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5-10-2016

 

Pagina 55, il capitolo L’origine dell’opera d’arte. L’essenza dell’arte venne da noi intesa come il porre in opera la verità (l’essenza dell’arte consisteva nel fare apparire l’essere che dà il significato all’ente, che è il significato dell’ente, è l’essere che appare nell’opera d’arte, cioè il mondo per cui quell’ente è quello che è; vi ricordate della scarpa della contadina che non è la scarpa in quanto tale ma il fatto che quella scarpa fatta in quel modo, inserita in quel modo mostra tutto il mondo della contadina e ci attira in quel mondo) ma questa determinazione è volutamente ambigua. Per un lato significa l’arte e il fissarsi della verità ordinantesi nella figura (cioè l’arte mostra questa verità del mondo che si ordina, acquisisce un suo ordine nella figura che si mostra) il che ha luogo nel fare come produzione del non essere nascosto dell’ente ma porre in opera significa anche: porre in moto e far essere storico l’esser opera, il che ha luogo come salvaguardia, così l’arte è la producente salvaguardia della verità in opera (l’opera è tale se c’è qualcuno che la guarda, è qualcuno che la guarda che la storicizza, che la salvaguarda, salvaguarda la verità che appare nell’opera, quindi si storicizza perché c’è un ente particolare che è l’uomo che la guarda e coglie l’essere, solo l’uomo può cogliere l’essere cioè il significato delle cose) ma in tal caso l’arte è il divenire e lo storicizzarsi della verità (cioè la verità che appare) la verità sorge dunque dal nulla? (nel senso che c’è un’opera d’arte che fa sì che noi cogliamo la verità della scarpa della contadina cioè il suo mondo appunto. Dice “ma allora sorge dal nulla questa verità?) Sì, se per nulla si intende la pura negazione dell’ente inteso come quella semplice presenza abituale che l’opera, il suo limpido sussistere denuncia e dissolve come l’ente solo presuntivamente vero (sorge dal nulla ma a condizione che si intenda la pura negazione dell’ente e allora sì, viene dal nulla perché mostrando l’essere dell’ente, l’ente scompare. La scarpa scompare all’interno del mondo che sta mostrando, non è più la scarpa in quanto tale) La verità non può mai esser letta presso ciò che è semplicemente presente e abituale (non la cogliamo dall’ente, dalla cosa,) la verità dell’aperto e l’illuminazione dell’ente si realizzano solo se è progettata l’apertura che l’esser gettato porta con sé. (cioè la verità non la si coglie nell’ente, che è quello che fa la scienza, la scienza cerca la verità nell’ente. La verità non la si coglie se non si coglie il progetto all’interno del quale questo ente è quello che è, cosa che la scienza non fa né può fare) Pagina 57: ogni lingua è lo storicizzarsi di quel dire in cui per un popolo si apre storicamente il suo mondo e per cui la terra è custodita nella sua chiusura (la lingua che ciascuno usa cioè ciò in cui ciascuno è preso non è qualcosa che accade lì, ma è qualcosa che si storicizza mentre si dice: le cose che io sto dicendo in questo momento vengono da tutto ciò che io ho fatto, ho deciso, ho intrapreso, ho perseguito, ho evitato, questa è la mia lingua, la lingua in cui io mi trovo) Pag. 58: Un’opera è reale come opera soltanto se noi stessi ci sottraiamo alla nostra abitudinarietà ed entriamo in ciò che l’opera d’arte apre per condurre il nostro essere stesso a soggiornare nella verità dell’ente (ci dice che un’opera è reale quando noi ci sottraiamo all’abitudinarietà, alla chiacchiera, è il “si dice”, cioè quando riusciamo in qualche modo a lasciare che la verità del quadro ci si mostri senza pregiudizi) Pagina successiva: Il soggettivismo moderno equivoca la creatività intendendola come l’azione geniale di un soggetto sovrano (vi ricordate qui le critiche che faceva Heidegger anche a Kant ma soprattutto a Cartesio che potremmo dire che è l’inventore della soggettività, anche se il termine non l’ha inventato lui, ma l’ha inventato nell’accezione che interviene oggi nella modernità) L’instaurazione della verità è instaurazione non solo nel senso di libera donazione ma proprio nel senso di fondamento che fonda. (questo per dire che il soggettivismo immagina che la verità sia il prodotto di un calcolo relativo all’oggetto che si auto contrappone, io sono il soggetto lui è l’oggetto, io lo calcolo e allora a questo punto traggo la