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3 settembre 1998

 

Allora Roberto, cosa dice Kant? (La necessità del fenomeno per costruire... perché conferisce forza a ciò che sta intervenendo, cioè considerare qualcosa fuori dalla parola conferisce forza e potenza... Tecnicamente il rinvio non ha bisogno del fenomeno ma praticamente...) Interessante, dove ne parla (… ) Sì, intanto occorre stabilire se si tratta di una regola per giocare o di una procedura e come dici giustamente potrebbe apparire che logicamente tutte queste operazioni non siano necessarie, perché dovrebbe avere una maggiore cogenza una conclusione che supponga di sé di essere fuori dal linguaggio, tecnicamente, eppure in effetti funziona così. Tu cosa ne pensi? (Io penso che le possibilità di previsione siano maggiori perché considerarle all’interno del linguaggio non permette una serie di operazione o meglio la possibilità di considerare la serie di operazioni che si stanno facendo, penso che...) Cioè, stai dicendo che per proseguire a parlare occorre un qualche cosa per cui... che dica in un certo senso facciamo come se, facciamo finta che sia fuori dal linguaggio, allora segue tutta una serie di cose che sono praticabili, perché se no... (Non ci bado…) È come Office 97, si creano dei files da rimuovere, sì, potrebbe anche essere qualcosa del genere, che occorre inserire una stringa che affermi che è fuori dal linguaggio... potrebbe anche essere, perché se no tu dici non c’è la voglia di proseguire, ma in effetti in un certo senso avviene così di fatto, cioè si fa come se il parlare quotidiano... Anche all’interno del lavoro che stiamo facendo ciascuno di noi comunque, quando va dal tabaccaio o va a prendersi un caffè, si muove in un certo senso, poi bisognerà vedere esattamente quale, ma fa come se certe affermazioni fossero fuori dalla parola o comunque non fossero arbitrarie o comunque non avessero in ogni caso gli effetti che avrebbero inesorabilmente se fossero considerati fuori, strettamente arbitrarie. Operazione che compie una regola del gioco, in effetti giocando a poker io so che una regola del poker è del tutto arbitraria però mentre ci gioco... (...) Però, deve esserci qualcosa all’interno della struttura del linguaggio che compie una operazione simile a questa per potere proseguire, poi se è una cosa del genere si tratterà di verificare, se è una regola del gioco semplicemente oppure effettivamente una procedura, cioè se in assenza di una cosa del genere il linguaggio non è effettivamente praticabile. Perché il linguaggio, adesso facciamo un esempio paradossale, dove ciascun elemento rinvia immediatamente alla sua arbitrarietà, potrebbe rendere il linguaggio non praticabile … un elemento dunque che impone questa fra le regole, cioè che le regole del gioco che sta facendo non devono essere violate, però questo ancora non imporrebbe il fatto che sia considerata fuori dal linguaggio, c’è qualcosa che continua a sfuggirci, però possiamo provare a riflettere su che cosa consente che il linguaggio funzioni. Abbiamo visto le procedure, certo, sono un aspetto indubitabile; si tratta di verificare se sono soltanto queste o c’è dell’altro, perché se fossero soltanto quelle che abbiamo considerato allora questo elemento tecnicamente non sarebbe necessario per il funzionamento del linguaggio. Ci troviamo di fronte ad una situazione in cui teoricamente non sarebbe necessario però praticamente forse sì. E allora che cosa distingue il tecnicamente dal praticamente, distinzione che in questo ambito ha poco senso, se non una distinzione fra un aspetto logico e uno retorico, le procedure e la loro esecuzione. Parlando io emetto una serie di regole ovviamente, noi sappiamo che l’esistenza di regole è necessaria per il funzionamento del linguaggio, però considerare questa una regola è un po’ complicato, sarebbe una sorta di super regola, quella che regola tutte le regole. Vediamo intanto se è praticabile senza questa regola ovviamente, dunque ciascun elemento che io affermo so e non posso non sapere che è assolutamente arbitrario, questo lo impedisce? Se sì, in che modo? Sapendo che è una affermazione e queste stesse affermazioni che vado producendo sono strettamente arbitrarie, però questo non mi impedisce di produrle, vengono prodotte per il solo piacere di farlo o per la curiosità di incontrarne