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3-11-2010

 

Intervento: mostrare che queste questioni non è che vengono dall’esterno cioè non sono le cose che un’altra persona può certificare, a quale titolo può certificare una persona? Io posso credere che una persona sappia un mucchio di cose, posso credere che mi dia …

Occorre attenersi al tema che è “La paura di essere abbandonati”, mi è capitato qualche volta di parlare con persone che avevano paura di essere abbandonate pur non essendo di fatto mai state abbandonate in vita loro, da dove viene questa paura? Perché c’è l’attesa di un evento che in fondo non si è mai verificato? Può verificarsi certo, come qualunque cosa, per esempio che un asteroide colpisca il pianeta e lo spacchi in due, anche questo può verificarsi, però di fatto le persone non se ne preoccupano un granché, eppure la paura c’è comunque, come se questa paura avesse una funzione all’interno del discorso della persona, una funzione ben precisa e anche irrinunciabile. Se una persona venisse abbandonata allora questa persona potrebbe legittimante pensare di essere una persona che non vale molto, che non è amabile, che non è desiderabile, in definitiva che non soddisfa ciò che immagina, crede, che siano le aspettative nei suoi confronti, una persona che non soddisfa le aspettative è più facile che venga abbandonata, ora sembra quasi che questa paura di essere abbandonati serva a mantenere la certezza di essere inadeguati sempre e comunque. Partendo dall’assunto principale che dice che sono sempre inadeguato, il fatto che possano abbandonarmi è fortemente probabile, ovviamente tutto questo si svolge all’interno dei suoi pensieri, non riguarda affatto gli altri che possono pensare una cosa del genere o possono non pensarla affatto naturalmente, anzi questa persona che crede di essere inadeguata molte volte è una persona amabile, dolce, desiderabile e piacevole, cionondimeno questa persona non rinuncia alla certezza di essere inadeguata, indesiderata, non amata, perché non rinuncia a questa certezza? Che se ne fa di un pensiero del genere? Apparentemente non gli giova a nulla credersi inadeguata, credersi in alcuni casi addirittura la persona peggiore del mondo, eppure nonostante una cosa del genere non sia mai stata detta alla persona in questione da nessuno, ci crede fortissimamente e a noi in quanto analisti interessa sapere perché, perché l’ha costruita? A cosa serve? Poi il fatto che ci creda è una conseguenza, come se non potesse rinunciare a qualche cosa, e a che cosa gli umani non possono rinunciare mai e per nessun motivo? A qualunque cosa si configuri all’interno del loro discorso come una certezza naturalmente. Clinicamente la paura di essere abbandonati è più frequente nel discorso ossessivo, assente nel discorso isterico, assente perché immagina che essendo la migliore persona del mondo è escluso che qualcuno possa abbandonarla, se lo fa è perché non ha capito niente. Nel discorso paranoico la certezza è di essere sempre dalla parte del giusto, se sa come stanno le cose e gli altri invece no, non dovrebbero abbandonarlo perché lui è il riferimento più importante, l’unica persona che sa effettivamente come stanno le cose. Il discorso paranoico se abbandonato ne ha un contraccolpo molto forte, addirittura superiore di quanto potrebbe accadere in un discorso ossessivo, il quale discorso ossessivo si mette parzialmente al riparo immaginando che questo abbandono possa sempre verificarsi, il discorso paranoico no, immagina che non possa verificarsi se lui è il referente per gli altri. Se questo succede si trova momentaneamente spiazzato e per un momento vacilla la sua certezza, che poi recupera naturalmente in altro modo però ne ha un contraccolpo talvolta abbastanza violento, le persone che reagiscono malissimo in modo violento a un abbandono si trovano spesso in un discorso paranoico, l’ossessivo no, non reagisce violentemente, sa che quanto succede è inevitabile, non può non accadere. Molte volte il discorso ossessivo si trova a porre le condizioni perché si verifichi, muovendo dalla certezza di cui dicevamo prima, e cioè dal fatto di essere una persona inadeguata deve confermare questa certezza, diciamola così per fare uno schema: a un certo punto della sua esistenza, in genere molto presto, si stabilisce la certezza di essere comunque inadeguato, in seguito a certi eventi, certe considerazioni, questa certezza è la base sulla quale costruisce la sua esistenza, come qualunque altro discorso, però nel discorso ossessivo la fantasia di abbandono è più potente perché deve confermare la certezza fondamentale, cioè quella che dice che comunque è sempre inadeguato e allora per confermare questa certezza, anche se non se ne rende conto naturalmente, e pur dicendo di non volere essere abbandonato anzi, di temere di essere abbandonato, di