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3-1-2002

 

Intervento:

l’investigazione ontologica della realtà? Se vogliono investigare ontologicamente la realtà… non è da ieri che i filosofi indagano la realtà

Intervento:

non dovrebbe essere una questione così logica in realtà (non vuol dire niente) ma allora quando parla di questi giochi linguistici intende l’aspetto grammaticale, logico, nell’accezione, se non ricordo male di Zanatta, non sono altro che degli strumenti che indicano qualcosa che è, e se è qualche cosa che è allora su questo essere loro riflettono, il fatto per esempio che queste cose siano oppure no, se sono, sono qualcosa, questo qualcosa deve essere

Intervento:

ma se il linguaggio è posto per distinguere degli enti per esempio, allora in questo caso l’investigazione ontologica è legittima, lei ricorda la posizione dello Zanatta, Lodari?

Intervento: vagamente sì

Beatrice, saprebbe costruire un’ontologia a partire da ciò che abbiamo inventato in questi anni? Ne costruisca una…

Intervento: la volta scorsa si diceva di costruire qualcosa che possa essere utilizzato e quindi qualcosa che funzioni da principio e cioè che l’origine di tutto è il linguaggio che tra l’altro è assolutamente non negabile, questo è un gioco che si può fare…

sì, è sufficiente mettere il linguaggio al posto dell’essere, che è l’unica cosa che è necessariamente, e abbiamo i termini per costruire un’ontologia

Intervento: d’altra parte non è negabile mentre la sostanza il genere primo, anche se presenta qualche problema logico…

affermare che l’unico essere, cioè che qualunque cosa necessariamente è il linguaggio, pone un problema, cioè il fatto, in questo caso, che l’essere sarebbe qualcosa di differente dal linguaggio, che è molto difficile da sostenere

Intervento: differente? Deve essere parte del linguaggio

se è parte del linguaggio importa poco, l’ontologia ha tentato sempre di porre l’essere al di fuori del linguaggio…

Intervento:  questo solo perché sì ha bisogno di partire da qualcosa di fisso, di fermo a cui concludere.

Tutto si dissolve ponendo l’essere come una regola del linguaggio, sì, una delle regole del linguaggio che sono all’interno di un insieme di regole che è noto come grammatica, e ciò che dicevamo la volta scorsa, e cioè che tutto ha origine dal linguaggio e l’unico fine è il linguaggio, potrebbe anche apparire una sorta di ontologia che pone il linguaggio come essere supremo, in un certo senso è possibile, tirando un po’ la cosa anche costruire una ontologia, ponendo il linguaggio come l’unico essere di cui sia possibile parlare con assoluta certezza. In effetti uno dei problemi dell’ontologia è sempre stato quello di dovere ricorrere, per poter affermare l’essere, al linguaggio, da cui una serie di sovrapposizioni tra l’essere grammaticale e l’essere diciamo “reale” fra virgolette o l’essere ontologico, ma al punto in cui siamo non so se la cosa ci interessa poi così tanto, può avere qualche interesse nella misura in cui questo scambio permane a tutt’oggi, quando si afferma che “qualcosa è” non si suppone di mettere in atto una regola del linguaggio ma di indicare un quid che è posto fuori dal linguaggio, esattamente come ha sempre fatto l’ontologia, per cui può essere forse di qualche interesse considerare la difficoltà dell’ontologia per intendere qual è la via più rapida per dissolverla, ma non dissolvere l’ontologia in quanto tale, la quale cosa ci interessa molto poco ma quello che rimane dell’ontologia nel luogo comune, forse… (….) c’è, certo, qualche cosa che ci riguarda in tutto ciò in questa ricerca antica, di ciò che necessariamente insiste in qualunque cosa, tolto il linguaggio si è immaginato questo l’essere, però appunto ponendo il linguaggio così come l’abbiamo posto tutta questa discussione si dissolve immediatamente (…) Lodari considerazioni intorno all’essere?

