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2/05/2007

 

Qualcuno ha qualche questione, cose di cui desidera parlare, cose di cui ha letto, considerato, riflettuto, articolato, studiato, ponderato, compulsato. L’altra volta di cosa parlavamo?

Dell’esperienza psicanalitica, effettivamente è la questione centrale: avviene qui, in questa sede dove da sempre abbiamo affrontato la teoria psicanalitica, affrontare la teoria è ciò che è imprescindibile, in fondo abbiamo costruita una sorta di arte di pensare: cos’è la psicanalisi se non un’arte del pensare, l’arte di pensare o di prendersi cura del proprio pensiero, di ciò che si pensa. Prendersi cura significa interrogarlo ma per compiere questa operazione cioè per interrogare il proprio pensiero occorrono gli strumenti, se non si hanno gli strumenti lo si potrà soltanto o accogliere così come appare oppure fuggire a seconda dei casi, ma mai interrogarlo perché appunto mancano gli strumenti per farlo. In questi ultimi quindici anni ci siamo occupati di questo: di inventare, costruire, affinare, e diffondere questi strumenti per pensare poiché l’esperienza psicanalitica è fatta di questo: riflettere sul proprio pensiero, sul perché si pensano le cose che si pensano; a nessuno viene mai in mente che potrebbe pensare tutt’altro da quello che pensa e in realtà non lo può pensare perché trovandosi a pensare in un certo modo immagina che le cose che pensa siano normali, necessarie e che corrispondono al vero e cioè al naturale ordine delle cose, ciascuna pensa questo di ciò che pensa quindi l’esperienza psicanalitica è un percorso, un percorso intellettuale ma intendendo intellettuale nell’accezione migliore, vale a dire un percorso di ricerca e di lettura, di confronto continuo non tanto con il prossimo ma con il proprio pensiero, anche perché mano a mano che si procede il confronto con il prossimo diventa più arduo in quanto questo prossimo si assottiglia. Un percorso intellettuale in questa accezione dove ciascuno si trova a interrogare cose che mai avrebbe interrogate e che non gli sarebbero neanche venute in mente che potessero esistere; in fondo è la stessa cosa che accade in un’analisi propriamente detta, la persona incomincia a raccontare cose e poi si accorge che ci sono molte più cose da dire di quanto immaginava, e da dove vengono queste cose nuove, vengono dall’incominciare a considerare le cose che si dicono; abbiamo applicato come spesso abbiamo detto ciò che accade in un’analisi alla teoria e considerata allo stesso modo, così come avviene che uno psicanalista non prenda necessariamente per oro colato tutto ciò che si trova ad ascoltare: lo interroga, ecco la stessa cosa rispetto alla teoria, da dove viene una teoria perché è stata costruita in quel modo che cosa la supporta quali sono gli assiomi su cui si regge tutto quanto e anche, visto che si trattava di teorie psicanalitiche, che cosa intendere con psicanalisi, un arte dicevamo prima, un arte di pensare ma quali sono questi strumenti che consentono di pensare, quali sono gli strumenti che abbiamo costruiti in questi ultimi venti anni, e di cosa sono fatti questi strumenti? Cosa fa una persona che è in analisi e che cosa fa una teoria: dicono cose, definiscono, argomentano non sempre ma qualche volta sì, cioè parlano, e allora ecco che si è posta la questione della parola visto che la psicanalisi è fatta di questo, le teorie sono fatte di questo, forse era il caso di occuparsi della parola: come funziona perché costruisce delle cose, come le costruisce, e anche abbiamo considerato che è così che gli umani hanno costruito tutto ciò che hanno costruito, pensato, immaginato, congetturato in questi ultimi 2500 anni. Dunque si è imposta, più che posta, la questione del linguaggio, si è imposta come una sorta di costrizione, non era più un’ipotesi teorica ma una costrizione logica. Una delle prime cose che si è incontrata era una bizzarria e cioè che definendo il linguaggio questa definizione in realtà comportava le condizioni stessa dell’esistenza del linguaggio, cosa che generalmente non avviene in una teoria, e cioè definire il linguaggio imponeva le sue stesse condizioni. Cos’è il linguaggio?