verità. L’idea è che questa cosa si manifesti attraverso il calcolo, e quindi questa sarebbe la verità dell’oggetto, il suo essere. Questo per la metafisica, quindi per la scienza, cioè la verità di questo aggeggio che fonda la possibilità per me di immaginare che esista un soggetto che analizza un oggetto. Sta dicendo che la verità, così come la intende lui ovviamente, cioè come l’accorgersi che questa cosa qui è quella che è perché presa in un progetto ed è perché è presa in un progetto che io la considero e la vedo per quello che è, che immagino che sia, ed è questo che mi consente a questo punto di immaginare di essere io soggetto e che ci sia di là un oggetto, che comunemente si scambia per una cosa naturale “io vedo questa cosa, la peso, la misuro eccetera” no, dice Heidegger questo che sto facendo è solo un progetto, non è nient’altro che un progetto. Il pensiero della scienza non è altro che un particolare progetto all’interno del quale le cose sono quelle che sono, ma all’interno di quello, per questo Heidegger continua a insistere, legittimamente a mio avviso cioè “le cose non sono quelle che sono come vuole la scienza”, concetto su cui si basa cioè che le cose siano quelle che sono e rimangono così come sono. Ma dice Heidegger noi immaginiamo che sia quello che è perché noi vogliamo che sia quello che è e lo vogliamo all’interno di quel progetto “io voglio che questo sia questa cosa qui con queste caratteristiche, con queste proprietà, voglio che sia un oggetto perché io sono il soggetto e quindi posso decidere, mentre vi ricordate che la questione dell’λήθεια come disvelamento in Heidegger pone le in modo radicalmente differente) Pagina 62: Oggi questa apprensione prende il nome di esperienza vissuta. (prima dice: “L’estetica assume l’opera d’arte come un oggetto – estetica intesa in senso moderno- e precisamente come oggetto della ασθησις – la percezione – dell’apprensione sensibile nel senso più ampio, oggi questa apprensione prende il nome di esperienza vissuta” dice “prende l’opera d’arte come un oggetto, l’oggetto della percezione, e per fare questo occorre un soggetto” “il modo in cui l’uomo esperisce l’arte ne decide l’essenza” che è il contrario di ciò che si pensa comunemente, cioè si pensa che l’arte abbia una sua essenza che io esperisco, l’arte dice qualcosa e io ricevo questa cosa. Lui capovolge la cosa e dice che è il modo in cui l’uomo esperisce l’arte che ne decide l’essenza, cioè di nuovo il modo in cui l’arte entra nel progetto in cui è situata, è questo che decide della sua essenza, cioè decide che cos’è non il contrario come fa la scienza che dice che cos’è e una volta che ha stabilito che cos’è allora percepisco rettamente) Pagina 64: La verità è il non essere nascosto dell’ente in quanto ente. La verità è la verità dell’essere (perché il non esser nascosto dell’ente è l’essere, è l’essere che consente all’ente di uscire dal nascondimento, finchè il significante non ha un significato questo significante è niente, è il significato che lo fa uscire dal nascondimento cioè che lo fa essere quello che è) La bellezza non è qualcosa che si accompagna a questa verità ponendosi in opera la verità appare, l’apparire in quanto apparire di questo essere opera e in quanto opera è la bellezza, il bello rientra pertanto nel farsi evento nella verità. (quindi la bellezza non è qualche cosa che appartiene all’oggetto, di nuovo “il bello rientra nel farsi evento nella verità” si fa evento cioè appare nella verità, nel suo significato, quindi la bellezza per Heidegger è il manifestarsi della verità nell’ente: quando guardo il famoso quadro di Van Gogh, la bellezza non la traggo dalle rifiniture di cui è fatta la scarpa della contadina ma la traggo dal significato di tutto il quadro, dal mondo che mi pone davanti il suo significato, cioè l’essere) Il capitolo successivo “L’epoca dell’immagine del mondo”: Nella metafisica ha luogo la riflessione sull’essenza dell’ente e la decisione circa l’essenza della verità. (questo fa la metafisica, vuole sapere qual è l’essenza dell’ente e in base all’essenza dell’ente decidere qual è la sua verità) Questa metafisica dà fondamento a un’etica in quanto le offre la base per la sua configurazione essenziale attraverso una sua determinata interpretazione dell’ente e una determinata concezione della verità. Questo fondamento domina tutte le