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6-2-2013

 

Incominciare a proporre qualcosa di nuovo, differente, intorno al pensiero. Si potrebbe incominciare a domandarsi se è ancora possibile per esempio fare della teoria, un modo potrebbe essere mostrare l’impossibilità di procedere in un certo modo, per esempio mostrare che una persona può affermare qualche cosa, se e soltanto se, quello che dice è falso. Pensare in modo differente, e cioè incominciare a rendersi conto intanto del modo in cui si pensa generalmente, e il modo in cui si fa della teoria, com’è che si fa della teoria? Procedendo di affermazione in affermazione, però se ci fosse la possibilità di verificare che ciascuna di queste affermazioni non sta affermando come stanno le cose, ma è semplicemente all’interno di un gioco fuori dal quale non significa niente, allora fare teoria è giocare, letteralmente. Un gioco che non ha, né può avere, l’ambizione di dire come stanno le cose, questo naturalmente poi lo si mostra. E da lì strutturare la cosa in modo tale per cui risulti evidente che qualunque cosa si stia affermando è solo un gioco. Un gioco è fine a se stesso, cioè parte da certe regole, compie delle mosse per giungere a un risultato, nel gioco del poker è vincere la partita, nella teoria è trovare delle nuove proposizioni, ma queste nuove proposizioni non hanno un riferimento, un referente fuori da questo gioco, questa è la cosa importante, per cui tutto ciò che una teoria afferma, lo afferma all’interno di quel gioco, fuori da quel gioco in cui gioca la teoria, si muove la teoria, non c’è niente, né può dire niente. Una teoria ha una sorta di architettura, riprendiamo Peirce; una teoria come un’architettura, un architettura all’interno della quale si svolge o avviene ciò che la teoria descrive, ma all’interno di questa architettura, perché fuori da questo non può fare niente, perché se esce da quell’architettura che la sostiene e di cui è fatta non è più niente. Tutto si svolge all’interno di quella teoria, che è fatta da un’architettura con le sue regole e che tutto ciò che la teoria, dice, afferma, descrive, definisce, eccetera, ha valore all’interno di quella teoria, ma non può descrivere nulla che sia fuori da questa teoria. Una teoria naturalmente cerca di dire delle cose che sono fuori da quella teoria, ma la questione è che non sono più fuori, qualunque cosa dica questa teoria di qualunque cosa, è all’interno di questa teoria, all’interno delle regole di quel gioco, rientra in questa architettura. Tutto ciò che dice quel gioco è all’interno di quel gioco, con quelle regole eccetera. Qualunque teoria non è nient’altro che ciò che pensa essere vero, e quindi lo accoglie, e questo poi pilota la sua condotta, ma tutto questo non ha un riferimento da qualche parte, non ha un referente cui adeguarsi o confrontarsi, ma ciascuna persona può accorgersi che sta facendo un gioco semplicemente, che sta giocando. La teoria della relatività, per esempio, non dice come stanno le cose, né può farlo, è soltanto un gioco e dice come le cose sarebbero se questo gioco fosse reale, cioè valesse al di fuori di questo gioco, ma fuori dal gioco non può valere, non vale nulla al di fuori di quel gioco, fuori di questa architettura. Chiunque si trova preso in un gioco ma non lo sa, immagina che anziché essere un gioco sia la descrizione di un qualche cosa che è fuori dal suo gioco.

Intervento: qual è la normalità a proposito di ciò che si considera sano o malato?