Intervento: C’è una definizione?

Se non ci fosse inventala a partire da quello che fa, visto che costruisce proposizioni potremmo anche indicarlo come una sequenza di istruzioni per costruire proposizioni, nessuno ce lo vieta, è sicuramente la definizione più stringata però in questa definizione ci sono anche le condizioni della stessa definizione in quanto la definizione non è altro che una sequenza di proposizioni, e quindi per definire il linguaggio abbiamo bisogno del linguaggio. Questa era la bizzarria con cui abbiamo avuto a che fare, che da una parte poteva comportare dei problemi quelli dell’autoreferenzialità dall’altra però non necessitando di nulla al di fuori di sé rendeva il sistema completo, ricordate di Gödel? Un sistema completo che non ha bisogno di nulla al di fuori di sé per funzionare né per essere definito, ora questi strumenti vengono dalla conoscenza del funzionamento del linguaggio, potrebbero venire da altrove? Se una persona conosce come funziona il linguaggio allora non può che pensare correttamente, non potendo fare altro che pensare correttamente non potrà mai trovarsi di fronte ad una sorta di paradosso nel senso che avrà sempre gli strumenti per poterlo risolvere, non ci sarà mai un conflitto non risolvibile, ma ciascun conflitto sarà risolvibile immediatamente attraverso formulazioni linguistiche differenti vale a dire…

Intervento: La tipizzazione…

Sì, e cioè il riconoscimento che conclusioni diverse e incompatibili fra loro muovono da giochi diversi e non dallo stesso gioco, sono giochi diversi, la possibilità di ricondurre ciascuna considerazione che viene a costruirsi pensando ad un gioco particolare impedisce la produzione di conflitti, i conflitti sono quella cosa che impedisce di proseguire in una direzione pur essendo quella direzione fortemente caldeggiata e desiderata, l’impossibilità di proseguire in una direzione pur essendo quella direzione fortemente caldeggiata e desiderata comporta come effetto quella cosa che Freud chiamava nevrosi. Dunque la conoscenza del linguaggio, il suo funzionamento e soprattutto l’agire il linguaggio è ciò che rende impossibile la formazione di nevrosi, non è più possibile, per lo stesso motivo cui abbiamo detto in varie occasioni non posso credere vero ciò che so essere falso per esempio, per una questione grammaticale. E come avviene che la perfetta conoscenza del linguaggio impedisca possa impedire la formazione di nevrosi? Se una persona conosce il funzionamento del linguaggio sa che ciascuna conclusione muove all’interno di un gioco da una serie di passaggi, questi passaggi muovono a loro volta da un elemento che si chiama premessa ora se la premessa è considerata, immaginata necessaria allora anche la conclusione sarà necessaria quindi costrittiva quindi può costringere una persona a muoversi di conseguenza, se sa che la premessa da cui muove il suo gioco è totalmente arbitrario allora può cessare di fare quel gioco o almeno assumersene la responsabilità, cioè non è più necessario che avvenga ciò che immagina che debba avvenire. Lo scontro, quello che provoca le cosiddette nevrosi di cui parlava Freud, avviene tra conclusioni che appaiono essere necessarie, trasformatele in arbitrarie e si dissolve perché non ha più nessun motivo di esister,e non ha più le condizioni della sua esistenza; quindi capite immediatamente perché funziona una cosa del genere anche se certo non è così immediatamente raggiungibile un risultato del genere. Abbiamo in varie occasioni considerato i passaggi necessari al raggiungimento di tale obiettivo. All’inizio di un’analisi la persona racconta la sua storia, racconta ciò che sa, espone la sua teoria né più né meno così come una qualunque teoria che come tutte le storie ha un inizio un prosieguo e una fine, se sono libri di logica matematica la fine si chiama teorema generalmente mentre la fine di una storia non sempre è un teorema in altre occasioni è un’altra cosa…

