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1 ottobre 1998

 

Roberto, le altre persone hanno declinato sulla questione, e tu eri l’ultima chance dopo di che ... (...) Occorreva provarsi a dimostrare che le proposizioni non negabili di fatto sono assolutamente inutili, obiezione che possiamo anche incontrare da parte di qualcuno, magari anche motivata, e allora avevo chiesto a voi di riflettere intorno a questo per potere reperire tutte le eventuali obiezioni e i loro fondamenti possibili, ma non ha sortito nessun effetto… (Non si riesce a trarre conseguenze e allora non esiste utilità…) Non si riesce a trarre conseguenze dal punto di vista retorico... retoricamente non avendo necessità di essere né confutabile né dimostrabile posso aggiungere qualunque cosa ma (...) Supponiamo ad esempio che Roberto sia l’autore della Seconda Sofistica e che sostenga strenuamente proposizioni non negabili, e supponiamo che mi si dia l’incarico di stroncarlo. Allora, non potendo farlo rispetto alle proposizioni che lui afferma perché non consentono nessun attacco possibile, allora punterei sull’utilità di quello che sta facendo, e allora in un ipotetico agone dialettico domanderei “bene, queste proposizioni non sono negabili, ma che cosa ce ne facciamo esattamente?”, nel senso che qualunque cosa si faccia, qualunque cosa venga fatta, ha comunque una utilità o, potremmo dire, un rinvio; un rinvio però occorre che sia un rinvio particolare, perché sappiamo che qualunque parola ha un rinvio, dunque occorre che questa utilità delle proposizioni che ha formulate abbiano una validità universale; in caso contrario l’utilità di queste proposizioni è certamente notevole ma ristretta all’ambito particolarissimo del gioco che Roberto sta facendo e in nessun altro, come dire che queste cose sono cose utili in questo gioco ma fuori da questo gioco hanno qualche utilità oppure nessuna ? Perché se non hanno nessuna utilità fuori da questo gioco allora va bene, è una cosa che ha inventato Roberto, è come se avesse inventato un nuovo gioco di carte che può divertire gli amici la sera ma la sua funzione non va al di là di questo, e allora effettivamente Roberto dovrebbe mostrarmi che invece quello che sta facendo ha una utilità che va al di là del tre sette fatto alla sera con gli amici, perché se non riuscisse a fare questo tutto ciò che ha fatto fino ad oggi verrebbe ridotto a un semplice esercizio, ma che nessuno può utilizzare in nessun modo così per divertirsi. Ma siccome Roberto va sostenendo da tempo che le cose dette e scritte producono nel discorso effetti tali che dovrebbero giustificarne e sostenerne la utilità al punto che ha in animo di costruire proposizioni che siano immediatamente accoglibili da chiunque e immediatamente sostituiscano il programma, cioè il discorso di una persona, inserendo elementi non più eliminabili...  Ma vediamo se è così. Veramente queste cose sono utili così come Roberto va dicendo oppure no? (Per me sì.) Non basta che uno affermi una cosa del genere. Supponiamo che Roberto affermi che nel suo discorso le cose funzionano bene, e allora?, questo che cosa ci dice? Ci dice che Roberto, per motivi che non sappiamo, ha trovato beneficio dalle cose che va facendo - conosco un sacco di gente che ha abbracciato la fede cattolica, islamica, buddista e ha tratto benefici e sicuramente Roberto non sosterrebbe una cosa del genere - dunque producono effetti, ma come lo sa? Può provarlo? Oppure no? E se sì come ? Mostrando una casistica, una statistica? Come ho detto Roberto non è così ingenuo (...) E allora, non potendolo provare, rimane una sua opinione, cioè lui ci dice che le cose che va facendo hanno una utilità, e noi possiamo credergli oppure no. (…) Certo, e quindi a maggior ragione non puoi fare nulla, non puoi neanche difenderti dalle accuse e cioè in effetti non puoi nemmeno provare l’utilità di quello che stai facendo in nessun modo...