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5-10-2004

 

Intervento:…

Qualunque cosa venga proposta come la possibilità di costruire la verità e quindi di eliminare quelle già esistenti e cioè togliere la possibilità di incontrare la verità e quindi di provare l’emozione, viene eliminata. Il linguaggio, il discorso di quella persona ha un sistema di autoprotezione, siccome crede fermamente che l’incontro con la verità produca sì l’emozione, ma deve essere subita, per cui tutto ciò che contrasta con questo viene eliminato, deve essere subìto per essere vero, non deve essere una costruzione che segue a una sequenza di proposizioni perché questo non da emozione e l’emozione è l’unico criterio. Si può dire qualunque cosa, ma se questo qualcosa non è inserito all’interno del sistema delle persone, cioè non si situa come qualcosa che dà un’emozione, non viene riconosciuta come vera, perché dia l’emozione occorre che questa verità sia subita. Ora, ciò che manca al discorso che facevamo prima è questo: la sensazione sì, è subita, ma perché provochi un’emozione occorre che sia qualcosa di atteso, perché se non è atteso, questo lo dicevamo già tempo fa, qualunque evento che riconosco come vero ma che non attendevo e del quale non mi importa assolutamente niente non mi dà nessuna emozione…

Intervento: il luogo comune di fronte a una questione impone di sollevare il pensiero, di distogliere il pensiero, di non pensarci… il discorso non ha i mezzi per confrontarsi con ciò che appare essere la realtà…

Tommaso aveva risposto a questa domanda: non è possibile domandarsi il perché delle cose e procedere all’infinito, ad un certo punto bisogna fermarsi. Come dicevamo anche la volta scorsa, se si incomincia a domandare a una persona il perché di una certa cosa e si continua, ogni volta che dà una risposta, a chiedere il perché di quella risposta dopo un po’ si innervosisce, si stizzisce e reagisce malissimo, perché considera che andare oltre un certo limite non serva a niente, sia anzi una cosa totalmente priva di senso oltre che irritante, ma perché? Così come accade quotidianamente, le persone hanno un sacco di informazioni ma non servono a niente, se voi per esempio spiegaste alle persone perché avvengono alcuni fenomeni cioè perché esattamente, adesso facciamo un esempio di politica internazionale, perché si è scatenata la guerra in Irak esattamente, e glielo spiegaste con delle prove, supponiamo che il motivo non sia nient’altro che il controllo del petrolio in Medioriente, nient’altro che questo, supponiamo che gli mostriate le prove di questo firmate e controfirmate dal governo americano, immaginate che cambierebbe qualcosa?

Intervento: vengono negate…

Ma supponiamo anche che non possano essere negate in nessun modo…

Intervento:…

Beh, lì era un po’ più complicato, dimostrare che quello era il messia…

Intervento:…

Sì ma non verrebbe creduto, o verrebbe anche creduto ma non cambierebbe nulla, cioè non si modificherebbe per nulla il modo di pensare. Ciò che a noi interessa è sapere perché, anche perché la cosa ci interessa molto direttamente, noi mostriamo come funziona il linguaggio e come inesorabilmente e ineluttabilmente funzionano le cose e questo non modifica nulla, abbiamo un esempio in ciò che facciamo molto diretto. Perché dunque avviene una cosa del genere? È curioso…

Intervento: una verità tanto cercata non viene accolta

In ciò che facciamo avviene direi quotidianamente, per esempio in tutti gli incontri pubblici…

Intervento: anche in quello che accade nel mondo i continui scandali e smascheramenti sul potere del più forte

Questo lo abbiamo detto, a noi interessa sapere il perché, e il perché dobbiamo trovarlo in ciò di cui sono fatti, cioè nella struttura e quindi nel funzionamento del linguaggio, perché il linguaggio fa questo? Perché il discorso di ciascuno fa una cosa del genere?

Intervento:…

Non è sufficiente una cosa del genere…

Intervento: non può essere una motivazione di natura estetica perché se si capisse… la questione della responsabilità

Immagina che le persone sappiano una cosa del genere? Riconsideriamo la questione delle sensazioni, delle emozioni più propriamente, forse lì troviamo qualcosa di interessante. Le sensazioni non sono altro che il trovarsi a subire la conclusione vera di una sequenza, si attende qualcosa e questa cosa si verifica, è vera, ma la subisco, non c’è il mio apporto perché se anziché subire la sensazione la agissi cambierebbe tutto quanto, si tratterebbe in quel caso di soddisfazione, concedetemi questi termini giusto per cominciare a sgrezzare la questione. Sono soddisfatto, per esempio, se risolvo un quesito teorico, traggo soddisfazione dall’incontrare l’ultima proposizione vera, ma l’ho agita io, sono io che l’ho prodotta, se invece la subisco allora possiamo parlare di emozione, qualcosa che mi accade e che non ho costruita io, e questa pare sia la condizione perché l’emozione sia tale: che questa conclusione vera sia subita, non agita, prodotta…