Intervento: Una tragedia…

Per esempio, ecco che c’è anche il modo di sapere perché le persone sono attratte dai drammi dalle tragedie…

Intervento: voglia di recitare…

Non è una domanda diretta, quello che dice è vero però si può andare molto oltre in effetti una tragedia dà l’occasione di parlare tantissimo e di trovarsi al centro dell’attenzione, trovarsi al centro dell’attenzione comporta l’idea più o meno consapevole che ciò che si dice è importante e se ciò che si dice è importante allora è anche vero perché ciò che è falso non è importante, è secondario, è irrilevante. La tragedia offre la possibilità di mettere in atto ciò che per ciascun umano risulta assolutamente necessario e cioè produrre proposizioni, costruire discorsi, pensi all’esempio che facevamo l’ultima volta se uno chiede ad una persona come sta bene ecco è finita lì se invece “sapessi cosa mi è successo” ecco da lì può partire ed andare avanti all’infinito volendo, ci sono persone che riuscirebbero a farlo se nessuno le fermasse prima, però detto questo abbiamo detto sì che il linguaggio fa questo, costruisce proposizioni e quindi cosa gli serve? Gli serve semplicemente per potere proseguire, per potere proseguire è necessaria una sola cosa che ciò che afferma non neghi la sua esistenza, nient’altro che questo e abbiamo visto anche il perché non può fare questo. Solo questo non può fare tutto il resto sì, però ha anche bisogno di cose nuove, cosa sono le cose nuove per questa struttura che chiamiamo linguaggio? Quelle che possono offrire altre cose che a loro volta possono offrire altre cose, una cosa che è risaputa, che è nota non offre altre cose a meno che abbia l’opportunità di essere considerata altrimenti e allora sì, può offrire molte altre cose come per esempio una osservazione banalissima come: “questa è la mia mano” è un’osservazione molto banale che non è che ci porti molto lontano e invece alcune persone come Moore e come Wittgenstein hanno scritto centinaia di pagine su questo, su come so che questa è la mia mano, come lo so? È una domanda ridicola eppure anche una domanda ridicola se è posta in un modo corretto può portare a delle considerazioni sorprendenti. Dunque di queste due cose ha bisogno il linguaggio per funzionare: che ciò che afferma non contraddica la sua esistenza perché a questo punto non potrebbe più funzionare e poi trovare cose che aprano ad altre questioni e cioè che consentono di costruire altre proposizioni, che può essere o una cosa nuova che prelude ad altri discorsi quindi altre storie quindi altre teorie oppure anche una vecchia che però mostra aspetti inattesi e allora ecco che può essere ripresa, diventa nuova così come la domanda come so che questa è la mia mano può diventare una cosa nuova. L’esperienza psicanalitica è queste cose, che altro se non questo…

Intervento: A questo punto non si può dire completa l’esperienza psicanalitica se non si segue un corso…

