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3-1-2008

 

Nessuna questione intorno a ciò che dicevamo la volta scorsa?

Intervento:ci  si chiedeva se il linguaggio necessita di partire da una tautologia quindi dall’identità a sé di un elemento oppure se non è necessario perché il linguaggio funzioni… non è che sia così semplice la questione… partire da una tautologia significa poter procedere deduttivamente traendo man mano delle proposizioni che mantengano la coerenza fino alla conclusione e quindi mantengano la necessità della costrizione logica mentre come Lei diceva se si procedesse induttivamente e quindi non da una tautologia ma da un luogo comune a questo punto funzionerebbe lo stesso questo sistema? Funziona però allora a quel punto non mantiene più la coerenza e quindi la costrizione logica che serve per portare avanti l’elaborazione così come stiamo procedendo perché tutto quello che noi stiamo costruendo lo stiamo costruendo proprio a partire da una costrizione logica quindi la mia domanda prima era da che cos’altro può partire se non da una tautologia, da quale premessa? Beh partendo da un’inferenza causale, da un’induzione come quella che afferma che il sole sorge tutte le mattine e quindi sorgerà sempre, questo non mantiene più quella coerenza di cui si parlava e quindi non ci permette più di giocare questo gioco…

La volta scorsa si è parlato del principio di identità, la questione è questa: se il linguaggio necessita come base, come punto di partenza, come fondamento di una tautologia per avviarsi oppure no.

Intervento: dicevamo che gli umani imparano a parlare in un certo modo la funzione della dimostrazione ostensiva “questo è questo”… se prendiamo quello che diceva De Saussure che il linguaggio procede solo per differenze…

Procede, non sorge…

Intervento: esatto se procede solo per differenze occorre che inizi con una tautologia che stabilisca una identità perché possa esistere l’inferenza… il problema secondo me è quale tautologia perché per esempio dire che ogni cosa è un elemento linguistico è come dire questo è linguaggio, come dire il linguaggio è linguaggio, questa può essere la tautologia che può determinare una prosecuzione differente se invece dico che questo è questo nel senso che questo è qualche cosa di reale e quindi questo è questo ma non è linguaggio perché è altro allora di lì procede sempre con il linguaggio perché ovviamente… ma con un altro tipo di referente…

Intervento: come il discorso occidentale e quindi qualsiasi cosa è uguale a qualsiasi altra tutto sommato e allora non funziona più il principio di non contraddizione, sì funziona ovviamente per la formazione di proposizioni ma non interviene la contraddizione come qualcosa che va ad inficiare delle direzioni di pensiero, le persone continuano a parlare e si contraddicono bellamente senza accorgersi di ciò che stanno facendo…

Intervento: c’è qualche cosa comunque alla base, come nella religione… ogni religione ha come fondamento una certa cosa che regge tutta una serie di cose… ogni religione pone a fondamento una certa cosa e si differenzia… le società, le tribù, il modo di parlare in funzione di questo qualcosa che viene messo a fondamento e quindi ecco perché le civiltà sono differenti perché a fondamento c’è qualche cosa di differente e quindi tornando al discorso porre a fondamento del discorso questa tautologia il fatto che il linguaggio è linguaggio è come dire che qualsiasi cosa produce, che cosa poi alla fine? Produce il fatto che comunque qualunque cosa è riferita al linguaggio, è il linguaggio il referente di ciascuna cosa se io invece pongo qualche cos’altro allora tutte le cose esistono perché esiste questo qualcosa… grazie a dio esistono tutte le cose…

Intervento: infatti il luogo pone appunto la realtà come punto di partenza… sembrerebbe che non avesse bisogno di una tautologia il luogo comune per far partire il linguaggio…

Sembrerebbe, ma è proprio così? Per il momento sembra una tautologia, forse la questione è più semplice di quanto potrebbe apparire forse poiché la tautologia non è qualche cosa che esiste da qualche parte identica a sé, è sempre la struttura del linguaggio che decide che cosa è identico a sé anche per incominciare, mi spiego meglio: sto dicendo che è il linguaggio che decide che cosa è una tautologia e cioè una proposizione che afferma di sé di essere se stessa, ma il fatto che sia se stessa dipende soltanto dal fatto che il linguaggio lo stabilisce? Sì e no, si nel senso che certo non può essere che lui, no perché si attiene anche lui a delle regole che lo fanno funzionare. Per il linguaggio quando una cosa è identica a sé? Quando non afferma di sé di essere diversa da sé naturalmente, come può fare questo? Gli strumenti li ha, dicevamo l’altra volta dell’avvio, dell’avviarsi del linguaggio, dicevamo del questo è questo, naturalmente stiamo considerando la questione in termini ancora più radicali di quello che abbiamo fatto fino adesso, abbiamo sempre detto che l’identità è uno degli elementi che lo fa funzionare cioè ciascun elemento deve potersi riconoscere e di conseguenza distinguere da ciascun altro…

