4-1-2006
Ci sono questioni?
Intervento: l’altra volta parlavamo del corpo, di come porre la questione
del corpo perché secondo me se riusciamo a porla in termini precisi è una delle
questioni che possono perlomeno suscitare la curiosità, però ovviamente
dobbiamo trovare delle argomentazioni
Occorre affrontarla la questione del
corpo, ci sono ancora degli aspetti che, come dicevamo con Cesare… qual era
Cesare la questione?
Intervento: perché le parole creano emozioni
Esatto sì, una questione fondamentale
cui bisogna incominciare a rispondere è questa: perché le parole, cos’ come i
pensieri agiscono sul corpo? Perché? Perché invece il corpo non è assolutamente neutro rispetto
ai pensieri, ai discorsi? E invece reagisce, perché?
Questa è una bella questione che merita di essere considerata, potrebbe non farlo? Però di fatto è
quello che fa, reagisce al punto che se sono contento e faccio una cosa che mi
diverte, che mi piace e che mi appassiona, avverto un benessere fisico se al
contrario faccio una cosa che mi deprime, che mi angoscia o che mi annoia a
morte avverto un senso di pesantezza e questo pare comporti addirittura, come
dicevano già gli antichi, nel primo caso una predisposizione alla salute, nel
secondo alla malattia. Dare una risposta a questa domanda appare arduo, perché il
corpo si modifica anziché non farlo? Come avviene?
Intervento: se il corpo in qualche modo rappresenta la realtà e quindi la
verità…
Qui siamo ancora al di qua, e cioè al fatto che se una persona è contenta il suo corpo
reagisce bene, se è scontenta e avvilita reagisce male…
Intervento: avviene questo perché rappresenta la realtà e quindi in
qualche modo…
O il contrario? Che
è proprio perché avviene questo che allora il corpo è considerato reale, perché
rilascia delle sensazioni…
Intervento: sì e queste sensazioni sono quelle che verificano per esempio
il fatto che quella sensazione di gioia ecc. è vera… come se trovasse una
conferma nel corpo
Sì ma perché il corpo dà questa
conferma? Potrebbe anche non darla e non fare assolutamente niente…
Intervento: sì perché se io dicessi “sono felice” sì
ha concluso ma se non è manifestata dal corpo con una leggerezza questa
proposizione non ha senso… felice rispetto a cosa?
Diciamo che ne avrebbe
un altro rispetto a quello che ha usualmente, se l’affermazione “sono felice”
non producesse assolutamente nessuna mutazione nel corpo, nessuna variazione, così
come “sono angosciato” oppure “sono spaventato”, da parte del corpo non c’è
assolutamente nessuna reazione, nessuna accelerazione cardiaca, nessun tremore,
assolutamente niente, potrei dire che sono spaventato? Tecnicamente sì, però
come diceva Sandro nel luogo comune se non ci sono tutti questi annessi e
connessi non c’è neanche la paura, anche se non dovrebbe essere così in teoria,
e come approcciare questa questione? Appare ardua, però dobbiamo trovare almeno
un verso in cui approcciarla…
Intervento: il corpo non esiste di per sé ma
esiste come elemento linguistico? Elemento linguistico che lo definisce e
quindi ne determina l’esistenza? Se non esiste di per sé ma
esiste come elemento linguistico le reazioni del corpo diventano delle
conclusioni a cui si può giungere… anche le sue reazioni diventano delle
conclusioni del discorso, anche queste diventano degli elementi linguistici… il
linguaggio utilizza il pensiero, la fonazione… quindi questi sono strumenti del
linguaggio ma anche qualche cos’altro può diventare strumento del linguaggio
Sì, che il corpo fosse uno strumento
del linguaggio questo lo abbiamo già inteso…
Intervento: la palpitazione funziona allo stesso livello della fonazione
per il cervello… cioè io utilizzo il pensiero per
esempio, utilizzo la fonazione per dire delle cose, per costruire delle cose
allo stesso modo in cui utilizzo il pensiero, utilizzo la fonazione posso utilizzare
la palpitazione, posso utilizzare l’arrossamento della pelle, posso utilizzare
il tremore come se queste fossero comunque segni del linguaggio, la fonazione è
un segno del linguaggio noi utilizziamo dei segni dell’alfabeto per parlare, ma
noi non parliamo del linguaggio nel senso di parlare come costruzioni di
proposizioni date solo dall’alfabeto ma utilizziamo diversi strumenti non per
nulla il pensiero non ha nulla a che fare con la fonazione, la fonazione spesso
si allontana dal pensiero …spesse volte si dice che si pensa così velocemente
che non si riesce a dire… e quindi anche la reazione quella che noi chiamiamo
la reazione del corpo, qualunque tipo di reazione del corpo può essere allo
stesso livello del pensiero e della fonazione… solamente utilizza del segni
diversi, come se fosse un altro alfabeto però è sempre linguaggio come dire che
è sempre la struttura del linguaggio che consente questo per cui il mio tremore
dice qualcosa in effetti, è nel linguaggio perché dice qualcosa
Intervento: la fonazione, il tremore, la palpitazione sono
dedotti dal linguaggio sono costruzioni del linguaggio come dire che non
esistono di per sé, sono strumenti che noi utilizziamo per costruire delle
questioni… la stessa fonazione è qualcosa che utilizza il linguaggio per
parlare ma non perché sia qualche cosa di strumentale a lato del linguaggio
Sandro diceva
strumenti del linguaggio così come il linguaggio può utilizzare una
metafora…
Intervento: in questo senso sì
Intervento: è come se fossero dei registri diversi… è sempre linguaggio
che sta funzionando utilizza semplicemente delle figure diverse…
Intervento: come una metafora?
