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2-1-2003

 

Intervento: non so più come procedere… non so cosa è più efficace

Ma potresti dimostrare che la scienza, la religione, in realtà non siano altro che luoghi comuni, nient’altro che luoghi comuni basati su…

Intervento: questo l’ho fatto… nel novero dei luoghi comuni del discorso occidentale… poi le antinomie ecc. dirò che sono luoghi comuni perché partono tutti da assiomi però poi non so come ricollegarmi a quello che vogliamo dire noi nello specifico

E quindi qual è il discorso che non muove da luoghi comuni, come deve essere fatto? Dimostrando come sia possibile una cosa del genere. Avete anche stilato una lista delle obiezioni?

Intervento: io ho pensato solo alla definizione di trascendente… perché è talmente essenziale, talmente scarno quello che dico che se uno non lo capisce…

Nessuno nelle conferenze ci ha mai fatto obiezioni sul trascendente, che obiezioni potrebbero venire fatte? L’utilizzo della logica per esempio, quale logica utilizziamo per procedere in questa elaborazione? Quale, ce ne sono tante? La logica che abbiamo inventata è differente dalle altre in quanto muove da affermazioni necessarie, e le affermazioni necessarie sono quelle che riguardano la condizione stessa della sua costruzione, quindi non siamo debitori di nessuno nei confronti della logica, abbiamo utilizzato varie cose ma la logica che abbiamo costruito è costruita tecnicamente sulle condizioni della sua esistenza. Altre obiezioni vertono sulla questione delle emozioni: “il vostro discorso toglie tutte le emozioni” il discorso che stiamo facendo e soprattutto la sua struttura è quella che consente di essere sempre costantemente lì dove è il proprio discorso, e quindi di mettere in atto tutte le sensazioni, avvertire quelle cose che il linguaggio continuamente produce, contrariamente invece a chi subisce il linguaggio, per così dire, e quindi la possibilità di provare emozioni, sensazioni è straordinariamente maggiore proprio per il motivo che si è sempre e comunque presenti in ciò che si dice. Poi, altre obiezioni che vengono fatte?

Intervento: sul razionalismo… legato alla questione delle emozioni

Sì, però parte da un’altra via sì, lei come porrebbe questa questione? Perché, scusi se la interrompo, prevede che non tutto sia “ratio” e quindi il razionalismo escluda tutto ciò, è un po’ l’obiezione che faceva Calogero, c’è la parola e nella parola c’è più di ciò che dice…

Intervento: non c’è padronanza, qualcosa che sfugge alla parola… l’antinomia fra logica e retorica nello specifico fra razionalismo e irrazionalismo mi richiama al nichilismo…

La questione del razionalismo sì, come se l’accesso al razionalismo comportasse l’idea di questa padronanza sul linguaggio. Ora, siccome abbiamo affermato e stabilito e possiamo provarlo che ciascuno non è nient’altro che linguaggio allora in questo caso si tratterebbe di una padronanza del linguaggio sul linguaggio, cosa che potrebbe non avere alcun senso, in che modo il linguaggio è padrone di sé? Nel senso che si produce, in questo senso, il linguaggio può prevedere ciò che produrrà? Dipende dalle regole che si danno, dalle regole che intervengono nella sua costruzione, certo sono queste regole a stabilire se qualcosa sarà prevedibile oppure no, visto che la prevedibilità non è altro che un concetto prodotto dal linguaggio. Quindi a questo punto la padronanza sul linguaggio è risibile ché a questo punto si pone la domanda: se il linguaggio è padrone di se stesso, che cosa vuol dire questa cosa? In che senso è padrone di sé? È l’altro che mi deve dire in che senso il linguaggio sarebbe o non sarebbe padrone di sé, che significa esattamente? Chi è padrone del linguaggio?

