eccetera, poi si aggiungono questioni molto più complesse ma di queste per il momento non ci occupiamo, ci occupiamo soltanto del fatto che gli umani hanno delle porte di ingresso attraverso le quali possono ricevere istruzioni, ricevere informazioni, ricevere dati, esattamente come si fa con una macchina anche se le porte di ingresso sono differenti, ma il fatto che siano differenti è un fatto puramente contingente e in un certo senso irrilevante, anche perché oggi è possibile dare ordini a una macchina attraverso la voce e la macchina trasforma i suoni in comandi. Dunque come si trasmette il linguaggio? Si trasmette proprio come un uomo può trasmettere il linguaggio alla macchina, nello stesso modo l’uomo trasmette il linguaggio all’uomo, così come è possibile, come sarà possibile la trasmissione del linguaggio da una macchina a una macchina o da una macchina a un uomo anche se la cosa è un po’ complicata però possiamo anche considerare che siamo agli albori dell’informatica. Ciò che a noi interessa è che è possibile trasmettere il linguaggio così come si trasmette da un umano a un altro umano come si trasmette da un umano a una macchina, perché questo passaggio in più che abbiamo fatto? Perché gli umani hanno voluto costruire una macchina pensante, pensante come loro ovviamente non potevano immettere un altro tipo di pensiero perché non ce l’hanno, e quindi il funzionamento della macchina rispecchia per il momento in modo abbastanza semplice il modo in cui gli umani pensano in generale, tant’è che gli hanno immesso le stesse coordinate, gli stessi connettivi logici, in molti casi la stessa sintassi. Dunque dicevo che la macchina mostra in modo più semplice il funzionamento del pensiero degli umani e il modo in cui si addestra una macchina a pensare, a parlare, riproduce lo stesso modo nel quale gli umani insegnano agli umani a parlare. Wittgenstein diceva che anche le emozioni si imparano: per esempio un bambino piccolissimo cade, si sbuccia il gomito, può succedere, e allora cosa fa? Prima cosa, se c’è lì la mamma presente, guarda la mamma per sapere qual è la reazione che in un certo senso deve avere, se la mamma incomincia ad agitarsi, si preoccupa, lo sgrida e fa un finimondo il bambino è convinto che sia successa una tragedia, cioè acquisisce questa informazione: gomito sbucciato = tragedia, se la mamma invece si mette a ridere, gli mette un cerotto, gli dà, come fanno le mamme un bacino sul gomito eccetera e poi gli dà un dolcetto ecco che allora la connessione che mette in atto il bambino rispetto al gomito sbucciato è differente, in quel momento ha imparato un’emozione, ha imparato che di fronte allo sbucciamento del gomito non succede nulla, è una cosa che può capitare e anzi magari la mamma lo addolcisce con un cioccolatino e quindi ha imparato una cosa nuova, che il dolore non è sempre e necessariamente una tragedia, può essere una cosa banale che non comporta nulla di che e quindi potrà incominciare a pensare al dolore in modo diverso. Non ha torto Wittgenstein, anche le emozioni si imparano, quindi sono informazioni che vengono acquisite e vengono acquisite attraverso delle porte che sono, come dicevo prima, i cinque sensi. Nel caso dell’esempio che ho fatto adesso, le porte privilegiate sono l’udito, la vista e anche il tatto eventualmente se la mamma gli fa una carezza, sono porte in cui entrano informazioni, dati. C’è a questo punto una considerazione da fare perché se come stiamo dicendo il linguaggio viene trasmesso in questo modo e cioè c’è una trasmissione di dati attraverso delle porte allora questo linguaggio di cui stiamo parlando non è altro che un sistema, un sistema chiuso in un certo senso, in quanto tutto si svolge all’interno di questo sistema. Viene trasmesso un sistema che è quello che consente di costruire discorsi, costruire proposizioni, costruire emozioni come abbiamo visto, costruire qualunque cosa e viene da domandarsi a questo punto se anche la così detta realtà sia un qualche cosa che viene trasmessa attraverso informazioni. È un’ipotesi per il momento abbastanza interessante, come dire che non c’è una realtà data ma tutto ciò che gli umani chiamano “realtà” è ciò che è stato possibile costruire da questo sistema, il che ci porterebbe a concludere che differenti linguaggi, ammesso che sia possibile, comportino differenti realtà. Alcuni fanno l’esempio, lo faceva anche Nietzsche, della zanzara che svolazza per conto suo, ecco il suo modo di percepire il mondo, se noi potessimo interrogarla, non sarebbe il nostro ma sarebbe differente e cioè la sua “realtà” quella cosa stabile, fissa e immutabile sarebbe totalmente altra rispetto alla nostra. Certo, è una fantasia di Nietzsche, però pone la questione quanto meno, e riproponendola in questi termini un po’ più precisi verrebbe da dire che se effettivamente il linguaggio, cioè quella struttura che consente di costruire delle proposizioni intorno a quella cosa che chiamiamo “realtà” fosse un altro, allora la stessa realtà sarebbe altra.