Intervento: deve diventare un individuo, indivisibile…

Sì certo, però deve essere implicito nel suo funzionamento, non può prenderlo da altro. Come funziona il linguaggio? Proviamo a considerare il suo funzionamento grammaticale e sintattico, la cosa fondamentale abbiamo detto è che ciò che viene posto, qualunque cosa sia per il momento non ha nessuna importanza, non deve essere simultaneamente affermata e negata e c’è un motivo per cui non può fare questo, il linguaggio cioè non può dire che Stefania esiste e non esiste, o una cosa o l’altra tertium non datur, non si dà una terza possibilità perché sarebbe in questo caso, per il linguaggio, affermare che una qualunque cosa è un elemento linguistico ma anche che non lo è, per esempio, il che comporta un problema perché se non è un elemento linguistico allora si trova di fronte a un paradosso perché se è il linguaggio che lo sta considerando, lo sta dicendo, allora è un elemento linguistico, affermare che non lo è comporta quella figura nota come paradosso e che succede quando c’è un paradosso? Ciò che sappiamo è che si arresta, non può proseguire, non può proseguire perché non c’è la direzione perché ci sono tutte le direzioni, come dicevano i medioevali ex falso quodlibet, dal falso si può trarre qualunque cosa. X è vero se e soltanto se non lo è, questa è la struttura del paradosso che comporta l’arresto del linguaggio perché come dicevo prima è come se non ci fosse più la direzione, lo si avverte parlando che questa direzione si trasforma in assenza di senso cioè ciò che si dice non ha più nessun senso per cui non procede. Può procedere se e soltanto se ciò che afferma non contraddice ciò da cui è partito cioè non costruisce un paradosso, ma tutto questo dove ci porta? A intendere sì certo che il linguaggio per funzionare non deve contraddire ciò da cui muove ma perché non lo faccia deve sapere ciò da cui muove e per sapere che cos’è ciò da cui muove occorre che questo qualcosa sia individuabile cioè reso individuo, e cioè corrisponda a quello che nella logica si chiama comunemente tautologia cioè quello che è e non è altro perché altrimenti la premessa è quello pseudoscoto di cui dicevamo: ex falso quodlibet. Quindi se la premessa non è né vera né falsa è qualunque cosa e il suo contrario, si può trarre qualunque direzione e quindi non c’è un verso, un senso e questo ci indurrebbe a pensare che ciascuna premessa… brevemente diciamo così: che sia non necessariamente una tautologia intesa così come la intende la logica formale, per esempio, ma appaia una tautologia, cioè funzioni come una tautologia anche senza esserlo, il fatto che appaia senza esserlo produce tutte quelle contraddizioni di cui diceva prima Beatrice, questa cascata più che di contraddizioni. Generalmente è vero che funziona anche senza la tautologia però rimane la questione che ciò che funziona come premessa deve essere creduta tale, cioè essere creduta essere esattamente quello che è e nient’altro che questo. Come una sorta di falsa tautologia, adesso usiamo questi termini provvisori poi li affineremo mano a mano…

Intervento: cioè il sole sorge tutte le mattine è ciò che è, questo è questo, è necessario, è la realtà…

Esattamente, se non la si considera un’induzione così come è in termini logici ma come una verità, una certezza, un dato di fatto allora ecco che occupa quella posizione in modo proditorio, ingannevole, e allora siccome deve funzionare per certezze cioè per tautologie, adesso torno a dire usiamo termini molto rozzi, diciamo tautologia apparente siccome deve funzionare attraverso certezze questo rende conto del perché gli umani vivano di questo e non possono non funzionare se non attraverso certezze, deve intervenire nel loro discorso come una assoluta certezza, se non lo è, è solo perché è in attesa di diventarlo, ma se lo si vuole si fa diventare una certezza qualunque cosa. Non potrebbe procedere da qualcosa di cui non è certo perché a questo punto se non è certo non costituisce quell’elemento identico a se che decide della direzione, può essere un’ipotesi certo ma un’ipotesi è tale perché attende di essere verificata, perché un’ipotesi che in nessun modo, mai potrà essere verificata non è niente, solo quando l’ipotesi sarà verificata o falsificata ecco che allora prenderà il suo valore di verità…

Intervento: la certezza di cui parlavamo prima è una identità qualche cosa è stabilito essere una certa cosa ma le due sono identiche… a questo punto torniamo al discorso iniziale l’identità è assolutamente necessaria perché un discorso si produca… cioè stabilire un’identità a fondamento da cui poi si costruisce qualunque cosa…

