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6/5/2002

 

Intervento: Ciò su cui sto riflettendo è la pratica di quello che andiamo dicendo cioè poter considerare in atto come mi trovo a parlare e quindi tutto ciò che si produce mentre io parlo, questa è la cosa più difficoltosa: tenere conto che sto parlando qualsiasi cosa io faccia. Perché molte volte non mi accorgo di ciò che faccio utilizzando certi luoghi comuni…

e come avviene tale accorgimento?

Intervento: (accorgimento avviene quando mi trovo coinvolta, quando non riesco …sono sopraffatta e allora il rinvio è a quello che sto dicendo

e a quel punto che succede?

Intervento: a quel punto succede che mi interesso di quello che vado dicendo e non solo mi accorgo di quello che io vado dicendo ma di che cosa dice la persona che mi capita di ascoltare e di come sono interessata non tanto alla sostanza, al contenuto ma di come sono interessata al suo discorso, alle interruzioni del discorso…

quando dice “essere attratti dal contenuto” cosa dice esattamente? Cosa vuol dire che è attratta da un contenuto? Cosa l’attrae, perché l’attrae?

Intervento: il contenuto è la storia che la persona vuole raccontare

io stavo chiedendo perché è attratta da qualcosa

Intervento:

faccia un esempio di storia pericolosa…

Intervento: se una persona ammalata di tumore mi racconta ) delle cose che potrebbero accaderle, in quel senso…a quel punto ciò che mi trovo a fare…

è attratta dall’eventualità di avere un tumore?

Intervento: non sono attratta da questa eventualità ma mi interrogo di come questa storia può intervenire in un discorso e cioè quali sono le vie preferenziali che possono portare all’interno di un discorso questa storia, questa storia che è comunemente accolta, so che si parla per esempio moltissimo di questa malattia flagello…

usi una struttura paratattica quando parla con noi…

Intervento: quando parlo con questa persona che racconta questa tal cosa questa cosa non la smetta di intervenire nel discorso, qualsiasi spunto

quale discorso, nel suo o quello altrui?

Intervento: nel discorso che andiamo facendo è chiaro poi che nel mio discorso io tralascio un sacco di elementi laddove mi pongo a riflettere sulla questione….ciò che rimane è questo continuo interrompersi tra una proposizione e l’altra, basta un elemento e tutto ritorna, mi interroga come si connettono le proposizioni

cioè come si connettono?

Intervento: pare non si connettano come se ci fossero pause e poi riprende

e perché succede questo fenomeno, se l’è chiesta?

Intervento: che la persona a quel punto non molla il controllo su quella questione trova agganci sulla questione che per lei è più importante

sì, ma da questo cosa potremmo trarne?

Intervento: l’intervento di uno psicanalista

si sta riferendo al discorso paranoico in questo caso, come intervenire nel discorso paranoico…

Intervento: come se questa cosa di cui parla fosse qualcosa di isolato…

e perché la persona a suo parere fa questa operazione, cioè riconduce qualunque discorso a questo?

Intervento: è una continua richiesta di avallo della sua verità

Beatrice, perché una persona si attarda su una questione? A che scopo lo fa, qualunque esso sia?

Intervento:

insomma la questione è questa: “perché una persona pensa le cose che pensa”…

Intervento: abbiamo parlato del paranoico che non solo pensa le cose che pensa ma le vuole imporre all’altro

mettiamola in termini molto generali, perché una persona pensa le cose che pensa?

Intervento: perché vuole renderlo reale e quindi

anche, in parte in parte anche questo. Ciò che sappiamo finora è che ciascuno è costretto dal sistema operativo che lo fa esistere a produrre proposizioni vere, sono vere quelle che sono riconosciute tali dal gioco in cui si trova, sappiamo che fa questo e non lo può non fare, quindi qualunque cosa affermi andrà necessariamente in quella direzione, cioè potere stabilire qualcosa che è vero ed eventualmente, come corollario, eliminare quelle che non lo sono. Dicevo quelle ritenute vere dal gioco che sta facendo il quale, ovviamente, ha delle regole, queste regole sono quelle che gli consentono di avere un criterio di verifica, questo criterio di verifica viene utilizzato ciascuna volta in modo esplicito o implicito, il più delle volte implicito, tant’è che la persona non si pone la questione se quello che sta affermando è vero oppure no, qualche volta sì, qualche volta no…

