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4-5-2004

 

Mancano tre settimane e mi devo preparare per la conferenza sul terrore, al San Filippo, come la immaginate questa conferenza?

Intervento: puntare sul fondamento del nostro discorso come non può essere diversamente la questione

Sì però c’è un titolo a cui dobbiamo attenerci, come partirebbe? Partirebbe dalla teoria del linguaggio per dimostrare come ignorando questa struttura del linguaggio si arriva al terrore oppure si parte dal terrore e si dimostra…

Intervento:…

Partire dalla struttura del linguaggio, perché si può fare questo oppure il contrario. Quindi voi dite di partire dal linguaggio…

Intervento: in termini molto semplici, più semplici possibili

Sarà mia cura…

Intervento: è proprio l’utilizzo puro e semplice del linguaggio quello che conduce alla costruzione, in una escalation che parte dalla semplice fobia, da un controllo su elementi, per arrivare al terrore, l’esasperazione della paura in una descrizione che mira alla festa. L’impero dei sensi. Terrore una descrizione dell’arresto della parola. Il ripetersi di una sola proposizione.

Partire dal linguaggio e arrivare al terrore per tornare al linguaggio, è questo che farò in modo semplice. So che non è facile, però possono farsi delle considerazioni molto semplici, visto che per sapere qualunque cosa occorre il linguaggio, per potere trarre qualunque conclusione e tutto ciò che so e che vengo a sapere si avvale del linguaggio, senza il linguaggio non posso sapere niente, perché non posso trarre nessuna conclusione, è ovvio che dovremo dire che cosa intendiamo con linguaggio, ché se no tutte le persone che saranno lì penseranno al linguaggio come chiacchierare con gli amici al bar della partita mentre non è esattamente questo che intendiamo. Possiamo porre il linguaggio nella accezione più antica, più classica del termine, e cioè come un insieme di elementi che sono quelli che ciascuno utilizza per pensare, pensare qualunque cosa, in modo in cui ne parlano i linguisti, ne parlano i filosofi, il modo in cui già Aristotele ne parlava cioè come una struttura che è fatta in un certo modo, e che è quella come vi dicevo che consente di parlare, una struttura molto semplice ma senza la quale non è possibile parlare e quindi non è possibile pensare, quindi non è possibile trarre nessuna conclusione. Il sapere è fatto di proposizioni che giungono a delle conclusioni, se non è possibile giungere a delle conclusioni non posso pensare, quindi non posso sapere. Se è soltanto il linguaggio che consente di organizzare delle cose in modo tale che possiamo dirle, pensarle, concluderle e quindi saperle e prendere delle decisioni ovviamente si tratta di verificare se è soltanto questa struttura che consente di compiere queste operazioni oppure c’è dell’altro, è ovvio che qui possiamo utilizzare degli artifici retorici, per esempio invitando a considerare che se come banalmente ciascuno può considerare è il linguaggio che consente attraverso vari passaggi di trarre delle conclusioni e quindi di venire a sapere delle cose, per potere soprattutto sapere se sono vere oppure no e quindi muoversi di conseguenza, allora è evidente che per ciascuno sarà evidente che in assenza di linguaggio non sarà possibile trarre nessuna conclusione, quindi non è possibile pensare, quindi non è possibile sapere nulla, così allo stesso modo anche la questione dell’esperienza, che è assolutamente banale: perché se io ho esperienza di qualche cosa occorre che questa esperienza sia organizzata in un certo modo perché possa utilizzarla, se non è organizzata in nessun modo non è neanche esperienza, non è niente, e ciò che organizza tutto questo è il linguaggio, la sua struttura, questo sistema inferenziale, e quindi non c’è esperienza senza linguaggio perché non saprei cosa farmene, come utilizzarla perché non avrei modo di utilizzarla e quindi metterla a frutto, e lungo questa via mostrare che qualunque considerazione che affermi che qualche cosa è fuori dal linguaggio urta contro il buon senso, poiché soltanto se esiste il linguaggio e cioè questo sistema che mi consente di organizzare dei pensieri per giungere a una conclusione, soltanto se c’è il linguaggio allora posso affermare che qualche cosa è fuori dal linguaggio. perché per potere affermare questo io ho bisogno di fare delle considerazioni, per quanto stupide siano, devo farle, e chi mi consente di fare queste operazioni se non questa struttura che è fatta apposta per compiere questa operazione, ecco che posso affermare che qualcosa è fuori dal linguaggio se e soltanto se c’è il linguaggio, questa questione ha delle implicazioni? Sì che ne ha, perché se non ci fosse il linguaggio io non potrei neanche pormi la questione se “qualcosa è fuori dal linguaggio” ora naturalmente posso, ingenuamente, dire: “comunque qualcosa è fuori dal linguaggio” posso dire qualunque cosa mi piaccia, ma ciò che affermo in questo caso comporta