(...) Ma io posso anche utilizzare le cose che tu hai detto a proposito dell’utilità, “qual è l’utilità?” tu dicesti, l’utilità non è altro che qualcosa che attiene al linguaggio ed è utile unicamente ciò che consente al discorso di proseguire, solo questo è utile necessariamente, tutto il resto è assolutamente opinabile. Dunque, queste proposizioni che tu affermi consentono al discorso di proseguire, certo, ma perché? perché altrimenti si arresta? No, dunque questo tipo di utilità non è applicabile al tuo discorso. (Il discorso smantella tanti luoghi comuni e ad un certo punto ti ricordi questa proposizione che dice.) E allora Cesare non è proprio il contrario, non è proprio il dover ricondurre di Roberto ciascuna volta nelle cose che fa e che dice a queste proposizioni fondamentali e fondanti a limitare eventualmente la fantasia, ché si sa non ha limiti, non tollera argini di sorta, nemmeno quelli imposti dalla logica... (...) Adesso il retore lo teniamo seduto da una parte, ci atteniamo semplicemente alla definizione che tu hai data e che sì certamente risulta difficilmente negabile è l’utilità, l’utilità che di fatto sia intoglibile, ed è quella che il discorso prosegua necessariamente. L’obiezione però si era posta in termini sì retorici ma anche in termini logici comunque un discorso prosegue per definizione perché se no non sarebbe un discorso, sarebbe fuori dal linguaggio, utilizzando proprio le cose che tu hai sostenuto, a questo punto possiamo affermare che le cose che tu hai dette e fatte sono interessanti, piacevoli, divertenti ma non sappiamo cosa farne, non ci danno nessun aiuto, nessuno può dire effettivamente in che cosa ci aiutino, possono divertirci... È questo allora tutto ciò che si è voluto approdare? O c’è dell’altro? Adesso io ho fatto il lavoretto che avreste dovuto fare voi e invece... adesso Roberto farà la sua arringa in favore del suo discorso. (…) Tieni sempre a mente il motivo che ci ha spinti a inventare questa storia, e cioè l’eventualità che le persone di fronte al discorso che andiamo facendo ci chiedano di rendere conto dell’utilità di quello che stiamo facendo, come utilizzarlo se volete, supponendo che non siano persone del tutto sprovvedute, può anche succedere di incontrare persone non sprovvedute le quali possono muovere delle obiezioni e noi dobbiamo essere pronti alle loro possibili obiezioni, tutte. Dunque, se tu ti trovassi di fronte a una persona che muove queste obiezioni e giunge con il suo discorso a concludere che quello che hai fatto non ha nessuna utilità nella vita quotidiana e quindi non è utilizzabile, sarà molto difficile a questo punto costruire delle proposizioni che siano immediatamente accoglibili se nemmeno si vede a che cosa servono, è un bello ostacolo che dobbiamo superare. Chi ha qualche idea sorprendente che ci lasci di stucco? Cesare? Allora vediamo se mai ci dovessimo trovare di fronte a una obiezione del genere come intervenire. Allora, supponiamo che Roberto mi abbia posta questa obiezione e che sia giunto a questa considerazione, che tutto ciò che ho fatto non sia altro che un divertissement fine a se stesso. Roberto tu affermi che ciò che vado facendo non serve assolutamente a niente, bene, queste obiezioni che tu mi hai rivolte apparentemente poderose e sicuramente utili, dimmi Roberto, con che cosa me le hai fatte? Che cosa le hai prodotte? (...) Sì, certo, con la parola e ovviamente per giungere alle conclusioni cui sei giunto hai utilizzato una serie di inferenze, dei procedimenti linguistici che hanno consentito di giungere a questo. Ora, ti è stato utile conoscere queste inferenze per giungere alle conclusioni cui sei giunto o è stato assolutamente inutile? È stato utile avere a disposizione delle procedure, delle regole che hanno consentito di giungere con notevole rapidità ad una conclusione di assoluta inutilità di ciò che andiamo facendo. È una abilità che non si improvvisa ma si acquisisce con anni di studio, di riflessione e quindi di pratica del linguaggio. Vedi, le cose che vado facendo non sono altro che un’analisi molto rigorosa della struttura del linguaggio e cioè in definitiva di ciò che gli ha consentito poc’anzi di costruire questa confutazione o prova di utilità. Se tu in questa prova avessi avuto elementi ancora più potenti, forniti dalla struttura stessa del linguaggio e quindi non negabili, avresti costruito una confutazione talmente potente che in nessun modo saresti riuscito a confutare. Questo è già un piccolo elemento che potremmo appuntare nel casellino delle utilità ... adesso ne aggiungiamo degli altri... (...) Tu affermi che potresti vivere tranquillo... (...) C’è questa eventualità, non siamo sicuri… (...) Allora, tu ti poni come colui che non sa nulla e io adesso ... (...) Non ti è mai capitato