Intervento: proprio per questo che stavo parlando di descrizione

la descrizione rientra anche questa all’interno della costruzione di proposizioni ritenute vere, perché la descrizione è la descrizione della realtà, nel luogo comune, e la descrizione della realtà per definizione è vera, è reale ciò che è vero, ciò che è falso non può essere reale e quindi la descrizione costituisce un buon serbatoio di proposizioni vere. A partire da questa descrizione, da questi elementi ritenuti veri, nel luogo comune, è possibile talvolta costruire un’altra proposizione che tiene le precedenti come premesse e questa proposizione che l’ha costruita è ritenuta altrettanto vera e quindi affermabile e quindi verrà affermata, verrà affermata anche perché questo sistema, che è quello inferenziale, è quello che gli consente di giungere a una conclusione che gli consentirà poi di potere proseguire, ma potere proseguire come? O costruendo un’altra proposizione ancora ritenuta vera, oppure confermare tutte le precedenti per esempio, e quindi convalidare tutto il discorso, è chiaro che la persona generalmente suppone che le cose che afferma siano vere, però può avere qualche dubbio talvolta e allora questa operazione serve a confortare le sue affermazioni precedenti e renderle vere, a questo punto è sicuro, se è paranoico, come in questo caso, è assolutamente sicuro, le cose stanno così, se le cose stanno così allora che farne, di queste cose? Ché al paranoico, così come all’ossessivo o a qualunque altro, non è che servano per costruire degli impianti teorici, non è questo l’utilizzo, sono semplicemente vere! È finita lì, è finita lì nel senso che non ci sarà nessuna messa in gioco di una cosa del genere, né avrà nessuna intenzione di farlo ovviamente, una cosa del genere è faticosa, è penosa, pesante, e seccante molte volte, per cui non lo farà e continuerà a ripetere più o meno all’infinito le stesse cose, ora questo avviene anche ad alcuni immaginati intellettuali, facevamo l’esempio oggi con Lodari di Alberoni, tale Alberoni dice un sacco di fesserie, le stesse cose che diceva mia nonna, né più né meno, e ripete all’infinito sempre le stesse cose, cioè compie esattamente sempre la stessa operazione, due o tre cose che crede vere e con quelle due o tre cose costruisce infiniti discorsi, come dire che da pochissimi elementi si possono costruire infiniti discorsi. Fate un giro al mercato ci sono delle signore che chiacchierano fra loro, di quanti elementi teorici dispongono? Pochissimi, quanti discorsi sanno fare? infiniti? O almeno così dà l’impressione che siano, perché non si fermano mai…

