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2-3-2004

 

Dovremo mostrare, nei prossimi interventi, esattamente ciò che facciamo, e questo non è semplicissimo. Scriverò un testo teorico in modo da avere ben chiare le questioni centrali di tutto ciò, dopodiché il lavoro che dovremo fare è illustrare esattamente che cosa avviene in una conversazione di questo tipo, e perché è efficace. La questione teorica centrale di cui dovremo continuare comunque ad occuparci è il pilastro che sostiene tutto questo, e cioè la proposizione che afferma che qualsiasi cosa è un elemento linguistico, qui c’è ancora da lavorare per rendere questa affermazione molto più semplice e più chiara, e retoricamente più efficace, e il testo che ho in animo di scrivere servirà anche a questo. Perché qualsiasi cosa è un elemento linguistico? Fino ad ora abbiamo posta la questione come una sorta di deduzione logica, una deduzione logica che utilizza un criterio, l’unico criterio possibile e cioè quello che è costituito dal linguaggio. In effetti questa è una delle argomentazioni più potenti perché quale criterio è possibile utilizzare per costruire una qualunque affermazione? Come sapete perfettamente la scelta del criterio è fondamentale, se il criterio risulta non essere necessario allora può essere confutato, se viene confutato il criterio, con questo crollerà tutto ciò che ne sarà seguito, ma l’utilizzo del linguaggio invece aggira e risolve questo problema, dal momento che qualunque criterio la persona vorrà utilizzare comunque lo costruirà attraverso la struttura del linguaggio. La questione che dovremo rendere più semplice è proprio la questione del linguaggio, e cioè il modo in cui parliamo del linguaggio. Ogni volta che parliamo del linguaggio immediatamente le persone che ascoltano pensano alla verbalizzazione mentre non è affatto così, ora un linguista probabilmente non porrebbe questa domanda però il pubblico non è fatto di linguisti perlopiù, e quindi occorre trovare un modo per mostrare in un modo molto semplice e immediato che cosa intendiamo con linguaggio e perché parliamo di linguaggio. La via può essere quella di fare intendere immediatamente che parlando di linguaggio di fatto si utilizza il linguaggio e quindi si utilizza una struttura che mi consente di parlarne, perché se io parlo di qualunque cosa muovo da delle premesse e giungo a delle conclusioni, si fa così in genere, non è che ci siano molti altri sistemi, ora questo sistema è composto da un sistema inferenziale e cioè la possibilità di passare da un antecedente a un conseguente, il linguaggio non è nient’altro che questo, la possibilità di passare da un antecedente a un conseguente, ché se non si desse questa possibilità gli umani cesserebbero di pensare e quindi di conseguenza di esistere, però dobbiamo trovare un modo ancora più efficace, quali sono i vostri nomi? Lisa e Graziella, adesso sappiamo come vi chiamate, potete rileggere il testo sulla logica e il linguaggio, quello è un testo in cui ci sono già molte informazioni, però avete fatto l’esercizio di cui vi dicevo la volta scorsa e cioè prendere quel testo e trasformarlo retoricamente in qualcosa di molto più semplice, più fluido, accessibile e immediatamente evidente? Non avete fatto nulla?

Intervento: nella parte introduttiva c’è già abbastanza

Sì ma è un esercizio che va fatto continuamente e proponevo anche quest’altro: porre la proposizione che afferma che qualunque cosa è un elemento linguistico e provare a confutarla e a dimostrarla continuamente, solo quando avrete fatto questa operazione alcune centinaia di volte vi sarà tutto più semplice, se no rimane sempre complicato…

Intervento: la questione del linguaggio avevamo detto di utilizzare un altro termine o un altro modo di dire, un altro termini potrebbe essere lì per lì o la struttura linguistica che non necessariamente rimanda alla verbalizzazione, l’altro aspetto sul quale occorre insistere è pensiero ed espressione…

Un sistema è porre delle domande intorno al pensiero, a come si fa a pensare quando si pensa a qualunque cosa, cosa succede esattamente? Che cosa fa? Che poi in definitiva è da lì che siamo partiti, anche, abbiamo incominciato a dire: se questo allora quest’altro, se quest’altro allora quest’altro, quest’altro quindi questo, e tutto questo armamentario di che cosa è fatto?