fatto si comporta in modo tale che ciò che più teme si verifichi, proprio per certificare, per stabilire, per confermare la certezza da cui muove. Naturalmente quando l’ha confermata a questo punto c’è una sorta di sofferenza ma anche di soddisfazione, perché la soddisfazione si configura così: “avevo ragione io, non valgo niente” è un modo per avere ragione anche questo, magari non dei migliori però è abbastanza comune. Perché, come si costruisce, da dove viene questa idea, questa certezza di essere inadeguati? La volta scorsa si diceva del fatto che l’abbandono ha a che fare con l’essere abbandonati da una verità, da qualcosa che dà sicurezza, poi questa a sua volta diventa una certezza l’essere inadeguati, però all’inizio no, all’inizio c’è la considerazione o meglio la constatazione che qualche cosa che si crede essere vero tradisce, inganna, è un po’ quello che avviene quando i giovani si accorgono che i genitori che li hanno accuditi fino a quel momento li hanno imbrogliati, cioè quel mondo che hanno descritto, a cui li hanno illusi, un mondo dorato e perfetto e accogliente non è di fatto così anzi, il mondo è brutto e cattivo e allora si scagliano contro i rispettivi genitori, con l’idea di essere stati ingannati, infatti da qual momento c’è spesso il rigetto totale nei confronti dei genitori che non hanno capito niente, che non si sono resi conto che il mondo è un’altra cosa mentre invece loro sì, generalmente avviene fra i tredici e quindici anni questa scoperta. Questo inganno accade perché è un modo di affrontare ciò che sta accadendo nel discorso, nel proprio discorso e cioè una sorta di considerazione che verte intorno al fatto che ciò che si pensa si mostra non così saldo, non così sicuro come si pensava che fosse, e si incominciano a mettere in discussione, in dubbio un sacco di cose, generalmente la struttura di discorso si configura prima, però a questo punto può consolidarsi può cioè trarre la certezza, nel discorso ossessivo per esempio l’idea sorge dal fatto che il proprio discorso mostra di non essere in grado di stabilire con certezza come stanno le cose e c’è una sorta di ripiego o meglio di arretramento nei confronti dell’altro, si attribuisce e si lascia all’altro la responsabilità di affermare le cose, di dirle, di stabilirle. Il discorso ossessivo si ritrae, in questo ritrarsi c’è anche una fortissima arroganza perché tanto sa che anche l’altro comunque, che manda avanti, che anche l’altro comunque non sa le cose, anche lui si inganna, anche lui sbaglia ma preferisce che sia l’altro a sbagliare anziché lui, e cioè sia l’altro nella condizione di essere in torto anziché lui. Non rischiando mai non si trova mai nella condizione di potere, anzi di avere l’impatto con l’errore, se una persona non si espone mai non rischia mai, non esponendosi mai non si espone mai al rischio di errare naturalmente. Questa assenza di audacia comporta una serie di contraccolpi ovviamente, però è al riparo dal rischio di sbagliare e quindi avere torto, come se il suo discorso trovasse questa sorta di soluzione. Il discorso isterico, che non a caso Freud indicava come un dialetto del discorso ossessivo, nel discorso isterico la cosa viene risolta al contrario e cioè si esclude la possibilità di avere torto a priori: così come il discorso ossessivo parte dalla certezza di essere inadeguato e quindi dalla possibilità di avere torto, il discorso isterico parte dall’impossibilità che questo possa accadere e quindi qualunque cosa accada che possa farle pensare di essere nel torto viene cancellata come se fosse irrisoria, ininfluente, assolutamente di nessuna importanza. Il discorso ossessivo invece dà un’importanza immensa a questa cosa tanto che la teme al punto da rimanere talvolta per tutta la vita immobile pur di non rischiare una cosa del genere, mentre il discorso isterico può rischiare perché qualunque cosa succeda, se ciò che succede va contro a quello che lei pensa non ha nessuna importanza perché è una stupidaggine, una cosa ridicola, la cancella. La certezza di essere abbandonati è una certezza che nel discorso ossessivo deve essere confermata, deve trovare una conferma e in un modo o nell’altro la trova, agendo in modo tale per cui ci sia almeno qualcuno che l’abbandoni prima o poi, e se non c’è nessuno che l’abbandona costruisce una scena in cui può sentirsi abbandonata, il più delle volte questo essere abbandonata si configura come non essere capita, non essere riconosciuta, non essere considerata, e quindi in questo modo è molto facile costruire una scena, immagina che per esempio una persona importante per lei debba comportarsi in un certo modo, questa persona non lo fa e quindi non ha capito, quindi non mi conosce, quindi non mi considera, non mi stima e quindi da quel momento può considerarsi abbandonato o abbandonata a seconda dei casi …

