6-1-2000
Del discorso religioso molte cose abbiamo detto e
molte altre restano da dire ne l prosieguo prossimo venturo dovremo rivedere
alcune cose, dovremo rivedere alcune cose di Paolo (testo: Paolo che inventò il
cristianesimo. Wilson edito Rizzoli) e poi il Processo a Giordano Bruno (testo:
il processo a Giordano Bruno. Firpo edito da Salerno) c’è tutto la questione
del giudizio connesso con la struttura del discorso religioso. Il quale
discorso si fonda e qui sta la differenza fra il discorso che stiamo facendo e
quello religioso. Il discorso che stiamo facendo è che se dico, dico qualcosa,
il discorso religioso si fonda invece su un altro assunto se dico allora esiste
qualcosa. È molto diverso. Ora il la questione dell’esistenza nel discorso
religioso è fondamentale oltre che fondante perché si è sempre dato un gran
d’affare il discorso religioso per reperire che esistesse realmente , avendo
elusa la questione del linguaggio quindi tutto ciò che consente di parlare di
esistenza è andata cercando l’esistenza disperatamente, l’esistenza di dio,
delle varie cose, della realtà ecc. come dire che eludendo la questione del
linguaggio si pone immediatamente al necessità di trovare che cosa realmente
esiste. Da qui tutta una serie di considerazioni nel discorso religioso e a
questo punto anziché discorso occidentale possiamo chiamarlo discorso religioso
tout court e cioè che cosa realmente esiste o esiste più di altro. Questa
necessità che ha condotto in questi ultimi millenni e ha costruito ogni
proposizione del discorso religioso, la struttura delle proposizioni del
discorso religioso è così fatta, ci si domanda essenzialmente che cosa esiste
realmente. Qualunque proposizione del discorso religioso è costruito intorno a
questo nucleo, intorno a questa domanda fondamentale, della quale Heidegger ha
fatto un po’ il verso, perché esiste qualcosa anziché nulla? Domanda ancora
molto religiosa, la quale dà per acquisito che esista qualcosa, domanda che
posta in questi termini non significa assolutamente nulla se non c’è una
domanda precedente circa il che cosa consenta di domandarselo, dunque la
questione fondamentale del discorso religioso e su cui si regge è che cosa
esiste? E poi aggiunge perché eventualmente esiste, questi sono due pilastri
del discorso religioso, se voi cercate con attenzione ogni proposizione del
discorso religioso è costruita su questi elementi, che cosa esiste e perché
esiste. E in effetti la nostra ricerca teorica ha preso in parte avvio da
questi luoghi comuni, da queste domande fondamentali e poi è andata in
tutt’altra direzione ovviamente. Tant’è… quindi il discorso religioso ha una
sua struttura, potremmo anche individuare una sintassi e una retorica del
discorso religioso, la sintassi del discorso religioso potremmo porre una sorta
di quantificatore da cui muove e cioè X esiste, dalla quale prende avvio. Dalla
quale poi segue la disposizione di qualunque proposizione, la quale
necessariamente tiene conto di questo assunto, al posto della X potete metterci
quello che vi pare ovviamente perché dunque Paolo e le sue lettere famose?