Intervento: enunciati, per esempio, come quello di Verdiglione “la parola si staglia sul suo principio” io non credo che dobbiamo prenderlo come enunciati filosofici e quindi neppure come enunciati…

In questo caso lo sono dichiaratamente…

Intervento: forse per quanto riguarda Verdiglione… per quanto mi riguarda è un assioma e come tutti gli assiomi è importante perché ogni deduzione che io traggo mi consente di proseguire

Sì, il problema era trovare quale elemento porre in quella posizione di assioma perché occorre che sia sufficientemente robusto a reggere…

Intervento: può essere un corollario per esempio

In questo caso no, in effetti è sufficiente a se stesso, si pone come la condizione di qualunque altro assioma, di qualunque altro corollario, per potere esprimere un qualunque assioma necessito di una struttura, e porre questa struttura come assioma non necessita di nient’altro, perché ha tutto in sé quello che occorre per costruire qualunque cosa, per questo dicevamo che tutto, tutte le cose hanno origine dal linguaggio, è un’affermazione che può risultare forte, certo, aggiungendo anche che l’unico fine è il linguaggio, in quanto non ha nessun fine all’infuori di se stesso, che però va enunciata con altrettanta forza, ché sappiamo e lo sappiamo per via stessa del linguaggio che non può essere altrimenti e questo è un buon argomento, e che cosa fa tutto questo? Tutto questo discorso Cesare? Sbrina l’intelligenza, libera l’intelligenza, se dovessimo dire in una parola che cosa fa tutto il discorso che stiamo costruendo è questo “libera l’intelligenza” operazione che può avere qualche interesse, ora se sosteniamo una cosa del genere e cioè che l’origine di tutto è il linguaggio, dobbiamo riuscire a sostenerlo rapidamente, in modo efficace, prevedendo tutte le obiezioni, se io per esempio dicessi, Cesare, che non esiste il tutto e non esiste perché tutto non può dirsi, siccome se fosse tutto sarebbe tale perché può dirsi, perché ciò che non può dirsi è fuori del linguaggio, lei cosa direbbe? (…) abbiamo parlato di dire il tutto, io ho detto che tutto non può dirsi, siccome il tutto non può non essere nel linguaggio, se qualcosa non può dirsi allora è fuori dal linguaggio, e pertanto non c’è il tutto…

Intervento: diciamo che il tutto è nel linguaggio

Ma è proprio quello che io sto confutando, e quindi affermo che non c’è il tutto…

Intervento: questa è una sua supposizione in quanto può dire questo e altro…

Non è sufficientemente forte, però in questi casi ci sono delle affermazioni che danno per acquisito una certa definizione da cui comunque non viene fuori niente, quando io per esempio affermo che “tutto non può dirsi” “non posso dire tutto” questo tutto come interviene qui? Questa è la chiave di volta…

Intervento: questo tutto mi sembra posto ontologicamente

Già è differente affermare “il tutto non può dirsi” oppure “tutto non può dirsi” questo articolo davanti cambia ciò che segue, se io dico “il tutto non può dirsi” allora stabilisco l’esistenza di un tutto da qualche parte che io non posso dire, se invece affermo molto più semplicemente “tutto non può dirsi” riferisco questo tutto alle cose che possono essere dette “tutte quante” e quindi affermo che tutte quante non si possono dire, e non potendosi dire che succede? Questo tutto di cui queste cose che non possono dirsi sono fatte non c’è perché se non si possono dire… però ecco dicevo la chiave di volta sta nella definizione di tutto anche in questo caso “tutte le cose” e cioè esiste un tutto come tutte le cose che possono dirsi, e affermo dopo che tutte queste cose invece non possono dirsi, cosa sto affermando dicendo che tutto non può dirsi, esattamente?

Intervento: sto affermando che esiste qualcosa fuori che non è reperibile

Per esempio un tale a nome Lacan affermava qualcosa del genere, cioè che il tutto non può dirsi, si dice solo parzialmente, perché parlando questa idea che taluni hanno avuto, parlando a fianco a ciò che viene enunciato scorre un’altra catena che non si dice, perché viaggia al di sotto di una certa barra, viaggiando al di sotto di tale barra, non è accessibile a ciò che ne sta sopra, qualcosa che è prossimo a ciò che Freud chiamava inconscio, non essendo accessibile rimane comunque non detto in ciò che si dice, e rimane non detto in ciò che si dice perché non può disgiungersi, così come il segno di De Saussure non può essere disgiunto il significante dal significato, se c’è uno c’è l’altro necessariamente e quindi se c’è il significante cioè “ciò che si dice” la sequenza di elementi prodotti dal parlante, allora necessariamente ci sono una serie di significati che viaggiano sotto a questa barra e non possono essere detti, perché questa barra impedisce l’accesso tra uno e l’altro, vi dirò di più, il fatto che io non possa dire un significato è reso ancora più chiaro dal fatto che io dicendolo devo necessariamente continuare a parlare, gliela dico in modo ancora più semplice quando lei parla utilizza dei significanti, degli elementi linguistici, ciascuno di questi ha un significato, dov’è? Lei lo dice mentre lo parla?