Per alcuni però il linguaggio non è qualcosa che viene trasmesso ma è innato, cioè gli umani avrebbero al loro interno, propriamente all’interno della scatola cranica, delle connessioni, ed è vero che ce l’hanno, ci sono delle possibilità di connessione però per questi il linguaggio è innato. Un tale Fodor chiama questo linguaggio “il linguaggio del pensiero” cioè un linguaggio che costituisce una sorta di modello sul quale si impianta il linguaggio naturale, cioè il linguaggio parlato, ora una cosa del genere, cioè immaginare che all’interno del cervello ci siano già delle combinazioni prestabilite e che queste combinazioni determinano anche i significati delle cose è un’ipotesi ovviamente ma che, è questa la domanda fondamentale, può essere verificata? Oppure un’ipotesi del genere può non solo essere verificata, ma potrebbe essere falsificata? Cioè è possibile costruire una sequenza di proposizioni, quindi una teoria che sia in condizioni di falsificare una affermazione del genere? Apparentemente no, non è falsificabile perché non è verificabile, perché non è dimostrabile quindi per esempio per Popper non è una teoria scientifica. Sarebbe come dire che gli umani sono quello che sono perché dio ha voluto così, perché c’è stata la creazione, oppure che sono stati i marziani che a un certo punto hanno colonizzato il pianeta e hanno insegnato agli umani a parlare, alcuni lo pensano, però questa posizione non è verificabile, non è neanche falsificabile e quindi tecnicamente non sarebbe una teoria scientifica. C’è però un elemento che i difensori dell’innatismo sostengono e pongono come uno dei motivi, anzi, uno delle prerogative dell’innatismo: se la sintassi è innata, la sintassi non è modificabile a piacimento, se è sempre la stessa vuole dire che per tutti è uguale e quindi è innata. È vero che la sintassi non si può modificare? Simona pensi per esempio a una poesia del Carducci “Il bove”, l’ultimo verso di questa poesiola del Carducci dice così: “il divino del pian silenzio verde”. Questa forma che utilizza il Carducci, forma poetica ovviamente ha un nome, è una figura retorica ed è una metatassi. Nella retorica si utilizza questo modo per distinguere le variazioni, la metatassi è la variazione della sintassi, meta morfema è la variazione grammaticale e metasemema una variazione semantica. Questa variazione sintattica, che retoricamente è una figura specifica che si chiama “ipallage” è una metatassi, il che significa che è una variazione sintattica, cioè la sintassi è stata variata ma allora la sintassi è invariabile, allora nessuno può modificarla a suo piacimento oppure è possibile modificarla a proprio piacimento? Carducci l’ha fatto, quindi se l’immutabilità della struttura sintattica del linguaggio è una delle prove del fatto che il linguaggio è innato perché non può modificarsi allora l’esistenza della poesia sarebbe una controprova e cioè mostrerebbe che non è così, è un esempio a contrario e cioè qualcuno, in questo caso Carducci, a suo piacimento ha alterato la sintassi. Anche le macchine possono farlo. Per esempio quando installate dei programmi, anche con i migliori disinstallatori che ci sono in commercio, la disinstallazione di questo programma non è mai totale, ci sono sempre delle stringhe che permangono, delle sequenze: chiavi di registro condivise anche da altri programmi, che non possono essere tolte rimangono, delle sequenze, delle stringhe, dei protocolli, ora questi protocolli, queste stringhe possono e lo fanno, impedire il funzionamento o il corretto funzionamento di un altro programma. Questa è una variazione della sintassi della macchina, viene variata perché a un certo punto non funziona più o non funziona correttamente, questo è considerato un errore perché la macchina non fa più quello che deve fare, ma proviamo a considerarlo non un errore, ma come un qualche cosa che accade quando la sintassi che utilizza la macchina per funzionare si altera: e cioè un funzionamento differente e cioè una costruzione di sequenze differenti, certo torno a dirvi generalmente è considerato un errore ma perché dovremmo considerarlo un errore? Solo perché a noi in quel momento impiccia e non fa funzionare un programma che ci interessa? Ma potrebbe anche non essere considerato un errore ma semplicemente una variazione all’interno della macchina della sua sintassi, quindi anche la macchina può variare la sintassi a suo piacimento? Qui il discorso si fa arduo perché occorrerebbe discutere a questo punto sulla volontà, su che cosa si intende esattamente come “volontà”, è per questo che si fa arduo il discorso ma non lo faremo qui. Ma per dire che la tesi secondo la quale una delle prove dell’“innattezza” del