Intervento: il soggetto loro negano in questo termini il soggetto… il nichilismo è come se fosse non pertinente, parlo di qualche cosa che è vissuta a priori

Altre obiezioni? Beatrice quali obiezioni sono state mosse?

Intervento: la più grande è quella delle sensazioni che cadono laddove si giocasse questo gioco

Adesso le pongo la domanda “come osa lei negare l’esistenza dell’olocausto?”

Intervento: non nego l’esistenza dell’olocausto nego che l’olocausto possa fungere da referente nel discorso, perché è di discorso che si tratta di una costruzione linguistica

Referente nel discorso, si sta parlando di quello, però lei ha affermato che l’olocausto è nella parola, senza la parola non sarebbe mai esistito, sostenga questo con rapide e veloci argomentazioni…

Intervento: l’olocausto è un gioco linguistico…

Come, ci sono milioni di morti? Non sono giochi!

Intervento: questo è ciò che descrive il discorso del luogo comune che non può affermarsi come discorso ma con la voce del popolo che descrive quelli che sono i fatti accaduti

Certo, sono fatti accaduti, è esistito il fatto che ci sono state persone internate e si sono salvate, che esistono ancora i campi anche se sono stati smantellati, ci sono i lager, ci sono persone che hanno lavorato in quei campi delle SS, come la mettiamo?

Intervento: questi raccontano e ricordano continuamente…

Come lo ricordano continuamente? Magari cercano di non pensarci…

Intervento: è come un trauma è come qualcosa che ferma il discorso, fissa il discorso su quella storia… perché viene ricordato? Suscita delle emozioni, dei ricordi…

Però è un’altra la questione: perché viene ricordato?

Intervento: viene ricordato perché è avvenuto ma soprattutto perché non avvenga di nuovo… questa è la funzione

Per alcuni è preferibile che non avvenga, per altri sì, ma non è questa la questione, lei ha affermato che in qualche modo non è mai esistito e cioè se possiamo dire che c’è stato, non facciamo altro che affermare una proposizione, certo una persona ha un ricordo così come lei ricorda il suo nome, allo stesso modo…

Intervento: mi sembrava importante questo aggancio al perpetrarsi del sacrificio, nei discorsi ci sono moltissime costruzioni che vengono fatte e di queste non si tiene conto, però perché si deve tenere conto del sacrificio come in questo caso perché il discorso non evolve?

Non è che non continua, continua ma tiene conto di ciò che è accaduto…

Intervento: fare attenzione che non riaccada: quindi parto dalla morte per mostrare la possibilità di vita… mi pare questa la funzione necessaria del sacrificio

Sì, però se ricordo bene in quella famosa conferenza ho affermato che l’olocausto non è mai esistito, tenendo conto della nozione di esistenza, è la stessa cosa che avviene quando si afferma che la legge di gravità è falsa…

Intervento: dopo aver spiegato come funziona il linguaggio…

Per cui affermare che è esistito l’olocausto non è nient’altro che un atto linguistico. Lei deve continuare ad affermare che non è mai esistito se non come atto linguistico…

Intervento: ed esiste come atto linguistico

Esiste in quanto è possibile parlarne, quindi facciamo bene a considerare che è esistito…

Intervento: in quella conferenza si parlava degli elementi fissi e quindi dell’attrazione tra elementi… per cui si è affermato che se c’è attrazione c’è motivo e quindi la responsabilità è di questo modo di mantenere atti linguistici che funzionano senza poterli interrogare quindi a questo punto la responsabilità è del parlante che non si accorge di quello che sta facendo dicendo, crede di descrivere delle storie e mantiene tutta una serie di elementi che sono necessariamente veri…

A questo punto sarebbe utile sapere perché si mantiene il ricordo dell’olocausto, e su questo tutto sommato nessuno avrebbe delle obiezioni da muovere, si ricorda un evento che ha segnato dolorosamente la storia dell’umanità, però non è questa la questione…