manifestazioni che caratterizzano un’epoca, di conseguenza un’indagine adeguata deve essere in grado di risalire da queste manifestazioni al loro fondamento metafisico, la riflessione così intesa consiste nel coraggio di porre radicalmente in questione la verità delle proprie presupposizioni e il campo dei propri obiettivi. (sta dicendo che in qualunque epoca, in qualunque situazione qualunque ricerca si faccia, la prima cosa da fare è intendere qual è la portata metafisica di questa ricerca e del metodo che io sto utilizzando perché in base a questo e soltanto se faccio questo posso procedere con degli obiettivi che abbiano un senso, altrimenti giro in tondo intorno alla metafisica. Pagina 73): In che consiste l’essenza della scienza moderna? Quale concezione dell’ente e della verità danno fondamento a questa essenza? Se ci riuscirà di penetrare nel fondamento metafisico che sta alla base della scienza moderna ci sarà possibile da esso gettare uno sguardo sull’essenza del mondo moderno (questo invito che fa in effetti si potrebbe rivolgere a qualunque cosa, non solo alla scienza ma a tutto ciò che è pensato come la scienza, cioè tutto ciò che è pensato metafisicamente) Quando noi oggi parliamo di scienza intendiamo qualcosa di assolutamente diverso dalla doctrina e dalla scientia del medioevo e anche dalla episteme greca, la scienza greca non fu mai esatta e non lo fu perché per la sua stessa natura non lo poteva essere e non abbisognava di esserlo. (sul fatto che la scienza moderna sia diventata esatta è una cosa sulla quale ha riflettuto anche Koyré nel suo libro Dal mondo del pressappoco all’Universo della precisione, questo però ci rinvia a un’altra questione ancora: la scienza moderna oggi senza la tecnica non fa niente, provate a immaginarvi un laboratorio moderno di fisica e togliete tutti i computer, non si fa più niente. Oggi la scienza senza la tecnica non fa un passo, cosa che non era presso i greci) Perciò non ha alcun senso affermare che la scienza moderna è più esatta di quella antica, sono cose totalmente differenti, allo stesso modo non si può dire che la teoria galileiana della caduta dei gravi è vera e che quella aristotelica secondo cui i corpi pesanti tendono al basso è falsa (sono modi di pensare diversi e dire che uno è vero e l’altro è falso potrebbe non essere così semplice) La visione greca della natura del corpo del luogo e dei loro rapporti riposa su una diversa interpretazione dell’ente che determina analogamente un diverso modo di vedere e di indagare i processi naturali (se vedo l’ente in un altro modo, quindi non come un qualche cosa che per essere quello che è deve essere misurato, soppesato, analizzato eccetera ma come qualcosa appare per via di un disvelamento è chiaro che è posta in modo totalmente differente) Nessuno pretenderà che la poesia di Shakespeare sia più gradita di quella di Eschilo. Ma è ancora più assurdo dire che la concezione moderna dell’ente è più esatta di quella greca, se vogliamo pertanto afferrare l’essenza della scienza moderna dovremo liberarci dal luogo comune che pretende di cogliere la natura della nuova scienza procedendo gradualmente dall’antica sotto la guida dell’idea di progresso (cioè considerare la scienza dei greci a partire da quella di adesso non ha nessun senso, appunto come prendere la poesia di Shakespeare e in base a questa confrontare quella di Eschilo) L’essenza di ciò che oggi si chiama scienza è la ricerca. In che cosa consiste l’essenza della ricerca? (quando parliamo di ricerca stiamo parlando di qualcosa intanto, quindi già c’è un presupposto: che la ricerca sia qualcosa) Nel fatto che si installa sottoforma di investigazione in un dominio dell’ente (quindi parto dall’idea che la conoscenza segua alla possibilità di dominare l’ente, questo è il concetto di conoscenza della fisica moderna per esempio, la conoscenza muove dal fatto che io possa misurare l’ente, analizzarlo: conoscenza, manipolazione, elaborazione dell’ente. Quindi il dominio, lui è preciso, il dominio dell’ente mi dà la conoscenza, è la volontà di potenza) Investigazione non significa semplicemente metodo, procedimento infatti ogni investigazione richiede già l’apertura di una regione che possa muoversi (se voglio investigare qualcosa devo già presupporre che ci sia intanto un qualche cosa da investigare, e che poi ci sia un’apertura che ho già posta