Intervento: e quindi ha ragione lui …

Sempre, qualunque struttura di discorso come sappiamo deve comunque concludere con la certezza di essere nel giusto, se così non fosse si metterebbe in gioco tutto quanto che è ciò che avviene lungo un cammino psicanalitico, l’eventualità di accorgersi che le cose non stanno come si immagina che siano, anche quelle più certe, più sicure, anche i cosiddetti valori, i valori che sono quelle certezze che danno una direzione etica, morale generalmente e che anche questi valori, aldilà di quelli sociali o nazionali, la bandiera, la patria, ma anche quelli personali, quelli che la persona si è creata spesso modellandoli su quelli nazionali in un certo modo, però poi ciascuno li adatta a seconda delle sue esigenze, anche questi valori, dicevo, mostrano il fianco e cioè sono discutibili, cosa che può apparire scandalosa a molti però giustamente questi valori sono delle costruzioni, quindi dei pensieri, se sono dei pensieri sono la conseguenza di altri pensieri, i quali altri pensieri, se interrogati, rivelano di essere totalmente arbitrari e quindi anche i valori sono totalmente arbitrari, frutto il più delle volte della consuetudine, di interessi certe volte, perché no? Spesso anche interessi economici e politici possono essere trasformati in valori e quindi fare in modo che costituiscano un ordine a cui ciascuno deve adeguarsi ovviamente, se no l’ordine serve a niente. Dunque come arginare questa paura di essere abbandonati? Come andiamo dicendo spesso, mostrando la responsabilità di questa paura, come la persona se la è costruita e mostrando lungo questo percorso il motivo per cui l’ha costruita, in definitiva per potere confermare che le cose stanno così come dico io e non altrimenti, questo vogliono gli umani, e nient’altro che questo, avere ragione, confermare che ciò che pensano è vero, e qualunque dissidio, dallo screzio fra le persone alle guerre mondiali sorge per questo motivo, è la necessità che ciascuno ha di avere ragione e di imporre la propria ragione sull’altro ed è una delle cose più difficili da abbandonare, l’avere ragione, che molte volte si configura come l’essere importanti per qualcuno, è difficile cessare di essere importanti per qualcuno. La sola via è avviare un itinerario analitico, non ci sono altri modi, anche perché questa necessità di essere importanti per qualcuno pilota l’esistenza, decide di ciò che la persona fa, pensa, crede, il modo in cui si muove, perché una persona si mette venti chili di tritolo intorno alla cintura e si fa saltare per aria all’interno di un cinematografo affollato? Perché in questo modo immagina di essere la persona più importante. In fondo è sempre una questione religiosa, come lo è per gli ebrei che immaginano di essere il popolo eletto, sono disposti a molto pur di non rinunciare a questa idea di essere gli eletti, molte nazioni, molti popoli lo pensano naturalmente, però nel caso degli ebrei la cosa è più marcata, ciascuno pensa di sé anche i vietnamiti pensavano di essere al centro dell’universo, come qualunque paese pensa di essere al centro dell’universo, la culla della civiltà là dove tutto è nato, il più importante di tutti. Questo per dare un’idea di uno dei modi di affrontare la questione della paura dell’abbandono, che è poi sempre la paura di essere abbandonati dalla verità, è come se il discorso temesse la perdita della verità, il discorso ossessivo la dà per avvenuta, però questa è la sua verità, l’averla perduta …

Intervento: io penso … la visione evolutiva e di ricerca … non si capisce niente…