dei risvolti, primo fra tutti che non posso dimostrare ciò che sto affermando, questione non del tutto marginale, secondo per affermare una cosa del genere, non potendola provare ho bisogno della fede, cioè di credere che sia così. A questo punto però posso credere indipendentemente qualunque cosa e il suo contrario, e a questo punto perché non credere che invece qualunque cosa è nel linguaggio? Visto che valgono la stessa cosa. Ora considerata la priorità del linguaggio, non per un ghiribizzo come abbiamo detto, ma per una costrizione logica, anche perché è sempre il linguaggio che ci consente di costruire dei criteri tali per cui possiamo dire che una cosa è vera e quindi la crediamo oppure è falsa e pertanto la abbandoneremo, ma se io ignoro tutto questo allora, le cose non essendo più nel linguaggio quindi non avendo come referente altri elementi che appartengono al linguaggio, ciascuno è costretto a trovarli altrove o più propriamente a inventarsi un altro luogo da dove vengono, e questo sì, ha delle conseguenze notevoli, una volta che credo che qualcosa non appartenga al linguaggio e quindi non abbia come referente altri elementi linguistici, quindi sempre nel linguaggio, allora ciò che accade ha una vita propria, vive da sé e abbiamo visto che una cosa del genere posso solo crederla ma non posso provarla, posso avere fiducia che sia così perché qualcuno me lo ha detto, ché sono abituato a pensare in un certo modo, ma se penso in questo modo allora cercherò la causa di qualcosa che magari mi riguarda altrove, la causa di un disagio, per esempio, di un banalissimo disagio in cui mi trovo la cercherò altrove perché sarò costretto a farlo, perché o nel linguaggio oppure è fuori, se è fuori dal linguaggio allora è altrove, magari è qualcuno, e a questo punto avvengono due cose, la prima è che di questa cosa avrò paura perché non la gestisco, è fuori dal mio controllo, non è più nel linguaggio, ma essendo fuori diventa una minaccia, mi terrorizza e quindi reagisco nel modo più consono in questo caso e cioè eliminando la minaccia, fisicamente che è sempre il sistema più sicuro. È ovvio che funzionando gli umani da quando c’è traccia di loro in questa maniera, si sono accorti che si può utilizzare una cosa del genere, ciascuno è spaventato, è necessariamente spaventato dal fatto di trovarsi di fronte a cose che non sa né può sapere da dove vengono, e allora si inventa le cose più strampalate. Quale arma migliore per fare muovere le persone nel modo in cui io voglio che si muovano? Continuando a minacciarle, e posso farlo perché credono che qualcosa venga dal di fuori della parola, se costoro potessero sapere e sapessero che invece ciascun atto è un atto linguistico e cioè è costruito tramite questo sistema che chiamiamo linguaggio, perché dovrebbero credere le cose che io vado raccontando? Dovrebbero legittimamente chiedermi conto, ragione di quello che affermo, dovrebbero chiedermi, e lo farebbero, di provare quello che affermo e allora se posso provarlo, se posso provare che ciò che affermo è necessario, mostrando la necessità come qualcosa di assolutamente costrittivo, logicamente costrittivo allora e solo in questo caso mi darebbero ragione, in caso contrario prenderebbero quello che io affermo come qualcosa che di totalmente e assolutamente arbitrario, e quindi come una affermazione estetica che non necessita di essere creduta, né di essere sottoposta a un criterio verofunzionale, a me piace Bach e a un altro piace Mozart, è vero che è meglio Bach di Mozart? Non è prevista una cosa del genere, non è previsto che possa essere sottoposta a un criterio vero funzionale perché non c’è nessun parametro che possa soddisfare alla bisogna e quindi rimane una questione estetica. Ora, se è possibile considerare il linguaggio, imparare come funziona il linguaggio, accorgersi che è il linguaggio che muove qualunque cosa perché è lui stesso che fornisce i criteri per sapere se è così oppure no, allora in questo caso la gente cesserebbe di essere terrorizzata perché non avrebbe più bisogno di esserlo. Grosso modo è questa la traccia…

Intervento: mi ha colpito dell’atto di fede… lei diceva se posso porre qualcosa come atto di fede posso porre qualsiasi cosa, posso credere in qualsiasi cosa e perché no? Nel linguaggio? perché non posso fare questo? ma questo non avviene, qui c’è in gioco la responsabilità suppongo

Sì, ad un certo punto sì, però gioca soprattutto una questione retorica, come tempo fa in qualche conferenza chiedevo a qualcuno: perché crede in dio anziché in paperino? Che differenza fa? Se sono la stessa cosa allora credo in paperino, e invece no, in paperino non ci credo e allora suppone che dio sia più vero di paperino e allora in questo caso dovrebbe dirci perché. Poi certo dopo si pone la questione della responsabilità, se c’è qualcuno che governa il tutto sono affari suoi, io me ne lavo le mani…

Intervento: è quello che avviene

Esattamente, sì? Diceva?