Intervento: è difficile intendere che il pensiero funziona in questa direzione inferenziale perché il pensiero è un entimema dietro l’altro, non ci sono premesse…

Intervento: io volevo far una domanda che è questa se l’obiettivo delle conferenze è quello di esplicitare la vostra ricerca in modo divulgativo forse occorrerebbe utilizzare un linguaggio più fruibile da tutti non necessariamente agli addetti ai lavori… io spiegavo questo cosa come la struttura del pensiero… quindi più che di linguaggio parlerei di pensiero come esprimo il mio pensiero…nell’immaginario comune il pensiero e il linguaggio sono la stessa cosa…quanto il vissuto incide nella costruzione del linguaggio.

Il linguaggio è già costruito, è lui che costruisce, nel momento in cui, per usare una metafora scherzosa, il linguaggio si installa, al momento in cui una persona incomincia a parlare, da quel momento non può più tornare indietro cioè non può cessare di farlo, non può cessare di parlare, l’ingresso nel linguaggio è senza via di uscita, è a senso unico, una volta che c’è il linguaggio non si può più uscirne né si può pensare in assenza, per cui una volta che c’è linguaggio non posso pensare come era prima che ci fosse perché in ogni caso io penso attraverso il linguaggio, il linguaggio a questo punto è installato per così dire e comincia a funzionare, l’unica cosa che fa è costruire proposizioni, e cioè proseguire potremmo dire usando questa sorta di allegoria che è il sistema operativo che a questo punto funziona e fa proseguire se stesso, in effetti non fa nient’altro che questo: costruisce proposizioni, poi che siano proposizioni di emozione, di gioia, di paura, di spavento, tutto quello che volete non ha nessuna importanza, sono proposizioni, è chiaro che queste proposizioni sono inserite all’interno di giochi linguistici e sono questi giochi linguistici che decidono il valore delle varie proposizioni, così come i giochi delle carte, è il gioco del poker che decide cosa vale un asso oppure un sette, a questo punto il funzionamento prosegue in questo modo, quando diciamo che il linguaggio non è altro che un sistema operativo è ovvio che questo sistema operativo al momento in cui funziona e non può non funzionare è vincolato a delle regole per potere funzionare, regole di esclusione, per esempio, per cui un elemento esclude di significarne altri, perché se una parola significasse simultaneamente tutte le parole, per esempio, il linguaggio cesserebbe di funzionare, così come se in qualche modo fosse possibile bloccare il sistema inferenziale il linguaggio cesserebbe di funzionare, cessando di funzionare cesserebbe qualunque cosa, perché il pensiero non avrebbe nessuno strumento per esistere, quindi le regole sono fondamentali, ciascun gioco è fatto da regole, per definizione, senza regole è impossibile giocare, senza escludere delle mosse, potete pensare un gioco qualunque, che non è fatto di nient’altro che di esclusioni di mosse: questa è consentita, questa no, e in base a questo insieme di regole è possibile giocare, qualunque attività cosiddetta umana è un gioco linguistico, in questo senso, dato da regole e quindi costruisce proposizioni in base a queste regole, alcune sono consentite altre no, come diceva prima Sandro “se vado dal panettiere non chiedo un chilo di carne”, è un gioco diverso, se gioco a poker non userò la scacchiera, come mai? Sono giochi diversi, hanno regole diverse, semplicemente, ora al momento in cui il linguaggio funziona costruisce ovviamente giochi perché non può non farlo e questi giochi rappresentano la vita, quella che comunemente si chiama la vita degli umani, tutto ciò in cui credono, le cose che pensano, che sperano, che desiderano, che temono, rientrano all’interno di giochi linguistici che hanno costruito naturalmente, il problema è che non lo sanno di averli costruiti e quindi suppongono che queste cose, che sappiamo essere giochi linguistici, siano in realtà delle cose che accadono loro dall’esterno e contro le quali cose possono fare molto poco, perché non lo sanno? Perché nessuno gliele ha insegnate, e perché il linguaggio per funzionare non necessita affatto di conoscere le regole del suo funzionamento, contrariamente a molti altri giochi che invece occorre conoscere, il linguaggio non ha bisogno che uno sappia quali sono le procedure, che sappia esattamente che senza un sistema inferenziale non funzionerebbe, funziona benissimo, ventiquattro ore su ventiquattro e non si ferma mai, non sapendo come dicevo tutte queste cose allora succedono dei problemi, i problemi che ciascuno incontra e questi problemi possono diventare tragedie proprio perché immaginati essere altro da costruzioni linguistiche, mentre non possono essere nient’altro che costruzioni linguistiche. Il linguaggio come sappiamo deve costruire proposizioni e quindi costruisce dei problemi, il problema non è nient’altro che qualche cosa che deve essere risolto e che quindi esige la costruzione di altre proposizioni, d’altra parte se ci pensate un momento gli umani da quando esistono non fanno nient’altro che questo, costruire proposizioni, inventare problemi da risolvere, di qualunque tipo, dalla settimana enigmistica alla guerra termonucleare globale, la struttura è sempre la stessa, qualcosa da risolvere, per risolvere la settima enigmistica basta la paroletta che manca nella casellina, per risolvere il problema di esportare la democrazia americana su tutto il pianeta occorrono le armi nucleari, sono soltanto mezzi diversi. Ma la questione centrale in tutto questo è che ciò che gli umani generalmente avvertono come problema da risolvere è qualche cosa che in effetti non può non esserci nella loro esistenza, anche perché se non c’è se lo crea, e se non riesce a crearlo lo inventa proprio ex nihilo, in modo da averne uno da risolvere e questa è la struttura del gioco, un problema da risolvere, se io gioco a poker con gli amici il problema da risolvere è vedere se quell’altro bluffa, se ho delle buone carte etc. e alla fine si risolve il problema e quindi a questo punto si può cominciare con un altro, e le persone lamentano sempre di avere un sacco di problemi e affermano che se non ci fossero dei problemi sarebbero felici, mentono, non lo sanno ovviamente, quindi lo fanno in buona fede ma questo non migliora la situazione, in realtà se fossero senza problemi e talvolta quando per brevissimo tempo accade è una tragedia, e immediatamente corrono ai ripari inventando qualche cosa che costituisca un problema, può essere un’altra persona, può essere il lavoro, può essere una questione politica non ha nessuna importanza, l’importante è che ci sia un problema cioè che qualcosa non va, perché poi il problema è tradotto in questo, in qualcosa che non va, bisogna farlo andare bene. O è possibile sapere che tutto questo non è altro che un gioco linguistico, cioè la struttura stessa del linguaggio per cui non è possibile fare altrimenti e quindi giocare con queste cose oppure, come dicevamo tempo fa, le si subisce, le si subisce come una sorta di maledizione divina il che non è propriamente, così come il disagio, il disagio di per sé è niente, assolutamente niente: una persona sta male? Va bene. Sta bene? Va bene. Che problema c’è? Quella situazione che ha creata è perfettamente funzionale al funzionamento del linguaggio, per cui continuerà a permanere. I linguisti sanno benissimo che il linguaggio è una struttura complessa, però come dicevo prima non tutti sono linguisti e allora ecco che il linguaggio viene inteso come verbalizzazione, dio solo sa per quale motivo, però in effetti pensano questo, e noi dobbiamo fare in modo per fare intendere che il linguaggio non è questo, la verbalizzazione è soltanto uno degli infiniti modi in cui il linguaggio funziona, non è sicuramente il prioritario o il fondante…

