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3-4-2013

 

Ultimamente ho accennato spesso alla semiotica, quindi ho pensato che fosse il caso di dirne qualcosa. Molte persone si sono occupate di semiotica, a partire da De Saussure, Hjelmslev, Benveniste, Tesnière, Brøndal, Martinet, Merleau-Ponty, Dumézil, Lévi-Strauss, Propp, Jakobson, Barthes, ma considereremo un autore in particolare, Julien Algirdas Greimas. È uno dei personaggi di spicco della semiotica, forse quello che ha dato uno dei maggiori contributi, insieme a De Saussure e Hjelmslev, dal quale ha preso buona parte delle cose. Il progetto di Greimas con la sua semiotica è stato quello di descrivere come si produce una semiosi, cioè come si produce il senso, il significato delle cose in generale, ma in particolare considerando non più come fece De Saussure il segno, o come fece Hjelmslev la frase, ma il testo. Intanto occorre dire non è propriamente una teoria del linguaggio, non spiega come avvengono certe cose, ma è una descrizione di come si produce il senso. La prima cosa che fa è considerare che un testo si presenta come un tutto organico, composto da un piano dell’espressione e un piano del contenuto, cosa che aveva già fatto De Saussure, solo che li chiamava significante/significato, l’aveva già fatta anche Hjelmslev tra l’altro. L’espressione riguarda l’aspetto fonetico della realizzazione di un testo e quindi incomincia a considerare i fonemi, i fonemi che sono delle strutture fatte di pacchetti di femi, i femi sono gli elementi minimi, per esempio in /gara/ e /cara/ la /g/ e la /c/ sono tratti distintivi, gli altri elementi invece sono uguali, i femi sono gli stessi, però la /g/ e la /c/ fanno la differenza. Il tratto distintivo è ciò che consente la differenziazione fra un fonema e un altro, ma l’idea originaria, che poi abbandonò negli anni 60, lui l’ha chiamata “l’illusione degli anni ‘60”: così come è possibile sul piano dell’espressione stabilire un numero limitato e quindi finito di elementi, la stessa cosa immaginava fosse possibile nel piano del contenuto, cioè del significato. Ma ha constatato che non era possibile, data la infinita grandezza e varietà e possibilità dei significati, cioè questo parallelismo, questa corrispondenza tra suono e significato non reggeva, e infatti abbandonò il piano dell’espressione di cui non si occupò più, per dedicarsi interamente al piano del contenuto. Il piano del contenuto, vale a dire come accade che una sequenza produca del significato, come succede questo fenomeno? Incominciò da qualcosa di più radicale, di più immanente, cioè qualche cosa che è sempre presente, che c’è sempre necessariamente perché si produca del senso, e ricorre a una figura antica, che era il quadrato logico, volgendolo però, utilizzandolo come “quadrato semiotico”. Il quadrato logico ha la funzione di stabilire quale sequenza è vera e quale è falsa, il quadrato semiotico no ovviamente, l’intendimento del quadrato semiotico è quello di mostrare come si produce il senso. Dunque prendiamo un quadrato semiotico semplicissimo, per esempio l’opposizione tra vita e morte, o uomo/donna. Vita/morte sono contrari e poi seguendo il quadrato logico abbiamo i contraddittori “vita/non vita, morte/non morte” poi abbiamo dei sub contrari e dei subalterni, subalterni sarebbero “vita/non morte”, “morte/non vita”. L’idea di Greimas è questa: da un termine “vita” negando questo termine cioè utilizzando la deissi, “deissi” è un indicatore, quindi “vita/non vita” si produce “morte”. Come dire che dalla negazione di un elemento si produce un terzo elemento, si produce con questo una semiosi, un significato, compare il significato “morte” dalla negazione di un termine. Così come, per esempio, dal quadrato semiotico composto dai termini uomo/donna, si produce uomo/non uomo ® donna. Ciò che si produce come semiosi dai contrari uomo/donna è la sessualità, perché, adesso parleremo anche dei semi e dei sememi ma, è la sessualità, ciò che compare dalle subcontrarie, è la non sessualità, cioè l’asessualità, cioè non donna e non uomo. Questi termini per esempio uomo/donna che sono stati utilizzati all’interno del quadrato semiotico sono composti da minimi elementi di significazione che sono i semi per esempio Uomo ® animale/umano/maschio, Donna ® animale/umano/femmina, ecco questi sono i semi. È chiaro che i semi da soli dicono soltanto qual è l’uso che può farsi di un termine, che sarebbe il lessema, anzi più propriamente il lemma, quello del dizionario, che dice che cosa necessariamente una cosa è per essere utilizzata, ma, dice Greimas, non basta