Intervento: non viene assunto questo come atto di fede

Non è né meglio né peggio di qualunque altro…

Intervento: invece da questo tutti fuggono cioè sembra quasi il terrore di trovarsi in una struttura linguistica o si pensa che le ideologie siano qualcosa di più grande che l’uomo stesso e appunto fuori da una struttura e può sembrare che sono cose che contribuiscono a fare grande l’uomo questa aspirazione cui l’uomo tende ecco che questi atti di fede l’uomo raggiungendoli si senta realizzato, si senta in possesso di una verità… invece se l’uomo ricerca dentro se stesso cioè una fede dentro se stesso a livello di fede ecco che qui non è più bastante suppongo indipendentemente da ciò che crea responsabilità, qualcosa da poco l’uomo attratto da questi grandi ideali, aspirazioni sembrerebbe quasi un pensare terra a terra tutto ciò che esiste io pongo in atto ecco che questa repulsione tutto sommato per alcuni ci sia anche questo aspetto… i grandi ideali e l’uomo non degno di sapere certe cose…io sono qui però io sono grande quando riuscirò ad intendere certe cose…

Intervento: e così continua a costruire tutte le proposizioni che vuole anche compiendo un atto di fede cioè dicendo qualsiasi cosa è linguaggio alla fine ha dimostrato il suo sapere ma non sa aggiungere una parola perché l’atto di fede presuppone l’immobilità, il sapere a quel punto non è saper pensare ma sapere come stanno le cose che sono parole… perché laddove io possa credere cioè accogliere questo atto di fede che qualsiasi cosa è un gioco linguistico a quel punto tutto ciò che ho utilizzato dai grandi sentimenti, ai grandi ideali, a dio e alla famiglia non mi servono più per continuare a parlare quindi a produrre delle proposizioni vere, posso continuare soltanto a utilizzare come quando parlo di dio dicendo tanto dio è là, quindi non c’è un utilizzo laddove non si intende che posso agirlo il linguaggio e quindi costruire delle proposizioni vere ma tendendo conto di come io linguaggio mi muovo nella struttura linguistica e quindi a questo punto è implicita la proposizione che non credo più ma che mi muove è implicita nella sua struttura che qualsiasi cosa è un gioco linguistico, proprio questa proposizione mi muove a trovare delle proposizioni necessarie . Quindi l’atto di fede se è atto di fede è un qualcosa che da affrontare come la vecchia struttura di pensiero, nel senso che dà le cose come acquisite e delle quali io non ho responsabilità… è il mondo esterno tutto sommato, ma quello che ha inventato Faioni questo marchingegno che è una costrizione logica ho l’obiettivo pensiero, una produzione di proposizioni che devono concludere con la stessa necessità della premessa

Sì, ciò che diceva Cesare è ciò che comunemente si chiama dare un senso alla propria vita, un senso che sia importante, nobile, grande etc. però non c’è ragione a questo punto, perché dare un senso che è assolutamente fantastico, anziché uno che è invece totalmente concreto, provabile, che ha una sua dignità, sicuramente maggiore di qualunque altro senso fantastico io possa inventarmi? Questo non lo invento, lo constato, lo rilevo logicamente, è molto più nobile, più degno di una qualunque fantasticheria, squinternata e bizzarra…

Intervento: è per questo che questo discorso non si può accettare come atto di fede se non si intende il funzionamento… come siamo fatti è il linguaggio che ci pone in atto non è una figura talmente forte alla quale aspirare

Sì, dovremo porla noi in modo così forte, però c’è qualche cosa che a vostro parere è preferibile articolare in modo più attento e preciso?

