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2 gennaio 2019

 

La struttura originaria di E. Severino

 

Siamo al Capitolo VIII, Il fondamento della contraddizione, a pag. 335. Come sappiamo, il fondamento è la struttura originaria, cioè l’incontraddittorietà. Quindi, parlando del fondamento come contraddizione, già anticipa che in questo fondamento pare ci sia una contraddizione. In effetti, in tutto il suo percorso, almeno in quest’ultima parte, ha poste delle proposizioni per vedere in quale modo è possibile togliere la contraddizione e, quindi, ricondurre una proposizione alla struttura originaria, perché solo la struttura originaria è incontraddittoria. Ci ha anche spiegato il perché, e cioè perché nella struttura originaria ciò che rappresenta la contraddizione viene posta e poi tolta. In questo modo viene stabilito che, riguardo per esempio all’essere, l’essere è e non può non essere altro che l’essere, ma questo può stabilirsi solo se la negazione viene posta e poi tolta. È questo il procedimento che ha sempre messo in atto; in ciascuna occasione, in cui si trattava di una proposizione che doveva essere posta come incontraddittoria, bisognava trovare il modo di porre la negazione e poi toglierla. Cosa che tenta di fare anche con la contraddizione C, ovviamente. Per affermare che qualcosa è quello che è devo negare che non sia quello che è; una volta che l’ho negato sono certo che è così. Se, invece, non riesco a negarlo, allora rimane la negazione di quell’affermazione. Il problema che incontra è il fatto che una proposizione è fatta ovviamente di tante cose ma se ciascun elemento che pongo come incontraddittorio cominciassi ad analizzarlo meglio, proseguendo questa analisi mi troverei di fronte, per esempio, a delle variabili e non soltanto a quelle costanti che determinano quell’elemento, per cui ho la necessità di volgere queste varianti in costanti. Queste varianti possono diventare delle costanti quando sono presenti nell’F-immediato, nell’esperienza, per cui fanno parte del tutto, e in questo caso si possono considerare come costanti. Il paragrafo 1 si intitola Progetto del prolungamento dell’analisi del significato originario. Cosa succede quando prolungo l’analisi? Perché quando la tengo chiusa in sé, e non la prolungo, posso rimanere nell’ambito delle costanti che sono state determinate senza aggiungerne altre, per cui finché sono quelle va bene. Ma se la prolungo? Può capitare che prolungando questa analisi mi trovi ad avere a che fare con delle costanti che sono in contraddizione con altre costanti, con quelle che determinano la proposizione. È una possibilità, che però Severino deve togliere, soprattutto se queste costanti che sorgono e che potrebbero invalidare la proposizione, quella proposizione S che, se vi ricordate, è quella che diceva “La totalità dell’essere immediatamente affermato”. Questa affermazione è innegabile, “La totalità dell’essere immediatamente affermato” è quello che si dice in questo momento, è quello che è, non è altro, cioè, è incontraddittorio che sia quello che è: se ho affermato A ho affermato A, non ho affermato un’altra cosa. Ma se affermando A e analizzando meglio questa A trovassi all’interno di questa A qualche cosa che crea dei problemi, ecco che allora tutta la proposizione viene affetta da questa possibile contraddittorietà. Ciò che Severino teme maggiormente è che la proposizione della struttura originaria possa contenere una contraddizione perché, se così fosse, crollerebbe tutto, perché non sarebbe più incontraddittoria. Poiché s1, s2, s3 … sn sono tutte le costanti di S (cioè del significato originario nella sua concretezza), la posizione delle quali è L-immediatamente implicata dalla posizione di S… L-immediatamente significa incontraddittorio. Che questa costanti siano le costanti di S, dice, è incontraddittorio. …è F-immediatamente noto che non vi sono altre costanti di questo tipo. È ciò che ci appare immediatamente, è tutto lì, non c’è altro, cioè, nella proposizione S: “La totalità dell’essere immediatamente affermato”. Tutte le costanti, di cui è fatta questa affermazione, sono, dice, immediatamente evidenti in ciò che sto affermando. Affermare la realtà della costante sn+m (dove l’indice m sta a indicare, qui e in seguito, una qualsiasi costante di S non appartenente alla serie s1 … sn)Cioè, è una qualunque cosa che può aggiungersi. …che sia dello stesso tipo di quelle appartenenti all’insieme s1 … sn, significa mettersi in contraddizione con il F-immediato. Perché l’esperienza mi dice che è tutto qui; ma