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5 dicembre 2018

 

La struttura originaria di E. Severino

 

Siamo al Capitolo VII, a pag. 283, Immediatezza e mediazioni logiche. L’immediatezza è ciò che non è mediato da alcunché, è ciò che si dà immediatamente, ciò che si dà immediatamente è l’incontraddittorio, ciò che non è altro da sé. Questo è ciò che si dà: una cosa è se stessa. Se fosse autocontraddittorio, allora non si darebbe. Infatti, per Severino, ciò che è contraddittorio è semplicemente nulla. Da qui ogni discorso che è contraddittorio, o che all’interno del quale c’è una contraddizione, è nullo, non significa niente. Ora, però, lui sta considerando un aspetto particolare, cioè la totalità dell’immediato. Ciò che è immediato si presenta come un tutto, è il concreto, come diceva in altre occasioni. Tuttavia, questa totalità è data da molti significati, non ce n’è uno solo, sono almeno due, in genere molti di più. Considera l’implicazione ma non come fa la logica formale. La logica formale considera l’implicazione come un processo dal cui risultato deve emergere il valore dell’implicazione stessa. Per esempio, se A allora B. Per la logica formale – formale, appunto, perché si occupa della forma e non del contenuto – la validità di questa proposizione si ottiene scomponendo i vari elementi, la A e la B in questo caso, valutando il caso in cui la A sia vera e la B sia falsa per vedere in quali casi questa proposizione è vera. Nel caso dell’implicazione, l’implicazione “se A allora B” (AB) è vera sempre tranne quando è vero l’antecedente e falso il conseguente. Il che è intuitivo: se dico “se A allora B” è chiaro che A implica B; se non è vero non è vera l’implicazione. Quindi, la logica formale compie quella operazione che, invece, Severino allontana da sé, e cioè intende, per usare i termini di Severino, il concreto come un risultato, un prodotto di un calcolo degli astratti, A e B in questo caso. Calcolo di A e di B, inserite nelle famose tavole di verità, dove si mette A vero/falso, B vero/falso, si considerano poi tutti i casi possibili. La validità di una proposizione segue all’analisi dei singoli componenti. Severino, invece, considera il tutto come ciò che precede i componenti, come dire che per Severino l’implicazione (AB) precede sia la A che la B, è la relazione tra loro che precede i due elementi. Quindi, l’approccio all’implicazione è in Severino differente dall’approccio della logica formale. Per Severino il concreto non è il risultato di un calcolo degli astratti, cioè degli elementi che compongono l’implicazione, ma è ciò che precede l’implicazione. Questo viene in buona parte da Hegel, dalla Fenomenologia dello Spirito, ma soprattutto dalla Scienza della Logica, cioè, la relazione tra A e B per Hegel non è che preceda i due elementi ma è simultanea, è ciò che costituisce il (AB). Certo, possiamo analizzare i suoi elementi, la A quanto la B, quanto il connettivo anche, il se…allora, però per Hegel è questa relazione che importa, cioè la sintesi, il fatto che questi elementi non sono più due separati ma costituiscono una relazione, un tutto. Detto questo, vediamo cosa ci dice qui Severino. La totalità dell’immediato è una struttura semantica costituita da una pluralità di fattori semantici. Indicando con S il significato: “Totalità dell’essere immediatamente affermato” (significato originario), diciamo che l’analisi di S per un verso esaurisce o include tutte le determinazioni immediate, e per altro verso include soltanto una parte di queste determinazioni. Tutte le determinazioni immediate sono quelle che necessariamente appartengono alla proposizione in questione e che non possono essere tolte perché la costituiscono, la determinano, sono questa proposizione. Poi, dice, per altro verso include soltanto una parte di queste determinazioni alludendo al fatto che ci sono determinazioni in questa proposizione che non sono necessariamente implicate da questa proposizione. Infatti, ogni determinazione immediata appartiene al contenuto della totalità dell’immediato… La totalità dell’immediato è fatta di tutte le sue determinazioni che gli appartengono immediatamente. …sì che, per questo lato, l’analisi di S comprende ogni determinazione immediata. Cioè, ogni determinazione che appartiene necessariamente