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6-5-2003

 

Avete risolti i quesiti della volta scorsa? Che cosa avvia il linguaggio e come ? Queste erano le due domande: cosa attiva il linguaggio e come. Avete risolto queste domande?

Intervento: sono un po’ perplesso dicevamo se qualcuno o qualcosa attiva il linguaggio avevamo fatto l’esempio…

Sì l’avevamo messo uno dentro a uno scatolone e si supponeva che a questo punto non sapesse parlare…

Intervento: mi faceva pensare alla fase dello specchio di Lacan… sono un po’ perplesso

Ha degli ottimi motivi la sua perplessità…

Intervento: mi sembrava un po’ metafisica questa cosa perché a questo punto è un po’ come se il linguaggio avesse bisogno di altro e allora questo altro è fuori dal linguaggio, mentre invece questo altro è all’interno del linguaggio e occorre reperirlo all’interno, perché possa essere altro occorre che già stia funzionando il linguaggio

Vada avanti è a buon punto…

Intervento: quindi il fatto che stia funzionando poi innesca… cioè fa sì che sia una proposizione per esempio “questa è la mamma”… occorre che ci sia un primo elemento che sia linguaggio a permettermi di riconoscere che quello che sto dicendo è linguaggio…

Intervento: il pensiero comunque

Vada ancora oltre, non parli di me o di altri, parli solo del linguaggio: la condizione perché il linguaggio si attivi è che venga attivato dal linguaggio, è un discorso, viene attivato da un discorso quindi dal linguaggio, e come viene attivato? Perché un discorso incomincia a fare esistere le cose attraverso se stesso nominandole e inserendole quindi nella sua struttura, a questo punto le cose esistono e pertanto soltanto il linguaggio può attivare il linguaggio, cioè è un discorso che fa esistere le cose, e cioè le inserisce di fatto all’interno della struttura che è quella del linguaggio e pertanto esistono, non c’è altra via di uscita, ciò che non possiamo domandare, perché il linguaggio lo impedisce, è da dove viene il linguaggio…

Intervento: è come se stessimo cercando dio

Di dio non ce ne può importare di meno…

Intervento: è come se cercassimo l’origine delle cose

No, l’abbiamo detto, questa questione è stata svolta, occorrerebbe potere uscire dal linguaggio cioè trovare quell’elemento che lo precede e questo non è possibile farlo, pertanto sappiamo che il linguaggio si da e non può non darsi visto che siamo qui che ne parliamo, ma ci chiedevamo che cosa lo attiva e ciò che può attivarlo è soltanto il linguaggio, il discorso, un discorso che inserisce all’interno della struttura altri elementi che da quel momento diventano elementi perché prima non lo sono, soltanto a questa condizione diventano elementi, è dal momento in cui la struttura…

Intervento: la mamma…

Non è niente finché non è linguaggio…

Intervento: ovviamente per porre la mamma è porre una realtà

Questo è un altro discorso, il sorgere della realtà certo, la realtà sorge perché il linguaggio per funzionare non ha nessuna necessità di sapere di se stesso, ed è per questo che si costruisce la realtà, quando immagino che ciò che io dico sia altro da me che lo dico per esempio, senza avere la possibilità di sapere che io che dico e ciò che dico esistono in quanto il linguaggio mi consente di istituire questi elementi; per cui è formando una struttura che a questo punto esistono gli elementi, cioè un discorso ha già una sua struttura, questa struttura è quella che costruisce gli elementi, a questo punto il linguaggio si attiva, lei diceva prima dei bambini, c’è il discorso di altri ma non ha importanza a questo punto che siano altri o sia uno è assolutamente irrilevante, è il linguaggio che sta funzionando, non ci interessa l’appartenenza del linguaggio a chicchessia, è un discorso, e questo discorso che cosa fa? Procede, prosegue inserendo nella sua struttura qualunque cosa ma è ancora detta male, perché sembra che ciò che inserisce prima sia fuori, no, è la struttura di cui è fatto che costruisce mano a mano queste varie cose…

Intervento: cosa lo attiva, cosa lo fa riconoscere è possibile perché c’è già il linguaggio che sta funzionando quindi in un certo senso noi ci stiamo impelagando come se volessimo rispondere alla domanda cosa c’è prima del linguaggio… sto dicendo che insistere su cosa lo attiva come se ci fosse prima qualche cosa che è inattivo perché diamo per presupposto che esista un esserino