di discutere con gli amici, non ti è mai capitato di dovere prendere una decisione, magari anche importante, sicuramente sì, quando discuti con gli amici del calcio, di politica o di donne, quello che ti pare? Discutendo cerchi di raggiungere il risultato tale per cui le cose che dici persuadono il prossimo oppure no? Se devo prenderla alla larga... (A volte…) Ci sono invece occasioni invece in cui tu discuti con una persona senza che le cose che tu dici per te abbiano un senso, nessun valore, cioè l’altro può affermare che tu stai dicendo il falso e questo non produce nessun effetto. (...) Adesso io la sto prendendo alla larga … dunque, dicevamo che in una qualunque discussione, conversazione, ciascuno laddove voglia persuadere il prossimo delle proprie ragioni utilizza dei sistemi e cioè fa in modo che l’altro si accorga della propria ragione e questo funziona tanto più se riesce ad appoggiare le proprie ragioni alla nozione di verità, cioè ad affermare in modo inequivocabile che ciò che afferma è vero. Ora, ciò di cui si tratta in queste operazioni, per esempio quella di convincere il prossimo a qualche cosa, è una esposizione di ciò che si crede… (...) Certo, può avvenire che non si tratti di questa operazione, cioè di convincere il prossimo, ma in alcuni casi sì. Questi casi sono particolari, perché sono particolari? Perché se io cerco di convincere qualcuno di qualche cosa, e voglio convincerlo a tutti i costi, è perché ho un tornaconto, cioè questa cosa mi serve a qualche cosa, ha una utilità. Ma per convincere qualcuno di qualcosa utilizzo degli strumenti, quelli di cui dispone... Ma facciamo un passo indietro, perché voglio convincere qualcuno di qualcosa? Perché accade così spesso? Se voi vi guardate intorno questa è una operazione che accade continuamente, direi quasi a tempo pieno. Convincere qualcuno di qualche cosa è come fargli accettare uno stato di fatto, reale o no che sia non ha nessuna importanza, quindi fargli accogliere tutta una serie di conclusioni, quindi condurlo ad una conclusione finale, una volta che l’ho condotto alla conclusione finale, cosa succede? Succede che se io l’ho convinto allora può accadere che mi trovi maggiormente confermato nelle cose in cui credo… (...) Tenete sempre conto che stiamo parlando dell’utilità di ciò che andiamo facendo, prendendola adesso in un certo giro, ci ha costretto Roberto. Dunque, mi trovo confermato nelle cose in cui credo, come dire che ho ragione perché se delle mie conclusioni si convincono anche altri è come dire che altri constatano di fatto la mia ragione. Bene, a questo punto potrei adesso - salto un po’ di passaggi se Roberto me lo permette, se no, fa lo stesso - a questo punto potremmo domandarci perché è importante che io sia confermato in ciò che credo anziché confutato continuamente. (...) Ma soprattutto questo comporta una sorta di sicurezza, sono sicuro di ciò che dico; essere sicuri di ciò che si dice comporta innanzi tutto la posizione, la posizione di preminenza su altri. Ora, può anche non essere importante però spesso gli umani vanno cercando una cosa del genere, la vanno cercando, diciamo, da quando esistono, sopraffare il prossimo con la dialettica e quindi persuaderlo delle proprie ragioni, Adesso, siccome è una questione di retorica, non ci interessa sapere esattamente perché avvenga una cosa del genere, semplicemente utilizziamo come “prova” il fatto che da sempre sia avvenuto così, cioè che gli umani da sempre cerchino di convincere gli altri delle proprie posizioni, ci accontentiamo di questo per il momento. Dunque, cercando di persuadere il prossimo delle proprie posizioni si cerca di costruire un discorso in modo tale che sia verosimile, sia credibile, che risulti più forte e più potente di quello avversario, più facilmente sostenibile e per fare questo chiaramente occorrono degli strumenti. A questo punto l’obiezione che possiamo già prevedere è che, come diceva già Roberto, è che anche senza questi strumenti ci sono persone che affermano di vivere bene, certo! Noi non neghiamo che vivano bene, diciamo che possono vivere meglio, utilizziamo questa éscamotage, noi non abbiamo mai affermato che senza il discorso che stiamo facendo le persone vivano male, infelici, in disgrazia e maledetti da dio, non abbiamo mai parlato in questi termini, non mi si può accusare di questo. Abbiamo