e all’interno della quale investigo. Questa apertura l’ho creata io, cioè questa apertura non è altro che il mio progetto all’interno del quale apro questa investigazione che comunque è già limitata dal mio progetto, è entro questi limiti) È proprio nell’apertura di una regione del genere che consiste l’investigazione fondamentale propria della ricerca (la regione di cui parla è il progetto, è questo che mi si apre, è all’interno di questo progetto che posso pensare a cercare qualche cosa, che ci sia qualcosa da cercare, valutare il metodo per trovarlo, valutare il metodo per verificate eccetera ma è all’interno del mio progetto, del mio mondo) Essa (la ricerca) ha luogo quando in un dominio dell’ente, la natura ad esempio (la scienza della natura) viene progettato un determinato piano di fenomeni naturali (io voglio indagare la natura, stabilisco un piano, stabilisco un sistema all’interno del quale sistemo tutte le cose che ritengo siano parte della natura, quelle e solo quelle, le altre vengono escluse) Quindi il progetto delinea in qual modo l’investigazione conoscitiva deve vincolarsi al dominio aperto (è il progetto che decide che cosa farà parte di questa apertura e cosa no, cosa rientra nella natura e cosa no, quindi vedete che la natura sì è diventata un oggetto ma sono io soggetto che decido che la natura è una certa cosa, e poi in base al mio progetto, cioè in base a ciò che voglio fare stabilisco quali sono i limiti, stabilisco che cosa mi serve e cosa no, cosa che la scienza fa continuamente, stabilisce che cosa è utile alla teoria) Questo vincolo è il rigore dell’indagine, attraverso il progetto del piano e la determinazione del rigore, l’investigazione si assicura entro il dominio dell’essere il suo settore oggettivo. (stabilisco entro quali termini questa cosa dovrà comparire, generalmente è il calcolo matematico) Uno sguardo alla scienza moderna più vecchia e tuttavia più autorevole la fisica matematica ci permetterà di chiarire ciò che intendiamo dire. Nei limiti in cui la fisica atomica moderna resta pur sempre fisica, l’essenziale a cui qui esclusivamente si mira vale anche per essa. La fisica moderna si chiama fisica matematica perché applica in un senso caratteristico una matematica ben determinata, essa può procedere soltanto matematicamente poiché in un senso più profondo è già di natura matematica (e non lo è per caso lo è diventata ovviamente perché all’interno di questo progetto il metodo è un metodo matematico e quindi la fisica moderna non può che essere fisica matematica) τ μαθματα (da cui matematica) significa per i greci ciò che la considerazione dell’ente è nel commercio con le cose (cioè nel fare quelle cose) l’uomo conosce in anticipo dei corpi l’esser corpi, delle piante l’esser piante, degli animali l’esser animali, dell’uomo l’esser uomo. Ma questo “già conosciuto” cioè al “matematico” appartengono anche i numeri. Se vediamo tre mele su un tavolo riconosciamo che sono tre, il numero tre, l’esser tre lo conoscevamo già, e ciò equivale a dire che il numero è qualcosa di matematico (perché matematico è ciò che io so già, sarebbe l’a priori, infatti per Kant la matematica rientra nella conoscenza sintetica a priori e ciò equivale a dire che il numero è qualcosa di matematico, che sembra una stupidaggine, pero sta dicendo che il numero è qualche cosa che noi conosciamo già: se vedo queste tre cose che sono sul tavolo dico che sono tre, come faccio a dirlo? In base a che cosa?) Solo perché i numeri costituiscono il più incontestabilmente e sempre già conosciuto e quindi il più noto nel dominio del matematico, avvenne che il numero fosse assunto come designazione del matematico (perché il numero è stato pensato come ciò che è naturale per tutti, appunto il giudizio sintetico a priori e il numero è l’emblema di questa conoscenza a priori, per cui il matematico è diventato numerico) Ma l’essenza del matematico non si risolve affatto nel numerico, la fisica a sua volta è la conoscenza della natura in generale e in modo particolare la conoscenza della corporeità materiale nel suo movimento (la fisica si occupa dei corpi e del loro movimento) questa corporeità si rivela immediatamente e costantemente seppur in modi diversi in tutto ciò che è naturale (ciascuno lo vede, ci sono corpi, e questi corpi si muovono e poi in base a questo si sviluppano forze eccetera) Che