a questa proposizione S, che, ripeto, è questa: “Totalità dell’essere immediatamente affermato”. D’altra parte, è possibile progettare (supporre) che la totalità dell’immediato, permanendo come tale – permanendo cioè un contenuto semantico formalmente posto come S -, non abbia più a includere certe determinazioni già incluse nel suo contenuto, o venga a includerne altre non ancora incluse. Se io faccio perdurare nel tempo questa proposizione, può darsi che a un certo punto certe determinazioni non ci siano più o altre se ne aggiungano; è questo che sta dicendo, molto semplicemente. La “possibilità” di questo progetto… Perché se io progetto, penso, suppongo questa proposizione e voglio farne qualcosa, è chiaro che le determinazioni possono cambiare, alcune possono scomparire e altre si aggiungono. La “possibilità” di questo progetto è da intendere come immediata incontraddittorietà del progetto… Lui dice: questa possibilità va ovviamente sempre tenuta in conto come qualcosa di incontraddittorio. Se io voglio progettare qualcosa che mi metta tutta la proposizione in contraddizione, allora non ci siamo più e, pertanto, questo progetto va pensato come qualcosa di incontraddittorio perché voglio progettare qualcosa di incontraddittorio, non voglio progettare una contraddizione …per quanto sussistano, in relazione a questo progetto, e, in generale, al progettare, delle aporetiche di notevole interesse, che restano d’altronde eliminate dalla comprensione corretta dello stesso piano dell’immediatezza. Possono comparire delle aporetiche, delle eventualità di contraddizione – letteralmente, aporia è il non vedere una strada, non c’è più una strada da seguire, una strada precisa – però, dice, tutte queste aporetiche, connesse con il progettare - perché se il progetto è fare qualcosa di questa proposizione, incomincio ad analizzarla, ovviamente ci metto dentro delle altre determinazioni e altre magari scompaiono perché non interessanti – però, dice, queste eventuali aporie, che possono sorgere, restano d’altronde eliminate dalla comprensione corretta dello stesso piano dell’immediatezza. Restano eliminate se io mi attengo unicamente a ciò che rilevo immediatamente. Se mi attengo solo a ciò che rilevo immediatamente, questo non è contraddittorio; l’autocontraddizione interviene nel momento in cui io metto vicino a qualcosa un’altra cosa che lo nega, ma questo non è immediato, è un’aggiunta. Trascurando qui ogni considerazione relativa all’aporetica del progettare, e tenendo presente che anche il progetto considerato… Il progetto considerato è il progetto di analizzare la proposizione che vi rileggo: “Totalità dell’essere immediatamente affermato”. …(come, in generale, ogni progettare) è una determinazione, per quanto tipica, della totalità dell’immediato, “immediata incontraddittorietà” del progetto in questione significa allora che l’analisi dell’immediato significare del progetto da un lato non ne attesta l’autocontraddittorietà, e dall’altro non attesta che esso sia in contraddizione con il F-immediato. Cioè, con il fenomeno, con l’esperienza. Dice che anche questo progettare è una delle determinazioni di questa proposizione “Totalità dell’essere immediatamente affermato”; fra tutte le determinazioni di cui è fatta c’è anche il progettare un’analisi di questa proposizione. Quindi, l’immediata incontraddittorietà del progetto – occorre che il progetto abbia a che fare con l’immediata incontraddittorietà perché, come dicevamo prima, se progetto qualcosa di contraddittorio vado poco lontano – dice, significa allora che l’analisi dell’immediato significare del progetto da un lato non ne attesta l’autocontraddittorietà… Di certo no, è un progetto che ho in mente, devo ancora incominciare, che cosa deve attestare? …e dall’altro non attesta che esso sia in contraddizione con il F-immediato, con ciò che mi appare, il fenomeno, che non mi attesta niente. Potrebbe apparire una banalità, lo è anche in parte, ma lui vuole che non ci siano dubbi. Questa possibilità di progettazione non conviene a tutte le determinazioni immediate, ma ad una parte di queste. Ci sta dicendo che questa possibilità di progettare, di fare questo progetto, di suppore, per esempio, che ci siano altre determinazioni, dice, questa possibilità non appartiene, non conviene a tutte