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4-6-2008

 

Eleonora, hai seguite tutte le cose che abbiamo dette in questi ultimi incontri, adesso poni delle obiezioni a tutto ciò che ho detto. Un’obiezione logica, un’obiezione retorica, un’obiezione psicanalitica, un’obiezione filosofica. Incominciamo così: io pongo delle obiezioni e tu confuti quello che dico, tutto ciò che ho detto in questi ultimi quattro o cinque incontri: tu affermi che le cose che diciamo sono al di qua della logica quindi come è possibile che tu utilizzi la logica per costruire qualche cosa se tutto ciò che riguarda il linguaggio, la sua struttura più propriamente è al di qua della logica, ma questo sarebbe ancora niente, la questione più complessa è questa: tu hai utilizzato la logica formale muovendo da assiomi, per esempio ho posto, se non vado errato, uno degli assiomi che afferma che qualsiasi cosa è un elemento linguistico, ora come possiamo stabilire che questo assioma è necessariamente vero? In base a quale criterio? Perché se non abbiamo un criterio per poterlo stabilire, un criterio logico, visto che hai usato la logica tutto ciò che avrai dedotto da questo assioma non sarà al pari dell’assioma né vero né falso? Se questo assioma da cui partiamo non è verificabile perché non abbiamo un criterio per verificarlo, un criterio logico, perché siamo al di qua della logica allora tutto ciò che verrà costruito a partire da questo assioma sarà al pari né vero né falso, cioè non sarà niente, non sarà possibile attribuire una semantica a tutto ciò che costruiremo quindi non sapremo mai se tutto quello che abbiamo detto è vero oppure no. È questa l’obiezione che adesso dovrai confutare.  Preferisci che io le faccia tutte quattro? Obiezione retorica: abbiamo detto che le parole non sono altro che posti vuoti, posti vuoti che quindi non hanno di per sé un significato, ma se fosse proprio così allora tutte quello che gli umani hanno detto, costruito che è stato utile per loro, per il loro agire, per il loro muoversi, hanno inventato un sacco di cose cose che prima non c’erano, come sarebbe possibile tutto questo utilizzando delle cose che non significano assolutamente niente? Girerebbero a vuoto, non sarebbe possibile costruire nulla su cose che non significano niente quindi qualcosa devono significare per forza; l’obiezione psicanalitica: tutto ciò che gli umani fanno, pensano, dicono non ha un motivo apparentemente reperibile, per esempio, il lapsus, una risata improvvisa, come è possibile risalire con certezza a quella che ne è stata la causa, o un ricordo? Cosa può dare la certezza di potere stabilire con sicurezza qual è una sequenza logica che ha condotto, visto che adesso parliamo di logica, che ha condotto a una conclusione del genere? Se la stessa persona non lo sa allora la si può inventare oppure come è molto più probabile esiste qualche cosa che sfugge al controllo della logica che non è né prevedibile né è possibile dargli un significato, è possibile intendere le connessioni, intendere perché una persona, per esempio, si trova in un certo stato d’animo, se si interroga può dirne qualcosa ma la causa, quella che tu stai cercando, la causa reale quella non la troveremo mai; obiezione filosofica: il linguaggio è qualcosa oppure non è niente? Se è qualcosa allora è, in prima istanza, prima ancora di essere linguaggio come dire che qui a questo punto se noi fossimo rigorosi dovremmo compiere una ricerca intorno all’essere perché se è l’essere ciò di cui il linguaggio partecipa, l’essere precede il linguaggio. Ecco, te le ho fatte molto brevi da quale preferisci incominciare? Devi spiegare a questi nostri amici perché tutte queste obiezioni sono delle sciocchezze …

Intervento: l’obiezione filosofica, se il linguaggio è qualcosa o è niente, quindi l’essere precede il linguaggio … c’è chi dice che l’essere fa essere il linguaggio, quindi se non fosse, che cos’è?