Perché lui più di altri si è indaffarato fin dall’inizio per dare un fondamento
a questo asserto, a questo assunto, assioma che dice X esiste e ha cercato in
tutti i modi di mostrarne la ineluttabilità. Invece il processo a Bruno mostra
quali sono le ineluttabili conseguenze cioè tutto l’apparato giudiziario, si
tratterà di verificare se, come, l’apparato giudiziario e probabilmente anche i
giudici è costruito su questo, su questo assunto X esiste. Il discorso religioso
è di importanza immensa, tutto ciò che mina il nostro discorso è il discorso
religioso, tutto ciò che abbiamo fatto in questi anni è la sola cosa che si
oppone al discorso religioso. Si oppone non per dire che è bene o male, si
oppone nel senso che fa un discorso che è altro che è differente rispetto a
questo, vi rendete conto che cosa ci ha condotto a costruire un discorso come
questo e cioè un discorso che non necessitasse di un atto di fede. Avevamo
indicato la fede il credere qualunque cosa vera senza avere bisogno di nessuna
prova, io credo che è vero perché è così, come fa anche il discorso scientifico
il quale invece si picca di esibire delle prove che non può fare, che non può
esibire, esibisce soltanto dei procedimenti ma non delle prove, la prova
occorre che sia non negabile per essere tale (ci sarebbe, anche un altro
discorso da fare) più che esibire una prova occorre che il discorso sia
sostenuto, ciò che si afferma sia sostenuto su qualcosa che non si possa
negare, e tutto ciò che afferma il discorso scientifico è negabile. Parlare di
discorso religioso comporta anche di parlare di discorso scientifico però
intanto anche l’aspetto più folcloristico della religione, come la fede,
credere qualcosa sia vero, senza porre nessuna domanda, senza porre nessuna
questione, una credenza immediata cioè non mediata da nulla, e come sapete in
questo periodo la fede ha un notevole peso in ciò che sta accadendo, come
avviene ciclicamente a partire da (prima religione e poi fede poi) direi che
sono complementari, potremmo dire che non c’è l’una senza l’altra, e ciò che ha
a che fare ciascuno di noi nella pratica analitica è il discorso religioso con
tutti i suoi orpelli, non c’è altra via per sbarazzarsi di tutte le credenze
nel bene o nel male che seguire il percorso che abbiamo fatto e cioè una
analisi del linguaggio, uno studio del linguaggio e la sua struttura, di come
accada che funzioni in un certo modo, cioè che cosa lo fa funzionare, potremmo
dire anche che il discorso religioso può sostenersi soltanto sull’elusione del
linguaggio, sulla struttura del linguaggio e il suo funzionamento, sono due
cose antitetiche o c’è l’una o c’è l’altra, non possono convivere proprio per
una questione logica, così come è impossibile affermare una cosa e il suo
contrario se non nella retorica….ora possiamo anche andarci a leggere alcune
cose della retorica più spiccia del discorso religioso, per esempio andare a
vedere alcune cose di Bossuè oppure c’è un testo di retorica ecclesiastica,
quali sono i luoghi comuni che vengono utilizzati dai predicatori per
diffondere il verbo, questo può essere di qualche interesse per riconsiderare
alcuni fra i luoghi comuni più comuni, perché ciò che è noto come nevrosi, come
psicosi è fatto di questo e nient’altro che questo… (un testo interessante è di
Massimo Introvigne studioso di problemi religiosi e paranormali) che cosa
alimenta il discorso religioso? (soprattutto la incapacità di pensiero) (da
quando io è morto il pensiero è diventato debole) non è che prima fosse
fortissimo (se il pensiero non è volto all’origine si immagina sia un pensiero
debole) come si fa a pensare? (…) sì se io pongo questa domanda come si fa a
pensare, qualunque sia il tipo di risposta che darò, avrò compiuto una serie di
inferenze, quindi avrò utilizzato una serie di strumenti, questi strumenti
possono essere conosciuti oppure no, possono essere conosciuti in parte e
possono essere conosciuti in toto, se io conosco pochi elementi, vado poco
lontano, se il mio registratore è rotto e ho pochi elementi di meccanica elettrica
sarà poco probabile che io lo ripari, ora così come avviene il pensiero
generalmente, il pensiero religioso è un pensiero che ha strumenti
assolutamente inadeguati, o non ha degli strumenti, questa è la incapacità di