Intervento: quella che ha più disgrazie dell’altra

se ha più disgrazie ha più argomenti, è per questo che gli umani si costruiscono le disgrazie, per avere più argomenti, ma questa è un’altra questione, ma perché fanno tutte queste operazioni cioè perché parlano ininterrottamente sempre della stessa cosa? Due o tre cose ripetute all’infinito, il motivo l’abbiamo già detto, praticamente il linguaggio di cui sono fatte quelle gentili signore le costringe a compiere questa operazione e cioè continuare ad affermare cose che ritengono vere. Ciò che avviene in un’analisi è in parte anche questo, l’accorgersi che queste proposizioni ritenute vere tali non sono, si impara per esempio ad avere un criterio verofunzionale più sofisticato, si comincia a pensare che non necessariamente qualunque cosa mi passi per la testa è necessariamente vera, quantomeno a sospettare che ci sia questa eventualità, e allora che succede? Succede che una serie notevole di elementi che hanno funzionato per tutta la vita, i fondamenti di tutto il discorso cioè di tutte le cose che io opino, credo, cessano di funzionare come tali e cioè come garanzia di tutte queste cose e vengono abbandonate, il meccanismo è esattamente quello che ho descritto un sacco di volte e cioè quello tale per cui ad una certa età si cessa di giocare con i soldatini o con le bambole, non interessano più, e cioè tutte quelle affermazioni che sono ritenute vere ci si accorge che tali non sono, cessano di interessare, come per magia, ma magia non è, sappiamo che non è affatto una magia ma la struttura del linguaggio che costringe ad abbandonare tutto ciò che è stato stabilito falso. Se io so ad un certo punto che mi hanno rubato la macchina, mi agito, ci sono buone probabilità che avvenga una cosa del genere, se invece mi si dice di no, che non è vero, non me l’hanno rubata, che invece di parcheggiarla lì, l’ho messa di là… ecco che mi tranquillizzo; come è avvenuto questo miracolo, la proposizione che prima credevo vera, dopo è diventata falsa e quindi non più utilizzabile per costruirne altre, perché finché era vera, eccome se ne costruivo! Una volta ritenuta falsa non ha più questa prerogativa e cioè non serve più per costruire proposizioni, non è più utilizzabile dal mio discorso e pertanto viene abbandonata. Ciò che avviene in un percorso che è quello che noi chiamiamo analitico non è così lontano, abbandonare delle cose perché si cessa di crederle vere, e quindi cessano di essere utilizzabili dal mio discorso, avviene quel fenomeno che generalmente è noto come la perdita di interesse, non interessa più, così come avviene anche in ambito teorico, una teoria viene ad un certo punto abbandonata perché dimostrata falsa da quella successiva, e quindi non è più seguibile, supporre oggi che la terra sia al centro dell’universo e tutto ruoti intono alla terra non è una teoria delle più seguite, perché all’interno di quel gioco particolare questa proposizione è stata dimostrata falsa; sappiamo che “falso” non è nient’altro che quell’aggettivo che diamo a tutte quelle proposizioni che non consentono al nostro discorso di proseguire, se soddisfano questo requisito sono chiamate false, in caso contrario sono chiamate vere e il discorso può andare avanti. Ora se una persona ha a disposizione quattro o cinque proposizioni che ritiene vere, il suo discorso terrà conto di quelle quattro o cinque proposizioni, non è che può fare molto di più, e quindi costruirà all’infinito proposizioni che dicono, che affermano quello, nient’altro che quello, ecco anche perché un’analisi arricchisce, perché consentendo di produrre altre, mostrando la falsità di talune proposizioni, costringe a mutare direzione. Ora badate bene, una proposizione falsa è quella che impedisce al discorso di proseguire ma può essere comunque riutilizzata e riciclata retoricamente, oltre al fatto che può comunque essere utilizzata sapendo che è falsa rispetto ad una posizione teorica assoluta, ma vera all’interno di quel gioco, se io sto giocando a poker so benissimo che il fatto che tre re siano superiori a tre sette non è una verità assoluta, che io possa provare in modo incontrovertibile, ma so perfettamente che mi serve per fare quel gioco nell’ambito ristretto di quel gioco perché fuori da quel gioco non significa assolutamente niente. Questo per dire di come una persona, e non soltanto nel discorso paranoico, sia particolarmente attratta da quelle cose che ritiene vere, poi oltre a ritenerle vere ritiene anche vero il fatto che siano interessanti per altre persone, questo si aggiunge, perché sa in cuor suo, come ciascuno sa che ciò che può essere o provato vero o comunque riconosciuto vero dai più è in ogni caso interessante, in modo particolare ancora se questo vero porta con sé una eccitazione maggiore, quando una cosa porta con sé una eccitazione maggiore? Quando parla, descrive, fa cose che si ritiene mettano in pericolo ciò che è ritenuto per un altro gioco linguistico il bene supremo, e cioè la propria vita, allora interessano ancora di più, sono giochi linguistici che interagiscono tra loro…

Intervento: l’intervento dell’analista in un caso come questo, nel discorso della paranoica Sandro parlava dell’aspetto morale…

dunque sostiene che l’analista occorre che intervenga come moralista?

Intervento: no, non sostenevo questo…

Sì, la questione dell’intervento non è semplice, anche perché l’intervento è mosso, pilotato, da ciò che l’analista intende ottenere, cosa vuole ottenere per esempio? che una persona intenda? Intenda il suo discorso? Supponiamo che sia così, la questione è come fare? allora poniamo che l’analista supponga  che il modo per cui la persona intenda sia, in un particolare momento dell’analisi, che la persona parli il più possibile, ora a questo punto, il suo intervento, qualsiasi cosa l’analizzante si troverà a dire, sarà volto a fare in modo che prosegua, qualunque cosa dirà avrà come obiettivo che comunque prosegua, in altra circostanza l’obiettivo può essere differente, sempre nell’ambito di una strategia che è quella dell’intendimento, cioè che la persona intenda come funziona il linguaggio quindi anche il suo, quello che lui si trova a mettere in atto. Ma è difficile porre un criterio universale dell’intervento, come intervenire, bisogna vedere tutto ciò che la persona ha detto precedentemente e qual è anche la posizione in cui si pone nei confronti dell’analista, cioè le variabili sono sterminate, per questo per il momento almeno mi sembra piuttosto arduo stabilire un criterio universale dell’intervento dell’analista, anche perché occorre prima stabilire esattamente qual è l’obiettivo, dopo di che si valuterà l’intervento, il quale intervento terrà conto dell’obiettivo: se io voglio fare arrabbiare una persona faccio in un modo, se la voglio sedurre faccio in un altro per esempio, tenendo conto anche della struttura della persona e di infinite altre cose, la relazione, il modo in cui la persona si pone nei miei confronti, la sua situazione in quel momento, come dicevo una quantità di variabili sterminate…