Sarebbe niente quindi non potremmo neanche occuparcene …

Intervento: riusciamo a porci questa domanda … si crea il concetto dell’essere, dell’esistenza in primis e poi di qualsiasi altra cosa …

Sì, questo utilizza il linguaggio come mezzo, come strumento in realtà …

Intervento: è la condizione perché l’essere esista in realtà …

Però tu hai detto che è la condizione per poterne parlare, che è diverso dal fatto che sia la condizione perché possa esistere. Il linguaggio è la condizione per parlare anche di questo accendino, non per questo il linguaggio procede dall’accendino …

Intervento: il linguaggio è la condizione della definizione e quindi anche della definizione dell’essere perché al di fuori del linguaggio non potremmo …

Verissimo, però questo non sposta la questione, ché è vero che è la condizione per definire l’essere quindi per la sua definizione ma non è la condizione dell’essere, a meno che lei intenda con essere la sua definizione, come dire che questo accendino è la sua definizione, vuole dire che io mi accendo la sigaretta con la definizione, le pare corretto?

Intervento: qualsiasi cosa o è all’interno del linguaggio oppure non è … non potremmo definirlo, non potremmo dirne nulla quindi non esisterebbe) quindi non avrebbe neanche l’essere? (non abbiamo la possibilità di metterci al di fuori per definire che cosa non sia linguaggio …

Però abbiamo detto che il linguaggio è qualcosa, se è qualcosa allora partecipa dell’essere …

Intervento: è qualcosa all’interno di una struttura che permette la costruzione di qualsiasi definizione, di qualsiasi pensiero …

Questo è ciò che andrebbe dimostrato …

Intervento: non vi è nulla che dall’esterno possa definire qualche cosa … non si può uscire dal linguaggio per definirlo, è un sistema chiuso …

È sicura che sia un sistema chiuso? E che non ci sia nulla al di fuori neanche l’essere? Come lo ha saputo?

Intervento: l’essere è un concetto …

A partire da qualcosa, se è un concetto è un concetto di qualcosa, non può essere un concetto di niente, quindi l’essere deve essere pure qualcosa …

Intervento: sì qualcosa che sta dentro il linguaggio, esiste perché c’è qualcosa che lo definisce non esiste in natura …

Questo è ancora un altro problema che sorge al momento in cui vorremmo rappresentare qualcosa, però se non abbiamo questa esigenza e si considera l’essere come ciò che vi è di più essenziale, ciò che è necessario che sia una qualche cosa, parrebbe che comunque anche il linguaggio debba possedere qualche cosa, se è qualche cosa deve essere quanto meno se stesso, deve essere, ma questo essere è copula o è qualche cosa al di fuori di questo?

Intervento: è una regola di funzionamento non è una definizione, qualche cosa di a se stante …una cosa è un elemento linguistico oppure non è niente, è indescrivibile … se io mi pongo questa domanda è perché c’è questa struttura … il linguaggio pone in atto questa mia … non come uno strumento ma pone in atto …

Questa è un’altra questione che è proprio quella che dobbiamo dimostrare, che sia il linguaggio a produrre l’essere e insieme con questo qualunque altra cosa …

Intervento: non potrei pormi neanche questa domanda che esista l’essere …

Neanche se l’essere sia? Perché se l’essere non ci fosse lei non sarebbe, in quanto essere, non sarebbe, e in questo caso non ci sarebbe neanche il linguaggio …

Intervento: se non ci fosse il linguaggio non ci sarebbe nulla a quel punto lì …

E se non ci fosse l’essere, se non c’è l’essere non c’è nulla fuori dall’essere, cosa c’è? Nulla. Qual è il contrario di essere?

Intervento: è una definizione …

Anche il linguaggio, e l’essere gli permette di esistere e di conseguenza di elaborare la questione …

Intervento: se non c’è la struttura …

L’essere utilizza il linguaggio, per esempio per definirsi, ma non per esistere …

Intervento: non è dimostrabile io posso dimostrare che qualsiasi cosa è un elemento linguistico in quanto posso aggiungere qualsiasi cosa necessariamente utilizzo il linguaggio, utilizzo? È il linguaggio stesso che formula queste domande …

Sandro?