pensare, esattamente come ne parla della mia incapacità di rattoppare un
registratore però se qualcuno me lo insegna, certo è semplicistico però rimane
il fatto che l’incapacità di pensare nel discorso religioso è non possedere gli
strumenti per poterlo fare, ora c’è anche un altro aspetto che occorre
considerare che è molto importante per mantenere lo stato attuale delle cose
occorre che le persone non abbiano questi strumenti, e quindi il dissuadere
chiunque dall’acquisire questi strumenti… (la liturgia, c’è una liturgia in
tutti i discorsi) (l’avere più strumenti è avere la possibilità di costruire
più proposizioni) (sì però non mi sembra ancora determinante la questione avere
più elementi perché il porsi in atto di questo discorso riguarda una decisione
(la Seconda Sofistica) per esempio quella regola che impone l’aggiunta di un
elemento laddove le proposizioni intervengono così come imparate a memoria
(liturgia, slogan), cioè la decisione di interrompere questa via, di
sconnettere questa proposizione e quindi può prendere delle altre direzioni,
altri aspetti, certamente la maggiore quantità di proposizioni non permette
ancora il gioco intellettuale per cui io decido che a quell’elemento posso
connettere quell’elemento, e ancora un altro e rendere infinito, interminabile
questo gioco. Posso chiedermi cosa interviene per cui possa giocarsi questo
gioco, certo interviene un rinvio non una conclusione, ma è una conclusione che
non conclude è un antecedente per un conseguente e così via, mentre il discorso
religioso attende quella risposta per terminare, come per dire basta) c’è una
incapacità di pensare, infatti abbiamo inventato questo discorso quando abbiamo
cominciato a pensare, ora è difficile dire cosa sia accaduto però, però è
avvenuto qualche cosa che prima non molte informazioni non sono sufficienti
ancora, ma alcune informazioni in particolare, informazioni circa il
funzionamento del linguaggio, questo sono quelle che noi abbiamo reperite, e
altri non lo possono fare ma fatto sta che l’unico modo per far sì che altri
possano approcciare una cosa del genere è come si diceva tempo fa addestrarli,
ancora una cosa ci vuole non è sufficiente, occorre qualche cosa in più occorre
che queste persone lo vogliano fare ma se lo vogliono fare, tuttavia è una
sorta di addestramento, addestramento al linguaggio è la sola via che allontana
dal discorso religioso, cioè consente ad un certo punto di incominciare a
pensare e cioè mettere in atto le procedure linguistiche, sapendo esattamente
ciò che si sta facendo, chiunque le mette in atto senza saperlo ciò che ci
distingue da altri è che lo sappiamo (sappiamo e quindi giochiamo questo gioco)
(…) quindi in definitiva perché esiste il discorso religioso? Cosa lo consente?
Il domandarsi o il non potere farlo che cosa consente il discorso religioso, non
interrogarsi circa che cosa consenta il discorso religioso, questo, cioè a
quali condizione una persona può affermare, credere oppure no, che è un modo
diverso di dire ciò che abbiamo detto prima, cioè conoscere come funziona il
linguaggio (in ciascuna analisi si trova la domanda che cosa si può mettere al
posto della X) sì esattamente, questo è il fondamento del discorso religioso (è
demandato all’altro) sì poi ontologicamente affermo che X esiste perché una
certa Y non esiste, e da qui l’aspetto che ha condotto a Giordano Bruno e cioè
l’aspetto giudiziario, se questo esiste allora quest’altro non esiste come dire
che se questo è vero il suo contrario è falso ma questo posto in termini non
grammaticali ma in termini ontologici, di esistenza, il vero è il falso sono
operatori deittici, però se si muove dall’assunto X esiste allora il discorso
cambia perché allora la costruzione della proposizione X non esiste che crea
qualche scompiglio come dire che toglie i fondamenti… (pensatori come Russell)
è interessante la teoria dei tipi di Russell come dire che una certa cosa è
vera se si pone come dire che è vera rispetto al gioco che sta facendo, la
direzione era quella giusta, però ci sarebbe potuta arrivare (il paradosso in
effetti è questo arrivare a dire che X esiste) ecco sì esatto, questo dovrebbe
essere il paradosso del discorso religioso, X esiste se e soltanto se X non
esiste. Bene possiamo lavorare su questo…