se c’è qualche cosa in più, che non vedo, vuol dire che questa proposizione non è quella che è, e cioè che è insieme quella che è e anche quella che non è. Ciò significa che s1, s2, s3 … sn sono tutte le costanti L-immediate di S (tali cioè che la loro posizione è L-immediatamente implicata dalla posizione di S), che sono F-immediatamente note. Si intenda che nell’insieme s1 ... sn sono incluse anche quelle costanti mediazionali di S – considerate nel capitolo precedente -, tali che il progetto che la posizione di S non implichi la loro posizione è immediatamente tolto come autocontraddittorio; sì che per questo lato possono essere considerate come costanti L-immediate di S. È un’altra precisazione che fa: all’interno dell’insieme s1 ... sn vi sono anche, dice, delle posizioni mediate, che però abbiamo ricondotto a posizioni L-immediate, così com’era la M tra la A e la B (A=M=B). Si domanda ora – sviluppando quanto è già stato toccato nel paragrafo 12b del capitolo precedente – che valore abbia il progetto di un prolungamento tale dell’analisi di S, che rilevi una o più costanti di S non appartenenti all’insieme s1 ... sn; le quali costanti pertanto sopraggiungono rispetto a questo insieme (e quindi rispetto alla totalità dell’immediato). Che, quindi, debordano, eccedono la totalità dell’immediato, per cui questo immediato è, sì, immediato ma è anche un’altra cosa, perché se aggiungo un pezzo non è più quello di prima. Queste costanti che sopraggiungono, dice, sono o delle costanti che prima erano varianti, che poi abbiamo accolto come costanti perché abbiamo visto che, di fatto, appartengono alla determinazione di S, oppure sono costanti che sopraggiungono in un secondo tempo. Le prime le chiama mediazione (sn+m) e le altre, invece, immediatezza (sn+m). Comunque, le prime sono le costanti che erano delle variabili; le altre, invece, sono costanti che si sono aggiunte nel tempo. A pag. 37, punto 2, dice, Le costanti di S, delle quali non è immediatamente contraddittorio progettare il sopraggiungere… Cioè, possono sopraggiungere, però questo non è immediatamente autocontraddittorio, nel senso che non viene colto immediatamente come una contraddizione, ma potrebbe esserlo, non lo sappiamo ancora. …possono essere sia determinazioni già appartenenti alla totalità dell’immediato in qualità di varianti prima che sopraggiunga la consapevolezza del loro valore come costanti, sia determinazioni non precedentemente incluse nell’immediato, e che quindi sopraggiungono nell’atto stesso in cui sopraggiungono come costanti di S. A pag. 338, paragrafo 3, Nota sul progetto dell’autocontraddittorietà di significati incontraddittori. Il progetto è sempre una supposizione, un’ipotesi. Significati incontraddittori: sì, però, se andiamo a vedere bene può capitare che ci sia un qualche cosa che lo rende contraddittorio. Se io dico “tavolo”, dicendo “tavolo” e basta, ho detto un significato, ma questo significato è incontraddittorio? Apparentemente, sì, un tavolo è un tavolo; però, se io procedo nell’analisi e incomincio a dire che cos’è “tavolo” (tavolo è questo, questo, questo, ecc.) è possibile che in tutte queste cose, a un certo punto, compaia un elemento tale per cui possa dire che il tavolo non è un tavolo? Sembra – in base a quanto si è stabilito – che non si possa immediatamente escludere che il prolungamento dell’analisi di un significato qualsiasi, la cui definizione attuale non include note tra loro contraddittorie, possa manifestare questa contraddittorietà. … La posizione di questo significato non è attualmente la posizione di una contraddizione… Con “posizione” lui intende sempre il manifestarsi. …ma in base a che cosa si esclude che un prolungamento dell’analisi dei fattori… Lui riprende un esempio fatto prima: “Questa estensione rossa”. … “questa”, “estensione”, “rossa” non manifesti note tra loro contraddittorie? L’aporia può essere formulata anche dicendo che non si può immediatamente escludere l’accertamento di una struttura mediazionale che accerti l’autocontraddittorietà di un significato qualsiasi, che si presenta immediatamente come incontraddittorio. È l’esempio del tavolo che facevo prima. Si risponde incominciando a dare un senso determinato all’aporia. Se il significato: “Questa estensione rossa” è una determinatezza immediatamente presente, nel senso che è immediatamente presente questa estensione rossa, si supponga che il prolungamento dell’analisi di questo significato mostri, ad esempio, che il fattore “estensione” contiene una nota contraddittoria rispetto a una nota