linguaggio sarebbe il fatto che la sintassi non è modificabile trova un certo numero di obiezioni, rimanendo sempre il fatto che una cosa del genere non può essere provata, non può essere confutata, e pertanto come dicevo prima non è una teoria scientifica, è una fantasia, così come è una fantasia che gli umani sono stati costruiti e programmati dagli alieni. A questo punto ci troviamo di fronte a un bivio: o il linguaggio è innato, però questo presenta grosse difficoltà, oppure come da tempo sto considerando il linguaggio viene trasmesso, è un sistema, come se fosse un sistema operativo che viene trasmesso e che consente una volta che è “installato” tra virgolette nella persona consente di incominciare a produrre, come fa una macchina, delle cose, delle funzioni, delle immagini, dei suoni, che a questo punto non è più possibile considerare esistenti in natura perché questa natura stessa è a sua volta una costruzione, una costruzione resa possibile da questa struttura che chiamiamo linguaggio e la cui grammatica, il cui funzionamento, abbiamo incominciato a vedere negli incontri precedenti, come si costruisce anche una grammatica della logica cioè come a partire da certi elementi sia possibile costruire delle sequenze più complesse che possono fare delle cose. Qui fare altre cose significa costruire altre sequenze ovviamente, e questo è stato possibile farlo fare alle macchine utilizzando porte d’ingresso diverse, e cioè quelle che gli umani in quel momento avevano a disposizione, parliamo dei primi del ‘900. Il linguaggio fa l’unica cosa che sa fare: produce altro linguaggio, cioè produce altre sequenze, queste sequenze producono altre sequenze e così via all’infinito all’interno di un sistema chiuso, ma cosa vuole dire che è un sistema chiuso? Vuole dire che è costruito da una grammatica, da una sintassi, da una logica, la quale grammatica fornisce la forma corretta degli elementi perché siano riconosciuti, la sintassi fornisce i modi di connessione di questi elementi in modo da formare entità più complesse come frasi, proposizioni, discorsi eccetera e queste due cose messe insieme, insieme alla logica che fornisce tutto sommato delle direttive precise, delle direzioni che non possono essere trasgredite, tutto questo combinato insieme fornisce un sistema che dà la possibilità di costruire, a partire da queste altre sequenze. Ci si può porre la domanda “dove è nato il linguaggio?”, “come è nato?”, c’è Sini che ultimamente si è impegnato in questa direzione, a mio parere poco produttiva perché tutto ciò che potrà dirsi intorno all’origine del linguaggio è un’ipotesi non verificabile. È come il discorso dell’innatismo, è un discorso che può andare bene come discorso della fantascienza certo, e in effetti non è negabile la tesi innatista, non è negabile perché non è sostenuta, non è supportata da argomentazioni verificabili e quindi non è neanche negabile, così come non è negabile quella proposizione che afferma l’esistenza di dio, non è possibile negarla cioè costruire una proposizione che provi che la proposizione che afferma l’esistenza di dio è falsa, non lo si può fare, oppure che gli umani sono stati costruiti dai marziani, possiamo dire che non ha nessun interesse teorico ma di fatto non è negabile così come non si può negare che l’universo intero sia stato costruito da paperino: è possibile costruire una proposizione che neghi quella proposizione che afferma che l’universo è stato costruito da paperino? No, non è possibile perché un’affermazione che dice che l’universo è stato costruito da paperino non è verificabile e di conseguenza non è negabile, così come l’esistenza di dio o infinite altre cose. Ciò che interessa in realtà è intendere meglio il funzionamento di ciò che ci consente di riflettere, di elaborare, di considerare tutte queste cose, e tutte le altre che vengono considerate continuamente, questo per un motivo clinico che potrebbe apparire marginale rispetto a tutto ciò, e forse lo è. Il lavoro che ha fatto Freud per esempio, e cioè porre all’origine delle così dette nevrosi pensieri, desideri rimossi quindi inconsci, allude sicuramente a qualche cosa che non è impossibile che accada ma c’è la possibilità a questo punto in cui siamo porre e proporre qualche cosa di più radicale che va al di là di ciò che Freud poteva, con i mezzi che aveva considerare, e cioè che aldilà di ciò che lui chiamava “inconscio” “rimozione” “resistenza” eccetera c’è un’altra cosa più radicale che è la struttura stessa del linguaggio, il suo funzionamento. Questo può aprire a questioni anche cliniche di notevole portata e consentire di affrontare quelle cose che gli umani chiamano “disagio” in tutt’altro modo, più radicale e probabilmente anche più efficace. Dopo tutto anche l’inconscio è un’ipotesi che non è dimostrabile. Che cosa è dimostrabile? Solo ciò che è costruito