Intervento:…

Esatto, viene inteso male, c’è un equivoco. Nel discorso occidentale è l’emozione che stabilisce perlopiù ciò che è vero, non il contrario, cioè non ci si accorge che l’emozione segue a qualcosa che giunge ad affermarsi come vero, ma si avverte l’emozione quindi è vero; ma se ci si muove in questa maniera allora l’emozione diventa la condizione per potere trovare, incontrare delle proposizioni vere anche se non lo si sa…

Intervento:…

Noi sappiamo che il linguaggio prosegue e per proseguire necessita di giungere a un elemento che non sia contraddittorio con la premessa, e quindi ogni volta che trova una conclusione che non contraddice la premessa può proseguire, questo “può proseguire” è ciò che il discorso comune chiama vero, o verità, e questo produce quella cosa che gli umani chiamano emozione, e quando c’è l’emozione allora è vero, così pensa il discorso comune. Ma perché questo funzioni, perché l’emozione ci sia, occorre che sia subita, e cioè che sia una verità imposta da altro, come se la possibilità di produrre da sé una verità fosse mal considerata, generalmente infatti quando uno giunge alla verità non si rende conto che quella proposizione che ha costruita è una sequenza inferenziale ma attribuisce quella verità alle cose: le cose sono così e quindi io non faccio altro che adeguarmi “adæquatio rei et intellectus” alle cose, ma ho trovato, ho scoperto la verità, non l’ho costruita, così come l’emozione io la incontro, non la costruisco, se la costruissi non sarebbe più un’emozione. Ecco perché, tornando al punto da cui siamo partiti, qualunque cosa venga proposta come la possibilità di costruire la verità e quindi di eliminare quelle già esistenti e cioè togliere la possibilità di incontrare la verità e quindi di provare l’emozione, viene eliminata. Il linguaggio, il discorso di quella persona ha un sistema di autoprotezione, crede fermamente che l’incontro con la verità produca sì l’emozione, ma che questa debba essere subita, allora tutto ciò che contrasta con questo viene eliminato, deve essere subita per essere vera, non deve essere una costruzione che segue a una sequenza di proposizioni, perché questo non dà emozione, e l’emozione è l’unico criterio…

Intervento: ciò che distingue la convinzione dalla persuasione

Certo, si può anche porla in questi termini…

Intervento: è sempre la questione che le persone utilizzano il linguaggio come un mezzo per sentire

È l’emozione che certifica la verità, che soddisfa il requisito del linguaggio per potere proseguire: se provo un’emozione allora è vero quindi posso andare avanti, trovo la verità ma la trovo nel senso che la trovo al di fuori dal mio discorso, la subisco, solo se la verità è subita provoca un’emozione, se è agita no, prima la chiamavamo soddisfazione, giusto per dargli un termine, per cui mostrare agli umani come stanno le cose inesorabilmente non produce un’emozione perché mette in condizioni di accorgersi che le cose che avvengono sono costruzioni linguistiche…

Intervento: è anche vero che se qualcuno venisse a dire i motivi veri della guerra in Irak qualcuno si potrebbe arrabbiare e quella è un’emozione

Lei pensa che la più parte delle persone non lo sappia? Negli anni ’90, chiacchierando con un amico, costui sosteneva che tramite internet, quindi la possibilità di inviare informazioni non censurate dai governi a chiunque, questo di per sé sarebbe valso a una sorta di liberazione universale. Già allora avevo fortissimi dubbi che potesse verificarsi una cosa del genere, perché si possono mandare tutte le informazioni che si vogliono ma al di là del fatto che qualunque informazione è sempre data in un certo modo, ma al di là di questo che adesso non ci interessa, si può dire qualunque cosa ma se questa qualunque cosa non è inserita all’interno del sistema delle persone e cioè non si situa come qualcosa che dà un’emozione non viene riconosciuta come vera, semplicemente, perché dia l’emozione occorre che questa verità sia subita…

Intervento: ma se ciò che andiamo costruendo diventasse luogo comune allora potrebbe essere riconosciuta, ma non cambia perché è riconosciuta come luogo comune e quindi subita è come se ciascuna volta per esserci verità in qualche modo si dovesse pareggiare il conto, il referente, ciò che è, ha questa funzione