Hai capito benissimo, è in questi corsi, in queste conversazioni che abbiamo costruito tutto ciò che abbiamo costruito e vale a dire la cosa più incredibile, più sorprendente, nuova, inedita, straordinaria, interessante ed eccezionale che mai sia stata costruita. D’altra parte non esiste una cosa del genere, un luogo dove ci si trovi a pensare e a costruire una nuova teoria e fare di tutto così come è stato fatto e si continua a fare per demolirla. Dopo che ho costruito questo pensiero ho fatto di tutto per distruggerlo, cosa che nessuno fa generalmente. Per anni e anni l’intento è stato quello di distruggerla, trovare qualsiasi argomentazione, logica linguistica filosofica qualunque cosa potesse distruggerla, se questo non è stato fattibile allora ci sono buone probabilità che sia una teoria sufficientemente solida. Costruire un pensiero totalmente differente da tutti quelli precedenti, e cioè una teoria, e in questo abbiamo vinto la nostra scommessa, che non avesse bisogno di essere sostenuta da un atto di fede. Qualunque teoria non può provare il principio su cui si sostiene, è così perché è così, può essere l’esperienza, un’autorità qualunque cosa certo in ogni caso cose che non hanno nessuna possibilità di essere provate mentre siamo riusciti a costruire un pensiero che invece era assolutamente sicuro saldo certo necessario, come abbiamo fatto? Era l’uovo di colombo: mettere a fondamento ciò stesso che è la condizione di qualunque teoria di qualunque pensiero di qualunque idea, il linguaggio appunto, la condizione di qualunque criterio di verità necessariamente. Qualunque criterio di verità è costruito dal linguaggio quindi dove porta l’esperienza psicanalitica, porta ad non avere più la necessità di credere perché come si diceva prima c’è un sapere, un sapere che ad un certo punto non può più non sapere in nessun modo che qualunque affermazione si faccia o si pensi è arbitraria, il fatto che sia arbitraria non costringe a seguirla, se la seguo allora ne sono responsabile, come dire che qualunque decisione io prenda qualunque scelta io compia è comunque sempre una questione estetica e cioè faccio così perché mi piace fare così non c’è nulla che mi costringa, neanche a vivere, nulla mi costringe a farlo, neanche mi costringe a non farlo naturalmente, ma in ogni caso è la mia decisione della quale decisione sono responsabile; essendo una mia decisione sta a me domandarmi perché questa decisione, che cosa comporta. Questo percorso pone la persona nelle condizioni di poterlo fare in qualunque momento indipendentemente dal fatto che lo faccia oppure no, mette nelle condizioni di poterlo fare cosa che le persone non possono fare perché non lo sanno fare generalmente, ma perché soprattutto non lo possono fare perché come abbiamo detto all’inizio non hanno gli strumenti, o si sa come funziona il linguaggio e lo si agisce o non lo si sa e lo si subisce, subirlo significa che ogni cosa che mi passa per la testa anche la più squinternata e bizzarra diventa immediatamente vera e se è vera mi muovo di conseguenza. Queste questioni sono quelle attorno alle quali verteranno praticamente tutti gli incontri: il divenire psicanalista, un sapere sovversivo che scompiglia, sconcerta sconquassa distrugge, abbatte, annienta qualunque altro pensiero semplicemente chiedendogli di rendere conto di ciò su cui è fondato, basta questo; avete presente il gioco dei perché che fanno i bambini, è la stessa cosa solo che mentre il gioco dei bambini appare essere inarrestabile in fondo è la prima formulazione magari un po’ rozza e rudimentale di ciò che per i filosofi è la regressio ad infinitum e persino Tommaso diceva che non era possibile tornare indietro all’infinito, ad un certo punto bisogna fermarsi. In questo caso non c’è una regressio ad infinitum, si arresta, e si arresta all’origine del linguaggio, oltre non può andare, oltre incontra le colonne d’Ercole perché per andare oltre il linguaggio dovrebbe porsi fuori dal linguaggio e da lì considerare la questione e questo non lo può fare e quindi abbiamo sì fatto come i bimbetti, il gioco dei perché fino ad arrivare a fine corsa e cioè alla condizione perché qualcuno possa chiedersi il perché, il perché di qualunque cosa…

Intervento: anche in analisi il discorso delle persone si arresta…

Sì però non è che si arresta al fondo di una regressio, si arresta perché non ne vuole parlare e questo è un altro discorso, il discorso deve essere proseguito per verificare che non ha una risposta e quindi deve trovarla anzi costruirla oppure se la risposta che preferisce evitare è in conflitto con un’altra allora si tratta di ridurre il conflitto e cioè giungere a considerare che entrambi i giochi che giungono al conflitto sono arbitrari quindi non è necessariamente bloccato, lo sarebbe se il gioco fosse necessario allora sì, due cose necessarie che si contrappongono come il vero o il falso, non c’è un terzo, tertium non datur diceva Aristotele…

Intervento: se uno si accorge che sono due giochi che parallelamente funzionano io posso giocarli entrambi per esempio un gioco dice non devi bere perché il vino fa male l’ altro dice invece il vino mi piace io posso accontentare sia l’uno che l’altro…