la fisica si sviluppi esplicitamente nel senso di una fisica matematica viene a significare che attraverso essa e per essa è determinato in anticipo e in modo precipuo qualcosa di già conosciuto (sta dicendo che questo concetto di matematico come ciò che è già conosciuto o di numerico che viene associato a matematico come suo emblema, è ciò che fa sì che la fisica si muova in un certo modo, come se presumesse un qualcosa di già dato ma non al modo del greco antico, ma al modo del metafisico, e cioè che qualcosa è quello che è, non è già dato perché si è disvelato in anticipo prima. La fisica matematica ritiene di avere a che fare con qualcosa che già conosce, cioè con enti, con cose che sono qualcosa quindi è già conosciuto, se io vedo questo aggeggio magari non so che cos’è ma so che è qualcosa. Qui intendiamo con “conoscenza” il dominio sull’ente) Questa determinazione riguarda niente meno che il progetto di ciò che per la conoscenza della natura che si vuole raggiungere dovrà costituire la natura stessa cioè l’insieme coerente in sé chiuso dei movimenti dei punti massa in rapporto spazio temporale. (questa determinazione del modo della metafisica di partire da qualcosa che suppone già conosciuto determina il progetto, se io muovo da questa idea che le cose ci sono già e basta soltanto misurarle, questo delimita il mio progetto anzi è il mio progetto a partire dalla quale cosa io incomincio a investigare, ma a partire da questo. Il progetto di ciò che per la conoscenza della natura che si vuole raggiungere, dovrà costituire la natura stessa, cioè la natura sarà quella che io avrò deciso che è, perché rientra all’interno di questo progetto di investigare la natura, quindi la natura è determinata e esiste perché c’è il mio progetto di investigarla, è il mio progetto di investigarla che la fa esistere. Heidegger non lo dice ma potremmo, allargando un po’ la questione, dire che in effetti se mi metto a indagare la natura è il mio voler indagare la natura che immette qualche cosa che è la natura che deve essere indagata in un certo modo che è quello che io ho deciso, che capovolge completamente la questione. C’è questo aggeggio e io voglio dominarlo e quindi lo investigo, ma no, è perché c’è il mio progetto di investigare, perché c’è la volontà di potenza che poi è questa volontà di investigare, è la mia volontà di potenza che decide che io investighi qualche cosa, e da questo momento decide qual è il campo di investigazione, decide che cosa è investigabile e che cosa no, cioè ciò che c’è e ciò che non c’è. A questo punto io trovo l’oggetto ma senza volontà di potenza questa cosa non sarebbe mai esistita né sarebbe mai potuta esistere alcuna investigazione perché non ci sarebbe stato nessun motivo per investigare alcunché. Qui ci riallacciamo alle cose che dicevamo la volta scorsa: la volontà di potenza è il funzionamento stesso del linguaggio, senza volontà di potenza non c’è nessun motivo per dire niente, perché non c’è la necessità di dominare alcunché e quindi di stabilire che cosa è, che cosa non è) In questo progetto della natura stabilita a priori si danno fra le altre anche le seguenti definizioni “movimento” significa cambiamento di luogo, “nessun movimento” e nessuna direzione di movimento sono privilegiati rispetto ad altri, ogni luogo è identico a ogni altro, nessun punto del tempo è privilegiato rispetto a un altro, ogni forza si definisce a partire da ciò che, nell’unità di tempo, da essa deriva in fatto di movimento cioè di misura del mutamento del luogo. (questi sono i principi fondamentali della fisica che sono i costituenti del progetto di investigazione, infatti Heidegger è preciso: in questo progetto la natura è stabilito a priori” è in questo mio progetto che esistono queste definizioni che “movimento significa cambiamento di luogo) È nel quadro di questo progetto che un fenomeno naturale si rende visibile come tale. (è all’interno del mio progetto che questa cosa è questa cosa) Questo progetto della natura trova la sua garanzia nel fatto che l’indagine fisica è vincolata anticipatamente ad esso in ognuno dei suoi passi nel cammino della ricerca. (cioè ogni passo che faccio nella ricerca scientifica è vincolato al progetto, è questa la garanzia. Se ho stabilito che il movimento è un cambiamento di luogo di un punto, a questo punto se verifico questa cosa questa cosa è vera, ma