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5-9-2007

 

Testo di C. S. S. Peirce: Una nuova lista di categorie

 

I.545 – I.548 – I.549 – I.550 - I.553 – I.556

 

Intervento: questo che afferma Peirce mi serve per intendere l’atto linguistico che è in sé conchiuso, come dire? Ha in sé ciascuna volta ciò che gli serve per agire…

Ciò che ha detto è una cosa abbastanza semplice: se voglio raffrontare una cosa a un’altra devo farmi un’immagine, ci vuole un’interpretante dice lui, cioè io interpreto la forma di questo aggeggio ed è questa interpretazione che poi applico a quell’altro aggeggio quindi ci vuole un terzo elemento tra i due, qui si potrebbe inserire volendo l’argomento del 3° uomo di Aristotele, vale a dire che tra questo e questo c’è la mia interpretazione che fa da terzo, cioè l’interpretazione di questo aggeggio che mi consente di metterlo in relazione con quell’altro però a questo punto ci vuole un terzo elemento fra la mia interpretazione e questo, cioè un altro elemento che faccia da medio dopo di che ci vuole un altro elemento che faccia da medio tra questo e questo e che mettiamo qui in mezzo e poi un altro e così via all’infinito. Ma perché a suo avviso tutto questo è importante?

Intervento: intanto io ho ripreso Peirce per intendere lo svolgersi di un qualunque sillogismo e quindi di come attraverso a delle premesse si arrivi a mantenere un filo logico fino alla conclusione e poi di ciò che si dice essere vero in base a queste premesse, per esempio, in base al sillogismo di Aristotele quello che dice “tutti gli uomini sono mortali” “Socrate è un uomo” “Socrate è mortale” a me interessava questo filo che si mantiene dalla premessa alla conclusione, volevo giocarci un po’ con queste cose, quindi svolgere delle argomentazioni… però a me interessava e da qualche parte l’ho trovato nel testo di Peirce in un modo più semplice, credo di averlo trovato perché ovviamente io adesso rileggo Peirce in un nuovo modo che tiene conto dell’atto linguistico e di ciò che noi abbiamo stabilito nella teoria del linguaggio, e quindi occorre che anche di questo il mio discorso tenga conto ma dicevo quello che mi interessa in tutto questo è che lui sta dicendo che proprio per via di questo interpretante che è dato dalle qualità e quindi dalla struttura di ciò che si dice… noi diciamo che dalle premesse il discorso costruisce passaggi coerenti fino a concludere con una proposizione vera che è coerente con le premesse, e così funziona il linguaggio fino a prova contraria come dicevamo, qui Peirce introducendo la questione dell’interpretante posta in questo modo è come se appunto le premesse che si danno in base alla conclusione mantenessero quella coerenza per cui è già tutto dato, come diciamo noi non ci si accorge perché non si tiene conto che si è linguaggio e che sta funzionando, non si tiene conto di ciò che si dice lui stesso non ne teneva conto però è come se in ogni atto di parola quelle premesse contenessero attraverso lo sviluppo appunto del pensiero, contenessero già la conclusione…

In questo caso sarebbe una deduzione…

Intervento: Peirce ne parla poco della deduzione, la da come scontata e quindi preferisce parlare delle ipotesi poi nel prosieguo andrò avanti appunto con il suo “Le leggi delle ipotesi” per intendere perché nelle premesse del suo discorso non era previsto per esempio che potesse anche non essere così, cioè quali sono le premesse che lo portano costantemente ad andare a porre, per esempio, la questione dei concetti qui che lui sviluppa lo dovevano portare a tener conto che tutto questo che avviene, avviene tramite una struttura ma lui continuamente demolisce tutto e riprende da ciò che gli piace e quindi dalla ricerca della verità…

C’è una questione in effetti che tutti i semiotici intelligenti incontrano, Peirce è un semiotico soprattutto, lo stesso Hjelmslev si è molto avvicinato a una cosa del genere vale a dire la costruzione di una teoria dei segni, che cos’è un segno? Ciò che rappresenta qualcosa per qualcuno, naturalmente, se no non è un segno, poi aldilà delle differenza all’interno del segno, di simbolo, di icona, di indice, che adesso ci interessano poco, lavorando sul segno si giunge a considerare che ciascuna cosa è un segno nel senso che per essere intesa deve rappresentare qualcosa per me intanto, per me che la intendo e quindi la intendo in base a qualche altra cosa che è un segno precedente e fin dove si arriva?