altre di più complesse più interessanti, quindi apparentemente non impedisce il funzionamento del linguaggio, almeno così di primo acchito, cioè tutto funziona benissimo anche se c’è la consapevolezza che ciascuna proposizione sia arbitraria. (Al momento in cui agisco è come se...) Perché dici questo? Io agisco in conseguenza a certe inferenze che so essere arbitrarie... (Nel momento in cui io scelgo ciò che scelgo deve avere un certo peso…) Forse sì, forse hai centrato... (Un valore logistico, cioè se vado dal tabaccaio serve questa regola...so che è arbitrario ma mi serve per potere vivere…) Sì, certo, proseguendo in questa direzione potremmo trovare qualcosa di interessante, cioè qualcosa accade nel momento in cui fra infinite possibilità ne utilizzo una, lì probabilmente avviene qualcosa, forse stavamo cercando qualcosa che è considerato fuori dal linguaggio, non necessariamente perché dovrebbe essere considerato così, però nel momento in cui una proposizione viene utilizzata altre vengono eliminate, nel momento in cui abbiamo deciso di utilizzare come assioma che non c’è uscita dal linguaggio e che gli umani in quanto parlanti parlano, abbiamo incominciato a utilizzare questa proposizione, che rimane arbitraria certo, però viene utilizzata, cioè ha una funzione che altre non hanno più, rispetto a questo discorso la proposizione che afferma che “ci ha creati Dio” non ha nessuna funzione e qui mi si affaccia... (I predicati per avere funzione devono appartenere al soggetto....cioè il soggetto deve essere in qualche modo diverso dal predicato...) Qui fra le varie proposizioni quelle che vengono utilizzate hanno pure una funzione differente rispetto a quelle che non vengono utilizzate, se non altro quelle di essere utilizzate… (Se vengono utilizzate delle proposizioni che affermano per esempio l’esistenza di dio implicitamente, come possono giocare il gioco del linguaggio?) Non tutte le proposizioni che intervengono vengono utilizzate per la costruzione delle altre proposizioni, solo questa sorta di scelta, di elezione, rende queste proposizioni particolari. Qui forse ci mancano i termini per precisare la questione perché ciascuna proposizione è utilizzata, il fatto stesso di essere una proposizione, un atto linguistico, ha un utilizzo ma alcune è come se fossero utilizzate in modo particolare, cioè vengono utilizzate per la costruzione di altre proposizioni, anche se ciascuna proposizione interviene utilizzata nella costruzione di altre. Come dire, si avverte, si intravede l’utilizzo che è differente ma non si riesce a definirlo in modo preciso, perché ciascuna cosa può dirsi dell’una può dirsi dell’altra. Eppure non tutte le proposizioni in un certo senso vengono utilizzate, per esempio nel discorso che andiamo facendo alcune vengono utilizzate altre no. Dobbiamo precisare questa nozione di utilizzo in qualche modo, se no la confusione conduce a perdersi. In che modo la proposizione “gli umani in quanto parlanti parlano” viene utilizzata e in che modo qualunque altra proposizione è utilizzata? Che differenza c’è fra l’uno utilizzo e l’altro? In entrambi i casi parliamo di utilizzo ma parlare di utilizzo in entrambi i casi ci svia. Forse, il riuscire a precisare questa differenza ci consente di avere un elemento in mano per potere proseguire, perché forse è proprio questo che ci manca, questo elemento, questo sì può essere necessario, è necessario che all’interno di una combinatoria linguistica degli elementi siano utilizzati: per dire una certa cosa possono usarsi infiniti modi però la si dice necessariamente in un modo. Ora, questo modo rispetto a tutti gli altri ha pure una priorità in qualche modo, ha un rilievo rispetto a tutti gli altri che sono esclusi, questa esclusione sembra evocare tutto ciò che abbiamo detto rispetto alle regole, le regole sono tali in quanto escludono o vietano delle mosse, quindi il fatto che un elemento sia utilizzato esclude l’utilizzo di altri ciascuna volta, cioè si impone nella combinatoria. Questo imporsi nella combinatoria forse indica ancora in modo un po’ vago, un po’ lontano, però forse è esattamente ciò che andiamo cercando, non tanto l’elemento fuori dalla parola … forse questo ci ha un po’ sviati, non è affatto un elemento fuori dalla parola ma è un elemento che assume all’interno della combinatoria necessariamente e non