questa cosa è ciò che io ho stabilito prima come progetto) Questo vincolo che poi passa come il rigore della ricerca, questo vincolo, il rigore della ricerca assume di volta in volta il suo carattere specifico (in base al progetto ovviamente) così il rigore della scienza matematica della natura è l’esattezza (perché dovrebbe essere l’esattezza? Perché così ho deciso così) Ogni fenomeno che pretenda valere come fenomeno naturale deve essere anticipatamente determinato come quantità di movimento spazio temporale e in modo preciso /…/ L’investigazione matematica della natura non è esatta perché calcola esattamente ma deve calcolare a questo modo perché ciò che la vincola alla sua regione oggettiva ha il carattere dell’esattezza (e potremmo aggiungere qui: perché ho preventivamente deciso che queste cose che faccio hanno il carattere dell’esattezza, le chiamo “esatte”, non c’è un altro motivo. L’investigazione matematica della natura non è esatta perché calcola esattamente, cioè il calcolare esattamente non è ciò che precede l’esattezza ma il contrario) deve calcolare in questo modo, viceversa le scienze dello spirito (la filosofia) e anche le scienze che si occupano dei viventi l’antropologia devono necessariamente essere inesatte per poter restare rigorose, si può certo considerare anche il vivente come una quantità di movimento spazio temporale ma in tal caso non si considera come “vivente”, la inesattezza delle scienze storiche dello spirito non è una deficienza ma la soddisfazione di un esigenza essenziale di questo tipo di indagine, in verità il progetto e la garanzia del campo di oggettività della scienza storica (della storia) non è solo di genere diverso ma di ben più difficile realizzazione del rigore delle scienze esatte. /…/ La scienza si costituisce a ricerca in virtù del progetto e attraverso l’assicurazione del medesimo nel rigore dell’investigazione. (la ricerca si costituisce in virtù del mio progetto di attenermi scrupolosamente, rigorosamente a questo progetto, se io decido che l’esattezza è una certa cosa devo attenermi a questa definizione se voglio andare avanti) Rigore e progetto divengono però ciò che sono soltanto nel procedimento, esso costituisce il secondo carattere dell’indagine (dice che il rigore e il progetto divengono ciò che sono soltanto nel procedimento, nel mettere in atto il mio progetto, non esistono prima ma solo nel momento in cui le applico all’interno del mio progetto) Se la regione progettata deve divenire oggettiva deve essere resa accessibile in tutta la varietà dei suoi livelli e delle sue connessioni, l’investigazione deve pertanto essere in grado di cogliere nella sua diversità ciò che essa incontra, solo nell’orizzonte della costante diversità del mutamento si manifesta la pienezza del particolare dei fatti. La costanza del mutamento nella necessità del suo corso è la legge, (la legge fisica, cioè una costante che si manifesta sempre) solo nell’orizzonte della regola e della legge i fatti si manifestano così come i fatti che sono (ma come dicevamo prima queste regole e queste leggi sono state determinate all’interno del mio progetto, nell’ambito del mio progetto, “solo nell’orizzonte della regola e della legge i fatti si manifestano così come i fatti che sono” quindi io posso dire che una cosa è quella che è perché ho stabilito all’interno del mio progetto quali sono i criteri per stabilire che qualcosa c’è e per stabilire che cos’è, “lo studio dei fatti nel dominio della natura si risolve nella formulazione e nella verifica di regole e leggi”, cioè una volta stabilita una certa cosa devo stabilire se questa cosa rientra nell’ambito di quelle leggi che ho stabilite che sono quelle che decidono dell’esistenza di qualcosa) Il procedimento in virtù del quale una regione di oggetti accede alla rappresentazione ha il carattere della chiarificazione a partire da ciò che è già chiaro della spiegazione, questa la spiegazione ha sempre un duplice aspetto: da fondamento a qualcosa di non conosciuto mediante qualcosa di conosciuto e contemporaneamente verifica questo conosciuto attraverso quel non conosciuto. (che è quello che fa la scienza, la spiegazione aggiunge qualcosa di conosciuto allo sconosciuto in modo che divenga anche quello conosciuto) La spiegazione si compie nel corso della ricerca. Nelle scienze della natura (la fisica è scienza della