una cosa del genere, anche perché il lessema non compare mai da solo, compare sempre all’interno di un racconto, di una narrazione, e quindi a questi semi che lui chiama semi nucleari, si aggiungono dei classemi. I classemi sono altri semi che intervengono come surplus di significazione nel momento in cui i semi sono introdotti all’interno di un discorso. Quando dico “tavolo”, so qual è la definizione di tavolo, però è quando è inserito in un discorso che acquista un surplus di significazione e quindi si dice qualche cosa, se io dicessi: “tavolo”, ciascuno di voi sa che cos’è ma non sa perché ho detto “tavolo” né in che accezione lo intendo, non sa nulla finché non lo inserisco in un discorso, “questo tavolo serve a questo e questo, mi ricorda quest’altro, eccetera”. Potremmo dire che l’elemento linguistico che viene utilizzato in un discorso rappresenta la denotazione, come era in Frege, e poi tutto ciò che si aggiunge, il surplus di significazione è la connotazione. Tutto questo serve a Greimas per fare un passo ulteriore. Questa produzione che avviene a partire da quella che potremmo chiamare la minima unità, quella che lui considera e cioè il quadrato semiotico, ovviamente da solo non dice molto, ciascuna volta queste quattro posizioni del quadrato vengono utilizzate da personaggi, perché il semema di per sé è un’entità astratta, è solo nel racconto che incomincia a prendere una forma, e cioè c’è qualcuno che lo dice, e lo dice per un motivo, e il motivo lo porta a fare una certa cosa, e allora, riprendendo da Propp che per primo ha considerato la fiaba in un certo modo, e cioè non più che cosa fanno, chi sono i personaggi eccetera ma in base unicamente al loro fare, al loro agire quindi alle funzioni, Propp ne individua trentuno e Greimas riprende questa teoria delle funzioni e la volge nella teoria degli attanti. Individua sei attanti, cioè le funzioni che intervengono sempre in un racconto: il soggetto, oggetto, adiuvante, oppositore, destinante e destinatore. Il destinante sarebbe colui che destina. Supponiamo un raccontino dove c’è il principe che deve liberare la principessa nella torre guardata a vista dal drago, allora il soggetto è il principe, l’oggetto è la principessa (l’oggetto è ciò che il soggetto vuole ottenere) poi ci sono gli adiuvanti e gli opponenti, l’adiuvante può essere una spada magica, l’opponente il drago che impedisce di raggiungere l’oggetto, poi c’è il destinante che può essere il re per esempio, che ha perduto la figlia che è stata rapita dal drago, destinatario è per esempio il matrimonio con la principessa, il vivere felice. Gli attanti sono figure astratte, un attante può essere molti soggetti, così come un adiuvante può essere molte cose, il destinatario è il “e vissero felici e contenti”. Una cosa del genere è molto semplice da rilevare in una favoletta del genere, o in tutte le favole che aveva considerate Propp, le favolette che gli raccontava la nonna, ma provate a considerare anziché una favoletta la Divina Commedia. È più complicato, cionondimeno anche in questo caso è possibile situare i vari attanti di Greimas; il soggetto è Dante, l’oggetto è quello che dice all’inizio “la diritta via era smarrita” e quindi l’oggetto è ritrovare “la diritta via”, poi c’è un adiuvante, Virgilio prima, Beatrice dopo, all’inizio c’è un opponente che sembra impedirgli di proseguire e cioè la lonza, che sembra impedirgli di incedere il passo, poi c’è un destinante, chi è il destinante in tutto ciò? Chi gli fa fare questo percorso? La fede in dio, e c’è un destinatario che è il paradiso e cioè il raggiungimento dell’obiettivo finale. Dunque è possibile inserire tutte queste varie attanziali, ma questo a che scopo? Ciò che rileva Greimas è che ciascuno di questi attanti, qualunque esso sia, fa una serie di cose, cioè muove verso qualche cosa e c’è sempre qualcuno che lo impedisce oppure che lo aiuta, oppure che lo depista, c’è sempre qualche cosa che interviene nel racconto in modo tale che ci siano sempre dei rinvii per cui non riesce a ottenere quello che vuole, quindi deve andare a cercare quel particolare ninnolo che gli consente poi di fare questo. Ma inserire la Divina Commedia in questa struttura attanziale a che cosa ci serve? Ci serve a individuare delle posizioni, una volta individuate le posizioni, si tratta di vedere come di volta in volta ciascuna di queste posizioni si muove, per esempio la lonza impedisce, la lonza è un’allegoria di una certa cosa e riguarda certe altre cose, il raggiungimento del paradiso, perché è il luogo dove tutti gli umani buoni devono andare eccetera, ogni