Sì, tant’è che ciascuno ritiene che siano fondati anche i suoi pensieri più squinternati, se non lo ritenesse cambierebbe opinione; occorre qualcosa che funzioni come una certezza, quando funziona come una certezza? Qui la retorica ci viene in soccorso perché la retorica insegna a individuare tutte quelle argomentazioni che possono dare, sempre proditoriamente cioè in modo ingannevole la certezza. La retorica ci insegna a costruire la certezza che non c’è in realtà, in buona parte fa questo, se vi siete letti le Confutazioni Sofistiche di Aristotele sapete come lui smascheri tutte le argomentazioni tipiche dei Sofisti che mostrano di essere certe, lo mostrano ma in realtà non lo sono… qui si potrebbero fare delle obiezioni ma la struttura è questa, per esempio un modo retorico per stabilire una certezza è l’auctoritas. È vero che il discorso per procedere ha bisogno di certezze, ma se le crea naturalmente senza nessun bisogno di una certezza chiamiamola così, necessaria, è sufficiente che l’abbia detto qualcuno di importante, che sia tramandato dalle tradizioni o semplicemente che non si trovi una controindicazione o una contraddizione, ma il fatto che non si trovi significa soltanto che non si è in grado di trovarla non che non ci sia. Il quesito che poneva Beatrice comincia a sciogliersi come neve al sole, la necessità certo di qualche cosa di identico a sé per procedere, ma questo identico a sé viene stabilito dal discorso in base puramente retorica non logica, cioè non riferendosi al funzionamento del linguaggio. In fondo è ciò che noi abbiamo fatto: ci siamo accorti che tutte le affermazioni di tutte le teorie, anche quelle apparentemente più fondate o fondabili in realtà sono affermazioni retoriche, non logiche, ma con “logica” siamo stati costretti a intendere il funzionamento stesso del linguaggio visto che è lui che stabilisce che cosa è vero e che cosa non lo è. Quando una persona stabilisce che una certa cosa per lui è vera è il suo discorso che l’ha stabilito, il suo linguaggio di cui il suo discorso è fatto, però la logica, cioè la struttura del discorso se è praticata di fatto vieterebbe di porre a fondamento di una affermazione qualche cosa che non è necessario o più propriamente ancora lo concede ma non può non sapere che ciò che ha messo a premessa di una certa argomentazione non è né vero né falso, è semplicemente funzionale a quel gioco e basta, c’è una sola cosa che può mettere a fondamento come assolutamente necessaria come sappiamo, e cioè la sua esistenza e cioè il linguaggio, qualunque altra cosa non lo è, e come si fa a sapere che cosa è necessario e che cosa è arbitrario? Semplice, tutto ciò che impedisce o impedirebbe se sottratto, al linguaggio di funzionare risulta necessario, per esempio che un elemento sia distinguibile da ciascun altro risulta necessario, se nessun elemento fosse distinguibile da tutti gli altri il linguaggio cesserebbe di funzionare, mentre il fatto che io sia raffreddato oppure no, per esempio, non è necessario perché anche da raffreddati il linguaggio continua a funzionare benissimo, che lei creda in Gesù, nella madonna, in san Gerolamo, il linguaggio comunque funziona sempre, può cambiare fede, può cambiare modo di pensare, può fare tutto quello che vuole ma tutto ciò che modifica non modifica affatto la struttura del linguaggio che non è modificabile perché se fosse modificabile allora il linguaggio cesserebbe di funzionare. Prima parlavamo della tautologia apparente o impropria, potremmo risolvere la questione ponendola in modo più preciso e cioè che il discorso ha necessità per funzionare non di una tautologia ma di una certezza retorica, una certezza retorica come l’auctoritas. Il discorso riconosce come vero tutto ciò che conviene riconoscere come vero, cioè ciò che gli consente di procedere in tutte le sue storie, intenzioni, fantasie di ogni sorta, forma e foggia. Sostituendo questa certezza retorica con una necessità logica ecco che allora si compie quel percorso che abbiamo compiuto in questi anni e cioè si pone a fondamento di qualunque discorso qualcosa che è necessario che sia e quindi a questo punto qualunque altra cosa non è più né può più essere necessaria e quindi non costringe all’assenso, cosa fondamentalissima, non è costretta all’assenso se sa che una cosa è arbitraria…