affermato talvolta che ciò che andiamo facendo può consentire di vivere meglio, ma perché una cosa del genere? Perché anche le persone che vivono bene, che affermano questo, si trovano comunque e continuamente prese in infiniti problemi, dei quali cercano la soluzione convinte perlopiù che trovando tale soluzione la loro vita da buona diventerebbe ottima, in ogni caso migliore. Chi fra i mortali non ha mai pensato, desiderato di ottenere qualcosa di più di ciò che ha. di essere più saldo nelle cose in cui crede, più saldo nei suoi ragionamenti, più sicuro di ciò che sa? (Siamo nella retorica e si può fare) Ebbene, se così è allora acquisire migliori strumenti per risolvere i problemi di cui si diceva è già un modo per vivere meglio … ma come ciò che andiamo facendo può fare questo? Semplice, la più parte degli umani incontra lungo il corso della sua esistenza dei problemi che possono rendergli la vita difficile, in alcuni casi anche molto difficile, la più parte di questi problemi noi possiamo, attraverso gli strumenti che abbiamo acquisiti, mostrare che sono dissolvibili con estrema facilità perché gli strumenti che possediamo ci hanno condotti a considerare che questi problemi, che per i più sono assolutamente non risolvibili, sono costruzioni, costruite dalle stesse persone al solo scopo di demolirle, perché questi problemi non hanno nessuna sussistenza al di fuori del linguaggio che li ha prodotti. Ora, per giungere a questa conclusione abbiamo certo dovuto fare una serie di considerazioni, tuttavia l’utilità di ciò che andiamo facendo consiste esattamente in questo, nel mostrare in modo assolutamente ineluttabile che qualunque problema fosse creduto tale, problema non soltanto personale ma anche pensiero logico, qualunque aporia - possiamo considerare anche il pensiero logico, filosofico, un discorso che incontra dei problemi, pensate ai famosi paradossi del discorso occidentale, i cosiddetti mostri, come li chiamavano i logici inglesi, li chiamavano mostri perché non sono risolvibili, e schiantano tutto il pensiero, da qui la famosa crisi dei fondamenti - mostrare dunque che questa crisi dei fondamenti, tanto nel pensiero occidentale quanto nel pensiero di ciascuno, è una costruzione che ha come condizione un’idea assolutamente gratuita, che consiste nel pensare che esista qualche cosa fuori dal linguaggio, affermazione che in nessun modo può essere provata, che in nessun modo può essere sostenuta, affermazione che è l’unica, che è lei l’unico autentico paradosso del pensiero. E allora ecco Roberto, se mi domandi a che cosa serve ciò che andiamo facendo, più che a risolvere a dissolvere tutti i problemi del pensiero che hanno afflitto gli umani negli ultimi duemila cinquecento anni … (Almeno  quattro obiezioni...) Va bene per il momento questo. Allora, incominciamo dalla prima. Tu affermi che essere sicuri del proprio pensiero non è automaticamente atto di supremazia sul prossimo, è vero, non è così automatico, infatti dicevo perlopiù e lo utilizzavo semplicemente così come figura retorica per preparare il discorso, anche perché di per sé una affermazione del genere non ha nessuna utilità nell’ambito prettamente logico del discorso. Per quanto riguarda invece l’obiezione che hai fatta come ultima, in effetti potrebbe apparire una cosa del genere, cioè che non si tratti di risolvere i problemi ma di dissolvere. Io ho parlato di dissoluzione del problema nel senso che il problema per esempio del discorso occidentale circa i fondamenti del pensiero non può essere risolvibile mantenendo gli stessi presupposti, cioè se tu muovi dalla supposizione che esista un elemento fuori dalla parola allora il problema non ha nessuna soluzione. Ho parlato di dissoluzione perché a questo punto si muove da un altro elemento, non più quello che afferma che qualcosa esiste fuori dalla parola ma quello invece che afferma che nulla è fuori dalla parola ed è solo a questa condizione, che per altro è molto più solida, meno negabile della precedente, che il problema si dissolve, cioè ci si accorge che se si mantengono quelle premesse non può risolversi in nessun modo; esattamente allo stesso modo, il cosiddetto problema personale se continua a mantenere gli stessi presupposti, gli stessi assiomi, non ha nessuna soluzione, cioè continuerà all’infinito. La dissoluzione del problema non sta