Intervento:

si interviene per un motivo, se no che si interviene a fare? In analisi la cosa principale è che la persona ha rivolta all’analista una domanda, di vario genere, però il più delle volte è quella di sollevarla dai suoi malanni, non sempre fortunatamente, ma spesso è così, e quindi questo è il suo obiettivo…

Intervento: ma alla fine si arricchisce di verità oppure si fanno vacillare quelle precedenti ritenute inconfutabili

dipende, dipende da quanto è l’interesse dell’analizzante a proseguire, alcune persone una volta che si sono un po’ risollevate decidono di piantare tutto, altre invece proseguono incuriosite, direi che a quel punto inizia la cosa più interessante, cioè un’analisi più precisa, più dettagliata, della struttura del proprio discorso. Tempo fa ci si poneva questa questione: se di fronte a una richiesta, come spesso avviene, uno ha paura di una qualunque cosa, di sbarazzarlo di tale paura, paradossalmente se l’analista, ammesso che possa farlo, facesse una cosa del genere potrebbe essere una catastrofe dal momento che in quel caso dalla paura vengono tratti gli effetti di eccitazione, di emozioni, di sensazioni che fanno vivere la persona, per cui qualunque cosa chieda non è poi così importante, certo inizialmente è essenziale che la persona parli il più possibile, questo è fuori di dubbio, e cioè che si trovi di fronte al proprio discorso, anche perché molto difficilmente gli è capitata una cosa del genere, di ascoltare quello che dice, quanto meno di averne un’eco, è raro che accada che una persona abbia occasione di parlare a lungo senza essere interrotta, senza essere sommersa e bombardata da consigli, suggerimenti… lasciare intanto che la persona cominci…

Intervento:

cioè lei si chiede se esiste l’intervento fuori dall’analisi?

Intervento:

L’importante è stabilire qual è l’obiettivo di una psicanalisi, sia molto chiaro, direi che è fondamentale, può apparire una domanda oziosa o banale ma non lo è, perché non è sempre così chiaro, così evidente quale sia esattamente l’obiettivo in una psicanalisi. Uno potrebbe dire molto banalmente: se una persona vi chiede di stare bene l’obiettivo è di farla stare bene, ma sappiamo che non è esattamente così, ché se una persona volesse stare bene ci starebbe, perché non lo fa? Sì, in effetti che intorno al linguaggio, alla logica abbiamo chiarito gli elementi fondamentali, possiamo dedicarci a questo aspetto prettamente analitico… e vedere, al punto in cui siamo e acquisite le cose che sono acquisite, che cosa occorre che facciamo, se tutto ciò che faremo sarà costretto ad affannarsi nell’approssimazione o nella probabilità, oppure se può avere un grado di precisione tale quale ha la teoria che abbiamo costruita, questo sarà tutto da vedere, io propendo per la seconda via però…

Intervento:

la dico con una allegoria, intervenire su una persona così come si interviene su di un computer, modificando il sistema operativo, oppure dicevamo questo non è possibile, tecnicamente lo sarebbe, è ardua la cosa in una prima approssimazione, anche in una seconda approssimazione, forse anche una terza… sì, però potrebbe essere interessante il gioco, anche perché a questo punto dobbiamo inventare un altro gioco che sia ancora più interessante, visto che abbiamo risolto tutti i problemi che ci eravamo posti occorre che ce ne poniamo uno tale che non sia ancora risolto, e quindi lavoreremo in questa direzione. Sto terminando lo scritto sul linguaggio, la settimana prossima ve lo darò, dopo di che inventeremo quest’altra cosa: una tecnica psicanalitica, perché teorie psicanalitiche ce n’è a bizzeffe, e potremmo prenderne una qualunque, in ordine alfabetico… Va bene, ci vediamo lunedì prossimo.