le determinazioni immediate, ma solo ad una parte di queste. Se chiamiamo “varianti di S” tutte quelle determinazioni immediate in relazione alle quali sussiste una tale possibilità di progettazione, si afferma dunque che non tutte le determinazioni immediate sono delle varianti. In quella proposizione, di cui dicevamo, “Totalità dell’essere immediatamente affermato”, possono comparire delle varianti. Cosa vuole dire? Dice che le varianti sono tutte quelle determinazioni immediate in relazione alle quali sussiste una tale possibilità di progettazione, però, ci dice che non tutte queste determinazioni sono delle varianti, ma ci sono anche delle costanti. E come distingue le varianti dalle costanti? Le varianti sono quegli elementi che intervengono e che possono o non possono appartenere a quella proposizione. Ciò significa che l’analisi di S mostra un insieme di determinazioni o significati… Qui c’è una nota: Salvo avvertimento esplicito, il termine “significato” non è mai usato, in questo saggio, in senso restrittivo – limitatamente ad esempio all’apparato logico-linguistico, e ad esclusione degli “oggetti” o delle “cose” -, bensì nella sua più ampia valenza… dei quali è noto L-immediatamente. Cosa vuole dire che è noto L-immediatamente? Vuol dire che è noto che un qualche cosa non è il suo contrario. Questo è ciò che è noto L-immediatamente: affermo quello che è non è il suo contrario. …che S non può essere posto come tale qualora uno qualsiasi di esso non sia posto. Queste sono le costanti, cioè quelle che, se ne levo una, ecco che non posso più porre la proposizione in questione, “Totalità dell’essere immediatamente affermato”. Qual è una costante? Ad esempio, essere, la totalità. Se io tolgo una di queste, ad esempio tolgo totalità e metto parzialità, cambia tutto. Questi significati – che possiamo chiamare “costanti di S” – non sono semplicemente “inclusi” in S, ma costituiscono la significanza di S (anche se, insieme, sono inclusi in S: in quanto sono anch’essi determinazioni immediate che, unitamente alle varianti, appartengono alla totalità del contenuto immediato). Delle costanti non si può dire pertanto che sopraggiungano rispetto ad S, già posto come tale; e nemmeno si può dire che S permanga come tale qualora una qualsiasi delle sue costanti non sia più posta. Come dire che l’insieme delle costanti di S è S, non tutto ma è S, è quella proposizione, per cui, se ne tolgo una, crolla tutto. Ciò detto, è chiaro che varianti di S sono quei significati, dei quali non è L-immediatamente noto che S non può essere posto come tale qualora uno qualsiasi di essi non sia posto. Le costanti dicono che è immediatamente evidente che se tolgo un elemento si crea una contraddizione, cioè, la proposizione diventa contraddittoria; le varianti, invece, sono quelle che non è così immediatamente evidente, può essere ma potrebbe anche non essere che producano una contraddizione. “È noto L-immediatamente che S non può essere posto qualora una qualsiasi delle sue costanti non sia posta” significa: “È immediatamente autocontraddittorio affermare che la posizione (ndr. l’apparire) di S non sia posizione di tutte le costanti di S”… Cioè, le costanti di S sono S, non un’altra cosa. …ossia costante di S è quel significato tale che è immediatamente autocontraddittorio affermare che la posizione di S non sia posizione del significato in parola. Tutte e determinazioni di S, tutte le costanti di questa proposizione, sono quelle che costituiscono questa proposizione così come mi appare. Si dirà dunque che mentre le costanti appartengono L-immediatamente alla definizione di S, non è invece immediatamente contraddittorio negare che le varianti appartengano a tale definizione. Sappiamo che le costanti non possono non esserci, però, di una variante possiamo anche negare che sia una determinazione che appartiene a S, perché non lo sappiamo ancora. A pag. 285, Paragrafo 2. a) Segue, da quanto si è detto, che tutte le proposizioni del tipo: “La posizione di S implica la posizione della costante s”… Se mi appare una cosa mi appare anche questa sua costante. …sono proposizioni analitiche. Analitiche, cioè, che appartengono necessariamente, che non possono togliersi. Indicando il soggetto e il predicato di questo tipo di proposizione rispettivamente con i simboli “Sg” e “Pr”, la formulazione concreta della proposizione è pertanto:

