INDIETRO

 

 

5-3-2014

 

Intervento: Fodor dice che precedentemente al linguaggio naturale esiste un linguaggio del pensiero rappresentazionale attraverso cui si realizzano degli stati mentali attraverso delle computazioni su dei simboli. Dice che si realizzano nel cervello degli stati mentali che corrispondono alle credenze, ai desideri. C’è il soggetto, c’è la proposizione, ma c’è anche la rappresentazione della proposizione, quindi per esserci una credenza deve esserci una rappresentazioni fisica di un certo simbolo il cui contenuto corrisponde a quello che c’è nel mondo reale e quindi deve esserci un sistema percettivo. Affinché ci sia una causazione tra il simbolo nel linguaggio del pensiero e l’enunciato nel linguaggio naturale, il simbolo nel linguaggio naturale deve rappresentare qualcosa che è nel mondo esterno. Lui la mette nei termini di atteggiamenti proposizionali. Ma se tutto viene elaborato nel cervello, allora qual è la connessione con il mondo esterno? Mi pare a questo punto, nelle letture che ho fatte dei suoi scritti, i primi, che lui si stia arrovellando su questa cosa.

La questione appare complicata perché sorge a questo punto la domanda: “come credi che questo sia il mondo? Cioè come credi che sia che cosa, esattamente?

Intervento: Lui parte da una solida base di “innatismo” che viene da Chomsky. Ho notato che Chomsky ha messo delle radici abbastanza forti nella filosofia della mente, del linguaggio, con la questione dell’innatismo.

