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2-12-2003

 

 

Dobbiamo continuare a riflettere sulle questioni fondamentali del discorso che andiamo facendo, in fondo la domanda di base è la considerazione che qualsiasi elemento è un elemento linguistico, su questo dobbiamo ancora lavorare, nonostante sia abbastanza acquisito, però bisogna dirne ancora, rendere questo discorso che abbiamo costruito ancora più potente, e per farlo ovviamente occorre riflettere e considerare ancora perché, come voi stessi avete rilevato, nonostante possiamo dire delle cose molto precise, alcune persone è come se non sentissero quello che diciamo e non succede niente, e quindi bisogna lavorare ancora, in modo più forte, passo dopo passo. Chi saprebbe dimostrare qui e adesso che qualsiasi cosa è un elemento linguistico necessariamente, Beatrice lo saprebbe fare così su due piedi? È il pilastro su cui si regge tutto, dunque costruisca una dimostrazione, la tesi è che qualsiasi cosa è un elemento linguistico e dunque deve partire dal considerare che X sia un elemento qualunque e che X esista e poi dimostrare che se X allora il linguaggio, o almeno ci convinca che qualunque cosa è un elemento linguistico. Sandro lo faccia lei…

Intervento: per poter dire che x esiste occorre che sia qualcosa di significante e quindi sia un significato se è un significato è nella struttura inferenziale

È un modo certo, però in effetti quello che ha fatto lei Sandro potrebbe essere anche considerato una petizione di principio: lei dice che qualcosa c’è perché ha un significato…

Intervento: perché io dica se esiste, perché io dica x

Qualcuno potrebbe obiettare: il fatto che esista non dipende dalla considerazione che lei lo dica, ma esiste lo stesso, per questo dicevo è una petizione di principio, in questo modo, surrettiziamente, inserisce ciò che deve dimostrare e cioè che un elemento, un qualunque elemento sia un significato, è chiaro che a questo punto, se è un significato, appartiene al linguaggio, però non so se tutti le concederebbero questo passaggio

Intervento:…

La dimostrazione per assurdo, sì certo muovere dall’idea che…

Intervento: perché comunque ho dovuto compiere un passaggio in una struttura inferenziale

Sì ma anche qui si potrebbe obiettare che certo, hai compiuto un inferenza per poterlo dire, non per farlo esistere, ché il nostro obiettore continua a dire, sì certo, per dirne è ovvio che occorre il linguaggio, per pensarne, ma non è necessario il linguaggio perché esista. Forse c’è un modo più rapido, possiamo considerare questa affermazione: per esempio il nostro obiettore ci dice che qualunque elemento esiste comunque al di fuori del linguaggio, ora questa affermazione si può considerare intanto in due maniere, vera o falsa, oppure, che è una variante, domandare, una volta che abbiamo affermato questo, che cosa abbiamo fatto esattamente affermando che esiste un elemento fuori dal linguaggio, e da qui possiamo ridurre tutta la questione. A questo punto il gioco è abbastanza semplice…

Intervento: se risponde l’obiettore che cosa abbiamo fatto abbiamo fatto una descrizione?

Intervento: comunque abbiamo costruito un conseguente

Sì, qualcosa del genere, ma qui se abbiamo fatto qualcosa in effetti che cosa abbiamo fatto esattamente? Ché a questo punto non possiamo dire che abbiamo rilevato un’esistenza, perché in effetti l’abbiamo soltanto detta, avendola detta non è che siamo andati molto lontani, in realtà affermare che qualcosa esiste fuori dal linguaggio comporta come ciascuno sa, nient’altro che una proposizione la quale proposizione si riferisce a che cosa, esattamente? Qual è il referente di questa proposizione? Dovrebbe essere la realtà. Ci sono vari modi, non è difficile ridurre questa obiezione a una difficoltà, in effetti noi non abbiamo mai costruita una dimostrazione vera e propria, abbiamo soltanto utilizzato una costrizione logica, cioè riducendo la contraria all’impossibilità e quindi non resta che questa soluzione, un modo certo che è abbastanza potente tutto sommato, però se dovessi costruire una dimostrazione dovrei partire dall’affermare che un qualunque elemento esiste: se è un elemento esiste, ora se esiste a questo punto si pone la questione dell’esistenza di cui abbiamo già detto, e ovviamente dovrò definire l’esistenza, ma a questo punto, di nuovo, quando avrò definito l’esistenza che cosa avrò fatto? Se non ho fatto niente allora non si pone neanche il problema, se ho fatto qualche cosa allora che cosa, esattamente? Ho dato una definizione, quindi ho inserito altri elementi a fianco a un elemento linguistico, tutto sommato ho fatto questo, e allora considero l’esistenza al di fuori di qualunque cosa, ma a questo punto considerare l’esistenza al di fuori di qualunque cosa, visto che non c’è nessun criterio per provarla, è alla stregua di qualunque superstizione, esattamente così come l’esistenza di dio. La questione come sempre verte intorno al criterio che si utilizza per stabilire che cosa sia l’esistenza, per esempio, e soprattutto per potere affermare che ciò che si è stabilito essere l’esistenza è vero, e quando si è a questo punto è ovvio che il gioco è abbastanza semplice, perché qualunque criterio utilizzeremo sarà sempre comunque un criterio arbitrario, come mostrerà la sua necessarietà se non attraverso un altro criterio? E alla fine il criterio che rimane non è nient’altro che quello che consente di pensare qualunque criterio cioè, appunto, quel sistema inferenziale noto come linguaggio…