Intervento: infatti intervengono i vari linguaggi: del corpo, delle api, dei fiori

C’era Benveniste che mostrava, mostrava in modo molto chiaro che il linguaggio appartiene agli umani, che possono parlare di linguaggio e il cosiddetto linguaggio delle api, che non possono parlare di linguaggio né possono modificare la loro condotta, è vero, le api trasmettono informazioni, ma il linguaggio non è una trasmissione di informazioni. Anche un computer trasmette informazioni, in modo molto sofisticato e anche molto preciso, però non può per il momento, forse un giorno lo farà, non può ancora pensare cioè porsi delle domande circa ciò che sta facendo e quindi domandarsi delle cose intorno al suo linguaggio, questo non lo può fare, nessuno glielo ha mai insegnato, se qualcuno glielo insegnasse allora anche i computer incomincerebbero a pensare, lo faranno prima o poi. Tempo fa avevamo progettato una macchina pensante in un certo senso, come costruire una macchina che sia in grado di pensare cioè che faccia esattamente quello che fanno gli umani, che cosa fanno gli umani? Possono porsi delle domande circa il perché hanno fatto una certa cosa, che è fondamentale, e quindi compiere un percorso a ritroso e poi tornare in avanti, se una macchina potesse fare la stessa cosa ecco che comincerebbe a pensare, chiedersi perché ho fatto questo? Ho fatto bene? Basta immettergli dei parametri: sì/no. Ho fatto bene, ho fatto male, ho fatto bene a lasciare quella persona? Uno ci pensa bene, era una persona ignobile, mi ha fatto stare malissimo… sì/no, in effetti non è che gli umani pensino come i computer, sono i computer che pensano nello stesso modo, questo sistema sì/no è il modo in cui pensano gli umani, certo è complesso, è sofisticato però alla base è questo: 0/1…