Con “innato” possiamo intendere ciò che è già presente nell’uomo prima di qualunque altra cosa, potremmo dire che “innato” in questo caso è contrario di “acquisito”, in questo caso, quindi c’è qualche cosa che non è acquisito ma che è già lì. È ovvio che una cosa del genere non può essere dimostrata, però può essere creduta. Qualunque esempio tu vorrai fare troverai sempre delle contro argomentazioni, e non sarà mai comunque una prova definitiva, nel migliore dei casi si potranno fare delle ipotesi “pare che sia così” “sembra che sia così”. Dunque o questa struttura è già informata, oppure deve essere informata. Una macchina deve essere informata, ha bisogno di input, è chiaro che la macchina è predisposta per ricevere degli input, però, proviamo a fare questo parallelismo tra il computer cioè il funzionamento di una macchina e il cervello come computer; allora potremmo dire che nel cervello c’è un sistema funzionante formato da fili elettrici e interruttori, che è quello che consente a delle informazioni di essere processate, però questo sistema di fili elettrici e di interruttori di per sé non fa niente finché non arriva un’informazione, cioè in questo caso il nervo non viene sollecitato, è come se fosse morto in un certo senso, anche se potenzialmente può attivarsi. È come un computer quando non c’è corrente, è tutto pronto però se non passa corrente non succede niente, ora ciò che può essere presente dentro la testa è questo: un sistema che è passibile di ricevere e processare informazioni, perché queste informazioni non le contiene già, se noi sostenessimo che contiene già le informazioni allora saprebbe già tutto, non avrebbe più bisogno di apprendere nulla, tutto sarebbe già acquisito, il che non è propriamente, quindi il cervello che è fatto, così pare, in un certo modo, è capace di accogliere sollecitazioni e prendere queste sollecitazioni e combinarle eventualmente con altre, ma in quale modo le combina? Tieni conto che stiamo parlando di cavi elettrici, di impulsi elettrici, questi impulsi elettrici possono sì combinarsi fra loro però combinandosi fra loro possono costruire una rete elettrica nella migliore delle ipotesi, che cosa manca perché questa rete elettrica in cui passano connessioni elettriche possa essere identificata con il pensiero? Queste informazioni che il cervello riceve da dove arrivano? Dalla percezione suppongo. Cioè dai cinque sensi, una volta che sono entrate queste sollecitazioni, per esempio un cambiamento di stato, di temperatura, di colore di qualunque cosa, viene segnalato e recepito ma, dicevo, che cosa manca? Manca un sistema per organizzare tutte queste cose, finché si tratta soltanto di passaggi elettrici, sì possono anche essere interessanti però se non vengono organizzati in un certo modo rischiano di rimanere soltanto passaggi elettrici. Tu dicevi una cosa interessante prima rispetto all’innatismo, e cioè una macchina ovviamente non ha nulla di innato, ma come accade che una macchina a un certo punto incomincia a processare impulsi elettrici in un certo modo per cui incominciano a costruirsi delle sequenze tali per cui queste sequenze possono costruire altre sequenze, altre sequenze che vengono riconosciute dalla macchina come sequenze e quindi processabili, elaborabili; è come se fosse questo il pezzo che manca, e cioè un qualche cosa che consente di organizzare questi impulsi elettrici in modo tale da potere essere utilizzati. Quando si costruisce un processore, un processore è fatto di circuiti prestampati che in realtà non sono altro che transistor assemblati fra loro in unità logiche, e queste unità logiche assemblate insieme con altre formano appunto un processore, ma ciascuna di queste unità logiche è fatta di transistor, cioè di interruttori che possono fare passare corrente oppure no, la cosa interessante è che il percorso che la corrente compie all’interno di una macchina attraverso questi interruttori è ciò che consente la costruzioni di sequenze che soddisfano certi requisiti, che sono quelli che abbiamo immessi noi ovviamente, e cioè condizioni di verità e falsità prevalentemente, cioè criteri per stabilire se una sequenza è vera quindi può essere utilizzata oppure no. Però tutto questo intanto ci dice che nella macchina non c’è niente di innato, perché prima di essere costruita, programmata, è un pezzo di ferro inerte, proprio come il cervello che prima di essere programmato è un pezzo di tessuto inerte, ci sono i nervetti, ci sono i neuroni, ci sono i dendriti, ci sono gli assoni, poi ci sono i nervi che sono fili elettrici, ma finché tutto questo aggeggio non viene programmato in qualche modo non ha nessuna possibilità di costruire qualcosa che possa essere utilizzato per costruire altre cose, perché è questo che fa il pensiero, o il linguaggio se preferisci. Dunque questo apparato, al pari della macchina, occorre che sia informato, programmato, cosa che avviene quando a un bambino gli si insegna a parlare, lo si programma, letteralmente, cioè gli si forniscono delle informazioni e delle istruzioni per processare quelle informazioni; tra queste istruzioni ci sono anche quelle che decidono la costruzione di significati, e la costruzione del significato avviene molto semplicemente, e molte volte in modo ostensivo, cioè mostrando che una certa cosa rinvia a un’altra, tale rinvio è ciò che comunemente chiamiamo “significato”. Si forniscono istruzioni per costruire significati, per accogliere significati, cioè per accorgersi che una certa cosa è un significato e così via, tutte queste operazioni, se fossero nate, cioè non acquisite, metterebbero la persona nella condizione di possedere già un “sapere”, qualunque esso sia. L’idea dell’innatismo è che questo sapere sia appunto dentro il cervello, questione che è complicata perché in effetti questo sapere, che sapere è?

Intervento: il passo in cui parla di questo è: “ad essere innati sono i contenuti espressi dagli enunciati del linguaggio del pensiero”.

Se si parla di enunciati, l’enunciato è qualcosa che afferma, infatti gli inglesi lo chiamano “sentence”, una sentenza è un’affermazione, se io sentenzio devo affermare qualcosa, se no che cosa sentenzio? Ma se affermo qualcosa, qualunque cosa sia, questo affermare di per sé dice che una certa cosa è così, dice che è vera, e quindi esclude per esempio la contraria, c’è già una decisione, c’è la possibilità di stabilire che cosa è vero e che cosa non lo è, che cosa può essere proseguito e che cosa no, anche tutto questo, per seguire l’innatismo, potrebbe essere innato cioè il concetto stesso di “vero” quindi di verità. Seguendo questa linea dovremmo essere costretti a considerare che anche il concetto di verità è innato, che è un problema di proporzioni bibliche…

Intervento: lui dice che se io credo che Torino sia a nord di Roma significa che io mi rappresento uno stato di cose nella forma di una certa relazione spaziale di oggetti, tale credenza è vera perché c’è un fatto nel mondo che la rende vera, la verità e la falsità precedono.