Il più delle volte è irrilevante la decisione che prende, quello che importa è accogliere la decisione accoglierla come una propria decisione quindi come una questione estetica: mi piace così quindi faccio così; certo come abbiamo detto in altre occasioni può urtare contro altri giochi, ovviamente per esempio tagliare la gola a qualcuno urta contro un altro gioco che è noto come codice penale, oppure un codice morale e allora può creare un conflitto, in entrambi casi qualunque cosa decida di fare è comunque una mia decisione: ho deciso così per una serie di motivi. L’idea in molti casi è che scegliere uno dei due corni del dilemma comporti la perdita dell’altro e allora si mantiene l’indecisione come descrive Freud rispetto al discorso ossessivo per esempio, al dubbio eterno, è come se mantenesse in piedi tutte e due in potenza però mai in atto, potrei fare qualunque cosa però mi astengo così non ho la prova di non sapere fare niente per esempio, le fantasie che si possono costruire a questo riguardo sono sterminate così come le proposizioni che costruisce il linguaggio sono senza limiti, è un insieme aperto perché può costruire un infinito numero di proposizioni, chiuso perché non è possibile uscirne…

Intervento: rimane per tutta la vita con il desiderio per esempio di bere il vino ma non poterlo fare sempre con quella idea fissa che funziona e traina la sua vita…

Oppure per mantenere l’idea di un godimento assoluto, talmente assoluto che non deve essere messo in atto perché magari c’è l’eventualità di accorgersi che potrebbe non essere così mentre se rimane l’idea può continuare…

Intervento: è il controllo della verità questo: l’esercizio del potere…

Insomma è una palestra questa stanza, una palestra dove si fa un esercizio particolare, un esercizio intellettuale. Come si fa una ginnastica intellettuale Daniela? Qualunque cosa le venga in mente che lei certifica essere in qualche modo, trovi subito due o tre contro esempi, a questo punto le sarà molto difficile credere a questa cosa se lei stessa ha costruito gli esempi contrari, cesserà di credere e incomincerà a pensare…

Intervento: però c’è un conflitto difficile che uno possa sciogliere questo conflitto portandolo ai giochi differenti perché quel conflitto è ciò che sostiene la sua vita in qualche modo per esempio a me interessa molto la questione delle fantasie di potenza e quindi della necessità del controllo della verità da esibire da controllare continuamente perché questa verità non tiene.. devo continuamente controllarla nel discorso paranoico per lo più ha questa necessità del riconoscimento dell’esercizio del potere che sia raccontando ciò che subisce o imponendo ciò che deve imporre, io leggevo in questi giorni la fissazione nel discorso paranoico così come ne parla Freud a partire da quel non accoglimento di uno dei giochi importanti datato dalla fissazione di quel discorso allo stadio della masturbazione dell’onanismo in qualche modo e quindi allo stadio in cui l’aspetto sessuale è importante per le fantasie che comporta…dopo c’è questa fissazione tale per cui la persona di trova a non poter accogliere la propria fantasia il proprio desiderio insomma e questo è uno dei conflitti più importanti che porta la persona a controllare la verità a costruendo delle sovrastrutture pazzesche ad esempio come nel discorso di Schreber... io sto parlando della fantasia omosessuale però dice Freud che uno dei punti principali in cui si riconosce la paranoia è proprio questa fantasia omosessuale, l’attrazione per lo stesso sesso sono molte le cose che mi interessano una è il non poter accogliere questo desiderio come uno dei desideri con il quale per lo più gli umani si trovano a convivere senza che crei loro dei grossi problemi però per il paranoico no quello che costruisce per esempio è il delirio di grandezza oppure quello di persecuzione che succedono per il controllo di questa verità per non avere la possibilità di accogliere questo desiderio, questa fantasia perché sollevate da un terzo gioco che dipende dalla struttura di pensiero della persona intanto la prima cosa è come avviene che intenda tutta questa questione ma la questione principale è quella che va ad agganciare al corpo come possiamo definire una fantasia sessuale visto che quello che noi sappiamo è quello che racconta… perché sessuale?perché è una fantasia sessuale?