natura) essa si costituisce in conformità al campo di indagine e in funzione della spiegazione, concretandosi nell’esperimento. (la scienza della natura non diviene ricerca in virtù dell’esperimento, al contrario dice Heidegger:) L’esperimento è possibile là e solo là dove la conoscenza della natura ha assunto l’andamento della ricerca (ecco perché nella scienza dei greci antichi non c’era questo tipo di investigazione, perché l’esperimento che oggi è il fondamento della ricerca scientifica “l’esperimento è possibile soltanto dove la conoscenza della natura ha assunto l’andamento della ricerca” cioè di quell’investigazione determinata dal progetto che la fa esistere, se nel mio progetto di investigare qualche cosa, con tutte le regole e regolette che si dà, questa investigazione a un certo punto dice Heidegger che necessita dell’esperimento ma e qui interviene una cosa interessante) Solo essendo matematica nella sua stessa essenza la fisica moderna può essere sperimentale, così la dottrina medioevale come l’episteme greca non sono scienze nel senso della ricerca ed è per questo che esse non conoscono l’esperimento. (occorre cioè che tutto sia inserito all’interno di un progetto di investigazione, nel senso che intendeva prima, deve crearsi questo progetto di investigazione e solo allora c’è l’esperimento, ai greci di tutto questo non gliene importava niente)  È vero che fu Aristotele per primo a definire il significato di μπειρία, empiria, l’osservazione delle cose stesse, le loro proprietà e loro modificazioni nel mutare delle condizioni e quindi la conoscenza dei modi in cui le cose si comportano nella regola (lo studio di come le cose si mutano) ma un’osservazione diretta a conoscenze di questo genere l’experimentum è radicalmente diversa da quella propria della scienza come ricerca dall’esperimento indagativo e ciò vale anche per i casi in cui gli osservatori antichi e medioevali si servivano di numeri e di misure o di particolari apparecchiature e strumenti, ciò che qui manca in ogni caso è l’aspetto decisivo dell’esperimento, questo comincia con la formulazione di una legge, impostare l’esperimento significa rappresentarsi le condizioni secondo cui un determinato complesso di movimenti può essere seguito dalla necessità del suo svolgimento e quindi essere controllato anticipatamente col calcolo. (uno dei compiti della scienza è quello di prevedere i fatti anticipatamente attraverso il calcolo) La formulazione della legge ha luogo in riferimento al progetto fondamentale della regione oggettiva (quindi la questione dell’esperimento è strettissimamente connessa con il fatto di considerare un qualche cosa come un oggetto e quindi nella volontà di dominarlo, l’esperimento è uno dei modi della volontà di dominare l’oggetto) Questo progetto fornisce la misura e vincola la rappresentazione che anticipa la condizione, questa rappresentazioni in cui e con cui ha inizio l’esperimento non ha nulla in comune con l’immaginazione arbitraria, per questo Newton diceva hypotheses non fingo, le ipotesi non sono escogitazioni arbitrarie, esse sono ricavate dal progetto fondamentale della natura e iscritte in esso. L’esperimento è quel procedimento che nella sua impostazione e nella sua esecuzione è sorretto e guidato dalla legge ipotizzata e mira al reperimento di fatti che verifichino tale legge o ne neghino la verifica, quanto più esattamente è stato progettato il piano fondamentale della natura e tanto più esatta diviene anche la possibilità dell’esperimento. (questo per dire come ha incominciato a costruirsi la scienza moderna, tutti i passi che sono stati necessari, è necessario quindi avere un progetto, stabilire all’interno di questo progetto quali sono le regole, gli algoritmi che dovrò usare per rapportarmi all’oggetto, naturalmente dopo che questo oggetto è stato presupposto dal mio progetto. Heidegger ci sta dicendo come la scienza sia stata possibile a condizione di abbandonare il concetto greco di φύσις, e di costruire all’interno di un nuovo progetto una serie di regole e procedure che consentano di affermare che questa cosa è una cosa, non solo, ma è una cosa misurabile, è una cosa conoscibile quindi dominabile. Il concetto greco di φύσις non prevedeva necessariamente la dominabilità, sta insomma dicendo che la scienza moderna non è altro che una fantasia, una volontà di potenza al massimo grado.