Tu dici che la psicanalisi è partita dicendo che c’è un pensiero sano e uno malato, tutto il discorso occidentale muove da questo. Come si costruisce una ideologia? Si può fare un aggancio fra ideologia e gioco, mostrare come l’ideologia sia un gioco. Il gioco diventa la questione centrale perché qualunque teoria è un gioco, e se qualunque teoria è un gioco allora è valida soltanto per le regole che ha inventate. Qui c’è la questione di cui dicevo prima dell’architettura della teoria: la validità di un gioco non esula dalle regole che la teoria si è imposta, queste regole non possono ovviamente essere regole universali, non possono valere al di fuori della teoria e quindi la teoria della relatività, o qualunque altra teoria costruisce delle proposizioni valide all’interno di questa teoria; ma questa architettura, questo gioco, questo pacchetto è valido soltanto per sé stesso, non può dire niente al di fuori di sé, potrebbe dirlo se fosse universale ma allora occorrerebbe riuscire a trovare degli asserti universali che valgono sempre in qualunque circostanza. Potremmo riprendere ciò che diceva Sandro, la questione della leggerezza perché se una teoria può giocare soltanto all’interno di sé senza potere dire nulla al di fuori di sé, che poi di fatto non è nient’altro che dire che non può dire nulla che sia fuori dal linguaggio, e cioè di qualcosa che è stato costruito, cioè la stessa teoria, e allora qui si innesta l’ultima parte che può riguardare la clinica che deve a quel punto occuparsi di mostrare di che cosa è fatta la teoria alla quale ciascuna persona si attiene per vivere, non deve fare altro che mostrare di che cosa è fatta la sua teoria. Questo è il compito della psicanalisi, e questa è la portata inedita che arriviamo ad affermare. Ovviamente occorre costruire tutto questo che ho appena accennato in modo tale che risulti evidente che tutto ciò può applicarsi anche a ciò che avrò detto. Dirò che di fatto ho giocato con Eleonora, abbiamo costruito un altro gioco possibile, ma la validità di questo gioco non può uscire da questo stesso gioco, così come questo gioco non può mostrare la validità di un altro gioco…

Intervento: la questione dell’affermazione: abbiamo affermato che non si può concludere nulla fuori da un gioco, fuori dalle regole di un gioco, però l’affermare questo da parte mia fa parte di questo gioco o è universale? Sto affermando qualcosa o sto affermando nulla?

Consideriamo una affermazione come fosse una argomentazione della logica formale che costruisce dei teoremi: muove da un assioma “se A, allora se B allora A” che va bene perché è sempre vero, poi incomincia a connetterlo con altri assiomi che si sono inventati, non significano niente, sono soltanto delle sequenze che sono sempre vere, dopodiché costruisce dei passaggi, costruisce delle cose e giunge a un teorema, cioè giunge a un’affermazione, e questa affermazione che cosa afferma? Afferma, come diceva Wittgenstein, che a partire da questi assiomi, delle regole cioè del gioco che ho stabilito, i passaggi sono stati coerenti con le premesse, e quindi questa affermazione che faccio è coerente con le premesse da cui sono partito…

Intervento: è esattamente quello che fa qualunque discorso conferma le regole di partenza…

Intervento: sì ma noi partiamo dal linguaggio ed è differente perché il linguaggio potrebbe essere la verità assoluta perché costruisce qualsiasi cosa però se noi affermiamo che il linguaggio è la verità assoluta come diceva lei proprio all’inizio questo è vero se e solo se è falso…

Non lo affermiamo, già vent’anni fa abbiamo detto che questo non può essere dimostrato, è una necessità logica, perché non abbiamo altri strumenti. In un calcolo logico gli assiomi sono dei dati, le istruzioni sono le procedure per combinare, per processare questi dati, sono i connettivi eccetera che dicono in quali modi è possibile combinare le varie cose, Da questi assiomi che sono inventati, letteralmente, non significano niente, da questi assiomi si giunge a concludere un teorema. Se dico che “se A allora B e B allora C, allora se A allora C” compio un’affermazione, abbiamo avvertito subito che non poteva essere una dimostrazione perché ciò che stiamo facendo è al di qua di qualunque possibile dimostrazione, perché costituisce quella rete di cose che consentono la costruzione di una dimostrazione che non c’è ancora, è un gioco anche quello.