Intervento: il criterio di esistenza esiste solo perché il linguaggio ci consente di parlare di criterio di esistenza… come dire che in nessun modo al di fuori di questo criterio io posso in alcun modo stabilire l’esistenza e quindi non potendo stabilire l’esistenza non dico cioè mi è impedito parlare di esistenza e quindi qualunque cosa io immagini questo qualunque cosa esiste…

Sì anche se io parlo di criterio di verità in modo da potere verificare quella proposizione che afferma che qualcosa esiste fuori dal linguaggio…

Intervento: questo criterio di verità è quello che mi porta a dire che qualcosa esiste

Certo, mi consente di affermarlo…

Intervento: quando parlavamo e dicevamo che ciò che diciamo è dato dal criterio del linguaggio… il linguaggio allora o lo poniamo come una struttura logica e quindi costruiamo da questo lato il criterio del linguaggio oppure il linguaggio costruisce anche i sillogismi come quello di Pietro e Paolo… questa struttura è da costruire

Il sillogismo di Pietro e Paolo funziona perché viene scambiato ciò che è arbitrario per qualcosa che è necessario, è così in effetti che funziona il pensiero occidentale, ed è il linguaggio che lo costruisce e non può essere altrimenti, però questo potrebbe essere utilizzato a nostro vantaggio, in effetti il linguaggio può costruire anche questo e fare apparire come vera questa affermazione che Pietro e Paolo sono dodici, se non si intende come funziona il linguaggio, cioè che cosa è necessario che sia, allora si può scambiare il fatto che Pietro e Paolo siano apostoli con una necessità…

Intervento: è la premessa maggiore

Quindi conclude che sono dodici…

Intervento: il fatto che questa sia una fallacia anziché un sillogismo anapodittico è data dal fatto che la premessa maggiore non è necessaria, la premessa maggiore non è necessaria ma contingente, il fatto che ciascun discorso non parta da una premessa necessaria produce una fallacia, il fatto è che non ci si accorge perché il discorso è condiviso, se la società pone queste regole del gioco è chiaro che la premessa per quanto non necessaria appare… la questione è delle premesse, riuscire a fare intravedere che le premesse su cui si è costruita la propria esistenza è fondata su cose assolutamente gratuite, non necessarie sostenute dalla credenza nella realtà

Intervento:  è l’utilizzabilità del linguaggio è automatico occorre che si ponga il sillogismo

Sì, ciò che dobbiamo mostrare è che qualunque cosa è un elemento linguistico, trovare i modi sempre più rapidi, sempre più persuasivi…

Intervento: in fondo è il gioco dell’analisi e cioè dimostrare che ciò da cui si parte per dimostrare tutta una serie di emozioni ecc. ecc. proviene da qualche cosa che è ritenuto fuori dal linguaggio