Intervento: mi veniva in mente che la questione si riduca a questo all’impossibilità di uscire dal linguaggio quindi porre l’essere fuori dal linguaggio è un’operazione che il linguaggio consente la questione fondamentale è che è una proposizione non verificabile, non provabile non posso trovare nessun altro criterio di prova che possa in qualche modo essere chiamato tale … l’essere porta l’interrogazione sull’esistenza quindi sul che cos’è l’esistenza? Dal momento in cui è impossibile uscire dal linguaggio è con questo che devi fare i conti … fuori dal linguaggio possiamo dire qualunque cosa ma questo non è verificabile quindi qualunque criterio di verifica è stabilito dal linguaggio quindi non esiste proprio … fuori dal linguaggio non ha possibilità di senso perché il senso è qualcosa che attiene al funzionamento del linguaggio …

Intervento: sì anche la questione della dimostrazione, noi cerchiamo una dimostrazione dell’essere che per la filosofia è la questione fondante di qualsiasi altra cosa, però il linguaggio permette di costruire e richiederci di costruire anche la dimostrazione perché il linguaggio sulle cose assolutamente necessarie vuole così come fa la logica, vuole una dimostrazione ma quando avremmo compiuto … ricordo che nella Seconda Sofistica è stata costruita la prova dell’esistenza di dio da cui discende l’esistenza, ma quando avremmo costruito una dimostrazione cosa avremmo fatto? Avremo costruito una sequenza di elementi linguistici che confermano quello che noi avevamo in animo di dimostrare quindi una proposizione contraddittoria … per esempio dio, l’esistenza o la naturalità delle cose per dire che il linguaggio può costruire anche una dimostrazione ma questa dimostrazione che cos’è? È una stringa di elementi per cui …

E l’obiezione logica? Questa è una bella obiezione, ché si pone come assioma ciò che di per sé non è provabile perché non esiste un concetto di prova adeguato, tutto ciò che è costruito su questo assioma significa poco e quindi?

Intervento: non ricordo più l’obiezione

Qualsiasi cosa è un elemento linguistico questo è l’assioma, e un assioma proprio nella logica formale occorre che sia vero per potere costruire sequenze che concludano con una proposizione valida cioè con un teorema quindi vera, se questo assioma non è vero nel senso che non c’è un criterio per potere stabilire che lo sia diventa tutto molto complicato …

Intervento: gli assiomi sono assunti come indimostrabili …

Ma sono veri, esiste un criterio, esiste una sintassi che decide per esempio se questo assioma “se A allora se B allora A” è vero oppure è falso in base alle funzioni di verità di A e di B, sto parlando della logica formale visto che è stata utilizzata recentemente proprio per porre una possibile dimostrazione, ma proprio la logica formale ci dice, ci obbliga ad assumere assiomi che siano necessariamente veri se no non possiamo costruire nulla …

Intervento: quindi qual era l’obiezione?

Tutto ciò che è costruito da questo assioma che dice che qualsiasi cosa è un elemento linguistico non significa niente perché questo assioma non ha un criterio di verità adeguato …

Intervento: una volta si parlava di costrizione logica … si diceva che non è dimostrabile …

Per il momento ci basterebbe sapere se è vero …

Intervento: per essere vero deve essere qualche cosa passibile di dimostrazione …

Ma non è dimostrabile quindi questo assioma non è vero …

Intervento: è ovvio che anche questa proposizione “qualsiasi cosa è un elemento linguistico” è una produzione di un sistema linguistico quindi in quanto produzione di un sistema linguistico è arbitraria ma noi la poniamo come necessaria per la costruzione di qualsiasi cosa, è una costrizione logica perché la sua contraria al momento in cui viene utilizzata produce una contraddizione …

Intervento: gli assiomi sono proposizioni da cui parte tutta una teoria … rispetto alla definizione classica di assioma è diverso …

Sì e no perché anche nella logica formale parti da assiomi e giungi a un teorema, ora se il calcolo è stato condotto in modo corretto questo teorema sarà necessariamente vero, questo teorema può essere utilizzato a sua volta visto che abbiamo stabilito che è necessariamente vero come un assioma, questo nessuno ci vieta di farlo anzi nella logica si fa correntemente però occorre che sia necessariamente vero, come un teorema, quindi vuoi che lo poniamo come assioma, se vuoi che lo poniamo come teorema occorre che sia vero, ora una dimostrazione non è altro che un criterio, in questo caso particolare nella logica formale una sintassi, che ci consenta di giungere da un elemento a quell’altro mantenendone la verità ovviamente. Anche un assioma necessita di un criterio per stabilire che è vero, prendi se A allora se B allora A …

Intervento:…

Ci sono le tavole di verità. Ecco, ci sarebbero addirittura altre due obiezioni sulla retorica: come è possibile giungere da cose che non significano niente, vuote, a costruire tutto ciò che gli umani hanno costruito, che vuote non appaiono di sicuro anzi, tutto quello che fanno, che hanno pensato, che hanno detto, che hanno costruito, che hanno distrutto, tutto quanto con cose vuote che non significano niente …

Intervento:...

