4-2-2009
Riprendiamo la questione della volta scorsa, la questione del metodo. Abbiamo detto l’essenziale per quanto riguarda il metodo da seguire in una ricerca teorica, soprattutto per quanto riguarda la psicanalisi e ciò che emerge da quanto detto negli ultimi quattro incontri è fondamentale per la psicanalisi, vale a dire che la psicanalisi occorre che operi, nel discorso della persona che si trova ad ascoltare, qualcosa di molto simile a ciò che la logica matematica ha operato agli inizi del secolo e cioè porre in essere una sorta di crisi dei fondamenti. Nel caso della psicanalisi si tratta di mettere in crisi i fondamenti del discorso che si trova ad ascoltare, solo a questa condizione è possibile compiere un passo, altrimenti non si fa assolutamente niente, voglio dire che se permangono i fondamenti e cioè i concetti fondamentali, le premesse generali su cui si basa il discorso della persona, finché questi permangono non ci si muoverà di un passo, potrà soltanto sostituire una fede, una religione con un'altra nella migliore delle ipotesi. Non succede niente nel senso che la persona continuerà a riprodurre all’infinito quelle stesse cose per cui ha iniziato l’analisi, quelli che ritiene essere i suoi problemi non scompariranno affatto, cambieranno soltanto di direzione. Questi principi fondamentali sono molto simili a quelli su cui si basa la logica, su cosa si costruisce un sistema assiomatico? Su concetti non definiti e su enunciati non dimostrati, i primi sono le definizioni, sono concetti non definiti perché le definizioni in realtà o almeno alcune di queste sono considerati dei concetti primi non ulteriormente definibili come il concetto di punto, retta, concetti che non si riesce a definire se non utilizzando dei sinonimi, questi sono i così detti concetti primi che sono anche, per esempio, i cinque assiomi di Peano, il primo assioma di Peano dice che zero è un numero, non è qualcosa di ulteriormente scomponibile, è un concetto primitivo, dice lui, è un’idea primitiva che non è dimostrabile in nessun modo così come il concetto di punto, come si fa a dimostrare il punto? Non si può e così come il concetto di successivo, sono tutte idee primitive direbbe Peano che sono frutto, come amano pensare i logici, dell’intuizione, sono concetti non dimostrabili, non ulteriormente definibili e poi dicevo gli enunciati, oltre i concetti non definiti, gli enunciati non dimostrati che sono gli assiomi su cui si fonda la logica e anche lì la dimostrazione è intuitiva, sempre come dicono i logici perché le famose tavole di verità in realtà non hanno una dimostrazione logica, sono loro che forniscono la premessa alla condizione per la dimostrazione. Interessante è un tentativo fatto da Hilbert nel suo noto programma. Hilbert ebbe l’idea di trovare un sistema che fondasse la geometria utilizzando soltanto concetti matematici e cioè non utilizzando cose che fossero al di fuori della dimostrazione stessa, e utilizzò questo sistema, il sistema aritmetico, il quale gli consentiva di trovare tutte le risposte a qualunque problema della geometria che non richiedessero, queste risposte, elementi esterni al sistema stesso. Tutto si svolgeva all’interno, questo aveva un vantaggio, costruire un sistema che non fosse, non appoggiasse su definizioni indefinibili in un certo senso, su premesse non dimostrabili. La forza del suo programma consisteva nel fatto che queste definizioni non venivamo mai esplicitate ma erano implicite e cioè era come se il sistema fosse supportato da quelle cose stesse che il sistema mano a mano reperiva, e da nient’altro che da questo, un sistema cioè autoreferente. Il vantaggio di una cosa del genere consisteva come dicevo prima nel fatto di non dovere trarre da altro e evitare quindi una sorta di regressio ad infinitum, se si supporta una idea con un’altra, quest’altra con cosa la si supporta? Si innesca un processo all’infinito mentre se ogni cosa è supportata da se stessa cioè trova all’interno del sistema stesso le condizioni della propria esistenza ecco che il sistema appare perfetto, e cioè qualunque elemento non ha bisogno di nient’altro se non della struttura in cui è inserito per potere sostenersi e quindi dimostrarsi. Naturalmente ci furono delle obiezioni, una venne da Frege il quale obiettò che trae fondamento unicamente da se stesso non è così forte perché non è riferito a uno stato di fatto di cose esterne, che dall’esterno appunto lo sorreggono. Un sistema autoreferente è fondato unicamente su di sé quindi non su cose esterne a cui fare riferimento, è come se in teoria non dicesse niente, da qui il famoso enunciato di Russell che diceva che la logica