volta c’è come un racconto all’interno che inserisce un quantità enorme di aspetti, di fatti. La sua Semantica strutturale incomincia con cose molto semplici, come appunto la base da cui parte, cioè il quadrato semiotico, ma via via diventa di una complessità incredibile perché deve tenere conto di tutte le possibili varianti che intervengono, e in effetti per lui il racconto non è altro che l’intervento di una variazione all’interno di uno stato di quiete, omogeneo, ogni volta che interviene una variazione si producono degli effetti, ci sono delle persone che fanno, ci sono delle persone che non vogliono che si faccia, con i loro motivi, con le loro storie eccetera. Tutto questo come potete facilmente immaginare porta a una complessità enorme e infatti si è guardato bene dal considerare testi come Ulisse di Joyce o la Ricerca del tempo perduto di Proust o la Divina Commedia di Dante, e non era neanche il suo intendimento, lui cercava soltanto di trovare che cosa c’è sempre all’interno di un racconto e fare una sorta di tassonomia, una catalogazione di tutte le possibili varianti che intervengono, e cioè individuare di volta in volta che cosa i personaggi fanno, che cosa lo spinge a fare, e il fare modifica l’essere, e l’essere modifica a sua volta il fare, in una continua modificazione di elementi che intervengono a costituire il testo, come dicevo prima, sempre più complesso. C’è un aspetto importante, che è stato importante non soltanto per la semiotica che riguarda quel fenomeno che lui chiama in francese “débrayage” che sarebbe il “disinnesco” letteralmente: quando c’è un personaggio e insieme a questo personaggio ci sono degli altri elementi, i deittici, non ci sono solo i pronomi Io, Tu, ma i deittici Qui, Adesso, che indicano delle posizioni precise. L’intervento di questi elementi costituisce quel momento in cui una persona “facendo questo” mostra di avere una competenza, un saper fare, una competenza che ha acquisita, mostra che questa persona si colloca in una posizione precisa, dicendo Io si mette in una posizione che la separa da una posizione che è non Io, ponendosi Qui si pone in una posizione che lo separa da ciò che non è qui, ponendosi Ora si separa da tutto ciò che in questo momento non è ora. Questa individuazione è importante perché lo porta, e su questo ha lavorato anche Benveniste a proposito dell’enunciazione, lo porta a considerare che il soggetto si costituisce nel momento in cui si altera, cioè l’Io diventa non Io, è soltanto dividendosi da ciò che non è Io che questo Io è qualcosa, io posso dire “io” in relazione a un tu, a un voi, a qualche cosa. “Io” è tale solo in una relazione, cosa che lo aveva portato in precedenza e quindi nella Semantica Strutturale, a considerare che il semema, questa unità astratta, è tale soltanto in relazione ad altri, da solo non è niente, soltanto in relazione ad altri acquista il significato cioè può produrre la semiosi, cosa che aveva già detto De Saussure “il significante è tale solo in una relazione differenziale con tutti gli altri significanti” quindi non c’è niente di nuovo in tutto ciò. C’è una famosissima frase di Rimbaud che dice appunto “io è un altro”, questione che è stata ripresa poi dalla psicanalisi abbondantemente per indicare che la semiosi, cioè la produzione di senso, avviene all’interno del racconto e non può essere prodotta fuori dal racconto, fuori dal racconto non si produce niente, soltanto nel racconto c’è il soggetto, c’è qualcuno, e costituendosi questo soggetto all’interno del racconto cioè dicendo “io” nel momento in cui dice “io” si estranea, si altera perché si rapporta inesorabilmente con il “non io” che lo produce come “io” come contraccolpo. Questa è una questione importante, è uno degli apporti importanti della semiotica in particolare di Greimas ma anche di Benveniste. È stata importantissima, per due aspetti soprattutto, il fatto che ciascun elemento della narrazione, ciascun sema addirittura, non ha nessun senso fuori dal racconto perché lo trae soltanto all’interno del racconto, e così il soggetto, l’Io si costituisce come tale soltanto in questa estraneazione, in questo estraniarsi perché è soltanto il non Io che può costituirlo, come dicevo prima aprés coup, come Io e quindi l’Io è tale solo in quanto diviso, tant’è che Lacan scrive il soggetto barrato, diviso, viene da lì, quindi che cos’è un racconto per Greimas? Un racconto non è altro che l’intervento di qualcosa che trasforma uno stato, questo è il racconto, e lui si ingegna, si adopera per individuare tutti i modi in cui avviene questa trasformazione. Come