Perché tutto ciò che proviene come piacere dei propri organi genitali si chiama sessuale, in realtà cos’è la sessualità? Quello che si pensa che sia, non è che ha una sua esistenza al di fuori del linguaggio, soprattutto è ciò che penso che sia, la sessualità per Freud era una certa cosa per esempio, per Jung un’altra, per Lacan un’altra ancora…

Intervento: Per Adler un’altra ancora qui stiamo parlando dell’esercizio del potere quindi di potenza infatti è molto differente per Freud e per Adler quello che intendono come potere, Adler la pone come protesta virile quindi come qualcosa di non ulteriormente elaborato per Freud è assolutamente un altro discorso, è qualcosa che viene dal narcisismo frustrato da un narcisismo che ha subito una frustrazione…e quindi è un ritorno del narcisismo in questo caso un narcisismo secondario…

La questione del potere l’abbiamo detto in varie occasioni sorge come una delle fantasie che è mossa dal funzionamento del linguaggio, solo che se una persona non ha l’opportunità di accorgersi che è la sua verità che sta cercando di imporre ma sta cercando di imporre le cose che sono così perché le cose devono essere così è ovvio che cercherà di imporre il suo modo di pensare esercitando un potere sull’altro…

Intervento: potere sull’altro ma ciò che comporta per quella persona l’esercizio del potere perché deve mantenere fermo ciò che crede…

Ciò che comporta è che il suo discorso viene confermato come vero, questa è la fase finale, a quel punto è soddisfatto e cioè è come se potesse proseguire, infatti il paranoico nei confronti delle persone che ritiene superiori a lui per un qualunque motivo, è particolarmente ossequioso, accondiscendente e umile perché deve sedurle, e una volta che le ha sedotte non le interessano più, diventano niente infatti la figura del Don Giovanni è proprio quella del paranoico, diverso da Casanova, nettamente diversi. Don Giovanni è colui che deve sedurle tutte, poi che le abbia oppure no questo è irrilevante ma devono essere in suo potere, una volta che sono in suo potere lui è soddisfatto. Don Giovanni non ne amava nessuna perché doveva soltanto sedurle ed averle in suo potere invece Casanova le amava tutte, una a una, milletre sembra che siano state, e quindi per Casanova l’obiettivo non era soltanto averle in suo potere ma era come se restituisse questo potere amandole. Don Giovanni in molti casi le abbandonava ancora prima perché ormai era sicuro, erano in suo potere, due figure di seduttore…

Intervento: Generosità Casanova…

Intervento: Come il Marchese de Sade…

La questione di Sade è ancora diversa, Sade è interessante, soprattutto “La filosofia nel Boudoir”, all’interno del saggio c’è un altro saggio che si chiama “Francesi ancora uno sforzo”, il suo pensiero è molto semplice, ci sono stati filosofi più acuti e più fini ma il suo pensiero era questo, in fondo era un naturalista: la natura impone certe cose all’uomo, se un uomo desidera una donna allora questo è un fatto naturale, dunque perché non deve averla, è un suo diritto, è un diritto di natura e tutto ciò che impedisce l’ottenimento di questo obiettivo che è dato dalla natura và contro natura e come tale deve essere combattuto. Questa tesi, chiamiamola filosofica, offre il fianco a molte obiezioni ma anche a delle conferme, ciascuno di voi dovrebbe essere in condizioni di sapere provare in modo assolutamente sicuro la verità di questa posizione e poi sapere provare in modo assolutamente sicuro che è assolutamente falso, questo fa parte della ginnastica intellettuale…