Certo, la questione non è ancora esaustiva, però è un primo modo di approcciare la questione, considerare che l’emozione, perché sia tale, debba essere subita e quindi una verità subita provoca l’emozione, se agita non la provoca più, si tratta di intendere come funziona nel discorso visto che in effetti si potrebbe anche muovere delle obiezioni a ciò che abbiamo detto, anche il fatto di venire a sapere che il governo americano ha scatenato una guerra per motivi petroliferi è comunque una verità subita ma non scatena emozioni, perché? Però qui intervengono altri aspetti che dovremo considerare, cioè non è l’emozione che ci si aspettava, ci si aspetta qualcosa di differente, è stato emblematico il caso di quelle due bischere… certo adesso tutto il dibattito scatenato si assopisce perché ci sono informazioni contrastanti, non c’è più la forte emozione, cioè o sono martiri e allora c’è la forte emozione, se le avessero sgozzate a tutt’oggi ci sarebbero paginoni sui giornali di sicuro mentre l’eventualità che fossero che ne so, spie, perché no? non importa niente a nessuno perché non dà una forte emozione. Ciò che manca al discorso che facevamo prima è questo: la sensazione è subita ma perché provochi un’emozione occorre che sia qualcosa di atteso, perché se non è atteso, e questo lo dicevamo già tempo fa, qualunque evento che riconosco come vero ma che non attendevo, del quale non mi importa assolutamente niente, non mi dà nessuna emozione, occorre che sia fortemente atteso e su questo abbiamo detto delle cose, altre dobbiamo dirne però è la condizione che qualcosa sia fortemente atteso e che si verifichi e che sia subito, allora c’è l’emozione…

Intervento: allora in quel caso se la guerra è stata mossa per il petrolio al momento in cui lo verifico allora il mio discorso prova un’emozione

È possibile certo…

Intervento: è qualcosa che attendeva, è una conferma... la verità

Certamente, se lei fosse un avversario politico e il governo americano avesse forti interessi in questo senso e riuscisse a scoprire in modo inequivocabile e potesse smascherare il governo Bush affermando con assoluta certezza, e con le prove che è scoppiata la guerra unicamente per intrighi petroliferi allora…

Intervento: nel film… era stata detto e non aveva provocato particolari scandalo… non è riuscito a scatenare emozioni altrettanto forti quanto quelle che è riuscito a scatenare questo sistema di informazioni americane… già la questione della paura ché la gente dopo un po’ si stanca di avere paura e deve trovare qualche cos’altro di cui avere paura

Bisogna alzare la posta in gioco, certo.

Intervento: è interessante tutta questa situazione che è stata creata in questi anni è sostenuta artificiosamente non so in che modo, è sostenuta non tanto sulla paura ma su una sorta di senso di identità che scatena notevolissime emozioni, il così detto scontro di civiltà che si vorrebbe imporre scatena in ciascuno un senso di appartenenza… in America è molto sentita è una guerra per la vita o per la morte

Sì, il fatto che è stata colpita New York per gli americani è una cosa forte, è la prima volta che qualcuno colpisce gli Stati Uniti, non si era mai verificato prima, nonostante le guerre mondiali. Vedete, per scatenare la paura occorre agire in modo forte. Una volta, quando eravamo ragazzini e si immaginavano un po’ queste cose, si era trovato il sistema, per esempio, di legittimare un governo di polizia e fare in modo che sia il popolo ad invocare a gran voce un governo di polizia, le leggi marziali etc. Prendete una serie di scagnozzi armati che vanno in giro in macchina a uccidere la gente, alle fermate dei pullman, alle uscite dai cinema, all’uscita delle scuole, entro 48 ore avete un governo di polizia, leggi marziali, chiamate a gran voce dal popolo…

Intervento: scatenando queste emozioni… si scatena poi che cosa? È come se la verità diventasse immediatamente chiara… in un periodo di pace c’è confusione, c’è dialettica, meno sicurezza si scatena qualche cosa, la verità diventa estrema ma proprio per questo molto più chiara… c’è un legame tra l’emozione e la verità… nella noia la persona si fa un mucchio di domande ma ha l’impressione di non arrivare mai a una risposta

Come quando una relazione fra un uomo e una donna va troppo bene, dopo un po’ deve succedere qualcosa…

Intervento: è come se l’emozione fosse il momento della verifica

Intervento: anche nel discorso funziona così laddove riesce ad individuare l’oggetto della sua paura a quel punto tutto quanto è vero, tutto quanto è reale, diventa ossessiva la questione le proposizioni girano in tondo

Intervento: hai individuato il nemico sai qual è la paura mentre in un periodo di pace ogni cosa può essere il nemico, come dire che anche la strategia quello di mantenere un livello di tensione tale…

Rileggete la Poetica di Aristotele, come si crea la tragedia: c’è la suspense, l’attesa, la creazione dell’ostacolo, c’è il pericolo che incombe e poi finalmente arrivano i nostri o il principe che ammazza il drago e finisce il romanzo, e bisogna scriverne un altro dopo, perché il lettore si aspetta che il successivo mantenga almeno la stessa tensione del precedente, se no non si diverte. È come quando uno ha finito di leggere un bel romanzo, per un po’ ci pensa e poi ha bisogno di altre storie…

Intervento: si aspetta sempre qualcosa che estremizzi, la verità si fa più chiara, anche nel pensare… è come intervenisse un taglio, qualche cosa che ad un certo punto decide…

Dobbiamo riflettere bene, questa sera abbiamo appena iniziato ad accennare alla questione, potrebbe portarci molto lontani. Bisogna lavorarci parecchio, rileggete la Poetica di Aristotele.