Intervento: le implicazioni, le implicazioni vorrebbero significare la speranza che può avere un discorso come il nostro, per chi lo pratichi chiaramente, dove si possa intendere che il terrore è un gioco linguistico fra gli altri che si utilizza all’uopo

Porre una questione del genere: o si vive nel linguaggio o si vive nel terrore, porla in termini precisi, il fatto che non c’è alternativa o si agisce il linguaggio o si è nel terrore di qualunque cosa…

Intervento: si accolgono quelli che sono i luoghi comuni più comuni che fanno comodo a chi ha “voce in capitolo” per cui ci si ritrova ad assumere i luoghi comuni che vanno di moda in quel momento, quelli che sono utili al tal governo cioè alla tal struttura dominante per cui se ci sono degli obiettivi come la globalizzazione occorre che avvengano certi passaggi e quindi se c’è bisogno del terrore per cui le persone devono andare in una certa direzione li si fa andare, se c’è bisogno della tal carneficina si agisce, con il terrore si portano le persone a fare quello che si vuole

Intervento: quindi questa strumentalizzazione che avviene da parte del linguaggio ad opera del linguaggio che non sa di potersi agire che non sa di potersi trovare responsabile di ciò che va facendo

Un altro aspetto che occorrerà sottolineare è quello che riguarda il gioco linguistico, porre la guerra, un attentato, come giochi linguistici che possono essere compiuti a condizione di non sapere che si tratta di giochi linguistici, e cioè che le cose in cui io credo di fatto sono giochi linguistici, se non so questo allora diventano delle verità extralinguistiche e come tali costrittive, terrorizzanti, spaventose e soprattutto cessando di essere un gioco, diventano un obbligo morale. Diventa un obbligo se io credo in Allah e quindi credo che tutti quelli che non credono in Allah sono degli infedeli degni di morire, diventa un obbligo per me ucciderli, è inevitabile, ma conoscendo i giochi linguistici, sapendo che qualunque cosa venga affermata è totalmente arbitraria e quindi regolata da regole di un gioco linguistico che ha come referente altri elementi linguistici, allora nulla mi costringe a credere che Allah sia quello che credo che sia, e pertanto, nulla mi costringe a uccidere chi non crede in Allah per esempio, ma se non so nulla dei giochi linguistici allora immagino che avere del potere sia effettivamente l’unica cosa che merita di essere vissuta, avere il potere economico, se io credo fermamente una cosa del genere allora mi impegnerò a trarre il maggior profitto da qualunque cosa a scapito di chiunque altro, e allora inventerò una serie di cose di cui gli umani, per esempio, hanno paura, per costringerli a comperare quello che io vendo e loro lo compreranno perché sono retti e funzionano esattamente come me, con la stessa struttura, una struttura fatta di terrore e funziona sia per chi lo pratica sia per chi lo subisce. Tutto questo non avrebbe alcun senso se una persona che desidera avere un potere infinito si rendesse conto che questa ambizione che lo muove è un gioco linguistico che segue certe regole, che in realtà tutto ciò che otterrà saranno elementi linguistici e non potranno essere altro che questi. Allora sicuramente si muoverà in altro modo da quello in cui si muove se invece è fermamente e incrollabilmente convinto che avere più potere al mondo di chiunque altro sia la condizione per essere felice. E così in qualunque altro ambito, soprattutto nel caso in cui ciascuno potesse avere accesso al funzionamento del linguaggio e alla sua struttura non cederebbe più a nessun ricatto, di nessun tipo, e pertanto non sarebbe terrorizzabile, quindi gestibile, con tutto ciò che questo comporta. A vostro parere poste le questioni in questi termini grosso modo sono abbastanza abbordabili o sono straordinariamente complicate? Mantenere il terrore è la condizione per potere mantenere il potere, che sia religioso, politico o economico, morale, in ciascun caso è sempre retto dal terrore “se pecchi vai all’inferno!” “se non liberi i nostri fedayn uccidiamo gli ostaggi, se non cessate di occupare l’Iraq noi distruggeremo il vostro paese” e dall’altra parte “se continuate a fare attentati noi vi distruggeremo tutti quanti”…

Intervento: si va avanti a ricatti

Che trovano un facile terreno, perché ciascuno è addestrato a pensare in base al terrore che pone in atto quando può, e subisce quando gli capita. Apprendere il funzionamento del linguaggio, cominciare a praticarlo, ad agirlo compie una sorta di miracolo, cioè toglie la possibilità e la ricattabilità delle persone, che non sono più ricattabili in nessun modo, non è più possibile persuaderle, questa è la questione fondamentale. Altro che a vostro parere è il caso di dire?