certo nel dire che questo non è un problema... Si può fare una parentesi, tutto ciò che ha elaborato Freud intorno alle nevrosi, psicosi, ha la stessa struttura di quella che è stata chiamata la crisi dei fondamenti e cioè il problema consiste nel non potere fondare qualche cosa, quindi nel non potere essere certi di ciò che si afferma, di non essere sicuri di ciò che si fa … (…) Adesso qui era una parentesi rispetto all’identità della struttura fra la crisi dei fondamenti del pensiero occidentale e ciò che ciascuno incontra come problema personale, è la stessa struttura perché muove da un assioma che rimane inamovibile, su cui si costruisce tutto il discorso, e mantenendo questo assioma non c’è nessuna possibilità di uscirne, assolutamente nessuna. Ecco che allora quando parlo di dissoluzione del problema parlo di questo accorgersi che c’è a fondamento del pensiero occidentale, personale a questo punto è la stessa cosa, un elemento assolutamente non sostenibile in nessun modo che è quello su cui si è costruito tutto e questo tutto risulta altrettanto insostenibile, non certo, vano, vago esattamente così come ha incontrato il discorso occidentale, quando si è accorto che la matematica non era fondabile, che la metafisica faceva acqua da tutte le parti, che l’ermeneutica è una sciocchezza... (…) Ho risposto che questi problemi esistono perché muovono da un “principio” che è paradossale e tutto ciò che ne è seguito, costruito su questo paradosso, risulta assolutamente insolubile. Se io prendo il paradosso, quello famoso di Epimenide cretese che afferma che tutti i cretesi mentono, non ha nessuna soluzione, perché non ha nessuna soluzione? Perché come tutti i paradossi di cui è fatto il discorso occidentale muove dal fatto che un elemento è preso come tale e in quanto tale gli si chiede per esempio di provare se stesso, di provare se stesso, ma come può un elemento provare se stesso se non utilizzando un altro elemento, se non altro per la dimostrazione? E già qui si intoppa tutto il meccanismo, Russell si era divertito con questi paradossi. Ecco perché non ho certo una soluzione al problema, mantenendo gli stessi principi, perché se mantengo gli stessi principi il problema non può trovare una soluzione in nessun modo (...) Questo è esattamente il principio della metafisica, quello che necessita al discorso occidentale per potere essere (...) Sì, perché da questo, dici tu, non si deduce la necessità di un elemento, lo deduce la metafisica, lo ha dedotto il discorso occidentale da sé, ma questo elemento che manca manca se e soltanto se questo elemento deve provare la sua esistenza, allora necessita di qualche cosa fuori di lui. Ciò che abbiamo fatto e andiamo facendo riguarda un elemento che invece non ha da provare la propria esistenza, è ancora al di qua di una cosa del genere, non deve provare la propria esistenza, perché affermandosi, cioè dicendosi o chiedendosi della sua esistenza, già pone in essere ciò di cui è fatto. (Come già Cartesio dice ogni cosa ha una causa della sua esistenza e non posso andare all’infinito, trovo la causa... il fatto che lei stia parlando in questo momento implica che lei deve discendere da qualche cosa...) Devo risponderti io o ti rispondi da te? (...) Ma la questione dell’utilità potremmo a questo punto anche volgerla utilizzando le cose che tu hai detto anche in questa direzione e cioè il fatto di non necessitare in tutta questa operazione per sostenersi, operazione che non porta da nessuna parte, come tu adesso hai affermato, io posso pensare che per esistere necessiti di qualcuno che l’abbia creata, perché? E qui ovviamente ci si trova di fronte a intoppi notevolissimi, che sono quelli che il pensiero occidentale ha incontrato e continua a incontrare, ma è un problema che a questo punto non ha nessuna portata, non ha nessuna portata perché se si interroga la domanda in termini molto rigorosi ci si accorge che primo, qualunque risposta che si offra sarà sempre e inesorabilmente arbitraria e secondo invece consente qualcosa di più interessante, e cioè di riflettere sulla risposta, su come funzioni la risposta, a che cosa risponde, che cosa faccia, questo sì con notevole approssimazione. Un’obiezione, obiezione formidabile a tutto quello che ho detto. (Basta non accettare il gioco che andiamo facendo e supporre che qualcosa sia fuori dalla