Intervento: all’infinito…

Esatto però il problema è intendere quell’elemento che costituisce il fine corsa, quello che garantisce tutta la serie e per Peirce è chiama l’interpretante logico finale cioè un elemento finale che retroattivamente da un senso a tutta la catena. Così come la struttura del giallo per esempio, non si capisce nulla fino alla fine dove ecco l’ultimo elemento è quello che da un senso a tutta la catena che precede. All’interno di un giallo che è una struttura chiusa in sé la cosa può essere fattibile ma all’interno di una elaborazione teorica sulla teoria della conoscenza può diventare più complicato, dove ci si ferma? Esiste un interpretante logico finale o anche lui per esistere ha bisogno di qualche altro segno che lo renda conoscibile quanto meno? Hjelmslev ha scartata l’ipotesi di un interpretante logico finale e si è trovato di fronte a un proliferare di semiotiche, vale a dire di dottrine del segno e ogni dottrina del segno ha a fondamento un altro segno il quale prevedeva una sua dottrina del segno cioè un’altra semiotica e così via all’infinito, una cascata di semiotiche infinite senza soluzione di continuità…

Intervento: forse la questione delle ipotesi è così anche Peirce si è trovato di fronte a questa cascata…

Potrebbe essere infinita se non arrivasse una verifica, però questa verifica è data dalle regole del gioco all’interno del quale è prevista una certa ipotesi, per esempio, domani pioverà oppure non pioverà, come dicono le previsioni del tempo che non sbagliano mai, questa ipotesi è verificata dal fatto che domani piova oppure no, ma è all’interno di un gioco specifico che viene verificata e Peirce a un certo punto aveva scartato la deduzione perché secondo lui e in fondo secondo molti, la deduzione non dice nulla più di quanto affermi…

Intervento: forse la deduzione lui l’ha scartata, anche se lui ne parte come di un’inferenza perfetta, però non trova una nozione di necessario che possa costituire un fondamento necessario…

È ovvio che non la trova, come non l’ha trovata nessuno, perché se io stabilisco che questo è segno di quell’altro, quell’altro a sua volta ha bisogno di essere stabilito da un’altra cosa e così via all’infinito, è ciò che gli umani hanno cercato da sempre: che cosa c’è a fine corsa? Che cosa è a fondamento di tutto? Qualunque cosa io ponga come fondamento comunque potrò sempre trovare un’altra cosa perché è arbitrario, l’idea di dio viene da lì: trovare il fondamento assoluto. Ciò che ci ha tratti di impaccio da questa situazione in cui si è trovato il pensiero occidentale, potremmo dire da Aristotele in poi, è stato porre a condizione di qualunque cosa cioè come fondamento di qualunque cosa ciò che è condizione della pensabilità del fondamento di qualunque cosa e cioè la struttura del linguaggio, senza linguaggio non si può neanche pensare il fondamento e allora anche tutta la questione dei segni assume un altro aspetto: se pongo un segno semplicemente come una regola all’interno della struttura del linguaggio, a questo punto potrebbe anche essere superfluo tutto sommato che ci sia necessità di un segno, che qualcosa sia segno di qualche cos’altro fa parte di ciò che è stato stabilito dal gioco linguistico, se si attiene a certe regole è un segno se no, no, certo nell’accezione più ampia possiamo dire che è ciò che rappresenta qualcosa per qualcuno, ma occorrono delle condizioni perché rappresenti qualcosa per qualcuno e cioè che sia già stato stabilito che questa cosa è un segno…

Intervento: dice Peirce “i concetti elementari sorgono soltanto in occasione dell’esperienza cioè quando essi vengono prodotti per la prima volta secondo una legge generale” e va beh e allora? Che cos’è questa legge generale?