Intervento: perché una persona fa sempre lo stesso gioco che lo porta ad essere depresso già da quando è bambino rispetto ad altri che sono più solari

Se ci pensa un po’ lo può considerare da sé, lei pensi al linguaggio, al suo obiettivo, costruire proposizioni, seguirà naturalmente tutte quelle direzioni che gli consentono di costruire il maggior numero di proposizioni, il più facilmente, come un sistema operativo segue la via più semplice, ora al momento in cui il linguaggio comincia a funzionare incominciano anche a provarsi delle cose, cioè degli effetti del funzionamento del linguaggio, quelle che comunemente si chiamano emozioni, le emozioni non sono altro che delle conclusioni di una serie di argomentazioni anche se il più delle volte poi non compaiono i passaggi, però le emozioni seguono a certi eventi e questi eventi non sono casuali, cioè non è casuale che una certa cosa produca emozioni e un’altra no, anche perché certe cose producono emozioni in certe persone in altre lasciano assolutamente impassibili, ora il linguaggio dunque incomincia a costruire delle proposizioni ad un certo punto per una serie di motivi, adesso qui taglio un po’ di passaggi, ma una certa situazione produce una quantità enorme di proposizioni perché si pone come un problema da risolvere, e allora è come se questo problema da risolvere costituisse sempre e comunque un serbatoio possibile per la costruzione di proposizioni, tant’è che una persona quando è a casa alla domenica e non sa cosa fare, non trova nulla da fare, i suoi pensieri vanno sempre in una certa direzione, come se non riuscisse a pensare a niente e non ha niente da fare comunque comincia a pensare certe cose e lì di sicuro ne trova da pensare a bizzeffe, e sempre cose cosiddette negative, perché sono quelle che danno più da pensare in genere, quelle positive offrono meno occasioni, per questo la felicità è meno praticata della sofferenza, ché la felicità è un punto di arrivo, una volta che è raggiunta poi che faccio? Mentre la sofferenza…

Intervento: penso a quando non sarò più felice

Esatto, e allora subentra la sofferenza, la sofferenza costringe a darsi da fare per raggiungere la felicità, la felicità essendo raggiunta non costringe più a niente e quindi da quel momento in poi ci si dà da fare per eliminarla, e allora ecco che tutto ciò che una persona continua a fare, cessa di fare, è tutto ciò che in qualche modo lo “diverte” diverte mettetelo fra virgolette perché ha un’accezione un po’ insolita ma in ogni caso è ciò che gli consente di costruire proposizioni e quindi consente al linguaggio di funzionare, se lei pensa non più all’individuo ma al linguaggio, l’individuo non è altro che linguaggio quindi si comporta allo stesso modo in cui funziona il linguaggio, non può fare altrimenti che fare ciò che il linguaggio fa, non ha altra scelta, quindi continua a costruire proposizioni, cioè costruire progetti, storie, racconti che poi si chiamano in un altro modo ovviamente, però di fatto è questo, e la sofferenza è una grandissima occasione per produrre pensieri, proposizioni, darsi da fare e quindi fare funzionare il linguaggio. Come dicevo all’inizio per il linguaggio costruire proposizioni di tragedie, di felicità, di angoscia, di paure o di odio è assolutamente indifferente, poi sono stati costruiti una quantità enorme di giochi ma l’obiettivo è sempre quello di imporre delle regole, in modo di limitare le possibilità di movimento e quindi rendere il gioco più difficile, quindi più impegnativo, tant’è che mentre da bimbette giocavate con le bambole, oggi suppongo abbiate smesso, più o meno, ma c’è un motivo per cui questo avviene, e cioè un certo gioco cessa di essere interessante: perché è troppo semplice, è troppo banale e allora lo si complica, si complica il gioco e anziché giocare con le bambole si gioca con gli uomini, in questo caso per esempio, che sono più difficili da gestire delle bambole, almeno in genere, cioè si aumenta la difficoltà, come in tutti i giochi mano a mano che si va avanti si aumenta la difficoltà, non è casuale, aumentando la difficoltà ci si impegna di più. Il linguaggio non è nient’altro che questo, la struttura che consente tutti questi giochi, prendete soltanto due regole, due regolette, due mattoncini e cioè la possibilità di distinguere un elemento da un altro e un sistema inferenziale che dice che se un elemento allora un altro, il linguaggio non ha bisogno di altro per funzionare, poi delle regole ovviamente per giocare, le regole non sono altro che degli input, vietano delle mosse e ne consentono altre, non c’è nient’altro, quando voi avete questo avete il linguaggio, cioè avete la possibilità di costruire una quantità infinita di giochi, per questo il linguaggio è al tempo stesso un sistema chiuso e un sistema aperto, chiuso perché non c’è nessuna possibilità di uscirne, aperto in quanto consente la costruzione di una quantità sterminata di storie, di racconti, di quello che volete. In fondo tutte le leggi, le abitudini, le tradizioni non sono altro che giochi, con delle regole ovviamente che dicono questo sì, questo no, ridotta all’osso è tutto qui