vi dicevo non è una teoria del linguaggio propriamente, è una descrizione del processo di semiosi, la descrive come se la fotografasse, sempre riconducendola al punto di partenza cioè al quadrato semiotico, perché è quello che produce il senso, come il débrayage per cui dall’Io che produce il non Io, che a sua volta viene prodotto dal non Io, così il quadrato semiotico produce attraverso la negazione di un elemento un altro elemento, dato S1, negandolo si produce non S1, da cui si produce S2. La teoria di Greimas consiste in questo, nel fatto che il quadrato semiotico è l’elemento minimo di produzione di senso che lui chiama “semiotica generativa” perché si genera, si genera non storicamente, lui non fa un percorso storico a ritroso, semplicemente di un racconto ne individua gli elementi immanenti, cioè necessari perché si produca quel senso che si sta producendo in quel racconto. Il senso si produce in base a questo quadrato semiotico, da opposizioni, cioè negando un elemento, se dico che non è quello allora sarà un altro e quest’altro compare, emerge, come dice lui, si produce. Ma adesso vediamo anche i limiti della semiotica, i motivi, per esempio, per cui Verdiglione ha abbandonato la semiotica, pur dovendole molto, sono principalmente il fatto che la semiotica considera la narrazione come una struttura fatta a piani, si parte dal quadrato che genera un altro piano, il quale per complessità, per accrescimento di senso, genera altri piani in una sorta di gerarchia, fa una sorta di gerarchizzazione di livelli semantici, cioè di senso, di significato. Verdiglione si oppose a questo dicendo che non c’è una profondità ma soltanto superficie, perché le cose non hanno un riferimento in ciò che sta sotto ma in ciò che sta a fianco, questo perché parlando, ciò che si produce non può essere generato da qualcosa che preesiste, come per Greimas, ma avviene in una simultaneità. Poi c’è un altro problema, e cioè che considera il racconto come una porzione di realtà, che lui considera, per Greimas, extralinguistica, cioè esiste tutto il mondo che il soggetto ritaglia al di fuori di sé: questo mondo è reale, non è prodotto dal linguaggio, gli elementi linguistici si producono da altri elementi linguistici cioè non hanno come referente propriamente le cose, ma sono le cose tuttavia che inducono il soggetto a muoversi, a fare delle cose, perché è il soggetto che vuole una certa cosa, incomincia a innescare un processo di semiosi, cioè di significato, perché per lui quella cosa vale molto quindi la vuole avere e l’altro gliela porta via, quell’altro lo depista, quell’altro gliela sottrae, quell’altro gli fa una cosa, tutto questo sì avviene nel racconto, ma il racconto è mosso, è innescato da qualche cosa che propriamente racconto non è, questo è il limite della semiotica. Il problema della semiotica è che considera il linguaggio naturale e non riesce a uscire dal linguaggio naturale, quindi descrive il linguaggio naturale all’interno del linguaggio naturale utilizzando le stesse parole, quindi si è dovuto inventare un metalinguaggio, un metalinguaggio che è quello che considera il linguaggio oggetto e poi un meta, metalinguaggio che è l’ordinamento che dà questo primo metalinguaggio, e infine un meta, meta metalinguaggio che sarebbe l’episteme e cioè la validità, la coerenza, della metodologia usata. Tutti questi metalinguaggi per la psicanalisi, per Verdiglione in particolare, non esistono, perché non c’è una lingua naturale. Per De Saussure c’è, è quella parlata dai più, è la lingua materna, la lingua che dopo tutto per Greimas è controllabile perché è descrivibile il processo di generazione del senso. Per Verdiglione no, non è descrivibile il processo di generazione del senso perché interviene la rimozione, l’inconscio e tutte queste storie, ma il motivo per cui abbandonò la semiotica, è che impediva al senso di prodursi come effetto della rimozione e quindi come irruzione dell’inconscio all’interno del discorso. Tutto questo non c’è in Greimas, c’è una struttura che è immanente che è quella, che è sempre la stessa e in parte non ha torto, è il problema che abbiamo rilevato già da tempo, e cioè il fatto che un elemento linguistico per potere essere utilizzato occorre che sia riconosciuto dal sistema come un elemento linguistico con certe caratteristiche, e allora viene utilizzato, questo portava delle aporie irresolubili dalle quali siamo usciti attraverso il lavoro che ha fatto Turing, Von Neumann, l’informatica, e cioè le istruzioni. Un elemento non è quello che è per virtù divina, perché effettivamente se un elemento è