Abbiamo una prova a contrario, una costrizione logica, ci manca una prova a favore, cioè la dimostrazione che, senza utilizzare la reductio ad absurdum, possa dire che qualunque elemento è un elemento linguistico, cioè ci va prima una prova a favore e poi mostrare che non può essere che altrimenti che così. La seconda ce l’abbiamo, è la prima che deve essere ancora meglio elaborata. Occorre passare dalla nozione di esistenza, o almeno così sembra inevitabile, e cioè dare una definizione di esistenza che comunque non può non essere accolta, cioè intendiamo con esistenza qualunque cosa possa essere percepita, pensata, detta, che ci sia questa possibilità, ché se non può essere percepita, non può essere pensata, non può essere detta a questo punto possiamo affermare che non esista, quindi data questa definizione di esistenza muovere da questa considerazione, e cioè domandarsi che cosa si è fatto esattamente dando questa definizione di esistenza, ché a questo punto posso chiedermi se questa definizione che ho data è necessaria oppure no, se è necessaria allora devo anche sapere perché lo è, certo c’è tutta la questione della percezione, tutto ciò che è percepito è reale e quindi esiste, però a questo punto dobbiamo condurre il discorso in modo tale che l’affermare che l’esistenza è la realtà, o che l’esistenza esiste, sia una sorta di decisione e cioè un giudizio estetico, in questo senso: se affermo che l’esistenza esiste necessariamente, allora non ho fatto altro che definire, per esempio, come ho definito prima l’esistenza, definire qualcosa che è necessariamente, che è lì, e quindi non avrei nemmeno potuto definirla in un altro modo, come dire ancora che io ho stabilito che tutto ciò che i miei sensi provano è la realtà, cioè esiste, ma a questo punto l’ho stabilito, come una regola del gioco, è necessario che tutto ciò che i miei sensi percepiscono sia l’esistenza? O la chiami esistenza? Perché sarebbe necessario? Cioè perché non potrebbe essere altrimenti? Se riusciamo ad articolare bene questo punto riduciamo qualunque affermazione della necessità dell’esistenza delle cose ad una decisione, e a questo punto ovviamente il gioco è fatto, se è una decisione non è altro che una conclusione, che sia una conclusione è un elemento linguistico, dobbiamo articolare bene questo passaggio che dice: l’esistenza di qualunque cosa è una decisione, perché è una decisione? È vero che non posso provare che l’esistenza esiste, però non è sufficiente, non è sufficiente con un’argomentazione potente, noi dobbiamo dimostrare che sì esiste, ma è linguaggio, e allora affermare che tutto ciò che percepisco esiste è fondato sui sensi, e a questo punto abbiamo già pronta un’argomentazione,e cioè il fatto che questa sensazione occorre che significhi qualcosa per qualcuno. Però il lavoro che dobbiamo fare è sfrondare dei passaggi e inserirne altri più fluidi, sempre per giungere alla conclusione che “quindi l’esistenza è una decisione”. Ma attraverso che cosa? Qui è ovvio che l’obiezione verterà sui sensi, su ciò che viene percepito, è questa la realtà, nient’altro che questo, tutto ciò che percepisco è reale e quindi esiste e viceversa, quindi siamo di nuovo alla percezione, ché non è che non abbiamo argomentazioni, è che non sono scorrevoli, fluide, persuasive come occorre che siano…

Intervento: cosa intende per percezione?

I cinque sensi per esempio…

Intervento: io sento caldo mentre questo affare di vetro non so se lo sente

Si può utilizzare certo, ma rischiamo di andare a finire in discussioni di questo tipo cioè un posacenere non è provvisto dei sensori tali che gli consentano la percezione del calore. Noi possiamo costringere l’interlocutore, possiamo piegarlo alle nostre ragioni ma proprio per questo motivo, perché lo costringiamo, continuerà ad apporsi magari continuando a dire di no, è la persuasione che gli impedisce di continuare a dire di no, finché continuiamo a costringerlo con un’argomentazione logica sì, certo, pieghiamo la sua ragione ma lui continuerà a dire di no, che non è così, che non è possibile, come diceva quel tizio: però la vita è la vita, certo, e mia nonna è mia nonna, è questo il passo che dobbiamo fare, persuadere. Occorre certamente che alla base ci sia un’argomentazione logica potentissima, certe volte penso: talmente potente da essere anche persuasiva, mentre è potente ma non potentissima per cui piega la ragione ma non riesce a persuadere. È il lavoro che dobbiamo fare per il 2004…

Intervento: come è possibile che pieghi la ragione ma non persuada?

Come fa a domandarsi come si fa, Cesare, visto che ha la conferma ciascun giovedì?

Intervento: e soprattutto con le proprie questioni

Siamo già in condizione di impedire ogni argomentazione logica contro il nostro discorso, eliminarla, non siamo ancora in condizione di eliminare questa sorta di negativismo “non è così perché no”…

Intervento: è sempre la cosa in sé

Ciò che si manifesta certo, ciò che viene percepito, il perceptum…

Intervento:…

Combattiamo sempre contro le superstizioni, è sempre arduo, provate a sconfiggere le superstizioni, dovete costruire una dimostrazione, non una prova al contrario ma una dimostrazione che qualunque cosa è necessariamente un elemento linguistico, senza utilizzare la prova contraria, senza ridurre la contraria all’impossibilità.