può non essere un rilievo particolare rispetto a tutti gli altri. Poi da qui può costruirsi sopra l’idea che sia fuori dalla parola. (…) Sì, non ha tutti i torti in effetti, quale elemento acquisisce il linguaggio? Tutti simultaneamente o di volta in volta quello che accade nella combinatoria, che risponde a certi requisiti e che sia utilizzabile dalla catena che lo sta producendo? Quando è utilizzabile dalla catena che lo sta producendo? Quando è deducibile da questa catena. Solo questo? (Deducibile da questa catena. Cosa intende? L’inferenza che mi permette di affermare che questo qualcosa è deducibile oppure che traggo da questa catena questo elemento?) Facciamo un esempio. In quello che stiamo facendo ciò che stiamo cercando è qualcosa che sia deducibile da tutto ciò che abbiamo posto come assioma fondamentale, quindi andiamo cercando un elemento, non soltanto una proposizione ma una definizione che risponda a dei requisiti, quali sono questi requisiti? Abbiamo detto prima che sia deducibile da tutto ciò che abbiamo stabilito ma che ci consenta anche in questo caso, apparentemente, di rispondere a una domanda in modo soddisfacente (Ci potrebbero essere molte risposte quale si deciderà nel momento in cui risponderò.) Infatti (...) Qualcosa del genere, anche se una volta che è dedotto, e risponde alla necessità di essere necessario, a questo punto viene accolto. È a questo punto che avviene un cambiamento, per il fatto di essere accolto all’interno di un discorso e quindi di una combinatoria, nel caso nostro di elemento non negabile per esempio; noi sappiamo che è comunque arbitrario ma viene accolto, cioè serve a che cosa? Serve a proseguire lungo questa via, occorre sì un passo ancora successivo però serve. Torniamo alla questione dell’utilizzo, è qui che si inceppa qualche cosa perché qualunque elemento se è linguistico è utilizzabile per definizione ma il fatto che sia utilizzabile non significa che sia utilizzato; al momento che viene utilizzato, ecco che assume una connotazione particolare. Si fa complicata la questione, eppure la soluzione potrebbe essere molto semplice come spesso accade...(....) Perché il linguaggio funzioni occorre che ci sia una sua esecuzione, il linguaggio è eseguibile, ed è anche eseguito, è eseguito quindi ci sono proposizioni che lui ha costruito. Questo risulta necessario perché se il linguaggio non costruisse proposizioni cesserebbe di essere linguaggio; queste proposizioni vengono costruite però a partire da regole che, come si diceva prima, vietano alcune operazioni, vietano delle mosse e quindi vengono costruite soltanto quelle che sono consentite dalle regole del gioco. Le proposizioni che risultano da questa operazione sono quelle che vengono accolte, come dire il linguaggio non può non costruire proposizioni. Le proposizioni vengono costruite a partire da regole che dicono come costruire; per esempio nel gioco che stiamo facendo la regola che ci si è imposta è quella di costruire proposizioni che risultino non negabili. Ogni volta che il linguaggio produce proposizioni è, come abbiamo visto, in atto un gioco; la finalità di questo gioco è quella di giocare se stesso, per poterlo fare ha bisogno di proposizioni che servono a questo gioco, come dire che necessariamente il linguaggio deve accogliere quelle proposizioni che servono il gioco. Quali sono le proposizioni che servono il gioco? Sono quelle che lo fanno continuare, quelle che lo rilanciano. Anche nel gioco del poker, tutto sommato, funziona una cosa del genere, cioè vengono accolte soltanto quelle mosse che consentono al gioco di proseguire fino all’esito del gioco che è la vincita o la perdita. In questo caso il gioco linguistico non prevede la vincita o la perdita ma, per così dire, la sua infinitizzazione. Quindi, le proposizione che vengono accolte, che hanno un rilievo particolare, sono quelle che consentono al gioco di proseguire, queste hanno sicuramente un rilievo che è superiore ad altre proposizioni. Nel discorso comune funziona qualcosa del genere? In un certo senso sì, in una qualunque conversazione ciascuno è come se cercasse una verità, perché nel discorso comune soltanto se si trova la verità si immagina che il discorso possa proseguire, e qui ci si riaggancia con qualcosa che diceva Roberto all’inizio, se tutto fosse considerato arbitrario sarebbe un