Intervento: io tornerei ancora al punto da dove lei è partito a quella proposizione cioè che afferma che qualsiasi cosa è un gioco linguistico, direi che al momento in cui si accoglie questa proposizione, se ci si sofferma un attimo perché è talmente semplice, forse di lì subito cercando di confutarla, di negarla… a quel punto con questa proposizione incominciare a giocare e a riflettere su quello che dice, al momento in cui ci si accorge che l’espressione come diceva la signorina o l’esprimere è un particolare gioco linguistico… lei faceva una distinzione fra linguaggio ed espressione del linguaggio questo comporta degli equivoci ed ascoltando la proposizione che qualsiasi cosa è un elemento linguistico già qui ci si può accorgere, questa espressione riduce il gioco e quindi fa un particolare gioco e torniamo sempre lì perché non possiamo escludere nulla, l’espressione o il mezzo, il linguaggio come mezzo è ciò che chiunque anche chi si interessi al linguaggio e alla comunicazione non ha nessuna difficoltà ad ammettere ma ciò che ammette è che il linguaggio è un’espressione, è un mezzo, un modo di esprimere ciò che c’è nel profondo, quello che dice l’io, ecco accorgersi di come viaggia, come si sposta il linguaggio e non può al momento in cui si sposta, quando da un elemento passa ad un altro non può che viaggiare attraverso elementi linguistici, perché non è possibile uscire da una struttura linguistica, non è possibile farlo è solo possibile immaginare di farlo ma su questo immaginare di farlo, cioè di uscire da una struttura linguistica è quella cosa sulla quale nessuno si è mai interrogato, di qui il grande inganno, non si tiene conto della condizione per cui qualsiasi cosa possa esistere

Sì, si può anche andare oltre in effetti, perché è possibile affermare che qualcosa è fuori dal linguaggio ovviamente, lo ho appena fatto, però naturalmente posso giungere a questa conclusione, cioè che qualcosa è fuori dal linguaggio solo se esiste il linguaggio che mi consente di fare questa operazione, e quindi potrebbe ancora essere che il linguaggio consente di sapere, di conoscere qualcosa che è fuori dal linguaggio, però il sapere è vincolato alla struttura del linguaggio, perché è un sistema inferenziale, il sapere funziona attraverso una serie di conclusioni, quindi io posso affermare che qualcosa è fuori dal linguaggio ma non lo posso sapere, meno che mai lo posso provare e quindi è alla stregua dell’affermare l’esistenza di dio, posso affermarlo certo, ma non lo posso provare in nessun modo…

Intervento: l’espressione qui…

Basta che legga una serie di manuali di linguistica, ciascuno lo usa a modo suo, vede, quando si usa un termine come “espressione”, come “contenuto”, come “forma” etc. ciascun linguista ha un’accezione personale, e in effetti se un testo è fatto in modo serio dice che cosa intende esattamente con quella cosa, però non è che esista l’“espressione” da qualche parte, lì identica a sé, quando lei ha definito qualcosa che cosa ha fatto esattamente? Questa è una domanda legittima, ha accostato ad un certo elemento altri elementi linguistici, ora siccome questo elemento non è al di fuori del linguaggio avrà il senso che il gioco in cui è inserito gli fornirà, non potrà averne altri, non ne ha uno suo al di fuori del linguaggio, identico a sé, immutabile, fino alla fine dei tempi, significa quello che ciascuno vuole che significhi, nient’altro che questo. Va bene ci fermiamo qui questa sera, ci vedremo martedì prossimo. Incominciate a preparare le conferenze.