Intervento: non so… non è una metafora, sono strumenti diversi noi
abbiamo sempre parlato di linguaggio nei termini di quella che è la struttura
del pensiero e la struttura diciamo così della
verbalizzazione cioè costruire proposizioni però sia in un caso che nell’altro
reperiamo la struttura del linguaggio perché è molto più evidente ma anche
nell’altro caso perché comunque quei determinati segni, determinati segnali
dicono qualcosa quindi è linguaggio… è qualcosa che è linguaggio come se
anziché usare il pensiero o la verbalizzazione utilizzasse il tremore. In effetti è un linguaggio non verbale ma semplicemente
perché non è fonetico ma è sempre linguaggio… lo capisco che è sottile nel
senso che si può cadere nella questione del linguaggio del corpo, però non è
così è in altro modo che io intendo
Intervento: io invece intendo tremore o fonazione come
uno strumento che il linguaggio costruisce come costruisce una metafora…
Intervento: noi distinguiamo fra pensiero e verbalizzazione perché
costruisce delle proposizioni io invece dico questo cioè
la funzione del corpo è la stessa infatti parla… è un altro modo per…
Intervento: per esempio se una persona ha un certo atteggiamento
non è necessario verbalizzarla questa cosa per intenderla come dire è che
traducibile in una proposizione…
Certo, sono segni codificati. È
complicata la cosa perché ciò che io dico, penso, può modificare il corpo, ciò
che io dico o penso può modificare quel posacenere? Oppure
no? Se no, perché?
Intervento:…
È la questione che abbiamo
accennata tempo fa, ma senza proseguirla, in effetti anche il mio pensiero può
modificare quel posacenere, ma attraverso il mio corpo, posso prenderlo e
sbatterlo per terra e il posacenere si modifica, ed è stato un mio pensiero a
determinarlo però devo usare il corpo. Ma anche per produrre adrenalina uso il
corpo, certo, e gli umani hanno le ghiandole che comunque
appartengono al corpo…
Intervento: Può essere… sì certo per produrre adrenalina devo usare il
corpo intendo dire anche per costruire un pensiero devo usare il corpo in un
certo senso… se mi tagliano la testa non penso più
No, però sappiamo che tecnicamente il
linguaggio può funzionare anche senza il corpo, utilizzando altri sistemi, il
fatto che per noi ci sia il corpo non significa che debba
esserci il corpo…
Intervento: deve esserci il mio corpo se voglio pensare io
Beh, questo non è così automatico, dicevamo
anche tempo fa che se il sistema potesse operare senza
la necessità di un supporto fisico, tecnicamente il linguaggio potrebbe
funzionare lo stesso. Parlando, pensando, io modifico le cose certo, modifico
il corpo come modifico ciò che mi circonda, addirittura in alcuni stati di
coscienza appare difficile distinguere il proprio corpo dal mondo che circonda,
forse, perché non ha nessun modo per provare una cosa del genere, sono tutte
supposizioni per il momento, un po’ squinternate, ma per chiunque non sia
ancora nel linguaggio c’è la possibilità che non esista
questa distinzione né possa darsi: il corpo, il mondo esterno… sono tutto la
stessa cosa. In effetti perché dovrebbe distinguerli,
con che cosa? Pertanto potremmo anche dire che così come il mio pensiero, il mio
discorso, modifica il mondo esterno al pari modifica
il corpo o viceversa, così come modifica il corpo allo stesso modo e per lo
stesso motivo modifica il mondo esterno o, più propriamente, ciò che io chiamo
mondo esterno, ché è diverso…
Intervento: però è anche vero che se io sono allegro felice e tutto
quanto… non solo il mio corpo ma anche tutto il
resto sembra tutto rosa… quindi non è
solo una questione di corpo
Stiamo soltanto considerando mille
direzioni per intendere quale potrebbe essere più interessante seguire, ciò che
sappiamo è che sicuramente il linguaggio modifica il corpo, è l’unica cosa che
può modificare qualunque altra cosa, forse solo se
stesso, e di conseguenza qualunque altra cosa, così è più preciso. Però rimane
questa faccenda, che potrebbe essere anche una superstizione come dicevamo, e cioè che il corpo sia lo strumento preferenziale o
prioritario. Dicevamo infatti che una sensazione che