Intervento: parlava prima della questione della tragedia e mi interrogavo sulla questione del mostro la costruzione del mostro che assistiamo quotidianamente… la questione del mostro si costruisce non perché l’informazione è fatta in un certo modo ma perché va incontro a quello che è comunque, l’informazione dà quello che il lettore chiede e quello che mi chiedevo la necessità del mostro da parte del cittadino e mi riportava al discorso del godimento assoluto…come se il mostro rappresentasse il godimento assoluto prima pensavo alla rappresentazione del male assoluto nel senso che il mostro rappresenta all’estremo il male…poi lei ha posto la questione del godimento assoluto e ho fatto questa connessione perché mi incuriosisce rispetto al discorso della sofferenza come se fosse necessaria questa figura a salvaguardia dell’ideale del bene assoluto se esiste il bene da qualche parte deve esistere il male assoluto…

Vada più cauto con queste cose, perché proprio la teologia insegna dice che il bene assoluto può esistere senza male assoluto, dio può esistere senza il diavolo perché il male non è altro che l’allontanamento dal bene…

Intervento: questo è Agostino la moderna teologia parla dell’assoluta esistenza del diavolo –Ratzinger…

Il male non può essere altro che l’allontanamento da lui…

Intervento: questa esigenza della figura del mostro come lo era l’animale fantastico certe rappresentazioni scultoree del periodo gotico dovevano in qualche modo rappresentare il mostro… il mostro moderno è la mamma di Cogne…è interessante come cosa perché in effetti c’è una sorte di attrazione verso queste figure perché destano una grande curiosità portano a trasmissioni televisive per settimane perché attira ma attrae che cosa? Attrae l’idea a questo punto del godimento assoluto?

Può dipende anche dalle fantasie che scatena, mi è capitato l’altro giorno di essere in un bar a prendere un caffè e c’erano delle persone che parlavano appunto di questa tizia che ha ucciso il figlio e ad un certo punto ho sentito dire è una cosa contro natura, ecco per Sade non sarebbe stata una cosa contro natura perché una persona appartiene alla natura soprattutto, l’essere umano è natura e ciò che fa può andare contro natura? Può la natura andare contro se stessa?

Intervento: Qui si ritorna al discorso di Freud: contro natura vuol dire contro la legge ma è un contro una norma ciò che non tollera il cittadino è che ci sia qualcuno che non rispetta le norme…

Intervento: Le regole dei giochi la realtà…

Intervento Diceva lo stesso Freud lo stato la società nasce perché nessuno deve ripetere l’omicidio originario il parricidio in questo caso è come in effetti dalla trasgressione fosse… cosa rimprovera il cittadino al mostro fare esattamente quello che non si deve fare…io non ho fatto questo e tu non devi farlo, banalizzando … cioè il godimento è regolato dalla legge, tu devi attenerti alla legge e il tuo godimento non potrà mai essere assoluto perché andrebbe contro la legge perché la legge stabilisce un limite…

Qui si apre un’altra questione che sarebbe anche molto interessante da svolgere in una conferenza perché avviene questo, perché tutti quanti vogliono che ciascuno si attenga alle regole? Certo le regole sono fatte per giocare, più ci sono regole più ci sono divieti e meno sono le mosse possibili quindi il gioco diventa più difficile, basta mettere il divieto sulle autostrade a 17 chilometri all’ora…

Intervento: la regola viene identificata con la verità l’altro è in errore perché tutti noi che ci riconosciamo in quella regola siamo dalla parte della verità…

Esatto, brava Daniela questa questione sarebbe interessante da articolare in una conferenza

Intervento: Comunque la questione del mostro è interessante perché è ciò che costringe tantissima gente a parlare…

Intervento: Per avere la conferma di essere dalla parte della ragione…

Intervento. Restringere le regole dei giochi per riuscire a trarre sempre di più quelle emozioni…

Intervento: il mostro cambia a seconda del tipo di regole che ci sono perché se si imponesse il divieto di andare a 17 Km all’ora quello che và a 30 ha trasgredito quello che và a 100 è un mostro…

Esatto, uno che uccide in Afghanistan 70 bambini non è un mostro ma un inviato di Allah.

Bene proseguiamo mercoledì prossimo.