contenuta nel fattore “rosso”. Vale a dire, il fattore “estensione” e il fattore “rosso” per qualche motivo non riescono più a stare insieme. Questo vuol dire forse che ciò cui si riferisce, o che si intende indicare col termine “estensione” allorché è immediatamente presente questa estensione rossa, non può avere quella proprietà cui si riferisce o che si intende indicare col termine “rosso”? Se ciò fosse, il progetto di un siffatto prolungamento dell’analisi del significato in questione sarebbe immediatamente contraddittorio. Però, dice, questo non può accadere per via dell’immediato, cioè dell’esperienza, che nega che sia così. Quindi, dare valore all’F-immediatezza, all’esperienza, a ciò che appare. A pag. 340, paragrafo 4, Aporetica del sopraggiungere delle costanti di S. È un’aporia, se sopraggiungono costanti di S che vanno al di là di quelle costanti che determinano S, allora S è S ma non è S, quindi, una contraddizione. Con l’affermazione che è immediatamente incontraddittorio progettare il sopraggiungere della presenza di costati di S non appartenenti all’insieme s1, s2, s3 … sn, si determina una situazione aporetica di notevole interesse, sia nel caso ci si riferisca a costanti del tipo imm. (sn+m) (costanti che sopraggiungono), sia nel caso ci si riferisca a costanti del tipo med. (sn+m) (costanti che prima erano variabili e poi sono diventate costanti). Infatti, costanti di S sono quei significati che costituiscono il significato S – e pertanto sono gli elementi o i fattori della definizione di S –… Tutte le costanti di S non sono altro che le definizioni di S. …sì che S è posto (presente, manifesto) come tale, solo se tutte le sue costanti sono poste. Cioè, un certo termine è posto solo se tutte le sue definizioni sono poste. Il problema che solleva Severino è l’eventualità che ci sia fra tutte queste definizioni almeno una definizione che contraddice tutta la proposizione. Qui ci dice che l’aporia si presenta in tutta la sua rilevanza quando il sopraggiungere di costanti, sn+m, non è soltanto il contenuto di un progetto, perché io posso progettare, posso supporre che proseguendo questa analisi si costruisca un’autocontraddizione; altro è quando succede davvero. Quindi, nel progetto non è autocontraddittorio, perché è possibile così come è possibile il contrario. A pag. 342, paragrafo 5. Si fa cioè esperienza del sopraggiungere di un certo numero di costanti; o un certo numero di costanti – sia del tipo v(sn+m), come del tipo non-v (Sn+m) sono esse stese delle ulteriorità effettuali rispetto alla posizione di S. E tali costanti sopraggiungono rispetto alla posizione di S, sia per prolungamento dell’analisi di S, sia per realizzazione di strutture mediazionali. … L’aporia può ricevere allora questa formulazione generale: “La posizione di S implica la posizione di tutte e costanti di S; ma S è posto anche se non tutte le costanti di S sono poste”. Questa l‘aporia, che poi è la contraddizione C. È posto S, certo, però l’ho posto anche senza avere posto tutte le sue definizioni, il che comporta che S non è S. A pag. 345, paragrafo 8. A parte e precisazioni che su questo punto dovranno essere apportate dall’approfondimento della tematica cui ora si accenna, sembra si debba dire che nel campo posizionale aperto dalla contraddizione di S… La contraddizione che deriva dal fatto che a tutte le costanti ho aggiunto una m, che non c’entrava niente e che, però, c’è in S. …la contraddizione in questione è in sé: non è posta; perché se lo fosse, dovrebbe essere posto proprio quel significato la cui non posizione provoca la contraddizione. In sé, cioè non è esplicitato. (O questa può essere solo supposta: appunto in quanto si progetti il sopraggiungere di una costante di S, il contenuto semantico della quale non sia peraltro determinatamente noto). Il campo posizionale costituito dalla posizione di S non implicante la posizione di quella costante di S, sembra pertanto occupato solo da uno dei due lati della contraddizione che conviene al campo stesso, occupato cioè da quel lato per cui S è di fatto posto come tale. Come dire che questo campo posizionale può essere occupato da tutte le costanti di S più m, però, questa m può non essere esplicita, può non essere presente. Se non è presente, non è F-immediatamente evidente la presenza di questa costante e, quindi, posso pensare che ci sia, posso supporla, posso progettare che ci sia, però non c’è, e quindi non c’è contraddizione. Quando, invece, c’è? Infatti, in quanto in un secondo momento divien noto che in questa posizione di S non