Intervento: la questione è della responsabilità di chi si trova a utilizzare questi luoghi per continuare a vivere che parla del sacrificio, parla della sofferenza, parla della paura, parla… è un po’ la questione della notizia quando una cosa fa notizia? Si producono atti linguistici ma non tutti hanno la stessa portata, la portata di ciò che fa notizia

Questo è ciò che dicono tutti, in che cosa noi ci distinguiamo? Certo, dipende da ciò che fa notizia, se domandi mattina si scatenerà la guerra nucleare è ovvio che questa notizia importa più di quanto importi il fatto che qualcuno abbia partorito…

Intervento: noi affermiamo che qualsiasi cosa è un atto linguistico, quindi un gioco linguistico ed è proprio per questo che possiamo affermare che è l’unico modo di pensare per non essere soprafatti da un linguaggio che tuttavia funziona utilizzando i luoghi comune più comuni

Se domani scoppierà una guerra nucleare questo è un atto linguistico?

Intervento: certo che è un atto linguistico all’interno di una struttura linguistica per cui è un atto linguistico certamente

E se io dicessi che non lo è? Basterebbe questo per farla…

Intervento: no non basterebbe questo… se io non fossi parlante e quindi se non fruissi di questa struttura che permette di parlare e di pensare che domani avvenga una guerra nucleare o non avvenga non potrei accorgermene, non potrei saperlo, sarebbe assolutamente non significante…

Per lei Beatrice Dall’ara è un evento totalmente marginale?

Intervento: no, è chiaro che se parlo allora non posso non sapere cosa la guerra nucleare sia

Perché ha appena affermato che per il linguaggio è indifferente, e lei è fatta di linguaggio, dovrebbe essere indifferente, se non lo è perché?

Intervento: di fronte all’accadere delle cose che sono giochi linguistici perché è una costrizione logica e non può affermarsi il contrario…

In questo caso sarebbe ciò che deve essere provato…

Intervento: che è un gioco linguistico?

Non possiamo partire di lì, è una petizione di principio. Abbiamo detto che se avvenisse una guerra nucleare globale questo per lei non sarebbe marginale, ciononostante ha affermato che per il linguaggio qualunque elemento linguistico è indifferente, lei è fatta di linguaggio, e pertanto siamo autorizzati a pensare che quindi necessariamente il fatto che si scateni domani mattina una guerra nucleare questo sia assolutamente indifferente? Ma ha detto di no, che per lei non è indifferente, e quindi come mai? Come avviene questo fenomeno?

Intervento: come mai io ho paura tutto sommato? questo è il discorso

Come fa ad avere paura che si scateni una guerra se sa e non può non sapere che qualunque cosa è un elemento linguistico?

Intervento: di fronte ad un atto linguistico che funziona proprio perché atto linguistico all’interno del linguaggio: il fuoco brucia è un atto linguistico?

Così lei sta affermando, io non lo so…

Intervento: se lei parla non può non sapere che il fuoco brucia fa parte dell’atto linguistico

Lo so perché mi sono scottato e ho chiamato questo scottarmi “bruciare”, se non fosse mai capitato forse non lo saprei, ma siccome mi è capitato ho ritratto la mano immediatamente, che lo volessi o no ho ritratto la mano, istintivamente, per cui sì, è un atto linguistico affermare che la mano mi brucia, però il fatto che mi bruci e indipendente dal fatto che l’affermi…

Intervento:…

Quello che mi serve a descrivere quel fenomeno, non a provarlo, è chiaro che ciò che mi serve a descriverlo è un elemento linguistico. Chiunque è disponibile ad accogliere che il linguaggio è la condizione perché io possa descriverlo, questo sì, ma non perché possa provarlo, io ho ritratto la mano istintivamente…

Intervento: perché io possa sapere… io posso non sapere parlando che il fuoco brucia

Sì, posso non saperlo, se nessuno me l’ha detto non lo so…

Intervento:…

Come non parlo? Dico infinite altre cose ma non so questo… lei sa cosa succede se immerge la sua mano nell’azoto liquido? Ecco, quindi Beatrice lei non sa dunque cosa succede se la sua mano viene immersa nell’azoto liquido, diventa di ghiaccio si trasforma in un cristallo e si spacca come un bicchiere, e adesso come la mettiamo? Come si troverebbe di fronte a un’obiezione del genere?

