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4-11-2009

 

Beatrice prima diceva una cosa che può essere di qualche interesse, vuole esporre lei?

Intervento: ieri sera notavo il modo in cui Faioni ha condotto il suo intervento, è andato abbastanza pesante, abbastanza, nel senso che mi sono chiesta ad un primo ascolto da parte di persone che non ci hanno mai sentito, per esempio quelle signore che continuavano a “ciacolare” su certe questioni che venivano dette, parlavano per conto loro forse un po’ scandalizzate …

Forse bisognava farle parlare …

Intervento: tanto non sarebbe cambiata la questione perché erano venute lì per sentire lodare la sofferenza e i mali del mondo e dei grandi valori … un effetto straniante, per quanto mi riguarda ho ascoltato in questo modo, parlare della depressione post partum e mostrare quali sono i tic che intervengono in una madre che è il più alto valore della società occidentale, spiegando minutamente perché avvengono certe questioni mi è sembrato che potesse essere straniante nei confronti di molte persone, d’altra parte mi è sembrato anche che la questione del linguaggio per esempio per quelle ragazze fosse abbastanza, avessero inteso in qualche modo, confusamente ciò che andiamo dicendo…una ragazza è intervenuta dicendo “ma allora l’espressione …” in qualche modo sembrava volesse dire “tu stai dicendo che il linguaggio costruisce qualsiasi cosa ma l’espressione?” in qualche modo confusamente a differenza delle signore che c’erano dall’altra parte, confusamente, ha inteso che quello che si stava dicendo andava contro ad un sapere conclamato e allora pensavo proprio cosa poter fare, perché quello che occorre fare in una conferenza è fermare l’attenzione sulle cose che a noi interessando, in fondo la psicanalisi così come è stata praticata e come viene praticata è di nessun interesse e non è questo che ci interessa, utilizziamo la psicanalisi per quello che ci può servire, ma è ormai sputtanata. Allora perché non intervenire noi dell’Associazione? mostrando che facciamo parte anche proprio dell’associazione anche facendo domande un po’ come avviene qui nel corso, intervenire per fissare quelli che sono i capisaldi che a noi interessa che passino quindi la questione del linguaggio … intervenendo proprio nei confronti di una cosa di questo genere come quella di ieri sera, chiedendo, un po’ sceneggiando chiedendo all’oratore in questo caso chiedendo o meglio dicendo “ma lei sta andando contro il luogo comune, per esempio, sta andando contro il sapere conclamato di tutta la civiltà occidentale, quasi scandalizzati … perché questa è una delle grandi obiezioni che il pubblico, lui per primo fa, perché se qualcosa intende, intende questo, se no ci dice “siete degli scellerati perché parlate male della mamma, piccolina che ha avuto il bimbo e non lo vuole più” “non si dicono queste cose” nel discorso occidentale è questo che avviene e allora proprio noi dal pubblico compiere queste operazioni di obiezione, le stesse obiezioni che le persone ci farebbero ma non fanno. Studiarle per bene le cose e dimostrare che quello che noi andiamo dicendo non l’ha detto mai nessuno riguardo al linguaggio perché nessuno ci è mai arrivato a una cosa di questo genere, nessuno si è messo lì a giocarci più di tanto, gli stessi Wittgenstein, Austin sono arrivati forse ad intendere ma non hanno saputo fare il passo che noi abbiamo fatto, quindi puntare tutto su quello che noi abbiamo fatto e di come questo che noi abbiamo fatto sia una rivoluzione senza pari del pensiero, la più grande “invenzione” che sia avvenuta da parte del pensiero a favore del pensiero, questo è quello che proprio con le nostre obiezioni, con le nostre domande, tirando fuori quelle che sono le obiezioni più stupide che le persone ci fanno, sono obiezioni del luogo comune, più comune …

Cosa ne dici Eleonora?