Parla di senso e di significato sovrapponendoli con allegria …

Intervento: un significato nel contesto in cui sono stati elaborati …

Ma è proprio questo preciso significato che crea qualche problema, come fanno a avere un preciso significato?

Intervento: può esserci qualcuno che ha dato un significato, come Kripke …

Questo non è garanzia di niente, taluni hanno accolta questa risposta e tali altri no e fra gli altri ci sono anch’io, ma dicevo questi simboli sono vuoti, non hanno nessun significato così come le sequenze logiche della logica formale, l’unico significato che hanno è questo: vero o falso, non ce ne sono altri, ora in base a questo semplicemente, che sia stato costruito tutto quanto se sono simboli vuoti come una A nel senso che dentro è possibile metterci qualsiasi cosa e il suo contrario in teoria …

Intervento: importante è che siano risultati veri in quella proposizione formulata in quel momento il vero e il falso sono contestuali a seconda …

Nella logica formale no, però un bravo retore può utilizzare anche la logica se vuole, non è proibito

Intervento:  lei vuole dire che dei posti vuoti ad un certo momento hanno cominciato a funzionare costruendo giochi, giochi linguisti all’interno dei quali lo stesso lavoro avveniva e cioè delle porte aperte e porte chiuse hanno permesso ciò che chiamiamo inferenza e quindi la costruzione che utilizziamo parlando per cui all’interno di un certo contesto quindi di un certo gioco è vera quella conclusione partendo dalla premesse del gioco ma il fatto è che tutto avviene, è avvenuto partendo da degli elementi vuoti e soltanto la combinazione di vero o falso, porte che si aprono e porte che si chiudono ci danno la possibilità di dire e quindi cioè le scatole vuote hanno creato tutto quello che noi utilizziamo ma permangono simboli vuoti …

Che dei simboli vuoti che si seguono tra loro possono rendere conto della complessità del pensiero degli umani?

Intervento:  sì, sto dicendo questo …

Bene, volevo sincerarmene …

Intervento: i connettivi … i simboli vuoti cominciano ad avere un senso al momento in cui entrano in relazione … occorre una sintassi perché possa esserci una semantica …

L’obiezione psicanalitica, la quale psicanalisi almeno secondo Freud, la psicanalisi dunque comporta a un certo punto nella sua elaborazione quello che lo stesso Freud ha chiamato l’ombelico del sogno, un punto oltre il quale non è possibile andare non è possibile andare con l’interpretazione, non è possibile individuare in modo definitivo e certo qualcosa che altri hanno chiamato l’enigma, qualcosa che rimane in ciascun atto psichico, che permane e che da lì annoda altri atti psichici secondo una sorta di casualità per un verso, per l’altro no, non è del tutto casuale nel senso che questo ombelico del sogno comunque appartiene ad un atto psichico quindi ne è debitore. Questo approccio sembrava mostrare la possibilità di svolgere qualsiasi cosa molto oltre qualunque ombelico del sogno come dire che se c’è questo ombelico del sogno c’è un punto oltre il quale l’interpretazione gira a vuoto, mentre sembra che Eleonora avesse sostenuto che invece non esiste nessun ombelico del sogno, nessun punto oltre il quale non è possibile andare, se non uno solo che non ha nulla a che fare con l’ombelico del sogno e che rappresenta l’uscita da questa struttura che chiamiamo linguaggio, solo questo non è consentito, non è consentito al linguaggio stesso perché come ci diceva Eleonora qualunque tentativo di uscirne lo prevede e la presenza di questo punto non ulteriormente interpretabile rende conto del fatto che effettivamente le persone non si rendono conto in moltissimi casi del perché si trovano a pensare una certa cosa, perché si trovano a fare una certa altra e il motivo, per esempio, del perché interviene un atto mancato, un lapsus, la persona può dirne di cose, così come un sogno può interpretarlo, una persona lo interpreta e bell’e fatto, però questa interpretazione non è altro che un altro racconto, non dice esattamente che cosa è stato il sogno, il sogno rimane inaccessibile, ecco l’enigma che permane, cos’hai da dire contro di questo? È un po’ la questione posta dall’ermeneutica anche se in termini leggermente differenti, quando si interpreta un testo anziché un sogno, in questo caso può essere un testo ora l’interpretazione del testo, l’interpretazione, badate bene che può essere anche una banalissima lettura del testo, coglie quello che c’è nel testo? Oppure è un racconto a fianco del testo? Nel senso che questo testo rimarrà sempre inaccessibile, ciascuno lo legge e lo interpreta come gli pare, quale è l’interpretazione corretta? Nessuna. A questo punto allora viene da chiedersi: ma il testo c’è in quanto tale? E se ci fosse sarebbe coglibile e individuabile? È come se il testo in realtà non ci fosse, fosse un pre-testo come si divertivano a scrivere i francesi, di questo sogno, testo, rimane una sorta di enigma, di buco vuoto che però consente il discorso, consente la costruzione, consente la parola. È un discorso a fianco, però anche nel sogno tu racconti il sogno, ma racconti che cosa esattamente? Non è il sogno, quelle scene sono un’altra cosa da ciò che tu racconti, sono un altro testo, sono due testi, c’è il sogno e c’è il tuo racconto …