L’attivazione del linguaggio è una questione che ci siamo posti e che ci ha indotti a considerare la questione in termini più precisi, e cioè che non è possibile parlare di qualcuno, del linguaggio di qualcuno, quando parlo del discorso non ha nessuna importanza a chi appartiene questo discorso, cioè non utilizziamo più operatori deittici in questo caso per indicare il discorso di pinco pallino, di tizio o caio, è un discorso e come tale funziona, come tale la struttura di cui è fatto fa esistere di volta in volta gli elementi che da quel momento esistono, prima non esistevano né potevano esistere…

Intervento: la realtà stessa è un operatore deittico perché mi consente di dare una direzione al mio discorso

Sì, la direzione del discorso però non ha necessità di operatori deittici, che pure ci sono, certo, perché sappiamo che il discorso costruisce proposizioni e questo abbiamo rilevato essere un problema per quando riguarda l’intendimento del discorso che stiamo facendo, cioè nel caso nostro, perché il discorso possa proseguire, in ambito teorico, necessita non soltanto di essere coerente con le premesse da cui muove ma di essere verificabile, quindi verificata ciascuna sua affermazione e avevamo invece considerato che il discorso comune non necessita affatto di questo secondo aspetto. Il fatto che non sia contraddittorio con le premesse da cui muove, qualunque esse siano, gli consente di andare avanti e in effetti il linguaggio non ha bisogno di altro, ma semplicemente procede senza la necessità di verificare ciò che afferma perché il fatto che non sia contraddittorio con le premesse da cui muove e che proceda questo è sufficiente per rendere vero ciò che afferma e quindi soddisfa qualunque richiesta…

Intervento: la questione della verifica della realtà di cui dicevo prima… il discorso comune invece esige questa verifica

Ho inteso qual è la questione, è che la verifica del discorso comune è data unicamente dal potere considerare che ciò che segue non contraddice ciò che precede…

Intervento: questa è la struttura del linguaggio

Sì, sì la struttura del linguaggio e il discorso comune funzionano allo stesso modo, noi abbiamo aggiunto un elemento…

Intervento:…

Infatti non può proseguire se il conseguente contraddice l’antecedente…

Intervento: ma se io procedo utilizzo il luogo comune ma il luogo comune è quello che si appoggia alla realtà perché? Perché la realtà è il luogo della verifica

Intervento: basta che l’abbia detto pinco pallino questo è il suo criterio di verità

Intervento: quando esiste la realtà? Cioè quando qualche cosa si fissa, è un po’ la questione dello smarrimento che può avere il depresso… non trova riferimenti… il criterio del luogo comune è proprio questo di risparmiarsi la verifica…

Lei parla di risparmio, io andrei ancora oltre, cioè non è necessario per il funzionamento del linguaggio, ché la verifica è già data nel momento in cui io constato che ciò che segue non contraddice ciò che precede, è più che sufficiente perché il linguaggio funzioni…

Intervento:…

In alcuni casi, non sempre, non sempre ci sono dei casi in cui la cosiddetta realtà non ha importanza più di tanto. La realtà è ciò che è vero e, kantianamente, ciò che è vero è ciò che non è autocontraddittorio, semplicemente, e quindi è reale perché non si contraddice, la realtà è ciò che per definizione non si contraddice ma ciò che muove è la considerazione che non è autocontraddittorio e quindi è reale, quindi è così, è vero, e pertanto da lì posso proseguire tranquillamente. Non è una questione economica, non è necessario per andare avanti compiere questa operazione che noi abbiamo inserita, ché non esiste in natura, è totalmente artificiale…

Intervento: è fatta apposta questa verifica

È proprio indagando questa questione della realtà e quindi della verificabilità e andando a fondo alla questione che abbiamo constatato che la totalità delle affermazioni che si incontravano erano assolutamente arbitrarie e cioè costruite su nulla, su opinioni, su pareri, su credenze, su superstizioni…