Intervento: male

Abbiamo detto che in quel caso lei non sapeva cosa sarebbe successo, ma immergendola questa cosa si sarebbe verificata e può verificarlo quando vuole. Si può non sapere, cionondimeno il fenomeno si verifica lo stesso…

Intervento: aderendo alla realtà aderiamo a delle regole che fanno parte del luogo comune di base e quindi io so che il fuoco brucia perché parlando

Certo, iniziando a parlare viene a sapere che il fuoco brucia ma non necessariamente viene a sapere che l’azoto liquido brucia…

Intervento: sì però deve conoscere tantissimi altri giochi per…

Mettere la mano lì dentro? Ma questo fenomeno avverrebbe lo stesso?

Intervento: se io conosco gli altri giochi

Una rosa non lo sa, né potrà mai sapere nulla, noi l’immergiamo nell’azoto liquido fin quando…

Intervento: a monte devono esistere altri giochi che permettono la descrizione

Se non viene descritto che succede?

Intervento: se non viene descritto sarebbe nulla non ci sarebbe linguaggio in questo caso

Quindi se io non descrivessi il linguaggio, il linguaggio non esisterebbe?

Intervento: sì perché posso parlarne

E se non potessi descrivere il linguaggio?

Intervento:…

Prima ha sottolineato questo aspetto, cioè anche se la rosa non parla però io posso descrivere questo fenomeno…

Intervento: certo, lo so

È una descrizione, il fatto che lei può descrivere questa trasformazione, questo evento…

Intervento: perché posso dirlo

Che lo fa esistere, e se invece non lo descrivesse, non potesse descriverla per qualche motivo?

Intervento: non potrei sapere della rosa

No, della rosa può sapere, tant’è che in alcuni casi avviene una cosa del genere: qualcosa si modifica nessuno sa né come né perché, cioè non sa descriverla, cionondimeno…

Intervento: poi si trova a descriverla

Forse, però non per questo si dice che esiste…

Intervento:  il problema è non partendo da una regola regressa come fanno a stabilirlo?

Eppure è una questione che abbiamo discusso infinite volte, com’è che vi smarrite in un bicchier d’acqua? Sandro cosa direbbe a questo proposito? Risolva lei il quesito.

Intervento: immaginavo un questione simile: una persona che cade in depressione perché ha perso il lavoro come si può dire che la perdita del lavoro è un fatto linguistico? Quello che viene ammesso…

Però l’evento è quello, il fatto, la realtà è quella, la famosa lettera di cassa integrazione…

Intervento: è l’interpretazione di questa lettera che porta alla depressione…il fatto della realtà comunque è un’interpretazione…

Perché dice che la realtà è interpretazione? Interpretazione di che? Anche nel luogo comune non mi sembra sia posta come interpretazione, cioè un’interpretazione della realtà…

Intervento: stiamo dicendo che anche l’interpretazione è un atto linguistico

Intervento: la perdita di valore è un atto linguistico

Ci siamo spinti anche più in là, la perdita di un figlio…

Intervento:  se questa cosa non fosse un valore, un fatto importante all’interno della struttura linguistica potrebbero esserci altri fatti importanti per cui non ci sarebbe il bisogno che il discorso si fermasse su quell’atto linguistico lì

Che si fermi oppure no comunque lo stabilisce indipendentemente dal fatto che lo ricordi oppure no, ci si fermi sopra oppure no, comunque lo ritiene un evento accaduto, è l’extra linguistico per definizione.