è posta una certa costante di S, dal punto di vista di questo più ampio orizzonte posizionale si dice allora che in quella posizione di fatto di S, S non era posto come tale; e la contraddizione che prima era solo “in sé”, ora si fa “per sé”. Quando questo elemento in più è evidente, perché finché lo penso è un conto, finché penso non c’è nessuna contraddizione, ma quando di fatto è presente, allora diventa non solo più “in sé” ma “per sé”. “In sé” e “per sé” sono termini che vengono da Hegel: l’“in sé” sarebbe l’implicito, il “per sé” l’esplicito. A pag. 346, paragrafo 9, La contraddizione C. Dire: “Nella posizione di S non implicante la posizione di una o più costanti di S, S è posto di fatto… Stiamo parlando di posizione di S, quindi, è posto di fatto. …ma insieme non può essere posto come tale”… Questa è contraddizione C, e cioè S è posto, questa proposizione è posta e, difatti, l’ho detta, ma non potrei dirla. Ecco che adesso siamo alla questione più interessante, e cioè: quando affermo qualche cosa, certo, lo affermo, ma, dice Severino, non potrei affermarlo. Perché? Pensate a de Saussure: il significante è quello che è per via di una differenza da tutti gli altri significanti. Ora, il significante è posto, l’ho detto, ma per essere posto ha bisogno che ci siano tutti gli altri significanti - questo non lo dice Severino, lo sto dicendo io – quindi, io non potrei porlo, perché questo significante esiste in relazione a tutti quanti gli altri. Se tutti gli altri significanti non sono presenti, come faccio a dire questa cosa? Non ha nessun senso, non esiste, perché sappiamo che esiste solo se esistono tutti gli altri, insieme con lui. Quindi, questo significante è posto, l’ho detto, ma non potrei dirlo, perché senza tutti gli altri significanti questo significante non è niente. Questo è il problema di Severino; adesso io l’ho spostato su de Saussure per renderlo più semplice, ma è questo il problema.

Intervento:…

Il significante non esisterebbe se non ci fossero tutti gli altri significanti; esiste in questa relazione differenziale, cioè, non è tutti gli altri significanti; è questo: il non essere tutti gli altri significanti. Che è esattamente quello che Severino dirà a breve, senza citare de Saussure, naturalmente. La positività posizionale… Positività posizionale vuol dire che è effettivamente presente, che è positivamente presente. La positività posizionale della contraddizione C non richiede infatti, semplicemente, che, allorché la posizione di S non implica la posizione di una o più costanti di S, si realizzi di fatto un orizzonte posizionale qualsiasi, bensì richiede che questo orizzonte sia posto come S:… Questo è importante. Dice: quando la posizione di S non implica di fatto la posizione di una o più costanti di S, si realizza di fatto un orizzonte posizionale, non uno qualsiasi, bensì questo orizzonte posizionale è sempre S. Anche se non implica necessariamente tutte le sue costanti, comunque è sempre S, perché se non fosse più S non ci sarebbe problema. …ma poiché – stante la non posizione di una o più costanti di S – ciò che con questo orizzonte resta posto non può essere S, la positività posizionale della contraddizione C richiede l’intenzione di porre S. Cioè, è perché voglio che S sia S che succede tutto questo. Se non ci fosse questa intenzione, anziché essere S magari fosse una W, allora è chiaro che non ci sarebbe più nessuna contraddizione. Ma è perché c’è l’intenzione che S sia S… È curioso che ci sia questo richiamo all’intenzione: voglio che S sia S. se l’orizzonte in questione non si realizzasse come questa intenzione, il suo non riuscire a valere come S non provocherebbe l’autocontraddittorietà… Se invece di essere S diventasse W, che contraddizione sarebbe? Non ci sarebbe problema. Il problema c’è, invece, se S non è S. Se la contraddizione C è data dunque dall’intenzione di porre S, ponendo un certo contenuto, e dalla disequazione tra il contenuto effettivamente posto e S… Cioè: S ha un certo contenuto, questo contenuto dice che S non è S: sta qui la contraddizione. …ciò significa che tale contraddizione non è data dalla posizione e dalla non posizione del contenuto effettivamente posto. Questa contraddizione non è data dal fatto che questo contenuto, ciò che la S è, è posto oppure non è posto, ma dal fatto che questo contenuto è posto, che c’è, ma è autocontraddittorio, perché dice che S è anche non S. che un contenuto sia insieme posto e non posto, questo è quanto è contraddittorio che si realizzi; ma che ciò che di fatto si pone non sia ciò che si