(Sg=Pr)=(Pr=Sg)

Questa è la formulazione concreta. La posizione di S è il soggetto, poi implica la posizione della costante s come predicato. Quindi, per indicare il concreto di questa proposizione lui rifà la sua formula, che ormai conosciamo, cioè, la posizione di S è uguale alla posizione della costante s (predicato), ma la posizione della costante s (predicato) è uguale alla posizione di S: questo è il concreto. Precisa ancora e dice: La conversione della proposizione (Sg=Pr)=(Pr=Sg): “La posizione della costante s implica la posizione di S” (l’inversa di quella precedente) dà luogo o no a una proposizione analitica a seconda della valenza della costante s. La contraria è una proposizione analitica oppure no? Perché potrebbe essere una proposizione sintetica a priori oppure a posteriori. Lui le considererà tutte queste opzioni, a una a una… senza pietà. Si dà infatti un insieme σ di costanti di S, il cui ambito semantico non implica come tale, o immediatamente, S. Ad esempio: l’analisi di significati come “essere” (formale), “totalità”, “immediatezza”, ecc., che son tutti costanti di S, non mostra quell’implicazione immediata. È vero che quando io scrivo “posizione” questo elimina “non posizione”; quindi, “posizione” è implicato dal fatto che io elimino la sua contraria. Questo nel caso della struttura originaria. Però, ci sono dei termini che sono necessari ma dei quali non è dato sapere immediatamente se si implica necessariamente ciò che è implicato. Lui adesso parla della conversione, e cioè “La posizione della costante s implica la posizione di S”, però, lui dice La posizione della costante s ma il fatto che la posizione sia posizione non implica necessariamente che la costante s implichi S, ma dice soltanto che una cosa è quella che è, non implica necessariamente altre cose. Le costanti di questo tipo valgono come una parte della significanza di S, ossia il loro significare è una parte dell’originario significare. Vale a dire, c’è una parte di significati che interviene immediatamente a implicare ciò che è implicato. Lui sta considerando la proposizione di prima capovolta, La posizione della costante s implica la posizione di S. La costante di s non è altro che qualcosa che appartiene alla proposizione S, però, ciò che appartiene necessariamente alla proposizione S, sì, certo che gli appartiene, però una costante, diciamo una determinazione, non implica necessariamente quella proposizione. Certo, può implicarla ma non necessariamente, mentre è necessario che dalla posizione di S sia implicata la costante s, perché le costanti s sono S. L’inversa però, lui ci dice, non è così automatica, cioè le costanti s non necessariamente implicano S, ché le costanti s, abbiamo visto, sono, ad esempio, che l’essere sia l’essere. Certo, questo è necessario che ci sia nella proposizione S, cioè che ciascun elemento sia identico a sé, ma da qui, dal fatto che ciascun elemento sia identico a sé, non è che poi posso inferire altre cose. L’essere è essere, quindi, questo è un posacenere; no, non è così automatico. Eppure, affermare che l’essere è essere è implicito in questo aggeggio, che è un ente che ha un essere, è qualche cosa, e questo è necessario che sia, e questa è la costante. Ma da qui, cioè dal fatto che è necessario che sia, non posso dedurre che sia un posacenere. È questo il senso generale di ciò che sta dicendo. Orbene, se s appartiene all’insieme σL’insieme σ è l’insieme di tutte quelle cose che sono necessariamente delle costanti di S, ma, come dicevamo prima, l’ambito semantico di queste costanti non implica come tale o immediatamente la S. Se dico “questo è un posacenere” sto dicendo necessariamente che questo è un qualche cosa ma questo qualche cosa non è necessariamente un posacenere. Tutte le costanti che appartengono necessariamente a questa cosa, lui le chiama σ, l’insieme di queste costanti. Orbene, se s appartiene all’insieme σ, onde il concetto di Pr (in quanto appartiene alla prima delle due equazioni qui sopra formulate) è identico a una parte del concetto di Sg, la suindicata conversione della proposizione (Sg=Pr)=(Pr=Sg) non dà luogo a una proposizione analitica:… Con proposizione analitica si intende una proposizione che dice tutto