viene dal corpo è considerata immediatamente vera, ma anche quello che vedo è
immediatamente vero allo stesso modo e per lo stesso motivo, da qui il fatto
che sia sempre stato considerato il bene supremo, tant’è che la massima
punizione consiste nel togliere la vita, ma di fatto togliere che cosa
togliendo la vita? Togliere la possibilità di proseguire a
parlare, in fondo la vita non è nient’altro che questo: proseguire a dire, non
ne conosciamo altre…
Intervento: anche il mito della resurrezione…
È dell’apocatastasi che sta parlando?
La resurrezione del corpo dopo il giudizio universale, la religione cristiana
vuole che ciascuno si ripigli il suo corpo, e con il suo corpo si mostri al
cospetto di dio, questa operazione è nota come
apocatastasi…
Intervento: un po’ tutte le religioni hanno questo mito…
Ciascuna ha il suo certo, se no non sarebbero religioni, perché se dopo la morte è finita
uno che cosa spera?
Intervento: è proprio la necessità di riappropriarsi del proprio corpo…
Certo, l’idea funziona così, è un’idea abbastanza
rozza in effetti, neanche la religione cristiana è così tanto rozza per cui sì
il corpo, ma è lo spirito che importa, il corpo non è poi così fondamentale…
Intervento: per i grandi pensatori per Agostino, Tommaso è l’idea dello
spirito… per il popolo la questione della morte del
corpo è importante
In tutte le religioni abbastanza ben strutturate c’è sempre una doppia verità, come voleva
Averroè. Ma se io posso modificare il linguaggio e
tutto quanto, allora posso vivere in eterno?
Intervento: le mie parole quelle che ho scritte se scrivo libri
Però non il mio discorso, perché non lo
potrà più modificare, altri lo faranno ma non io. No, non posso vivere in
eterno. Perché…
Intervento:…
Aspetti prima di precipitarsi a
trarre conclusioni. È perché se io accolgo certe regole di un gioco allora per
continuare a giocare quel gioco devo attenermi a quelle
regole. Perché il corpo muore a un certo punto?
Deperisce? “Tutto ciò che nasce è destinato a deperire” perché? Beh perché si
consuma via del lavoro e dell’uso, come tutte le macchine, perché si brucia la
frizione ad un certo punto? Perché si consuma, e così tutto il sistema, questa
macchina che chiamiamo corpo umano anche questo si
consuma, si logora, e dopo un po’ si ferma e bell’e fatto. Ma
tutto questo che senso ha? Ha quel senso che noi gli forniamo, e cioè il fatto che abbiamo costruito tutta una serie di
storie, di discorsi, di proposizioni che ci consentono di pensare cose del
genere e soprattutto abbiamo costruito un gioco con queste regole, una di
queste è quella che pose Aristotele: “tutto ciò che nasce deperisce”, se non nasce
non deperisce, per esempio questa è una regola, e allora noi vediamo questo,
vediamo ciò che il nostro discorso ha costruito, e allora vediamo che le cose
deperiscono nascono, crescono, muoiono etc., poiché da quando Aristotele ha
stabilito che tutti gli animali sono mortali e poi si è accorto che gli uomini
sono animali, da quel momento non c’è più stata salvezza per nessuno…
Intervento:…
In un certo senso è così, così come
in assenza di linguaggio la vita e la morte non significano assolutamente niente,
quindi non sono niente, per cui non può né vivere né
morire. Per questo non siamo immortali, perché per una serie di motivi, buoni o
no che siano, abbiamo accolto un gioco che è quello
della vita, che è quello che ci permette di vivere quotidianamente, di fare le
cose che quotidianamente facciamo, ma questo comporta il vedere le cose in un
certo modo, e il fatto di vederle, adesso uso questa metafora, di vederle in un
certo modo le fa esistere “in quel modo”, per cui siamo mortali proprio come
voleva Aristotele, parrebbe, anche se di fatto non potremmo essere immortali a
meno che decidiamo di fare un altro gioco, per il quale la vita non significa
assolutamente niente, cioè non è niente, ma appare complicato, non dico
impossibile ma straordinariamente complicato, cionondimeno, potremmo, potremmo
pur sapendo che il corpo è soggetto a naturale consunzione evitare di romperlo
prima, questo è possibile…
Intervento: una bimbetta che ha cinque anni viene da me “perché sei
vecchio?”