Occorre intendersi sulla questione del cambiamento, talvolta si cambia tutto perché nulla cambi, in fondo gli dei cambiano o le mode cambiano però il modo in cui si pensa rimane lo stesso, è rimasto lo stesso da almeno duemila e cinquecento anni a questa parte e cioè un modo di pensare che è definito e determinato dalla ricerca, non tanto della verità o parzialmente la ricerca della verità, ma la ricerca della ragione, dell’importanza di ottenere la verità per poterla utilizzare come strumento di potere perché gli umani pensano così, hanno bisogno di sentirsi importanti e potenti su tutto, come dicevamo tanto tempo fa, gli uomini sul mondo intero, governare sul mondo intero, le donne governare sull’uomo che governa il mondo intero. Il cambiamento non è sempre tale anche se può apparire, è da verificare se il modo di pensare è effettivamente cambiato dal modo in cui pensavano 2000 anni fa, per esempio il processo che è stato intentato da Roma nei confronti di Verre, processo che ha visto Cicerone come accusatore, è esattamente il processo a Mani pulite, con gli stessi capi d’accusa, le stesse questioni, gli stessi problemi e si tratta di un processo che si è svolto duemila anni fa, non è cambiato niente e non cambierà niente e non può cambiare niente a meno a che qualcuno non incominci a considerare il modo in cui funziona il suo pensiero, non tanto quello che pensa ma perché pensa quello che pensa e di conseguenza il modo in cui funziona il pensiero e inesorabilmente a questo punto come funziona il linguaggio, che è ciò che consente l’esistenza del pensiero. C’è la tecnologia certo, si trasmettono in tempo reale messaggi da qui a Mosca ma ciò che si dice, i messaggi che si scambiano i ragazzini e le ragazzine con gli sms velocissimi anche da un paese all’altro in tempo reale, dicono esattamente le stesse cose che si dicevano cento anni fa, trecento anni fa, mille anni fa, molto più rapidamente ma questo è solo una questione tecnica, occorre verificare se il modo di pensare degli umani è cambiato effettivamente oppure no. Da una prima occhiata si direbbe di no, visto che accadono esattamente le stesse cose che accadevano duemila anni fa: guerre, massacri, soprusi, prevaricazioni, non è cambiato assolutamente niente e, torno a dirvi, non può cambiare assolutamente niente …

Intervento: fa parte dello scontro per la sopravvivenza …

Io non andrei tanto a cercare nella preistoria il fatto della sopravivenza, nessuno ha bisogno più di ammazzare viso a viso l’orso per portarselo a casa, la questione si è mutata nel frattempo, non è più lo scontro fine a se stesso ma lo scontro è finalizzato a sottomettere l’altro, a piegare l’altro, in una parola ad avere ragione dell’altro. Occorre intendere perché gli umani vogliono avere ragione sull’altro, è questa la domanda che occorre porsi e alla quale è necessario rispondere, e il motivo è nel modo in cui sono fatti, ma non perché sono fatti così per natura o per altre cose, è perché ciò che li rende tali, cioè umani, che li costringe a fare quello che fanno e cioè la struttura stessa del linguaggio, se questa non è intesa e viene subita allora costringe a fare esattamente ciò che il linguaggio costringe a fare, cioè partire da qualcosa di vero, la premessa e cioè la propria verità, il proprio credo e giungere a una conclusione che deve essere vera e se deve essere vera deve essere imposta sugli altri, è questo che fanno, nient’altro, non è un granché ma questo fanno con tutte le varianti del caso …

Intervento: ciò è dovuto alla paura della differenza …

La differenza? Dipende, può arricchire oppure no, ma anche la differenza sorge in seguito a delle considerazioni: uno perché mai dovrebbe temere la differenza? Tecnicamente potrebbe non importargliene niente, ma non è così, molti continuano a pensare ai negri in un certo modo perché quando i cristiani sono andati per la prima volta in Africa e nell’America Latina hanno trovato persone di un altro colore, hanno immaginato che fossero una sorta di demoni, che fossero sporchi e cattivi. La sporcizia ha sempre qualcosa di nefasto e comunque è rimasto qualcosa di inquietante, insomma l’uomo nero, ma questa è una conseguenza. La differenza certo può portare a delle considerazioni, delle riflessioni anche importanti, interessanti, non sempre, non necessariamente, dipende da come la si intende, da come la si articola e questo dipende dal modo in cui si pensa: tecnicamente che una persona sia bianca, nera o blu, gialla o rossa potrebbe essere totalmente indifferente, se non lo è, è perché in relazione a un certo colore si è costruito un certo discorso, se lo si è costruito ci sono stati dei motivi, Daniela cosa dice riguardo a tutto ciò?

Intervento: non le si considera delle decisioni …

Sono quelle cose che comunemente si chiamano giochi linguistici. Ogni certezza costituisce un arma a doppio taglio, perché da sì sicurezza e appoggio ma è anche il limite oltre il quale il pensiero non va …

Intervento: io mi chiedo perché la storia non insegna? Facciamo gli stessi errori …

Sa perché non insegna niente? Perché ciascuno la legge come ritiene più opportuno, come il suo discorso decide, d’altra parte la storia insegna che i più forti vincono per esempio, così come è quasi sempre accaduto, per cui se uno si attenesse alla storia dovrebbe imporre la propria forza militarmente e massacrare tutti in omaggio alla storia, questa è una delle letture possibili…

Intervento: allora la storia non è una storia di eroi ma una storia di assassini …

Dipende, se perdono si chiamano assassini, se vincono, eroi.