ciò che appartiene necessariamente a una certa cosa. È analitico tutto ciò che è immediato, che appartiene immediatamente alla cosa. Infatti, per Kant, il giudizio analitico, che è sempre a priori, riguarda soltanto il tempo e lo spazio, e cioè il fatto che una cosa comporta analiticamente che abbia uno spazio, una dimensione, per cui se non ha dimensione non è qualcosa. Quindi, analitico è ciò che appartiene necessariamente alla cosa. Sintetico, invece, è ciò che procede da una sintesi di altre cose, mette insieme altre cose. Può essere a priori o a posteriori ma è sempre una sintesi. Se è a posteriori è perché procede da un’esperienza; se è a priori è perché procede dalla necessità, che però è intrinseca a una certa condizione e non intrinseca necessariamente alla cosa. Per esempio, che due più due faccia quattro è una necessità che però appartiene al calcolo numerico, non è insito nel due; invece, che questa cosa abbia una dimensione, uno spazio, è insito nella cosa stessa, non può darsi senza uno spazio. È importante intendere questo più che altro per seguire il pensiero di Severino. Riprendiamo il passo appena letto. Orbene, se s appartiene all’insieme σ Se la costante s appartiene a un insieme di significati, il cui ambito semantico non implica necessariamente ciò che poi viene implicato: che questo sia qualcosa non implica che sia un posacenere. È una costante di S, perché è necessario che sia qualche cosa, ma non implica ciò che io dico dopo. … onde il concetto di Pr … è identico a una parte del concetto di Sg, la suindicata conversione della proposizione (Sg=Pr)=(Pr=Sg) non dà luogo a una proposizione analitica: nel senso che se il progetto di un orizzonte posizionale in cui sia posto S come tale, ma non sia posta la costante s, vale immediatamente come autocontraddittorio perché la significanza di s è identica a una parte della significanza di S, il progetto invece di un orizzonte posizionale in cui sia posto s (appartenente all’insieme σ), ma non sia posto S, non vale immediatamente come progetto autocontraddittorio. È detto in modo complicato ma, in realtà, è molto semplice. Dire che questo qualcosa è qualche cosa è necessario, ma il suo predicato non lo è. Dico che questo qualcosa è un posacenere; l’essere qualcosa gli appartiene necessariamente, non possiamo toglierlo; ma il fatto che sia un posacenere non è dedotto analiticamente dal fatto che sia un qualche cosa. Che cosa è deducibile analiticamente dal fatto che sia un qualche cosa? Che non è “non qualche cosa”. Questo sì, ma che sia un posacenere, che sia di vetro, ecc., non lo posso dedurre. Quindi, questa proposizione non è analitica ma è sintetica, procede da una sintesi. Il fatto che questa cosa sia un posacenere lo so per esperienza, da una sintesi di infinite cose che ho imparate. Quindi, dire che questa cosa è un posacenere ha un soggetto e un predicato. Il soggetto dice che questo è un qualche cosa, e non possiamo toglierlo, la costante in questo caso consiste nel fatto che questo qualcosa è qualche cosa. Ora, aggiungo che è un posacenere. Il predicato “è un posacenere” è sintetico, non è deducibile analiticamente dal soggetto, cioè dal fatto che sia qualcosa. Infatti, se s è semplicemente fattore della significanza di S (o, che è il medesimo, Pr è fattore della significanza di Sg), S non può essere fattore della significanza di s; sì che le proposizioni del tipo: “La posizione della costante s (appartenente all’insieme σ) implica la posizione di S” non sono analitiche. Lo abbiamo appena visto. b) Si badi d’altronde che se il progetto di un orizzonte posizionale in cui sia posto S … Lui ci mette dentro progetto di un orizzonte posizionale: sarebbe il progetto di un’analisi. Solo che lui lo mette in modo tale che non sia possibile alcuna obiezione, perché detto in modo più preciso non è possibile. …ma non sia posto S, non è una immediata autocontraddittorietà… Questo progetto è sempre quello iniziale, il progetto di analisi di questa proposizione, (“Totalità dell’essere immediatamente affermato”). Sta dicendo qualcosa che deriva da ciò che diceva prima: un progetto in cui sia posta la costante s ma non sia posto S non è una immediata autocontraddittorietà. Certo, perché se dico “questo qualcosa è qualche cosa”, questa costante s appartiene a S, perché era