Se si riuscisse a fare passare questa sciocchezza che afferma che la verità è innata, ti rendi conto della portata che avrebbe una cosa del genere politicamente? La questione che a noi interessa è mostrare come, se si parte da alcuni concetti che affermano che delle cose sono innate, alcuni contenuti, alcuni enunciati sono innati, allora anche la verità è innata e di conseguenza ne seguono una serie di enormità assolutamente insostenibili. Se tu dici che Torino è a nord di Roma, questa espressione, questo enunciato, di per sé non dice assolutamente niente, non significa niente se non è inserito in un gioco linguistico per cui tu hai accettato di stabilire che con “nord” si intende una certa cosa, con “Torino” si intende una certa cosa eccetera, hai accettato queste cose e una volta che accetti questo, così come accetti che quattro assi battono due jack, che è esattamente la stessa cosa, allora ti rendi conto che stai facendo semplicemente un gioco linguistico, cioè accogli un gioco linguistico e lo pratichi, ma non fai nulla più di questo, non stai enunciando una verità sub specie æternitate, come pare che dica invece Fodor. Allora o è innato il sistema, diciamo “l’hardware” tra virgolette, che nasce con gli umani che quando nascono sono provvisti di un cervello dentro il quale cervello ci sono cavi elettrici e interruttori, e allora va bene, così come esiste un sistema sanguigno, allo stesso modo, comunemente siamo avvezzi a pensare così, e va bene, però a questo punto se innato è solo questo rimane il fatto che tutto questo sistema deve essere informato, non in un modo qualunque, ma in un certo modo perché questo certo modo è quello che consente a queste informazioni, primo, di essere riconosciute come informazioni, secondo di essere processate come informazioni ,e terzo di potere costruire da queste informazioni processate altri dati che a loro volta saranno processati eccetera. La questione che hai posta tu è importante, l’accostamento del funzionamento di una macchina alla follia dell’innatismo; Turing ha parlato dell’addestramento delle macchine, praticamente ha parlato solo di quello, Turing dice in modo esplicito che la macchina si addestra esattamente come si addestra un umano, è la stessa cosa, e finché non si addestra, finché non gli si dice alla “testina” della macchina di Turing come deve muoversi, la “testina” non lo può fare da sé, questo movimento non è innato nella rotellina, non può decidere lei se spostarsi a sinistra a destra, o stare ferma. E poi, la questione della credenza: “p crede che q”, è applicabile anche a ciò che dice Fodor? Questo atteggiamento proposizionale è applicabile anche alla sua teoria? E ancora un altro problema: la distinzione fra credere e sapere…

Intervento: lui dice che questo contenuto degli stati mentali è in relazione a ciò che noi crediamo, a come noi crediamo che il mondo sia…

Quindi sta dicendo che lui sta credendo che il mondo sia in un certo modo?

Intervento: si però questo lo crediamo tutti allo stesso modo…

Ma questo non significa nulla…

Intervento: che è allo stesso modo allora vuol dire che il mondo è così non che si crede che è così.

Parlando di credenza ci si va a mettere nei guai, perché io credo che il mondo sia in un certo modo ma posso escludere allora che questa affermazione che dice “io credo che il mondo sia in un certo modo” a questo stesso credere? È soltanto credenza a questo punto, che comporta un altro problema ancora, cioè dare una definizione di “credenza” che non sia una credenza, parrebbe, se no io credo che la “credenza” sia quella cosa lì ma non lo so, non lo posso sapere in nessun modo. È un’ipotesi che non può essere verificata in nessun modo. È importante ogni volta che si afferma qualche cosa verificare due cose: primo se questa cosa che si dice è applicabile al suo stesso dire, secondo, costruire immediatamente una contro argomentazione, un contro esempio, trovare almeno un caso che non corrisponda a ciò che si sta dicendo. È un ottimo esercizio, giusto per non bersi qualunque cosa. A questo punto la tesi dell’innatismo offre il fianco a molte obiezioni, e occorre anche domandarsi che cosa si sta dicendo, se i termini che si usano, che intervengono in ciò che si dice hanno un significato necessario, vogliono dire necessariamente qualcosa, se mostrano uno stato di fatto e di cose oppure no, perché se non è così, allora tutto diventa molto più complicato ed è più difficile rispondere alla domanda “che cosa si sta dicendo esattamente?”. Costruire una teoria del linguaggio è stato costruire una teoria dei giochi linguistici, prendendo spunto da Wittgenstein ma andando oltre, sempre applicando le affermazioni che si producono come risultato alle affermazioni stesse, questo è importante.