parla, allora questo è un discorso falso e in quanto falso non può essere usato che in contrapposizione ad un discorso vero, per cui il destino, dio, e fare i conti con dio tutto sommato il solo che non mente e ciò che lui dice io lo affermo per poi divertirmi a distruggerlo il discorso di dio...) Però rimane che tutto ciò che abbiamo detto questa sera presuppone comunque da parte vostra e in buona parte di avere seguito moltissime cose... Occorre invece, questo è il compitino, che tutto ciò che abbiamo detto questa sera contro e a favore sia riassumibile in modo molto più forte e più persuasivo, fortemente persuasivo in non più di una quindicina di proposizioni. Ora, retoricamente, perché una cosa del genere possa funzionare deve avere già implicite le risposte a tutte le obiezioni, occorre che non ci siano materialmente ma siano implicite, che siano molto evidenti pur non essendoci. Perché una cosa risulta immediatamente persuasiva? Perché sbarazza da ogni possibile possibilità di obiezione, immediatamente, questa potrebbe essere appena accennato un metodo da seguire per la costruzione di quelle proposizioni che chiaramente terranno conto di tutto ciò che abbiamo detto anche questa sera. A questo punto Roberto avrà un compito particolare, siccome io ho fatto quello che avrebbe dovuto fare lui inizialmente, adesso lui proverà che le cose che ho detto io a favore di un lavoro che sto facendo sono cose da nulla, che si trovano dovunque, che non hanno nessun interesse. Chiaramente, non potrà utilizzare le cose che abbiamo dette prima, perché le abbiamo già dette, ma delle nuove, ma comunque... In effetti, per costruire un discorso che sia più forte e persuasorio è necessario compiere questa operazione. Adesso non è tanto in gioco la logica ovviamente, le questioni logiche di cui ci siamo occupati fino a qualche settimana fa, la questione puramente e prettamente retorica... Anche tutte le affermazioni che io ho fatte adesso per sostenere l’utilità, la validità del lavoro che sto facendo sono ovviamente affermazioni retoriche, negabili, è sufficiente che a qualcuno non gliene importi assolutamente niente. Ciò che occorre fare è fare in modo che renda impossibile questa operazione di dire non me ne importa niente... Ci sarebbe la pistola alla tempia che come ultima ratio ha sempre la sua efficacia… Qualche altra questione? (Roberto diceva che è vissuto per anni senza utilizzare questo gioco…) Sì, prima di noi l’umanità... è ovvio che queste regole all’interno di questo gioco sono utili. L’interrogazione era se fuori di questo gioco risultassero di qualche utilità e abbiamo visto che non lo sono, abbiamo visto che lo sono, come sempre accade. Ora, mi sembra di esserci posti al riparo da alcune obiezioni che erano rimaste così un po’ marginali, posseduti gli elementi per eliminare queste obiezioni ci resta da eliminare la più terribile, quella che afferma che a me non me ne importa niente. Qui sarà dura costruire un discorso per cui una cosa del genere risulti assolutamente impossibile a dirsi. Salvo proprio casi disperati allora lì interviene lo strumento di cui faceva menzione Roberto …(Se uno rifiuta per sua natura...). Comunque in un discorso c’è necessariamente un qualche cosa che funziona, che opera, provare qualcosa che sia universalmente valido non è semplice ovviamente, adesso così di primo acchito non saprei neanche da che parte cominciare però non è escluso che riflettendoci meglio si trovi la via… (…) Sì, ma è la stessa questione, quando dico delle proposizioni che blocchino una cosa del genere, cioè a me non interessa, è come dire costruire proposizioni che impediscano l’accesso a qualunque luogo comune, è qui che è difficile (...) Queste conferenze possono essere un primo abbozzo, io cercherò di costruire dei discorsi in modo tale da incominciare a orientarci in questa direzione, in modo che ciò che vado dicendo costituisca anche un impedimento a una cosa del genere, cioè non possa non interessare. Sarà tutt’altro che facile però si comincerà a vedere se si riesce a strutturare il discorso in modo che si avvicini quanto meno a una cosa del genere... Voi sapete cosa dovete fare, costruire un discorso che impedisca l’accesso a un’uscita di questo tipo, che cosa tenere conto... Roberto avrà la parte più difficile, confutare ciò che ho detto dall’origine ai giorni nostri...