macello. Il discorso comune trova la verità perché a questo punto c’è un punto fermo da cui proseguire, il che non è poi così lontano da quanto ho detto prima e cioè che il linguaggio cerca di costruire le proposizioni che consentano al gioco di proseguire. Forse qui c’è qualche cosa di prossimo a ciò che stiamo cercando perché, se pensate bene, anche nel discorso comune, nel luogo comune, la ricerca della verità è sempre qualche cosa che deve consentire, una volta trovata, una qualche altra cosa che non è mai fine a se stessa. Se, per esempio, veniamo a sapere che dio è la verità allora finalmente possiamo muoverci in un certo modo, possiamo dare un senso alle cose, tutto quanto acquista una direzione, occorre però questo elemento “fermo”, nel senso che potrebbe essere ferma la proposizione che serve al gioco per proseguire, è come se riconoscessimo la proposizione, “ecco, questa è funzionale al gioco per proseguire”, e quindi la utilizziamo, la teniamo lì… (La mantenesse nel dubbio!) No, fa lo stesso gioco anche dubitando di questo, dubita nel senso che immagina che non sia questa, che ci sia una verità in termini molto ampi e quindi si muove alla ricerca di qualche altra cosa, non fa una operazione così lontana, anche la proposizione che dubita del fatto che venga costruita da proposizioni immagina che sia costruita da altro per altri motivi, compie un’operazione molto simile. Però, è come se il linguaggio avesse bisogno di queste proposizioni “ferme” da cui muovere, esattamente come nel luogo comune. È sulla fermezza di queste proposizioni che occorre lavorare perché lì c’è qualcosa di importante, perché effettivamente è come se senza queste proposizioni non si potesse proseguire, come se occorresse avere intanto un elemento, “ecco questo è buono, lo mettiamo lì e su questo proseguiamo”, come se non si potesse proseguire sul nulla, il che è un po’ l’idea che poneva Roberto all’inizio, cioè del fatto che qualunque cosa è arbitraria, quindi nulla, può essere scelto per possedere qualcosa, così non si costruisce niente, si blocca tutto, è la paralisi totale. Sì, certo, c’è la necessità di questi elementi... (Sono casuali?) Casuale? Sì e no, non lo è all’interno del gioco che impone le sue regole, allora no, non è più arbitrario. Per esempio, le proposizioni che cerchiamo sono arbitrarie, certo, nel senso che si muovono in un ambito retorico ma non lo sono in quanto sono vincolate ad un gioco con delle regole molto precise. In questo senso non sono affatto arbitrarie, sono strettamente vincolate però sono indispensabili questi elementi, questi elementi che costituiscono come dei punti fermi, chiamiamoli così provvisoriamente, su cui un’altra proposizione possa essere costruita se no non può costruire. Quindi, come funziona il linguaggio? Costruisce proposizioni, certo! All’interno di un gioco è come se, perdonate la visione un po’ animistica, come se cercasse delle proposizioni che sono o funzionali al gioco o necessarie a che il gioco prosegua, è come se si appuntasse su queste proposizioni per poterne costruire altre, per far proseguire il gioco. In caso contrario effettivamente il linguaggio non potrebbe procedere, varrebbe la posizione dell’asino di Buridano, da una parte deve per forza andare, proprio per proseguire, e quindi è come se ci fosse una sorta di regola che impone che una proposizione sia accolta altrimenti non può proseguire. (....) Necessariamente occorre che qualcosa si dia perché qualcos’altro possa darsi. Le regole di ciascun gioco, perché il gioco possa proseguire, devono continuare ad essere mantenute, e per essere mantenute possono accogliere soltanto proposizioni che sono deducibili, per così dire, dalle regole, che quindi le mantengono. In effetti, è come se ciascun gioco imponesse di accogliere e mantenere soltanto le sue stesse regole, questo deve essere mantenuto, su questo poggia per potere giocare, cioè sulle sue regole. Sono forse le uniche proposizioni, quelle che enunciano le regole o quelle dedotte dalle stesse regole, quelle che non possono non essere accolte perché varrebbe a eliminare, a eludere, la regola del gioco e quindi alla cessazione immediata del gioco (Questo vuol dire che si può fare un solo gioco?...) No, possono farsi milioni di giochi, anche simultaneamente, ciascuno di questi è fatto di regole se no non sarebbe un gioco...