Intervento: mostrare come la conclusione muova a compiere delle azioni

Certo, ciascuno farà, si muoverà in base a ciò che crede, non c’è nessun’altra considerazione se non le cose che si credono essere vere, tant’è che se le si crede false, non ci si muove in quella direzione…

Intervento: l’azione, nel caso del terrore la paura è dell’azione… è un’azione ciò di cui si teme non di una fantasia

Sì certo, è un’azione contro di me è ovvio, se qualcuno è minacciato nella sua incolumità reagisce…

Intervento: è diverso per ciò che si suppone essere una fantasia qui è la realtà che è in ballo

Sì però uno dei due è mosso da una fantasia, generalmente chi aggredisce è mosso da una fantasia: “quello è una minaccia quindi devo eliminarlo” è chiaro che l’altro reagisce se io lo aggredisco, ma alla base c’è sempre una fantasia, la costruzione di un pericolo che può essere un pericolo che minaccia la religione per esempio, così come gli americani sono una minaccia per la religione mussulmana, o quantomeno loro si sentono minacciati dagli americani, così come gli americani si sentono minacciati dall’esistenza di questi signori, almeno economicamente, perché hanno in mano buona parte del petrolio, non è un dettaglio marginale…

Intervento: è sempre ricondurre tutta la questione a una questione di potenza…

Le compagnie petrolifere sono rette da uomini, questi uomini ambiscono al potere, potere politico soprattutto, che segue a quello economico, il potere per esempio di eleggere un presidente…

Intervento: questo è ciò che sta alla base: la fantasia, quella che si costruisce per arrivare ad avere quel vantaggio per esempio, quello che è funzionale a quello che si vuole provocare quindi il terrore

C’è sempre una fantasia all’origine, la fantasia di potere che, come sappiamo benissimo, viene dal linguaggio, il potere non è altro che il potere della verità sul falso, per cui chi ha in mano, per esempio, le compagnie petrolifere, vuole avere il potere economico prima, quello politico dopo, unicamente perché il linguaggio lo costringe a costruire proposizioni vere e se lui riesce a mantenere un potere sul pianeta intero, allora quello che dice è vero sul pianeta intero…

Intervento: la fantasia in questo caso, gli islamici interpretano il potere degli americani nel senso che anche loro combattono per il potere politico

Bin Laden è il portavoce dell’islamismo più fondamentale, più integralista, lui ha la sua verità da sostenere, che è quella di Allah poi…

Intervento: mi sembrava che fosse una contrapposizione fra multinazionali

Questo ha giocato un ruolo nella seconda guerra mondiale per esempio, lì non c’erano in ballo questioni particolarmente religiose, ma erano questioni economiche, gli Stati Uniti sono entrati in guerra perché stavano cominciando a perdere la possibilità di avere il mercato in Europa e in Asia…

Intervento: non credo che l’Islam sia così sprovveduto da basare tutto su una credenza religiosa

È quello che li accomuna, che consente di mantenere le nazioni nelle loro mani, in fondo è questo che dicono: l’Oriente deve essere in mano agli orientali e non agli americani, con tutto ciò che economicamente questo comporta,  i pozzi di petrolio per esempio, però in fondo si tratta soltanto di questioni di verità, che sia religiosa o economica… può anche essere solo religiosa, perché no? In fondo vale come quell’altra…

Intervento:…

La religione serve a questo…

Intervento: perché qualcosa sia il contrario di una negazione deve essere una affermazione in prima istanza poi interviene “no non è così”

Sono sistemi in cui funziona la lingua, il contrario di nero è non nero…

Intervento: però ciò che si nega si può negare perché si afferma, per il principio di identità, poi interviene il non essere, l’esclusione di un elemento a favore dell’altro… questa interrogazione proveniva da un’altra e cioè il fatto che qualcosa possa essere accolto o no, che è poi: come avviene che si assumono certe proposizioni all’interno del proprio discorso?

Basta che non neghino le premesse che hanno accolte in precedenza, per esempio il nostro discorso nega le premesse che tutti quanti hanno accolto fin dai primi anni…

Intervento: la questione è o qualcosa non l’accolgo nel senso che non la sento proprio, non ha nessun effetto di senso oppure questa cosa che mi trovo ad ascoltare deve essere accolta o negata ma perché sia negata deve essere accolta

Non è necessario che venga accolta, occorre che sia considerata, che è diverso da accogliere, per negare quello che dice Jung non devo accoglierlo, lo considero, valuto che è una cretinata e l’abbandono senza accoglierlo. Quando un tizio dice che una botta in testa non è linguaggio, cioè nega una cosa del genere, vuol dire che l’ha accolta? Come poteva supporre che avesse accolta una cosa del genere? Non l’ha accolta mai, l’ha ascoltata, l’ha considerata, l’ha valutata e l’ha eliminata. Bene, ci vedremo martedì prossimo.