è quella disciplina in cui non si parla assolutamente di niente. Il programma di Hilbert è interessante perché mostra qualche cosa che noi stessi abbiamo compiuta ma con una differenza, il programma mostrava il fianco a delle obiezioni e queste obiezioni furono rivolte da Kurt Gödel il quale con il suo primo teorema di incompletezza dimostrò che il programma hilbertiano era fallimentare, lavorava su elementi che potremmo dire noi oggi non sono strutturali, non fanno parte della struttura del linguaggio ma sono delle sovrastrutture, su elementi che non sono necessari al funzionamento del linguaggio, tutti questi elementi che non sono necessari al funzionamento del linguaggio ovviamente devono trarre da qualche cos’altro, da un altro elemento il loro statuto, in questo caso dalla struttura del linguaggio. Se anziché fare come Hilbert e cioè occuparsi dei fondamenti della geometria nel suo caso ci occupassimo dei fondamenti del linguaggio allora la questione diventerebbe più radicale e anche più semplice perché a questo punto avremmo, esattamente come Hilbert un sistema perfetto, autoreferente, dove ogni elemento trae la sua forza dalla struttura in cui è inserito vale a dire che non trova da nessuna altra parte qualche cosa che lo sorregga. Qualunque elemento linguistico è sorretto da altri elementi linguistici e così via all’infinto. Il sistema appare completo e quindi non vincolato al teorema di incompletezza di Gödel perché come abbiamo detto in altre occasioni contiene la proposizione che afferma che esiste un elemento fuori dal linguaggio, la contiene perché può costruirla ma non può provarla, se la potesse provare allora Gödel avrebbe ragione, anche il questo caso il sistema sarebbe autocontraddittorio e quindi nulla potrebbe essere utilizzabile, invece in questo caso il sistema è completo e coerente, completo perché contiene tutte le proposizioni compresa quella che afferma che esiste un elemento fuori dal linguaggio, ma è coerente perché questa proposizione non è dimostrabile all’interno del sistema. Perché non è dimostrabile? Perché è autocontraddittoria, perché la proposizione che afferma che esiste un elemento fuori dal linguaggio produce una contraddizione per il semplice fatto che questo elemento che è fuori dal linguaggio per potere essere provato necessita del linguaggio, e se non si utilizzasse il linguaggio per dimostrarlo non potremmo saperne niente in nessun modo perché sarebbe fuori dalla portata di qualunque argomentazione. Ma c’è un altro argomento interessante che ci viene ancora dal programma di Hilbert. Costruendo definizioni implicite Hilbert costruisce un sistema che è fondato unicamente sul fatto che una certa cosa, pur non essendo definibile in modo definitivo, pur tuttavia funziona, se questo sistema funziona allora la definizione è accolta come vera per il solo fatto che il sistema funziona …
Intervento: come un discorso …
Bravo, esattamente allo stesso modo. Il discorso di ciascuno non si cura di sapere se le premesse che lo sostengono sono vere, false o totalmente squinternate come avviene sempre o prevalentemente, ma se il sistema funziona e cioè se questa sequenza produce altre sequenze allora è confermata esattamente come il programma hilbertiano, diventa vera o più propriamente funziona o ancora più propriamente viene considerata come se fosse vera perché fa funzionare il sistema. Per il programma di Hilbert non c’è un altro sistema per verificare la verità se non il fatto che un elemento faccia funzionare il sistema, se lo fa funzionare non c’è bisogno di altro, allora è vera e il discorso di ciascuno funziona esattamente allo stesso modo. Hilbert in effetti e con lui anche altri logici non hanno fatto nient’altro che indagare, individuare e reperire il funzionamento del linguaggio che era esattamente ciò che gli consentiva di compiere tutte queste operazioni e pertanto dicevo il discorso di ciascuno, qualunque elemento faccia funzionare il sistema e cioè sia adatto a costruire proposizioni è automaticamente considerato vero e come tale accolto nel sistema. Perché faccia funzionare il sistema è sufficiente che non sia autocontraddittorio cioè non affermi di sé di essere vero e falso simultaneamente perché allora si arresta, ma se questo non accade il sistema funziona, il linguaggio continua a costruire proposizioni e il discorso continua a costruire argomentazioni di ogni sorta. Il problema che hanno riscontrato i logici rispetto a queste definizioni o ai concetti primitivi, al punto da ritenere queste cose come elementi naturali arrivati così non si sa bene né da chi né perché, sta nel fatto che non si sono accorti che ciò che chiamano