Cambio cassetta

… si fa un altro gioco che ha altre regole, le regole del tre sette non variano, come anche le regole del poker, le sue regole non cambiano, io faccio un altro gioco e quindi cesso di utilizzare delle regole che appartengono a quel gioco e ne faccio un altro. Ma, così come posso giocare simultaneamente, altri giochi, praticamente infiniti giochi si potrebbe dire, non si escludono, ciascuno segue rigidamente e rigorosamente le sue regole... lei dice cosa fa sì che da un gioco uno possa passare ad un altro... (Potrebbe essere un discorso pragmatico…) Sì, certo, io decido di passare col rosso, butto l’occhio e vedo la pattuglia della polizia, pertanto decido di passare col verde. Ho cambiato gioco, certo; in questo caso la convenienza è inesorabile. Quello che sto dicendo non è tanto questo ma la questione fondamentale che forse ha dimostrato un aspetto direi marginale però ... perché ciò che necessariamente deve essere accolto sono le regole del gioco, queste sono le uniche cose che permangono, e tutto ciò che ne è dedotto necessariamente, sono le uniche proposizioni che non possono non essere accolte se no il gioco cessa di esistere (...) Sì, però abbiamo aggiunto un elemento a ciò che necessariamente si impone... almeno le proposizioni che vengono accolte, quali sono accolte necessariamente nel gioco? Quelle che attengono e mantengono le regole del gioco se no il gioco si dissolverebbe, che ci siano delle regole per giocare è necessario che sia. (....) Esatto, infatti abbiamo detto che l’esistenza delle regole è necessaria e pertanto fa parte di una procedura, certo non quale regola, questo attiene alla retorica. Abbiamo aggiunto un granellino in più in questo percorso, però devo andare a vedere questa cosa di Kant, lui ogni tanto sfiora la questione di quell’elemento che è necessario perché il discorso possa proseguire, delle proposizioni che devono esserci, poi se uno volesse tirarla per i capelli anche la cosa in sé di cui parla, facendo tutta una serie di passaggi, può essere accostata a una regola del gioco. A me piace poco fare questa operazione, tirare per i capelli, adattare come una sorta di gomma qualunque cosa su qualunque altra... (....) … e così per altro avviene nell’ambito soprattutto filosofico universitario, è una operazione che viene fatta a profusione, direi che è l’attività principale, però posta questa questioncella adesso occorre considerarla in termini precisi, cioè occorre vedere nel luogo comune in effetti se anche in quel caso funziona, probabilmente funziona allo stesso modo, tutto ciò che è accolto è ciò che attiene alle regole che ci sono più o meno consapevolmente ma che comunque vengono accolte per fare quel gioco. Solo quelle proposizioni vengono accolte, quelle che consentono al gioco di proseguire, e quindi al linguaggio di esistere, quindi consentono a tutto di esistere, consentono l’esistenza dell’esistenza, chi più ne ha più ne metta... (Come facciamo a dire che il discorso che consideri il linguaggio...) Ha maggiore cogenza di quell’altro? In effetti, poi abbiamo abbandonato questa via, ci pareva poco redditizia quella dell’elemento fuori dal linguaggio, abbiamo piegato invece di considerare quelle proposizioni che vengono accolte nel linguaggio anche non considerandole fuori dal linguaggio ma all’interno di una struttura e quindi, certo, hanno maggiore cogenza. Quelle che consentono al gioco di proseguire necessariamente cioè quelle che sono fatte delle regole del gioco (Allora se uno passa col rosso...) No, perché io non sono costretto ad un solo gioco, posso variarlo in qualunque momento ma in quel gioco, certo, ha delle regole che sono quelle e poi lo stesso gioco può variare eventualmente ma la questione è che se è un gioco necessariamente ha delle regole, poi che vari, tutto sommato, è marginale. Qualunque gioco sia anche se lo vari, una volta che è variato, comunque per essere un gioco deve avere delle regole, cioè deve escludere delle mosse, e quindi tutte quelle proposizioni che intervengono a mantenere il gioco o sono le regole stesse o sono deducibili dalle regole. Sono quelle che hanno cogenza, cioè sono quelle che sono utilizzate per la produzione (Ogni gioco è necessario…) Sicuramente, che lo si faccia no, ma quale sì, certo, esattamente come il poker, lei ha le carte in mano, ha tre sette e due jack, può utilizzarle in vario modo queste carte, ma se ... dalle regole non può uscire. Può utilizzarle per fare un castello? Può anche scartarle e sperare in una scale reale massima....ma sempre (....) (La produzione delle regole…) Sì, perché se no non si può giocare, in effetti. Posta in questi termini risulta assolutamente necessario che sia, non solo è ma è necessario che sia (...)