Intervento: beh non è male come idea, tentare di indirizzare il pensiero lì dove lo vogliamo fare andare …

Direi di dare voce a quelle obiezioni che le persone avvertono dentro di sé ma che non riescono, non possono, non sanno formulare …

Intervento: non c’è nessuno al mondo che immagini che un sistema linguistico costruisca la sofferenza, i valori, qualsiasi cosa al puro scopo di costruirli …

Intervento: ci ho pensato anch’io la prima cosa che ho pensato non è facile avere a che fare con una cosa di questo genere sapendo che … però fa parte anche questo del nostro gioco …

Intervento: pensavo proprio ad un esercizio per noi in prima istanza perché un’altra questione che mi pare degna di essere fatta è proprio di andare giù pesante come è andato giù lei ieri sera, tanto abbiamo visto che con la persuasione nessuno capisce niente o meglio non è che non capisca niente o meglio le persone immediatamente si chiedono perché? Qual è il nostro scopo? Qual è il nostro obiettivo? La “dissociazione” direbbe Perelman il modo perché il pensiero si fermi su alcune questioni …

Lo straniamento è un artificio retorico, costringere l’uditorio ad accostare a qualche cosa di assolutamente conosciuto e banale qualche cosa di invece assolutamente inatteso, questo è lo straniamento, ne parla anche Freud nel saggio “Lo straniante” …

Intervento: le persone devono assolutamente capire quello che c’è di assolutamente nuovo in quello che andiamo dicendo quindi bisogna trovare il “nuovo” anche, è questo lo straniamento perché se no non si intende …

Intervento: sul sapere del discorso occidentale per esempio che non ha mai saputo che esiste per via di un sistema linguistico …

Perché se qualcuno magari inizia a fare domande magari poi per identificazione anche altri prendono coraggio, soprattutto quando si da addosso a qualcuno, a me in questo caso, ci si coalizza sempre, ci si sente più forti …

Intervento: molte volte intendono molto confusamente che c’è qualcosa che va contro a ciò che loro sanno, qualcosa che comunque va contro al luogo comune più comune, d’altra parte questo accade anche in un’analisi, quando una persona accede ad un’analisi non è che sappia tutto quello che poi dopo tre o quattro anni comincia a sapere ci vuole un po’ di tempo prima che incominci a confutare il suo sapere, e quindi fissare l’attenzione su quelle cose che a noi interessa che si fermino, su quelle deve cadere la curiosità perché da quelle dipende il pensiero, l’agire del linguaggio, l’agire del proprio discorso …

Intervento: se mi dessero contro io sarei contenta perché vuol dire che avrebbero inteso la questione del linguaggio … non mi interessa mica di avere ragione sto giocando per fare in modo che delle persone intendano quello che noi vogliamo che passi …

A questo scopo potremmo incominciare anche qui a fare qualcosa del genere come avevamo fatto anche tanto tempo fa, esercizi retorici, in questo caso sì posso essere io a controargomentare. Elisa cosa sosterrà il 15 di dicembre?

Intervento:  sosterrò il fatto che il discorso isterico si basa su …

Perché lo chiama discorso anziché nevrosi come la chiamava Freud, se Freud l’ha chiamata nevrosi avrà avuto i suoi buoni motivi, quali sono i suoi buoni motivi per chiamarlo discorso?

Intervento: …

Dipende, uno può sapere che la nevrosi è un fatto linguistico e anche parlando di nevrosi comunque parla di linguaggio, perché escludere questa possibilità? Qualunque cosa può essere, dipende da ciò che lei intende, quindi?

Intervento: il discorso isterico, paranoico, ossessivo può venire smontato, falsificato …

Falsificato? Non è mica un teorema, interrogato semplicemente. Ma la questione del linguaggio cosa c’entra con il discorso isterico? È il modo in cui si enuncia la verità che definisce il discorso isterico, qualunque discorso a modo sua afferma la verità, non può non farlo perché è il linguaggio che lo costringe a farlo, però il modo in cui lo fa questo definisce i quattro discorsi della nosografia psicanalitica …

Intervento: e qual è il modo?