Si presenta in modo diverso il problema che incontrano i logici quando si trovano a dovere chiarire perché la logica è fatta in un certo modo, e allora viene fuori il “naturale” il modo di pensare naturale è così e bell’e fatto, ma non è così e bell’e fatto, è che il linguaggio funziona così e di conseguenza la logica si attiene al funzionamento del linguaggio, potremmo dire che il linguaggio è la logica, semplicemente, la struttura del linguaggio è la logica vale a dire l’unico modo in cui è possibile pensare e in questo Wittgenstein non aveva torto: o si pensa così o non si pensa, non c’è via d’uscita. L’abduzione di Peirce ci aveva interessati molti anni fa, sapete che ci sono tre tipi di inferenza: deduzione, induzione, abduzione. La deduzione è il sistema più sicuro di inferenza, quello certo, perché effettivamente non dice nulla più di quanto sia contenuto nella premessa e cioè va dal generale al particolare per cui quello che trae è ciò che è già contenuto nel generale, molti l’hanno scartata nei secoli proprio per questo motivo, perché non aggiunge niente. L’induzione invece fa il contrario, muove dal particolare per stabilire il generale e questo è più complicato e anche più rischioso: questa mattina è sorto il sole, è sorto anche ieri mattina, è sorto anche l’altro ieri, è sempre sorto nel passato quindi sorgerà anche domani, questa è l’induzione, induce qualcosa che di fatto non c’è ancora, che il sole sia sorto tutte le mattinate precedenti non implica che sorgerà anche domani. L’abduzione è propriamente un’ipotesi, muove da una premessa certa, la maggiore è certa, lo è anche la seconda ma la conclusione non è implicita né nella premessa maggiore né nella premessa minore. Facciamo un esempio, è stato ucciso qualcuno, Daniela era lì presente e era l’unica presente nella stanza, conclusione: Daniela è l’assassina. È il sistema che usa l’indagine poliziesca, tutti i polizieschi, i gialli sono fatti di abduzioni, da due cose certe ne traggono un’altra che invece non è certa perché non è implicita nella premessa, Daniela potrebbe essere lì presente nonostante sia solo lei con il cadavere ciò non di meno non l’ha ammazzato lei però tutto fa pensare che sia stata lei questa era la struttura dell’abduzione…

Intervento: perché ci aveva interessato l’abduzione?

Perché molti anni fa Verdiglione aveva scartato sia la deduzione sia la induzione e quindi rimaneva l’abduzione, vale a dire qualche cosa che ha a che fare con l’invenzione perché si reperisce qualche cosa che in realtà non è legittimo reperire però ha dei buoni supporti, ma non è sufficiente tant’è che io ho utilizzato unicamente la deduzione che è l’unica forma di inferenza che consenta di mantenere, mano a mano che si svolgono i passaggi, la stessa certezza dalla quale si è partiti perché di fatto non aggiunge nulla che non sia già contenuto nella premessa, se io affermo che qualsiasi cosa è un elemento linguistico questa affermazione risulta assolutamente certa per una serie di buoni motivi, tutto ciò che io posso trarre da questa premessa sarà necessariamente vero, per esempio, posso affermare che non c’è uscita dal linguaggio, questa è una deduzione, se qualunque cosa è un elemento linguistico, come faccio ad uscire dal linguaggio? Dovrebbe essere un’altra cosa, posso trarre tutta una serie di altre inferenze che sì, sono implicite nell’affermazione di partenza, ma possono non essere così immediatamente evidenti, per esempio, io affermo che qualsiasi cosa è un elemento linguistico, mostro e dimostro che questa affermazione in nessun modo è confutabile, ché è caratterizzata da una certezza assoluta, a questo punto dovrebbe essere accolta da chiunque il che non è, e fra le varie deduzioni, inferenze che possono trarsi da questa premessa c’è anche quella che, per esempio, se la fanciullina viene abbandonata dal fanciullino questo abbandono non può essere nient’altro che un elemento linguistico, e come tale considerato, un elemento linguistico ma non avviene, quindi non tutte le inferenze sono così immediatamente evidenti e non tutto ciò che si trae da una deduzione, è vero che è implicito nella premessa da cui parte, ma non per questo può risultare meno interessante, magari non è così facile accorgersi che comunque appartiene a quella premessa anche se non ho detto niente di più di quanto era implicito nella premessa maggiore, cioè che qualunque cosa è un elemento linguistico…

Intervento: rispetto alla questione della deduzione… la premessa maggiore l’unico modo per validarla è l’induzione… quando Aristotele dice che tutti gli uomini sono mortali, premessa maggiore, la premessa maggiore è stabilita per induzione…

Verissimo, e quindi? Anzi potrebbe aggiungere un elemento in più, Sandro, a favore della sua tesi: in logica esiste un teorema di deduzione, cioè la deduzione è un teorema e quindi è dimostrabile attraverso una serie di passaggi, lungo questi passaggi per giungere all’ultima formula cioè al teorema è necessario quello che ciò che Kleene chiamava induction step, un passo induttivo cioè per dimostrare la deduzione occorre l’induzione e viceversa per dimostrare il teorema di induzione occorre la deduzione…

Intervento: però c’è una questione invece che riguarda la teoria del linguaggio laddove la premessa maggiore non necessita dell’induzione, allora a questo punto mi viene da pensare che c’è una quarta forma che è quella della costrizione… la costrizione può intervenire…

Come una forma di inferenza?