intende porre, questo non è contraddittorio che si realizzi. Infatti, se io voglio fare una cosa ma poi ne succede un’altra…  A pag. 347. Riprendendo: se la contraddizione C deve, come ogni altra contraddizione, essere tolta… Questa contraddizione C deve essere tolta. Questo S è posto, quindi, c’è, ma non lo posso porre, perché questo S è fatto di una serie di costanti che vanno al di là delle sue, quindi, non lo posso porre: è posto ma non lo posso porre, non potrei porlo. …ciò non significa che essa non possa realizzarsi. O anche: se il pensiero non deve cadere in contraddizione, ciò non significa che non vi possa cadere. In effetti, cade incessantemente. Infatti, contraddirsi non significa che il dire sia esso in quanto tale un non dire, o che l’affermare sia esso in quanto tale un negare. Se mi contraddico è chiaro che il mio affermare allora non vuol dire affermare. È chiaro che se mi contraddico è perché affermare significa affermare e negare significa negare. Va avanti dicendo che la contraddizione interviene quando tengo insieme un’affermazione con la sua negazione; solo in questo caso si produce una contraddizione, come peraltro diceva già Aristotele. …la contraddizione di questa contraddizione può servire come paradigma, se non di tutte le contraddizioni di questo tipo, almeno di un certo gruppo di queste contraddizioni… Sarebbe interessante verificare se questa contraddizione C è, in effetti, la contraddizione stessa che è insita nel funzionamento del linguaggio. Infatti, dicevo, dico una certa cosa, dicendo questa cosa questo significante lo dico, perché l’ho detto, ma non potrei dirlo, perché questo significante, essendo quello che è per via di una relazione differenziale con tutti gli altri significanti, senza questa relazione differenziale non è niente; quindi, non potrei neanche dirlo, perché non significa niente. Ma questa relazione differenziale con tutti gli altri significanti non è presente. In un certo senso sarebbe il concreto: l’immediato di questo significante è che questo significante è quello che è, ma è quello che è in virtù del fatto che è connesso con tutti gli altri significanti. “Questa lampada che è sul tavolo”: certo, è una lampada, ma è quella che è perché è una lampada che è sul tavolo, cioè in quanto presa in questo concreto, in questa connessione. Nel caso dell’esempio della lampada la connessione è data dal fatto che sia sul tavolo; nel caso del significante la cosa è più complessa: il significante è quello che è non in quanto significante isolato ma in quanto preso in una relazione differenziale con tutti gli altri significanti. Avevo dimenticato di leggervi una cosa. A pag. 343, paragrafo 7. Venendo ora a determinare il valore di questo tipo di toglimento dell’aporia… Il toglimento dell’aporia consisteva nel fatto che l’F-immediatezza mi mostra nell’immediato che sn+m non è presente di fatto. …si chiami “teorema N” la proposizione: “È una contraddizione che S sia posto anche se non tutte le costanti di S sono poste”; e si chiami “contraddizione C” la contraddizione denunciata dal teorema N. Per togliere la contraddizione C si è qui sopra negata la progettabilità del sopraggiungere di sn+m. D’altra parte – questo è il punto che si deve chiarire -, il teorema N dice che è contraddittorio affermare che si realizzi una posizione di S non implicante la posizione di tutte le costanti di S; oppure dice semplicemente che la posizione di S non implicante la posizione di tutte le costanti di S è il realizzarsi di una contraddizione? Nel primo caso affermo che non è possibile una certa cosa; nel secondo caso dice che questa cosa, che è stata fatta, è contraddittoria. Il primo caso è un’ipotesi, è contraddittorio affermare che… Infatti, dice che è la seconda interpretazione quella che ci interessa, perché di fatto dice che c’è una contraddizione, non che è possibile. Infatti, dice, la interpretazione 1, quella che considera l’affermazione, si mette in contraddizione con l’F-immediato… Io posso anche pensare che ci sia una contraddizione, però, di fatto, queste contraddizioni ci sono o non ci sono? Il problema, dice lui, interviene quando di fatto ci sono queste contraddizioni. Infatti, dice, La int. 1 è dunque in contraddizione con il F-immediato, in quanto è immediatamente presente una serie di realizzazioni della contraddizione denunciata dalla int. 2. Cioè, per esperienza lo vedo che non è così. Dall’altro lato, in relazione cioè alla posizione di S, nella quale S vale come totalità simpliciter dell’immediato, non è immediatamente contraddittorio