La seduzione è trarre a sé …

Intervento: …

Perché lei ci mette il sesso? Sì certo la verità; come sappiamo ciascun discorso è costretto dal fatto che è costituito dal linguaggio a mostrare, a esibire, e sostenere una verità, che sono di fatto le cose che lui pensa, che crede, però nel discorso isterico questa verità è posta in modo tale da non essere assunta, come per esempio nel discorso paranoico il quale è lui la verità, e come tale si impone su tutto il mondo e neanche come il discorso ossessivo che la cela, la nasconde, in modo che sia l’altro a dire per poi dire che non è così e quindi, come dire? Tenersi in un certo senso la facoltà di stabilire cosa è vero e cosa no, perché costringe l’altro a dire la verità, l’isteria la dice in un nano secondo, dopodiché dice in cuor suo “ma non è così, non è vero” mantiene comunque la facoltà di stabilire ciò che è vero e ciò che non lo è, e quindi a modo suo decide che cos’è la verità. Ecco, il discorso isterico questa verità non la trattiene né la incarna, la mostra, la mostra all’altro perché l’altro ci si attenga ma la mostra quindi non è lei l’isteria a detenere la verità, ma semplicemente la esibisce, la esibisce perché altri si adattino a questa verità dicendo come ci si deve muovere, come si deve pensare, come si deve fare, ma non perché lo dice lei, l’isteria, ma perché è così, lei si fa semplicemente portavoce di qualche cosa che è così e non può essere altrimenti, mentre il paranoico afferma “è così perché lo dico io”, l’isteria non dice mai così, “perché lo dico io” ma dice: “è così perché è così, perché si deve fare così” perché è così che si pensa, perché non c’è altro modo ma non si fa carico di questo, è un tramite, è un porta voce, è un porta parola, però anche l’isteria a modo suo deve sostenere qualcosa come qualunque discorso, gli umani non fanno altro che questo, che affermare delle verità, il modo in cui lo fanno determina la struttura del discorso in cui si trovano e per fare questo l’isteria, per mostrare questa verità, utilizza molto spesso il proprio corpo come uno strumento. Ai tempi di Charcot per esempio, ma anche dopo, le isteriche offrivano il loro corpo al chirurgo perché lo aprisse per vedere che cosa c’era dentro, è come se dicesse “ho un corpo ma non so che cosa farne” e quindi ci vuole qualcuno che sappia lui che cosa fare di questa cosa, questo corpo che spesso nell’isteria rappresenta la verità attraverso i suoi sintomi, attraverso le sue recitazioni, attraverso le sue manifestazioni, lo esibisce continuamente. Come abbiamo detto tante volte se all’interno di una sala una fanciulla arriva con un abito rosso con tacchi a spillo alti così e fa di tutto per essere notata ci sono ottime probabilità che si tratti di un discorso isterico, se ne vedete un’altra vestita in modo non appariscente che cammina rasente i muri potete essere quasi sicuri che si tratta di un discorso ossessivo, però detto questo occorre aggiungere un aspetto che ha spesso tratto in inganno. Soprattutto dopo Lacan molti psicanalisti avevano immaginato che il discorso isterico fosse il più vicino al discorso dell’analista proprio perché enunciando una verità che ignora, ricordate l’enunciato tipico del discorso isterico?