tale, una persona nasce e già ci sono queste cose, come se fossero unità stabili, definite una volta per tutte, e con questo la psicanalisi ha a che poco a che fare, quella di Verdiglione in particolare. L’oggetto è l’oggetto, che poi viene inserito nel racconto ma è proprio in quanto oggetto extralinguistico che mette in moto il racconto, come dire che il racconto è sì è una narrazione, ma di qualche cosa che narrazione non è. Per compiere questo passaggio c’è voluto Verdiglione, che ha inserito l’oggetto nella parola. Porre l’oggetto nella parola pare sì inevitabile, però porta anche delle aporie che abbiamo rilevate e che abbiamo dissolte come dicevo prima con l’informatica, e cioè intendendo come avviene che da un pezzo di ferro si costruisca qualcosa che incomincia a parlare e a pensare. Questo è rapidissimamente la teoria di Greimas intorno alla semantica strutturale, che è una semantica come abbiamo visto generativa, muove da un elemento di base e tutto quanto avviene da opposizioni, questo è il punto di partenza: io nego una cosa e negandola ecco che compare un terzo elemento, che se S1 non è S1 allora sarà S2, e incomincia a generarsi il senso o come dicevamo prima Uomo, non Uomo, Donna, la Sessualità e poi nella barra delle subcontrarie si produce un altro elemento, che non c’era, la non Sessualità, per esempio gli angeli e tutto il senso di un racconto si produce così, passo dopo passo, sempre più complesso, e arriva alla fine a considerare le passioni. Ciò che muove veramente gli umani sono le passioni, quindi occorre inserire un’altra categoria “timica”, che sarebbe l’affetto, il cuore, le passioni, questo produce una deissi assiologia: deissi è la freccia, assiologia vuol dire che è una direzione “assiologia” vuol dire i valori, ciò che conta. Questa deissi assiologia che introduce nella grammatica delle passioni gli serve per esplorare anche questo aspetto, che alla fine rileva essere importante, perché è soltanto se qualcosa ha valore muove qualcuno: è perché la principessa ha valore per il principe che sfida il drago. Queste direzioni, cioè queste deissi, per esempio vita/morte possono cambiare completamente. La vita si intende come un valore positivo, ma lui fa l’esempio di un tizio che è stanco, deluso, vecchio, che non ha più voglia di niente, per lui la morte può essere un sollievo e quindi cambia la deissi assiologica, la direzione dei valori cambia, la morte non è più un valore negativo ma diventa un valore positivo, se diventa un valore positivo allora deve essere ricercato, e allora questo valore mette in moto altre cose, altri pensieri eccetera. L’assiologia la riconduce comunque sempre al quadrato semiotico di partenza, cioè al fatto che alcune cose sono in opposizione con altre e quindi producono altri elementi, sono sempre comunque opposizioni tra elementi, e quindi pone la negazione come qualcosa di necessario per potere avviare una semiosi. Questione discutibile perché la negazione è sempre negazione di qualcosa quindi occorre un’affermazione perché possa darsi una negazione e quindi io possa, negando questa affermazione, affermare un qualche cos’altro, se non c’è un’affermazione la negazione è la negazione di nulla, quindi fa nulla. Qual è l’interesse che potrebbe avere ancora oggi per noi, se ne ha uno, la semiotica in particolare quella che abbiamo considerato questa sera che sicuramente è una delle più note e delle più praticate, ci interessa ancora qualcosa o non ce ne facciamo niente? Ciò che probabilmente aveva da dare la semiotica l’ha già dato, ciò che stiamo considerando adesso, cioè la questione del potere, se posto semioticamente non è che dica un granché; dopo che abbiamo individuato di volta in volta i vari attanti in un racconto, che è sempre una ricerca del potere comunque ciò che fa muovere il soggetto, ciò che impedisce, tutte le cose infinite che può fare non è che ci dica un granché perché è la struttura del linguaggio, il modo in cui funziona il linguaggio che produce il potere. Per Greimas per esempio il potere potrebbe prodursi dal fatto che non ho qualche cosa e allora ecco che l’oggetto sarebbe mancante, quindi il soggetto vuole raggiungere l’oggetto con tutti gli annessi e connessi, ma non dice nulla del perché al soggetto mancherebbe qualche. Perché qualcuno vuole qualcosa? Greimas fa una descrizione di come avvengono i movimenti, i passaggi eccetera per il tizio per raggiungere il potere è una considerazione che lascia il tempo che trova, perché non ci dice nulla sul motivo, sul perché uno dovrebbe volere qualche cosa, che cosa lo spinge a cercare il potere.