Intervento:…

Esatto, e di questa decisione sarebbe opportuno che si assumesse la responsabilità, se invece scambio qualcosa che è arbitrario per qualcosa di necessario allora non dipende più da me, non sono più responsabile ma è così, è così e tanto basta. Accorgersi che delle affermazioni sono arbitrarie comporta prendere atto che ciascuna affermazione che non muova da una premessa assolutamente necessaria non costringe all’assenso e di questo ci si assume la responsabilità, mentre di fronte a una premessa assolutamente necessaria non può fare niente. L’unica premessa necessaria è quella che riguarda il linguaggio perché non lo può togliere, e come farebbe? Con che cosa? E la questione diventa ancora più semplice se la logica viene intesa come dicevamo già la volta scorsa esattamente come la struttura con la quale il linguaggio funziona, né più né meno, è logico che se A è uguale ad A allora A è diverso da non A, cioè non è non A perché è una regola del linguaggio non è una regola stabilita dai logici per qualche ghiribizzo, lo dicevamo anche la volta scorsa rispetto ad Aristotele, ma è il funzionamento stesso del linguaggio cioè la premessa di una qualunque cosa deve essere identica a sé, non può essere altro da sé se no non funziona più niente, è un po’ come dire che qualunque parola possa significare simultaneamente tutte le altre, sarebbe un grosso problema procedere, cesserebbe di funzionare e in effetti abbiamo inteso il funzionamento del linguaggio dal suo praticarsi, mentre lo stavamo praticando, mentre io sto dicendo queste cose posso considerare che cosa mi consente di dirle, qual è la loro forma, dove, che direzione o senso stanno prendendo, perché stanno prendendo quel senso etc. È ovvio che adesso stiamo parlando della struttura del linguaggio, è chiaro che i discorsi poi intrecciano una quantità sterminata di giochi linguistici simultaneamente, quando uno parla o considera qualunque cosa chiama in causa una quantità enorme di giochi linguistici per cui le cose diventano complicate ovviamente, però sono sempre comunque riconducibili a una struttura molto semplice che è quella attraverso al quale funziona il linguaggio cioè la logica, la logica è questo, nient’altro che questo. Come dire che la logica non è quella cosa che si trova su alcuni manuali di logica ma è la cosa più semplice del mondo perché sono le regole attraverso le quali ciascuno pensa nel modo in cui pensa

Intervento: la logica è nata come il lo studio del funzionamento del linguaggio…

Sì certo, ma anche come strumento da utilizzare insieme con la retorica nelle dispute per piegare l’altro alla propria ragione. A questo riguardo vi segnalo la famosissima Clavis Magna di Giordano Bruno, testi di retorica che non erano stati ancora tradotti dal latino. È sempre di notevole interesse la retorica, in fondo illustra come funzionano i discorsi e quindi il linguaggio, impone a ciascuno di muovere sempre dalla certezza e la retorica insegna a trovarla il più rapidamente possibile e che sia il più possibile convincente, infatti la retorica era considerata anche l’arte dell’inganno per questo poi nei secoli dopo il Medioevo è stata mal considerata, è invece è uno studio straordinario sul discorso…

Intervento: sì però in questo caso è molto difficile perché partendo dalla necessità logica del linguaggio argomentare contro…

È quello che abbiamo cercato di fare in tutti questi anni, e fino adesso tutto ciò che abbiamo detto ha retto a qualunque tentativo di confutazione…

Intervento: una domanda che potrebbe essere fatta: come si produce questa certezza? Perché questa certezza è quella che poi determina l’andamento del discorso… io immagino una persona che stia ascoltando… questa certezza… ma c’è un punto di avvio qualche cosa che in qualche maniera si installa?

Tutta la filosofia si è occupata di questo, cioè di stabilire la certezza, il criterio per individuare la certezza e generalmente si raggiunge attraverso domande, si scartano tutte le risposte sbagliate e quello che rimane offre la certezza…

Intervento: però questa certezza che viene riprodotta dalla filosofia è costruita in modo tale per cui tutti gli elementi che possono essere utilizzati per costruire questa certezza sono stati a suo volta stabiliti come certi per poter essere utilizzati…

Esatto, questo è il problema che ci siamo trovati di fronte venti anni fa…

Intervento: la psicologia tiene in considerazione la credenza…

La psicologia non tiene in considerazione niente. Su come si fonda e si crea una certezza anche Peirce aveva lavorato…

Intervento: come porre anche in termini abbastanza semplici la questione…

La risposta che verrebbe da dare immediatamente è il sistema che abbiamo utilizzato noi, cioè interrogando tutti i fondamenti di ogni teoria, da lì ci siamo accorti che erano fondati su niente quindi su atti di fede, come dire: credo che sia così…

Intervento:…

Per Feyerabend per esempio costituiva in buona parte una questione estetica, vince quella teoria che appare più convincente, poi ci sono anche motivi personali, uno accoglie un certo fondamento perché questo fondamento non ostacola altre sue convinzioni, altre sue certezze, spesso nella scienza funziona così, possono essere tanti i motivi in realtà perché una persona si trova a credere le cose in cui crede…

Intervento: se non si crede in niente che succede?

Quando prima dicevo dell’arbitrarietà, cioè di qualcosa che non al costringe all’assenso intendevo che non la costringe a credere e se demolisce qualunque cosa si ritrova ad un certo punto nella condizione di non avere più bisogno di credere a niente.