Intervento: io non so che tu sai che io so …

Esattamente, cioè l’altro sa che l’isteria sa ma lei non lo sa, e quindi questa verità è sempre altra in effetti, è sempre qualcosa che sfugge, che è inafferrabile, che non è mai situata da qualche parte. L’isteria chiede l’impossibile e l’analista glielo offre in un piatto d’argento, visto che è il suo mestiere, oppure ancora l’isteria gioca, gioca continuamente e questo recitare è un gioco continuo, non si prende mai sul serio, in effetti enuncia la verità ma senza crederci, a differenza del discorso paranoico. Nel discorso isterico la verità è sempre semovente, sempre da cercare e poi la seduzione che mette in atto effettivamente sortisce degli effetti, proprio per questo motivo, perché si mostra proprio in questa recita, diventando ciò che immagina che l’altro voglia che lei sia, naturalmente non è esattamente così, non fa quello che l’altro vuole, proprio per nulla anzi, semmai il contrario tant’è che se l’altro, il partner in quel caso crede di esserne padrone immediatamente gli fa capire che ha sbagliato tutto. Si diceva sempre negli anni ‘80 che l’isteria crea un dio per abbatterlo, gli fa credere di essere un dio ma appena l’altro ci crede lo butta giù, come dire: non devi pensare di esserlo perché sono io che ti ho messo lì e continui a esserlo finché io ti ci tengo in quella posizione. Il fatto di enunciare una verità che è sempre inafferrabile, semovente e quasi evanescente ha indotto alcuni, non ultimo Lacan a pensare che il discorso isterico fosse il più prossimo al discorso dell’analista dove in effetti la verità, sempre per lui, sempre per Lacan era una produzione del discorso, qualcosa che si produce come effetto, ma questa è un’altra questione. È del discorso isterico domandare sempre, ancora, ancora, cioè non si ferma mai, non basta mai, chiede sempre ma naturalmente chiede qualche cosa che non può essere soddisfatto perché qualunque cosa si risponda a questo ancora torna di nuovo all’ancora, come dire che non è mai quello, qualunque cosa gli si dia non è mai quello …

Intervento: è in uno spostamento continuo … teoricamente è alla ricerca della verità …

No, non ricerca la verità …

Intervento: questo rinvio all’infinito ancora, ancora, ancora …

È il desiderio nell’isteria che non trova mai la soddisfazione, che non è mai appagato …

Intervento: sì però cercando ovviamente cerca la verità …

Intervento: questo dipende perché l’isterico rimane sempre deluso …

È sempre deluso, se qualcuno cerca di rispondere al discorso isterico l’isteria è delusa perché non era quello, comunque non era quello. La questione della verità, sì certo il discorso isterico come qualunque si occupa della verità ma non è propriamente una ricerca della verità perché la verità è già data da qualche parte, solo che non è mai quella

Intervento: parte dal movimento, è il fare …

Sì anche se non è che si mostri esattamente come una ricerca della verità …

Intervento: è come se il suo compito fosse mantenere vivo il desiderio …

Sì, il desiderio non cessa mai ma è sempre di altro, sempre e comunque, non è mai soddisfatta da quello che le viene offerto qualunque cosa sia, è sempre desiderante da qui l’irrequietezza tipica del discorso isterico …

Intervento: la questione del mantenere vivo il desiderio ha a che fare con il timore che qualcosa possa annullare questo desiderio?

Intervento: Jones parla dell’assenza di desiderio il soggetto pare non desiderare più … come se fosse il terrore di perdere il desiderio questo rilanciarlo in qualche modo …

Intervento: l’isteria ha bisogno di movimento ma anche il discorso ossessivo ha dei problemi in qualche modo con il movimento nel senso che è sempre preso fra due fuochi, appunto in questo senso io lo mettevo in contrapposizione all’isteria …

L’isteria li spegne tutte e due e fa altro, per esempio, perché non può stare lì a perdere tempo …

Intervento: è come se la condensazione nel discorso ossessivo giocasse un ruolo più importante che nel discorso isterico …

No, direi l’isteria è in una condensazione, condensa tremila cose in una parola al punto che Freud diceva che nel caso in cui l’isteria si psicotizzi diventa discorso schizofrenico, dove appunto un singolo elemento ne significa tremila. Che cosa desidera un’isterica? Se lo chiedeva già Charcot, se lo è chiesto Freud, se lo chiedeva Lacan, se lo sono chiesti tutti che cosa desidera l’isteria. Quando si chiedevano “cosa vuole una donna?” si riferivano all’isteria. Qualcuno saprebbe rispondere a questa domanda?