Intervento: ma di una qualunque superstizione se ne può rilevare la religiosità

Infatti, dicevamo che ciò che incontra e che contraddice ciò che crede non lo toglie affatto dalla sua posizione: io attraverso la strada, è passato un gatto nero e non succede niente, no non contraddice la realtà, è un aspetto che lei giustamente sottolinea, né lo contraddice né lo verifica, in effetti non cambia assolutamente niente, però la superstizione, almeno tradizionalmente, è fatta così, il famoso sillogismo tronco dove la premessa maggiore non c’è, dicevamo che il discorso occidentale funziona per lo più così; se chiedessimo a chi che crede al gatto nero: “per te questa è la realtà delle cose?” Magari direbbe anche no…

Intervento: il fatto stesso che sia possibile

Sì certo, il fatto che possa accadere qualcosa dopo il passaggio del gatto nero è una possibilità, certo, questa è una questione importante, l’avvio o meglio la possibilità della costruzione della realtà è data dal non avere gli strumenti necessari per considerare che ciò che io dico: io che dico è altro da ciò che dico, questo è il fondamento della realtà, cioè qualcosa che è altro da me, è inevitabile che avvenga così se non ci sono gli strumenti che riguardano il funzionamento della struttura del linguaggio, questo passaggio è assolutamente inevitabile, non ci sono santi…

Intervento:…

Sì, del reale, cioè ciò che è altro da me, e ciò che è altro da me si pone, essendo fuori dal linguaggio, come fuori da ogni possibile verifica, per questo non c’è verifica, è dato così, l’unica verifica è quella che avviene all’interno del linguaggio, la realtà non richiede verifica, è vera per definizione, l’ho posta così come qualcosa che è fuori, la verifica è soltanto all’interno del linguaggio, è lì che non deve contraddire le premesse, la realtà così come è intesa né contraddice né conferma niente, è lì immobile e identica a sé, e ciò che consente di pensare questa cosa strampalata è una struttura del linguaggio, che è quella che dice: “io sono altro dalle cose che dico”, a questo punto comincia ad esserci una distanza tra me e altro che è altro da me…

Intervento:…

Posso anche arrivare a dire che è una costruzione, però in ogni caso non sono io, mentre ciò che andiamo formulando è: io non sono altro che ciò che dico, che penso. Lei invece come la poneva Sandro?

Intervento: nel momento che dico io… è una funzione grammaticale

Sì, è un operatore deittico, in questo momento posso dire “io” ma so perfettamente che si tratta di un operatore…

Intervento: se questa cosa è io, tu, noi qualunque cosa non funziona più nella sua…

Infatti gli operatori deittici servono a questo…

Intervento: e quindi quando io incomincio ad essere io? Quando incomincio a parlare, se no non esiste niente, neanche la coscienza

Non esiste nulla né può esistere, perché non si da l’esistenza la quale esistenza è una costruzione del linguaggio. Il discorso pone le regole di cui è fatto e quindi fa esistere le varie cose, né può essere altrimenti, il linguaggio può procedere solo da sé, procedere da sé perché non c’è altro fuori dal linguaggio. L’innesco, l’avvio, non può venire che da lì…

Intervento: è questo che indichiamo che pensiero, la dignità del pensiero è poter considerare queste questioni

Intervento: l’uomo nello scatolone non apprende il linguaggio è una questione

No, non c’è la questione, non c’è la questione perché se non c’è il linguaggio non c’è la questione, come dire che paradossalmente questo tizio se non ha il linguaggio non esiste, non è mai esistito, esiste per coloro che sono nel linguaggio…

Intervento: quindi non può porre la questione della sua esistenza

Esattamente, è un po’ la questione della pietra che cade, se esiste oppure no…

Intervento: stavo pensando alla scacchiera… potremmo dire che il gioco può iniziare quando esiste questa prima mossa, se io mi muovo a casaccio, assolutamente non è gioco

Certo, occorrono delle regole e le regole sono ciò di cui è fatto il linguaggio…

Intervento: il bambino che comincia a parlare è interessante per come può funzionare rispetto al pubblico

Ciascun elemento linguistico per essere tale occorre che rinvii necessariamente ad un altro elemento linguistico…

Intervento:…

Sì Wittgenstein diceva questo: “il linguaggio si impara parlando”, ma il linguaggio per la sua stessa struttura non può non coinvolgere qualunque cosa, e qualunque cosa che esista parte dal linguaggio, il bambino fa parte anche lui e quindi il discorso lo ingloba, lo inserisce la sua struttura, il discorso fa esistere il bambino e tutto il resto…

Intervento: quando la volta scorsa si parlava della contraddizione è chiaro che se io dico “questo è un orologio e non è un orologio” mi accorgo della contraddizione ma come mi accorgo della contraddizione in atto?