dalle stesse regole della dimostrazione, che ovviamente non è che dimostri chissà che cosa, semplicemente dice che ci si è attenuti correttamente alle regole di dimostrazione, dunque il fatto che sia dimostrabile non è che dica un granché più di quanto per esempio dica l’innatismo, ma c’è una differenza fondamentalissima, se mi permettete questo superlativo, che nel caso dell’innatismo si suppone di affermare come stanno le cose, e cioè di dire che le cose stanno così, perché se no, se non avesse avuto questa certezza che ha chi si è inventata questa teoria, Fodor in questo caso, non l’avrebbe mai né scritta, né inventata e meno che mai pubblicata, se fosse stato soltanto un gioco e niente più e non avesse avuto come risvolto la velleità di descrivere uno stato di cose. Invece dimostrare all’interno del sistema linguistico non è nient’altro che compiere un gioco linguistico possibile, e cioè mettere in atto il linguaggio costruendo altri giochi con la consapevolezza che ciò che si sta facendo non è nient’altro che questo, e questo non è né indifferente né marginale anzi, direi che fa la differenza “sostanziale”: nel primo caso l’idea di potere dire, affermare come stanno le cose realmente è la condizione per potere imporre il proprio potere su altri, non solo, ma entro certi limiti stabilisce la necessità di imporre questo potere, potere che può essere politico, economico, militare, religioso, intellettuale, sentimentale, sessuale o quello che volete. Ecco il potere, l’idea di potere dire come stanno le cose, di avere trovato il modo in cui le cose stanno veramente è la condizione per potere esercitare del potere, ovviamente credendoci in questa cosa, esercitare un potere vale a mostrare e se è possibile imporre ad altri questa posizione, perché se è così che stanno le cose è la verità, e se questa è la verità qualunque altra posizione è necessariamente falsa. Per questo è una posizione religiosa quella del potere, perché ricalca la struttura che è tipica, direi inevitabile di qualunque religione “se io credo in un dio, quel dio in cui credo è necessariamente vero” cosa diceva Gesù Cristo “io sono la via, la verità, la vita” la verità, è chiaro che se lui è la verità qualunque altra cosa che non sia quella non è la verità, quindi è falsa e sono appunto gli dei falsi e bugiardi, come dire che la religione impone inevitabilmente, inesorabilmente una demarcazione tra ciò che è vero e ciò che non lo è: ciò che è vero è ciò che il mio dio dice, ciò che non è vero è tutto ciò che il mio dio non dice. L’idea del male, questo nella filosofia medioevale, l’idea del male per esempio per Tommaso ma non solo lui, ha a che fare con l’allontanamento da dio, più ci si allontana da dio e più si è nel male perché essendo dio il bene assoluto chiaramente se prendo le distanze mi allontano dalla verità, più ci si allontana dalla verità, più si è nella falsità, più si è nel falso. Ecco questa è l’idea di male più comune nella filosofia medioevale. Se invece, come stiamo proponendo, il linguaggio è un sistema chiuso, chiuso dalle sue regole quindi dalla grammatica, dalla sintassi allora tutto si svolge all’interno di questo sistema, fuori da questo sistema non c’è niente, dire che non c’è niente potrebbe essere problematico perché uno può obiettare “come lo sai che non c’è niente fuori dal linguaggio?” ma è la stessa domanda “come lo sai che non c’è un dio?” Come lo sai che i marziani non ci hanno costruiti loro e noi viviamo all’interno di una campana pre programmata eccetera, come fai a saperlo? Puoi dimostrare che non è così? No, non lo si può fare, però come dicevo prima non ha grande interesse perché non porta da nessuna parte, cioè non consente di proseguire un’articolazione, è come se fissasse le cose in un certo modo, come dire che è dio che ci ha creati, è così e basta, è un atto di fede. Ma siccome sono sempre stato poco propenso a compiere atti di fede mi sono trovato a cercare altre vie che non fossero quelle previste dalla fede. Dunque ciascuna cosa avviene all’interno di questo sistema chiuso. Chiuso non nel senso che ha un numero limitato di mosse, il numero di mosse possibili è infinito, un po’ come accade con la musica ci sono sette note, quanta musica si è fatta da quando esiste? E quanta si continuerà a fare, infinita praticamente, quindi la musica è un sistema chiuso? Sì, sono sette note, però è anche aperto perché le possibilità di connessione diciamola così risultano infinite, o almeno appaiono tali. Il vantaggio di tutto ciò consiste in questo: qualche tempo fa qualcuno chiedeva se tutto questo fa perdere dell’umanità, è vero, fa perdere dell’umanità e cioè quella parte dell’umanità che costringe a imporre la propria volontà su altri e a ucciderli se non lo fanno, questa è l’umanità che si perde, e cioè in definitiva ciò che definisce l’umanità in quanto tale.