Intervento: …

Sì, che qualcosa o più propriamente qualcuno che mantenga sempre vivo questo desiderio, lo rilanci continuamente …

Intervento: è la sua forma di potere …

È chiaro che è difficile che in una relazione, in un rapporto che il partner riesca a sostenere una cosa del genere a lungo, dopo un po’ cede, però è questo che chiede ininterrottamente, praticamente solo questo …

Intervento: c’è anche una forma di narcisismo, una donna isterica è una donna che cerca il potere ed è un potere che non è come quello maschile è un potere che ha a che fare appunto con l’essere al centro dell’attenzione nel gestire il potere, più che rappresentarlo …

Per esempio accade di sentire dire nel caso di un discorso isterico “lui è pazzo di me, ancora non lo sa, ma è pazzo di me” ora in questa formulazione è racchiusa buona parte di tutto ciò che è caratteristico di questa struttura di discorso e cioè una certezza assoluta sul fatto che l’altro comunque non possa non essere interessato, non è neanche pensabile, se non lo mostra è perché o non se n’è accorto o perché è timido o per qualche suo motivo ma sicuramente è così, non ha dubbi a questo riguardo. È totalmente differente dal discorso ossessivo che invece vive di questi dubbi: il “m’ama, non m’ama” non è del discorso isterico. Il discorso ossessivo invece non sa mai, anche se l’altro magari glielo dichiara in modo esplicito, dice “forse”, ma non è sicuro, magari glielo ha detto chissà per quale motivo, ma in realtà non è vero. Questo per dire che muove sempre da una verità che in qualche modo sa, sa che è così e non può essere che altrimenti che così, perché debba essere così naturalmente questo nessuno lo sa ma non è un problema per il discorso isterico, mentre lungo un itinerario analitico occorre che questa questione si ponga: da dove viene questa certezza, cosa che Elisa ha appena sfiora nel suo testo, dedica a questo tre parole …

Intervento: queste certezze derivano da delle fantasie …

Certo, non viene certo da considerazioni logiche; mentre nel discorso ossessivo la fantasia dominante è la fantasia di esclusione, di abbandono, nel discorso isterico è la fantasia di onnipotenza, che non deve imporre, badate bene, non deve imporla sull’altro, lascia libero l’altro, semplicemente mostra la verità. Per questo alcuni hanno accostato la figura di Gesù Cristo all’isteria mentre altri pensavano fosse paranoico, ma sono soltanto figure retoriche ovviamente. Gesù Cristo ha mostrato la verità “io vi dico la verità poi sta a voi” …

Intervento: …

Nel discorso paranoico la questione non è posta in questo modo “io dico la verità poi fate quello che volete” no, fate quello che voglio io, perché se le cose stanno come dico io voi non potete fare altrimenti, se no siete dei deficienti. L’isteria non impone questa verità, si arrabbia solo se si sente non al centro, oscurata, e allora fa una scenata tremendissima, invece il discorso paranoico deve imporre, non può non farlo, deve assolutamente costringere l’altro a piegarsi a quello che lui vuole, cosa che l’isteria non fa, non ne ha bisogno, lascia libero l’altro “Io sono la via, la verità, la vita” poi puoi fare quello che vuoi tu.

Abbiamo accennato a dei tratti folcloristici dei vari discorsi, mentre lo schizofrenico che fa? Non ne abbiamo mai parlato tanto …

Intervento: io so che tu sai che io so …

Sì, sono tutte affermazioni universali. Tecnicamente, se il discorso schizofrenico non è psicotizzano ovviamente, è quello più disposto ad affrontare la questione del linguaggio e di svolgerla in quanto non ha riferimenti, si muove in assoluta libertà, quella libertà che quando si trova psicotizzato diventa un marasma generale, però non è vincolato né costretto da alcun senso per cui come ho detto si trova in una posizione favorevole nell’analisi del linguaggio.