Intervento: no è quello che sto dicendo

Quello che lei sta dicendo è il significante, è l’enunciazione ma di ciascun elemento che interviene nel suo dire esiste un significato che lei conosce per poterlo utilizzare, però mentre lei sta parlando questi significati di fatto non ci sono, non li dice, quindi in ciò che lei dice c’è qualcosa che non si dice…

Intervento: però quello che io dico è ciò che io dico… questo significate è dove io mi fermo

Quando lei parla in questo modo “dove la mia proposizione finisce” questo dove questo avverbio di luogo, ha un significato che lei non dice, poi parla di proposizione, questo significante proposizione, questo lessema, ha un significato, indica qualcosa di preciso che lei non dice, dice anche un verbo “finisce”… (…) mentre lei parla infinite cose non sono dette ma sono in ciò che lei dice, è chiaro adesso? dunque ha ragione a dire che non tutto si dice e non dicendosi questo tutto non può darsi…un po’ di sofismi Cesare, trovi l’inghippo, c’è sempre, chi trova l’inghippo immediatamente? Immaginate che qualcuno ci muova questa obiezione quando noi affermiamo che tutto quanto ha origine dal linguaggio, già se dice che non c’è il tutto…

Intervento: questo tutto esiste di per sé o è inserito in una catena?

Io non ho mai sostenuto che questo tutto sia fuori dal linguaggio, anzi ho detto che è nel linguaggio ho soltanto affermato che non può dirsi, è più specifica la questione, però la via è quella certo (…) allora questo tutto può dirsi oppure no? Sandro è andato vicino alla questione…

Intervento: è come se questo tutto si può dire se è solo se non si può dire

Sì cioè? Vuole costruire un paradosso intorno a questo? (…) lo costruisca…

Intervento: quando uno dice una proposizione esclude altre cose ovviamente ma è con quella che deve fare i conti…

Era partito bene Cesare… sì dipende che cosa indichiamo con tutto è chiaro che essendo il linguaggio costituito da regole di esclusione necessariamente, vengono a distruggere degli elementi mentre io costruisco una proposizione, nel caso, quello che è, affermando che tutto ha origine dal linguaggio io affermo che anche ciò che escludo necessariamente per costruire delle proposizioni ha origine nel linguaggio, il fatto che siano esclusi degli elementi nella costruzione di proposizioni non significa affatto che questi elementi siano fuori dal linguaggio, sono necessariamente nel linguaggio, e abbiamo visto anche perché un sacco di volte, e pertanto posso affermare che tutto non posso dirlo legittimamente poiché per affermare questo altri elementi devono necessariamente essere esclusi, ma (…) no, no escluso dalla proposizione che sto costruendo, ma ciascuno di questi elementi che viene escluso dalla proposizione che costruisco è necessariamente nel linguaggio, in questo caso posso affermare che tutto ha origine nel linguaggio, molto semplicemente…

Intervento: rispetto all’altra formulazione il tutto non può dirsi

Qui il gioco è ancora più semplice si tratta di definizione, il tutto in questo caso potrebbe essere la somma di tutti gli elementi linguistici possibili (…) lei voleva costruire un paradosso? Cioè che affermi in fine che tutto non può dirsi se e soltanto se può dirsi, una cosa del genere? (…) come costruirebbe questo paradosso? (bisognerebbe costruire un sofisma) sì, sì un sofisma non è altro che un’argomentazione che pone il linguaggio alle estreme conseguenze e che utilizza per costruire le sue proposizioni unicamente la struttura del linguaggio nient’altro che questo, cioè utilizza la struttura del linguaggio come regole per costruire argomentazioni.