posto insieme a S, ma non necessariamente deve essere posto in quella proposizione: dire che “qualche cosa è qualche cosa” può appartenere a qualunque altra proposizione. Quindi, dire che questa costante s, che dice che questo qualcosa è qualche cosa, non appartiene a S, alla proposizione iniziale, non è immediatamente autocontraddittorio. Dire che qualcosa è qualcosa è certamente necessario che sia ma non necessariamente è riferibile alla proposizione da cui siamo partiti. Meglio ancora: dalla proposizione che dice che qualche cosa è qualche cosa non è deducibile la proposizione da cui siamo partiti, anche se necessariamente questa cosa appartiene a quella cosa, ma dalla sua costante s non è deducibile quella proposizione da cui siamo partiti, (“Totalità dell’essere immediatamente affermato”). Dire che qualche cosa è qualche cosa, certo, è necessario che sia, ma da qui non posso dedurre la totalità dell’essere immediatamente affermato. …d’altra parte, in quanto questo orizzonte posizionale, come non posizione di S, non si costituisce come struttura originaria, tale orizzonte non è perciò in grado di togliere la sua negazione, e lasciandosela accanto vale pertanto come un che di infondato – e anzi, come negazione implicita di S, di autocontraddittorio. Abbiamo visto perché non è immediatamente autocontraddittorio, perché dire che questo qualcosa, se è qualcosa, è qualcosa, questo non implica che sia un posacenere o qualunque altra cosa. Ma, dice, d’altra parte in quanto questo orizzonte posizionale, come non posizione di S, cioè, questo che stiamo considerando, cioè che questa costante non implica necessariamente tutto il resto… Ricordate bene che lui era partito da quella conversione che dice “la posizione della costante s implica la posizione di S”. Era questo da cui era partito per accorgersi che c’era qualcosa che non andava bene, perché c’è la prima, quella originaria, “la posizione di S implica la posizione della costante s”, ma l’inversa, ecco, quella non è una proposizione analitica, perché ci sono casi in cui la costante s non implica la posizione di S. Però, dice, d’altra parte, questo orizzonte posizionale, come non posizione di S, cioè il fatto che la costante di s non implichi la posizione di S, non si costituisce come struttura originaria. Ecco, qui occorre tornare un po' indietro. La struttura originaria è quella che afferma che qualche cosa è quello che è, cioè afferma l’incontraddittorio. Ma, dice, se io dico che la costante s non implica necessariamente S, questo non si costituisce come struttura originaria, mentre la proposizione non capovolta si poneva come struttura originaria, perché diceva che alla proposizione S apparteneva tutte le sue costanti, e quindi si pone come l’incontraddittorio, perché se tolgo una costante non è più S ma un’altra cosa. Invece, qui non si costituisce come struttura originaria, perché mentre S implicava necessariamente la costante s, la costante s non implica necessariamente la proposizione S. Quindi, dice, tale orizzonte non è perciò in grado di togliere la sua negazione. In quella precedente era in grado di togliere la sua negazione. Ne “la posizione di S implica la posizione della costante s” abbiamo detto che non c’è contraddizione, mentre nella conversa, “la posizione della costante s implica la posizione di S”, che non si costituisce quindi come struttura originaria, non è in grado di togliere la sua negazione, perché solo se è struttura originaria può togliere la sua negazione, l’ha posta per toglierla. Come abbiamo visto, per negare un’affermazione occorre porla per poi poterla togliere; soltanto così posso affermare con risoluta certezza che questa cosa è così, proprio perché ho tolto la sua negazione. Se non la tolgo, e qui non posso toglierla, allora lasciandosela accanto, dice Severino, come un che di infondato, anzi, come negazione implicita di S, quindi, autocontraddittorio. Quindi, non essendo questa proposizione conversa una struttura originaria, non è in grado di togliere la sua negazione, che quindi permane, e pertanto è autocontraddittoria. Tutto questo discorso per dire che la proposizione “la posizione di S implica la posizione della costante s” è incontraddittoria; la conversa, “la posizione della costante s implica la posizione di S” è autocontraddittoria.