concetti primitivi in realtà non sono definizioni propriamente dette ma sono istruzioni, ed è per questo motivo, diciamola come dicono loro, non possono essere ulteriormente definite, perché l’istruzione non può essere verificata, impone semplicemente un comando. Dunque istruzioni, cioè elementi che fanno funzionare quel sistema che chiamiamo linguaggio. Pensate alla prima istruzione, quella che spesso abbiamo indicato con il “questo è questo” la mamma che insegna al bambino a parlare e dice “questo è questo”, poi gli spiega anche come si chiama, glielo dice poi gli dice anche altre cose ma intanto è necessaria questa prima istruzione che indica il “questo è questo” che non è dimostrabile, non è definibile, scomponibile ulteriormente perché è un’istruzione quindi totalmente potremmo dire arbitraria, o più propriamente è una decisione. Questa istruzione, non avendo all’origine altri elementi appare agli umani come qualcosa che sorge dal nulla e gli umani hanno cercato da sempre di trovare un suo fondamento, il significato del significato, il fondamento dell’essere a seconda dei casi, ma non c’è il fondamento del linguaggio, non c’è perché è il linguaggio stesso è il fondamento e non ha fondamento, ha semplicemente una sequenza di istruzioni che consentono di costruire una quantità sterminata di proposizioni, comprese quelle proposizioni che cercano il fondamento, per questo anche non c’è uscita dal linguaggio perché qualunque fondamento si cerchi al linguaggio il linguaggio costituirà sempre quel fondamento che si sta cercando. Per questo vi ho fatto quel discorso sulla logica un po’ di tempo fa, la logica ha di interessante questo, non tanto tutti gli arzigogoli che riesce a costruire, quelli sono dei giochi al pari di qualunque altro ma della sua ricerca dei fondamenti e del modo in cui ha individuato il funzionamento del linguaggio che è esattamente il modo in cui funziona, e non ha torto a indicare degli elementi che non sono ulteriormente scomponibili, il concetto di punto non è scomponibile, è un’istruzione, non c’è una definizione, non esiste il punto in natura né in cielo né in terra, è un’istruzione, è un comando, come se dicesse: da questo momento in tutti questi casi quando c’è questo fai quest’altro, molto semplicemente, e ogni volta che vedrai qualcosa questo qualcosa sarà un qualcosa. Questa è un’altra istruzione che non è dimostrabile perché per costruire una dimostrazione del genere è necessario appunto il “questo è questo”, per questo il linguaggio è un sistema autoreferente …
Intervento: il riconoscimento dell’identità è un’istruzione che viene dopo o è complementare al questo è questo? Perché il questo è questo ha bisogno di conoscere che questo è questo …
Rispondi da te, dovresti avere gli strumenti per farlo. Tu chiedi se l’identità segue la prima istruzione oppure se è implicita nella prima istruzione o addirittura se la anticipa. Che la anticipi mi sembra improbabile però considera il “questo è questo” come prima istruzione: “questo è questo = identità” se questo è questo allora è identico a sé e si chiama identità …
Intervento: serve per distinguere ciascuna volta un elemento da un altro …
Sì, quindi l’identità di un elemento con se stesso è qualche cosa che procede dalla necessità di riconoscere, di stabilire che un elemento è se stesso e quindi di conseguenza identico a se stesso, che è una variante …
Intervento: diverso da quello che diceva la semiotica che diceva che un elemento non è mai se stesso …
Per poterlo affermare occorre che la semiotica utilizzi elementi che può riconoscere in quanto identici a sé, da qui il paradosso della semiotica …
Intervento: nella programmazione di un computer le istruzioni che si danno perché esegua un certo lavoro, queste istruzioni che si danno al computer devono contenere all’interno di sé il loro funzionamento che è differente dall’insegnamento che la madre da al bambino la madre insegna al bambino a parlare non insegna che è parlante …
La madre non fornisce queste informazioni immediatamente, potrebbe farlo però deve avere un certo numero di informazioni per potere acquisire altre istruzioni e il computer anche lui potrebbe benissimo essere addestrato a fare una cosa del genere, non avviene ancora …
Intervento: no, no non è questa la questione io parlavo delle istruzioni che si devono dare ad un computer perché possa funzionare …
Quali sono le istruzioni che occorre dare a un bambino perché un bambino possa funzionare? È la stessa cosa. Lei pensi alle istruzioni che ha fornito ai suoi figli perché funzionassero, adesso dire “funzionassero” sembra un po’ strano però …