Intervento: la costrizione logica è semplicemente quel qualche cosa che giustifica la premessa maggiore quello che dà quel valore di verità alla premessa maggiore… e allora poiché non si può pensare diversamente cioè non si può dire diversamente da questo per non cadere in contraddizione allora questa cosa è così e da lì andiamo avanti…

Non è necessario trovare un’altra forma di inferenza, semplicemente abbiamo reperito che la condizione della deduzione, dell’induzione e dell’abduzione è la struttura del linguaggio, abbiamo trovato qual è la condizione di qualunque forma di inferenza…

Intervento:…

È stata messa in discussione, rispetto alla deduzione, non la sua validità ma il suo utilizzo, è diverso, la validità è inopinabile…

Intervento: sì ma tutto l’Empirismo nasce da una rivoluzione anche nel campo della logica… è stata una ribellione nei confronti di Aristotele l’Empirismo… ma comunque in tutti i casi si è sempre cercato il sostegno… salvo trovarlo appunto in una costrizione logica, concettualmente trovare una posizione per la costrizione logica…

Sì, dare una dignità teorica, adesso l’abbiamo posta come la condizione di qualunque inferenza, certo, altri che vogliono aggiungere cose?

Intervento: Peirce parlava di impressioni? Da quell’elemento da cui partire per creare la prima immagine da cui la comparazione… ma le impressioni per Peirce sono date da concetti che stanno funzionando e lui dice: si può notare che in questo processo di ricerca non si fa ricorso all’introspezione, non si assume nulla rispetto agli elementi soggettivi della coscienza che non possa essere inferito con sicurezza da degli elementi oggettivi… quindi sono solo dei concetti che stanno lavorando e quindi stanno funzionando ma come funzionano? E qui comincia dicendo come avviene la comparazione fra questi concetti e quindi queste impressioni non sono le impressioni descritte dalla psicologia ma sono dati diremmo noi da linguaggio che sta funzionando…

Intervento: ma comunque ci deve essere un avvio?

Intervento: lui non è riuscito a intendere la condizione e cioè la struttura che noi chiamiamo linguaggio che avvia ogni discorso e che qualcosa avviene quando qualcosa funziona come vero… non si può spiegare come si installa il linguaggio se non presupponendo la persona un ente metafisico che comincia a parlare e prova impressioni ma se non si fanno queste presupposizioni sulla naturalità delle cose e si tiene conto che qualsiasi cosa è un elemento linguistico allora si riflette su come funziona all’interno del sistema linguistico ciò che chiamiamo “avvio” spiegare come si avvia un discorso è svolgere un gioco linguistico le cui regole prevedono che qualcosa cominci perché questa cosa prima non c’era, e come si fa a spiegare, parlando, come comincia il linguaggio? Come abbiamo detto tante volte non ci sono gli strumenti per uscire dal linguaggio e indagare su cosa c’era prima, cosa c’era prima del linguaggio è qualcosa che stiamo dicendo… lui questo non è riuscito ad intenderlo forse ha capito che non c’è uscita dal linguaggio ma ad intenderlo no, non è riuscito a trovare una soluzione e quindi una direzione…

La critica che fa alla psicologia per qualche verso è abbastanza simile e prossima a quella di Wittgenstein, infatti qualcuno li ha accostati, lui parla di concetti e Wittgenstein parla di proposizioni però in effetti è qualcosa che avviene all’interno di una struttura che incominciano a individuare come quella del linguaggio dove avvengono le impressioni e di conseguenza anche le sensazioni…

Intervento: quando parla di sensazioni, emozioni ne parla come di concetti che stanno funzionando e necessitano per funzionare di altri concetti…

È stato uno dei tanti testi di cui ci siamo avvalsi tanti anni fa per giungere alle cose cui siamo giunti, è un testo che mostra in modo molto esplicito che non esiste altro, lui parla di concetto ovviamente, di segno, quindi elementi che si svolgono all’interno di una struttura linguistica, al di fuori di questa non c’è niente, lui incominciava a porlo in termini precisi, poi certo c’è voluto un altro passo, però ha indicato una direzione.