progettare che anche questa posizione sia affetta da quella stessa contraddizione che affetta quella serie di passate posizioni di S; e cioè non è immediatamente contraddittorio progettare il sopraggiungere di sn+m; sì che, in quanto la int. 1 si riferisce a questa posizione di S, essa è senza fondamento… Sta dicendo: nella int. 2, cioè quella che considera di fatto che ci sia la contraddizione, non è immediatamente contraddittoria – ricordatevi sempre che la contraddizione è data dal fatto che ci sono tutte le costanti più un’altra, o altre – progettare che anche questa posizione sia affetta da quella stessa contraddizione. In altri termini, anche se di fatto non vedo questa contraddizione, non posso però impedirmi di pensare che potrebbe esserci. Se affermo che non c’è nessun tavolo sferico, dico il vero; ma se fra cento anni inventassero un tavolo sferico? Questa affermazione diventa contraddittoria. È sopraggiunta una costante di S che non era prevista; per adesso è una variabile, ma se questa variabile diventasse una costante, allora affermare che non esiste alcun tavolo sferico è falso, contraddittorio. A pag. 345. Si consideri una posizione di S, non implicante – ad esempio – la posizione del significato “rapporto tra s1 … sn e sn+m”. Questo è un significato che lui dice è una costante, una definizione di S. Si consideri una posizione di S, quindi, è posto; ma questo S non implica la posizione del significato “rapporto tra s1 … sn e sn+m. In questa posizione, S è di fatto significante, o ha di fatto una certa valenza o positività posizionale. Positività posizionale vuol dire che appare effettivamente. Quindi, la S è posta ma non implica questo rapporto tra s1 … sn e sn+m, però c’è. Senonché, il significato “rapporto tra s1 … sn e sn+m” è una costante di S (se non altro perché se la posizione di S è posizione di s1 … sn questa posizione è l’esclusione della posizione di sn+m e tale esclusione è appunto il rapporto tra s1 … sn e sn+m)… Sta dicendo: questa relazione è una costate di S. Perché? Dice: se non altro perché S è determinato da tutte le sue costanti, cioè da s1 … sn, ma per poterlo determinare è necessario togliere quelle altre determinazioni che lo condurrebbero alla contraddittorietà, cioè devo togliere sn+m. Questa S, che io ho posta, non contiene il significato di cui sopra, ma tutta questa cosa è una costante di S che dice che S è quello che è perché ho tolto ciò che non è. Quindi, è necessario che ci sia, perché se non c’è allora S non è più S. È come se al significate togliessi tutti gli altri significanti; cosa rimarrebbe del significante? Niente. Con S è più o meno la stessa cosa: perché S sia S da tutte le sue determinazioni, definizioni, devo togliere quelle che negano S, le pongo e le levo, secondo la solita modalità. Quindi, la presenza di questo significato, il rapporto tra s1 … sn e sn+m, deve esserci in S perché è una costante, perché è ciò che determina e definisce S in quanto S. Però, all’inizio io avevo posto un S che non implicasse questo significato. Quindi, l’ho posto ma non posso porlo, non posso porlo se non pongo anche questo significato, questo rapporto. Quindi, l’ho posto ma non lo posso porre. Esattamente, come vi dicevo, rispetto al significante, con le dovute differenze, ovviamente, ma non posso porre nessun significante se non pongo tutti gli altri e li tolgo. Tutti questi altri significanti, che esistono e che fanno esistere quel significante, devono esserci ma quando ci sono devo toglierli perché negano il significante posto. È necessario che ci siano perché sono quelli che, per differenza, definiscono il significante. Ad esempio, questo è un orologio. Per dire che è un orologio devo eliminare tutto ciò che questo orologio non è; ma perché questo orologio sia un orologio occorre che ci sia tutto il mondo intorno a lui, altrimenti questo orologio è niente. È questa la questione centrale della contraddizione C, scritta con la C maiuscola perché è la più grande contraddizione. Quindi, S è di fatto posto anche se quel significato non è posto. È appunto questa posizione di S, in cui S è di fatto posto e insieme non può essere posto, ed è questo che costituisce la contraddizione C. La modalità che Severino utilizza è quella per stabilire l’originario, cioè, l’essere è l’essere perché il non essere, la sua possibilità, è stata eliminata; ma per eliminarla devo prima porla come possibilità. Se non la tolgo, come dice giustamente Severino, mi rimane accanto come possibilità di non essere e, quindi, è essere ma anche non essere, per cui è niente.