Avevamo già risposto, se il linguaggio afferma un elemento linguistico, qualunque esso sia, affermandolo non lo può negare, una volta che lo ha affermato allora se lo nega compie una operazione che non è consentita, non lo può fare, perché se lo afferma, dice che c’è, da quel momento è un elemento linguistico e non può in nessun modo dire che non è un elemento linguistico, come dire se è un elemento linguistico è nel linguaggio da quel momento non può metterlo fuori dal linguaggio, non lo può fare, per questo non può contraddirsi. La questione importante è quella di cominciare a pensare soprattutto agli operatori deittici che non sono altro che istruzioni grammaticali, come dire non c’è il bambino, l’adulto, c’è il linguaggio che opera, che funziona, che agisce e questo linguaggio non può non funzionare, non può non agire e coinvolge qualunque cosa, qualunque cosa diventa un elemento linguistico necessariamente, il bambino che acquisisce il linguaggio ma non è altro che un discorso che prosegue se stesso, il linguaggio che continua a funzionare…

Intervento: io lo posso imparare solamente se sono nel linguaggio…

Non è sufficiente ripetere una parola, anche il registratore lo fa, occorre che perché la cosa funzioni che sappia cosa ha detto. La condizione perché il linguaggio esista è che ponendo degli elementi sappia ciò che li pone, cioè possa tenerne conto e quindi possa inserirli in una struttura, possa farne qualunque cosa se no non c’è niente, assolutamente niente. Quindi cos’è che avvia il linguaggio? Il linguaggio, e come si avvia?

Intervento: per inferenze

Sì, ché solo a questa condizione esiste qualcosa, rinviando a se stesso, possiamo aprire un gioco di rinvii, però la struttura grosso modo è questa. La questione è che una volta partito non ha nessuno strumento per accorgersi di sé e di ciò che sta facendo e, dicevamo, che per proseguire è sufficiente che argomentando ciò che segue non contraddica ciò che precede, qualunque cosa sia ciò che precede, può anche essere la cosa più sgangherata e inverosimile, l’importante è che non la contraddica, dopodiché andando avanti automaticamente continua, costruisce proposizioni che chiama vere, ed essendo chiamate tali adatte a costruirne altre, però manca sempre la premessa generale, la premessa maggiore di tutti i possibili discorsi, quella che noi abbiamo reperita, per questo qualunque discorso si faccia è comunque un entimema e quindi è come ciò che comunemente è chiamata superstizione. Ed è questa la condizione della guerra, non è altro che una superstizione, ma domani diremo in un modo più dettagliato…

Intervento: la premessa maggiore è sempre che qualsiasi cosa è un atto linguistico

Sì, è data dalla conoscenza della struttura del linguaggio e del suo funzionamento, che si può riassumere nella proposizione “qualsiasi cosa è necessariamente un elemento linguistico”.

Intervento: solo a queste condizioni si può modificare ciò che si dice

Si può distinguere fra ciò che è necessario che sia e fra ciò che è arbitrario, e di ciò che è arbitrario me ne assumo l’assoluta responsabilità…

Intervento: la superstizione non è forse il tentativo di dare una premessa maggiore…

Non ha bisogno di riconoscere, non è un rimedio, non ha nessun bisogno di riconoscere la premessa maggiore. Nel caso della superstizione, in senso stretto, è il fatto che i più pensino così, per esempio, la tradizione, la nonna…

Intervento: c’è bisogno della premessa maggiore

Sì, la questione è che può essere qualunque…

Intervento: ma non potendo riconoscere quella è necessaria

L’importante è che ci sia, perché essendoci conferma e conforta la conclusione…

Intervento: perché funziona come entimema? Perché non dicendosi non devo constarne la sua verità

Proprio per questo funziona così, proprio per questo è costruito l’entimema, perché tacendo la premessa maggiore…

Intervento: non ne mette in discussione la verità

Esattamente, mai per nessun motivo, quindi è a posto, il discorso occidentale funziona esattamente così. Bene, molto bene. Ci vediamo domani sera.