Intervento: oppure esiste il sogno in sé …

Appunto, è un problema, è un problema ermeneutico e l’ermeneutica l’aveva risolto dicendo che il testo in quanto tale non c’è, c’è ciò che se ne dice cioè c’è il racconto del testo ma il testo non c’è, che è ciò che esattamente diceva Lacan per esempio e Verdiglione dopo di lui: il sogno in quanto tale non c’è, c’è il racconto del sogno ma il sogno non c’è, non c’è perché non se ne può dire niente del sogno, si può fare un racconto ma questo racconto rimane radicalmente altro dal sogno oppure dal testo, a seconda dei casi …

Intervento: e così questo conferma che le parole sono posti vuoti?

No, non conferma che non tutto è linguaggio …

Intervento: come è possibile?

È possibile perché questo elemento, per esempio il testo che è al centro e che produce linguaggio, che consente la produzione di linguaggio di per sé non essendo individuabile non è neanche linguaggio perché per potere dire che è linguaggio occorrerebbe definirlo e una volta definito dice: sì è linguaggio, oppure è un’altra cosa, per questo parlavo di enigma, qualcosa che non cade sotto i sensi per così dire né è individuabile, né circoscrivibile, né definibile in nessun modo …

Intervento: non è definibile, allora il linguaggio non è niente?

È qualche cosa perché tuttavia consente, per esempio, l’interpretazione, consente altri racconti, consente di parlare, consente un sacco di cose pur non essendo definibile …

Intervento: io posso fare il racconto di ciò che io chiamo sogno, così come di ciò che io chiamo ricordo … sto dicendo che ciascuna volta che parliamo che raccontiamo, in questo caso, ciò che chiamiamo sogno oppure ciò che chiamiamo ricordo, oppure ciò che chiamiamo testo io sto facendo un racconto ciascuna volta di qualcosa che io chiamo in un certo modo …

Sì, può chiamarlo anche Giuseppino, in ogni caso questo testo che abbiamo chiamato Giuseppino per potere esistere esisterà soltanto attraverso l’interpretazione ma questa cosa che chiamo Giuseppino è indefinibile, non c’è …

Intervento: ma anche ciò che io chiamo prima è indefinibile “prima mi è successa una certa cosa”

Sì, trentasette minuti fa per esempio, è definito, è definito in un lasso di tempo preciso …

Intervento: scusi se non ci fosse un prima che è indefinibile e un poi dopo non potrei fare il racconto del sogno, così come non potrei raccontare un racconto di un testo di prima, che ho letto dieci minuti fa … cioè non potrei produrre linguaggio questo sto dicendo) (però forse la questione era …

Intervento: è indefinibile … è ovvio che è indefinibile qualsiasi cosa che io mi trovi a cercare di descrivere, per esempio, posso descriverla perché così come funziona la struttura del discorso occidentale c’è un prima e c’è un dopo e quindi io posso descrivere qualcosa che non è più definibile cioè non c’è più qui perché ne sto parlando adesso, questa cosa che sto descrivendo, per esempio, è qualche cosa che non c’è più, che non ha esistenza se non al momento in cui io ne parlo ed è una esistenza linguistica non ontologica …