Intervento: il linguaggio d’altra parte non ha mai avuto la necessità di pensare se stesso e quindi di sapere …
Infatti, come il programma di Hilbert funziona e basta, non c’è bisogno di altro, se in base a delle istruzioni costruisce proposizioni che vengono riconosciute come coerenti e vere il sistema funziona e non ha bisogno di nient’altro, così come funziona esattamente ciascuno, costruisce proposizioni che all’interno di un sistema che è il suo e poi allargato a quello che è il consesso degli umani in cui si trova vengono riconosciute come corrette, il sistema funziona e non c’è bisogno di nient’altro …
Intervento: quello che non riesco a dire è il fatto che questa istruzione che un umano fornisce a un computer e quindi l’umano deve a sua volta codificare in un sistema binario 0/1
Sì aveva lavorato anche per l’esercito, ma non ho inteso qual è la questione …
Intervento: mi sembrava che fosse un’istruzione più completa quella che si da nel caso della macchina pensante, più completa di quella che hanno a disposizione gli umani, quella che noi cerchiamo di immettere e cioè il linguaggio il fatto che la condizione per qualsiasi cosa è una struttura che produce qualsiasi cosa nel senso che nel computer si devono immettere elementi che si riconoscano per allacciare connessioni e quindi per produrre qualsiasi programma in qualche modo come dovesse sapere di che cosa è fatto. In questa istruzione deve essere implicita l’operazione sintattica che sta avvenendo …
È la stessa cosa che facciamo io e lei, lei certe volte in un modo un po’ problematico però se vuole trasmettermi delle cose occorre che costruisca proposizioni che io riconosca come tali …
Intervento: tutta la questione sintattica è a disposizione del programmatore perché ci siano effetti di verità … il fatto di costruire macchine pensanti implicherebbe che la macchina sa quello che sta facendo o anche la consapevolezza di ciò che sta facendo, quel discorso che abbiamo fatto prima non è che l’umano sa cosa sta facendo perché par di capire che gli umani eseguono delle istruzioni che comunque alla pari del computer sono altri che possono aver immesso o indotto ad accettare ...
Sì ma tutto ciò che non è necessario al suo funzionamento come questa istruzione …
Intervento: perché il discorso del questo è questo è vero che è ciò che fa funzionare il linguaggio ma dicevamo che questa è un’istruzione è qualcosa che si immette perché possa produrre però il discorso che facevo prima gli umani non si accorgono di quello che fanno ma funziona il discorso funziona non hanno nessuna voglia di star lì a farsi tante domande … il primo questo è la realtà il secondo questo è qualche cosa che è legato al linguaggio e quindi si crea sì il principio di identità ma allo stesso modo …
Il suo fallimento, certo. Vi ricordate quando leggevamo quello scritto di Severino Tautotes, il problema era proprio questo, ora il programma di Hilbert a differenza degli umani è sì un programma autoreferente ma che è stato costruito per questo, per rispondere a tutte le domande che il sistema può costruire, se può costruire una domanda allora può costruire anche la risposta necessariamente. Per gli umani non funziona così perché hanno costruito domande alle quali non sanno a tutt’oggi rispondere. Perché gli umani non possono rispondere mentre un programma hilbertiano sì ? Perché il programma di Hilbert è costruito in modo tale da sapere sempre comunque di essere autoreferente e pertanto di avere all’interno del sistema risposte a qualunque domanda, gli umani non lo possono fare perché immaginano, suppongono per una serie di malanni che gli sono occorsi che qualcosa sia fuori dal linguaggio e allora a questo punto non hanno più nessuna risposta. In realtà qualunque domanda gli umani si possano porre non possono necessariamente non avere la risposta, visto che è stata posta dal linguaggio il linguaggio necessariamente può e deve rispondere, se non lo fa è semplicemente perché gli umani cercano altrove la risposta altrove, e al di fuori dal linguaggio non la troveranno mai in nessun modo e per nessun motivo. Riportando le cose là da dove arrivano, alla struttura del linguaggio non c’è domanda alla quale non ci sia risposta, è impossibile, è strutturalmente impossibile, e così scompare il mistero, l’enigma e tutte queste cose che gli umani hanno inventate …
Intervento: quindi la premessa è implicita nel discorso della persona solo che la persona dice di non saperlo …
Non lo sa perché non è necessario al funzionamento, sa soltanto ciò che fa funzionare il sistema cioè “sa” nel senso che utilizza ciò che fa funzionare il sistema e ciò che lo fa funzionare è, direi in questo caso, per definizione vero.