Intervento: ha imparato queste cose
Intervento: ma non l’avevo imparato io
Qualche anno fa abbiamo abbozzato un
discorso rispetto alla questione della malattia, della cosiddetta malattia, di
ciò che chiamiamo malattia, che in realtà non è
necessaria, è un po’ come la sofferenza, se uno se vuole può anche soffrire,
può anche morire di sofferenza se vuole, come dire che se vuole in effetti può
morire; quello che sto dicendo è che può non essere necessario, torno a dire
questo non significa diventare immortali nell’accezione che indicavo prima,
però…
Intervento: non c’è bisogno di suicidarsi…
Qualcosa del genere, o se lo si fa almeno sapere che lo si sta facendo, poi ciascuno è
libero di fare ciò che ritiene più opportuno ovviamente, questo pone tutta la
questione su cui campa e si arricchisce la medicina in tutt’altro modo. Come sapete benissimo la medicina sì, sa qualche volta che cosa è
avvenuto, che una certa parte si è guastata, o per esempio un tumore di cosa è
fatto. Ma nessuno sa perché avviene una cosa del genere sì, vedono
il tumore, sanno che sono cellule fatte in un certo modo, ma perché avviene una
cosa del genere di questo nessuno al mondo sa dare nessuna risposta, per lo
stesso motivo siamo esposti qui al freddo, io prendo il raffreddore e voi no,
perché? Perché il raffreddore evidentemente mi è funzionale a qualche cosa che potrei anche sapere, ma pare che la questione vada proprio
in questa direzione, in effetti è il pensiero e quindi il proprio discorso, in
definitiva il linguaggio che decide…
Intervento: il fatto che accada che una persona si ammali e che spesso si
possa in qualche modo percepire che c’è un collegamento fra una situazione e questo evento la cosa però non è assolutamente percepita
dalla persona interessata
Sì, anche se andrei cauto prima di
affermare cose del genere, perché il fatto che sembri che sia una connessione
di per sé non significa molto, se invece la prendiamo da un’altra parte, da un
punto di vista teorico e preciso e cioè consideriamo,
e non possiamo non considerare, che è il linguaggio a costruire o a demolire a
seconda di ciò che ritiene più opportuno, ecco che allora possiamo dire che il
suo discorso conduce a una situazione di morte, per esempio. Può essere vero
quello che dice lei, però generalizzarlo…
Intervento: in alcuni casi sembra molto evidente che c’è una qualche
connessione senza dire quale non è necessario però ovviamente la persona se
capisce questo se subisce questa malattia è perché non lo sa o comunque non lo connette
Intervento: ci sono casi in cui lo connette benissimo
ma non lo accetta
Intervento: ci sono persone che vanno in pensione e dopo tre mesi
muoiono, però le persone non collegano la malattia in quanto tale con la
questione psichica…
Intervento: come
per la sofferenza…
È la stessa cosa certo, esattamente
la stessa cosa…
Intervento: solo che per la sofferenza riesci ancora ad accoglierla la
questione perché si dice che è una questione psichica ma
la malattia fisica è difficile
Sì, stabilendo questo con certezza e cioè ponendolo in termini teorici molto precisi possiamo
giungere ad affermare questo con assoluta certezza, e cioè che la malattia è
una produzione del linguaggio, esattamente così come la vita è una produzione
del linguaggio, e sapete tutti perfettamente che la vita è l’unica cosa che
porta a morte sicura…
Intervento: le regole dei giochi sono costrittive
Sì, se si vuole giocare quel gioco occorrono delle regole, e se si vuole giocare il
gioco della vita allora si morirà, questa è la questione. Va bene, ci possiamo
fermare qui per il momento, abbiamo qualche questione su cui riflettere,
rifletteteci.